Non indignatevi: meglio 100 colpevoli fuori che un innocente dentro.
Non dobbiamo essere giacobini giustizialisti a tutti i costi.
Il Nuovo, 4.12.02
Processo Foibe rimandato per la Cirami
La difesa invoca la norma sul legittimo sospetto e la Corte d'Assise d'Appello si rimette alla Cassazione. La parte civile accusa: è l'ultima manovra per rimandare un inevitabile ergastolo.
di Simone Navarra
ROMA - Ancora non c'è una sentenza per il maggiore Oskar Piskulic, l'ottantenne croato accusato di aver ucciso a Fiume, nel 1944, l'autonomista italiano Sergio Sincich. Un processo sorto nell'ambito dell'inchiesta sulle foibe, le cavità carsiche in cui le truppe slave gettarono, massacrandoli, migliaia di italiani. Manca ancora, quindi, una risposta valida giuridicamente per chiudere o riaprire uno dei "problemi storici mai risolti dal nostro Paese", come scrisse Enzo Bettiza. A impedire l'ergastolo per l'ex maggiore dell'Ozna, la polizia segreta di Tito è stato un veloce ricorso alla legge Cirami da parte della difesa.
Per questo la Corte di Assise di Appello della Capitale è stata costretta ad inviare tutti gli atti accumulati sinora alla prima sezione della Cassazione. Questa ultima istanza sul "legittimo sospetto" presentata dall'avvocato Livio Bernot segue in modo logico una domanda di ricusazione nei confronti dei giudici che avrebbero - secondo lui - ''manifestato indebitamente il convincimento sui fatti in oggetto". Per il legale di Parte civile, Augusto Sinagra, è solo un'ultima "disperato tentativo di rimandare la verità". "La difesa sente odore di ergastolo - dice Sinagra, che è professore di diritto internazionale alla Sapienza - I motivi del ricorso sono inconcepibili, ma aspetteremo il 19 febbraio, giorno in cui Suprema Corte o meno si tornerà in aula".
Non sembra finire questa vicenda iniziata almeno 6 anni fa con la consegna alla Procura, da parte di Sinagra, d'una lista di 553 nomi di persone uccise o scomparse. Da quei resoconti e testimonianze iniziò l'inchiesta. Nella testimonianza di Luksic Lanini, membro del CLN di Fiume, si legge: "I familiari di alcuni degli uccisi essendosi recati, spinti dall'angoscia, alla sede dell'Ozna dove erano raccolti i cadaveri, avevano constatato che i funzionari a cui si erano rivolti erano i medesimi individui che erano penetrati nelle loro case per prelevare i congiunti poscia uccisi. (...) In tal modo l'uomo e la donna che avevano diretto il prelevamento dell'ex deputato della Costituente Sincich vennero identificati nel capo, Oscar Piskulic, e nella sua amante Avijanka Margitic". Accanto alla coppia "operava" Ivan Motika.
Piskulic, ultimo di tre imputati ad essere rimasto in vita, è accusato di aver ucciso Nevio Skull, Mario Blasich e Sergio Sincich, autonomisti italiani in Dalmazia e Croazia. Da tempo è al centro di pronunce, pareri e sentenze da parte dell'autorità giudiziaria. Il rinvio a giudizio fu disposto nel 1998 dopo che sempre la Cassazione aveva annullato una precedente sentenza di non luogo a procedere basata sul presupposto che gli omicidi contestati agli imputati fossero avvenuti in territori già passati alla Jugoslavia e, quindi, al di fuori della competenza italiana.
In primo grado Piskulic, che ha sempre negato gli addebiti, era stato giudicato, e assolto per la morte di Skull e Blasich, e amnistiato per il caso Sincich in virtù di una norma del 1959 sui reati politici. A ricorrere contro quella sentenza erano stati sia la procura generale che e lo stesso difensore dell'imputato che punta ad una assoluzione. Per il Pg Giovanni Malerba, quello di Sincich, ha detto in sede di arringa "non può essere considerato un omicidio di natura politica, ma dettato da sentimenti antitaliani. Rancori tuttora presenti nell'imputato la cui personalità non è neanche meritevole del riconoscimento delle attenuanti generiche".
Il "secondo grado" è corso via veloce e Piskulic, detto "Zuti" (il giallo), non si è mai fatto vedere a piazzale Clodio, in tribunale. Troppo scomodo - risponde Sinagra - rispondere di quell'omicidio scaturito da sentimenti di vendetta e di rappresaglia sullo sfondo di un odio etnico e di un'avversità nei confronti degli italiani. E anche se adesso sono passati quasi 60 anni da quei terribili fatti la giustizia non si può fermare. "Priebke ha risposto alle accuse ed è diventato l'ultimo simbolo dell'occupazione nazista a Roma. Psikulic può diventare una pietra dello scandalo di quel periodo rimosso". Non l'unico colpevole, quindi, di un lungo e complesso, percorso storico ma l'esempio che stragi e soprusi furono commessi anche in nome della libertà dal nazi-fascismo.
(4 DICEMBRE 2002; ORE 19:00)