Russia chiude i campi profughi ceceni in Inguscezia per forzare la normalizzazione della regione. Cirtiche dalla Commissione Ue

Nei giorni scorsi è arrivata la decisione di Mosca di chiudere un campo di profughi ceceni situato in Inguscezia. Alla base del provvedimento ci sarebbero, secondo commentatori russi, un'esigenza di immagine nei confronti di media e associazioni umanitarie e la necessità di forzare il processo di normalizzazione nella regione.

La maggior parte dei profughi, fanno sapere le televisioni russe, sarebbe contraria al rientro in patria a causa delle operazioni belliche ancora in corso e oggi la Commissione Ue ha condannato la chiusura decisa dalle autorità russe: "La situazione in Cecenia non permette un rientro sicuro dei profughi", ha sottolineato il commissario Ue allo sviluppo e l'assistenza umanitaria, Poul Nielson, precisando che martedì scorso le autorità russe e dell'Inguscezia hanno chiuso il campo di Aki Yurt.

"Ciò è avvenuto - ha precisato Nielson in una nota - nonostante le assicurazioni fornite dalla Russia circa il pieno rispetto del principio del rientro volontario delle persone sfollate a causa della guerra in Cecenia". Nel comunicato si ricorda che 1.700 ceceni sono stati forzati ad abbandonare il campo, nel mezzo di un rigido inverno.

Mosca vuole far chiudere i siti del governo indipendentista

Le autorità russe sono inoltre pronte a far chiudere due siti ufficiali del governo indipendentista ceceno, 'Chechen.Org' e 'Chechenpress.Com', registrati all'estero, secondo quanto ha appreso l'agenzia Ansa da fonti ufficiali.

Il capo del Dipartimento per la lotta contro i crimini tecnologici, il colonnello Dimitri Cepchugov, ha riferito all'Ansa di aver raccolto tutti i materiali riguardanti i due siti ceceni e di averli trasmessi al ministero degli esteri, che dovrà ora chiedere alle autorità dei paesi dove questi sono registrati di effettuarne la chiusura.

Già chiuso da alcune settimane il principale sito della guerriglia cecena 'Kavkaz.Org', legato al comandante militare dei ribelli, generale Shamil Basayev, e basato in Canada. Intanto il sito si è appoggiato presso la 'Godaddy.Com', un'impresa di 'web hosting' americana, in attesa di riapparire nella rete.

'Chechenpress.Com' e 'Chechen.Org' pubblicano in russo e in altre lingue informazioni ufficiali sull'attività del presidente eletto Aslan Maskhadov, considerato un esponente moderato, ma giudicato da Mosca "un terrorista".

"Questi siti pubblicano informazioni e comunicati di contenuto inammissibile dal punto di vista del diritto internazionale e della legge russa e la loro diffusione via Internet costituisce un reato", ha denunciato invece il colonnello. (RRFP