"Tutti gli uomini nascono uguali", primo punto della Costituzione francese del 1789, è naturalmente un'affermazione falsa. Come dimostra il DNA: "Tutti gli uomini nascono diversi".



di Ida Magli
Il Giornale | Domenica 8 Settembre 2002
"Le catene dell'uguaglianza imprigionano l'Occidente"

Si può tentare di fare il punto sulla situazione, non soltanto dell'Italia, ma dell'Europa e di tutto l'Occidente, senza essere accusati di catastrofismo? Si tratta, infatti, di guardare alla realtà come unico modo per costruire, o almeno per invitare coloro che sono in grado di "pensare", a costruire un sistema di significati e di strutture sui quali fondare la vita dell'individuo e la convivenza dei gruppi. Un compito immane, dunque, e che tuttavia è indispensabile dato che ciò che tutti vedono pur rifiutandosi di vederle, è che il mondo uscito dalla rivoluzione francese, cui si è sommato quello socialcomunista, non ha più nessuna strada davanti a sé.

Diceva ieri Cacciari, a proposito della crisi della sinistra in Italia e dei suoi "girotondi", che bisogna fare delle proposte, mettere a punto un programma, invece che limitarsi a controbattere quelle del governo Berlusconi. Giustissimo. Ma quali possono essere queste proposte se non si ha il coraggio, o meglio la capacità intellettuale e morale, di dichiarare esaurito il modello dell'uguaglianza socialista? Esaurito perché spinto ad una realizzazione "talebana", ossia assoluta, concreta, laddove l'ideale, per l'Uomo, qualsiasi ideale, incluso quello dell'uguaglianza, diventa violenza e coercizione quando viene imposto nella concretezza del Potere. La situazione è intricatissima, ma dobbiamo fare lo sforzo di mettere in luce almeno alcuni degli aspetti più contraddittori e che stanno distruggendo il mondo occidentale, il senso della vita e della storia per i nostri giovani.

Cominciamo dalla fine, quella che abbiamo sotto gli occhi in questi giorni con la catastrofe delle Borse, per tentare di risalire alle vere cause. Possibile che il metro per giudicare uno Stato, un Popolo, una Nazione, debba essere il PIL? Eppure è così, da quando a guidare i destini d'Europa si sono installati economisti e banchieri. Non meravigliamocene: chiunque detenga il Potere, lo fa sempre assolutizzando se stesso, oggettivando in una divinità il proprio strumento. Ma, proprio perché valutare gli uomini in base all'incremento dell'economia è profondamente sbagliato, la picchiata delle Borse, il flop della nuova tecnologia trova qui la sua spiegazione. Spinta la "comunicazione" al di là dei bisogni degli uomini, questa è diventata, invece che strumento, oggetto "vuoto" della propria produzione. Ma non si tratta soltanto di questo. In realtà, non soltanto i mezzi di comunicazione sono troppi in confronto a ciò che gli uomini hanno da comunicare, ma è cominciato già da diversi anni il desiderio di ritrovarsi in se stessi, nel proprio gruppo, nel proprio territorio, nel tentativo di sottrarsi all'annegamento in un oceano non dominabile, il mondo intero senza confini. Insieme, dunque, alla crisi delle tecnologie è cominciata anche la crisi del turismo, i bilanci in rosso delle compagnie aeree, aggravata senza dubbio dall'attacco dell'11 Settembre, ma in realtà rispondente già al bisogno degli uomini di conoscere in profondità il proprio paese, il paesaggio in cui si è nati, i cibi e i costumi del proprio passato.

Ed è qui che si intravede più chiaramente la fine del modello dell'uguaglianza: cercare la propria storia significa cercare la propria differenza. E' un bisogno costitutivo sia del singolo individuo, che non sopporta di non conoscere chi sia il proprio padre, la propria madre, sia di ogni popolo, tanto che laddove non esiste la storia scritta, esiste il "mito di fondazione": il fatto, il dio, l'eroe che ha dato inizio alla vita del gruppo.

Le contraddizioni sono diventate, però, sempre meno dominabili a causa del sommarsi di due universalismi ugualitari: quello socialcomunista e quello cattolico, i quali si danno la mano nel cercare di mantenersi in vita con l'estensione del proprio modello a tutto il mondo e quindi nell'attività "immediata", in un presente che non riflette sul passato e non si preoccupa del futuro. Come mai la Chiesa Cattolica si sia ridotta alla semplice funzione delle "Opere di bene" è un problema gravissimo del quale non è possibile discutere in questa breve nota. Quello che è certo, però, è che la Chiesa oggi partecipa alla disgregazione dell'Occidente proprio in quei valori dei quali è stata assertrice: la coscienza e la responsabilità personale, che non possono mai essere incluse o sopraffatte da quelle collettive. E' proprio da questo che siamo oppressi: l'uguaglianza cancella la libertà perché cancella la differenza delle coscienze.

Si potrà mai cominciare a costruire un sistema di pensiero e di società che superi quello dell'uguaglianza, se non viene permesso neanche che un contratto di lavoro sia diverso da un altro? E soprattutto, vogliamo convincerci che, se vogliamo salvarci, dobbiamo affrontare il rischio della libertà aiutando quei governanti che tentano almeno di allentare i nodi delle catene in cui siamo imprigionati?

Roma, 5 Settembre 2002