Intervista del SECOLO XIX a Massimiliano Monai uscita oggi .

L'uomo della trave accusa il pm «Ha sbagliato la ricostruzione»
Il barista che assaltò il defender: «Tirai pietre e alzai barricate ma il magistrato ha confuso strade e situazioni. Poi ha deciso di archiviare...»

Genova «Ho fatto barricate, ho tirato pietre, colpito blindati dei carabinieri. Non mi tiro indietro e per questo pagherò. Ma la ricostruzione del pm, su cui si basa l'archiviazione di piazza Alimonda, è completamente sbagliata. Confonde strade e situazioni e non è vero che sono stato con la trave in via Tolemaide. È tutto da rifare». Massimiliano Monai, il barista genovese che il 20 luglio 2001 si trovava attorno al defender dei carabinieri armato di una trave di legno a due passi da Carlo Giuliani, accusa Silvio Franz. Non si proclama innocente, anzi. Ma ribalta le ricostruzioni del pm. Poi ribadisce la sua tesi: «Dentro la jeep erano in quattro, non i tre».
Monai, perché queste accuse? La sua posizione non cambia. E poi la ricostruzione dei fatti si basa su un «imponente materiale videofotografico». Come negare?
«So perfettamente che presto avrò un processo e che questi dettagli non cambieranno nulla. Ma è incomprensibile questa differenza tra la verità (per quanto pesante contro di me) e la ricostruzione. Quella scritta dal pm è un'altra storia».
Vediamo i vari passaggi. Lei non era insieme a Carlo Giuliani e Eurialo Predonzani?
«Primo, questi ragazzi non li conoscevo. Li avevo visti qualche volta al bar e a Genova, di vista, ci conosciamo tutti. Ma non eravamo amici, non eravamo un gruppo. Tantomeno un gruppo organizzato. Ci siamo trovati in quella piazza per caso, travolti da ore di cariche di polizia e in preda all'ansia e alla paura.
Questo spiega l'assalto al blindato dei carabinieri in corso Torino poi dato alle fiamme?
«Io non ero lì. E neppure ho lanciato pietre contro quel blindato. No, Franz si sbaglia. Ripeto, non mi tiro indietro: ho partecipato all'attacco a un blindato, come si legge sulla richiesta di archiviazione, ma non di quello. Eravamo in una traversa di corso Torino, c'erano delle barricate. Ho tirato pietre e picchiato con un bastone. Ma non dove dice il pm: ci sono le immagini di Tg1 e Canale 5, sono attorno a un blindato; ma un altro».
Poi: «Monai con una trave e Giuliani con un bastone in prima fila in via Tolemaide».
«Altra cosa non vera. Non ho mai nascosto di essere l'"uomo della trave", mai. Ma quella trave l'ho presa in via Armenia e sono finito direttamente in piazza Alimonda. Poi l'ho gettata. In via Tolemaide con la trave non ci sono mai passato».
Ancora: «Monai con pietre in mano nell'atto di lanciarle in via Tolemaide».
«Quello è vero».
I fatti, bene o male, sono quelli descritti...
«Senta, di foto ne ho centinaia anche io. E raccontano un'altra storia, quella vera. Diavolo, non sto dicendo che non ho fatto nulla. Barricate, pietre, trave. Solo non in quel modo. E se anche le mie colpe restano le stesse, questa cosa dimostra come una ricostruzione così importante sia da rifare. Decide un'archiviazione... Che peso ha un'archiviazione arrivata in questo modo?».
Le foto della procura dicono altro.
«Di foto la procura non ne ha. Ci metto la mano sul fuoco e sono pronto alla macchina della verità. Ho la coscienza pulita».
Coscienza pulita? Ma lei stesso ammette barricate e assalti...
«Certo. Ma non come le vuole disegnare la procura. Bisogna ripartire da capo. E lasciamo perdere quel defender».


Cosa vuol dire sul defender?
«Che resto convinto: su quella jeep erano in quattro. Quando sono arrivato lì sotto con la trave c'era un carabiniere al volante, quello con la pistola e uno che lo copriva. Ma anche uno accasciato proprio sotto il finestrino dove puntavo la trave».
Non cambierebbe molto...


«È da vedere. Ma perché il pm non vede quello che abbiamo visto tutti? Da un anno e mezzo diciamo le stesse cose. Senza paura di essere un giorno condannati. Tra dieci anni la storia sarà sempre uguale. Altri hanno cambiato versione almeno dieci volte».
Chi?
«Il carabiniere Mario Placanica. Prima ha sparato, poi non ha sparato, poi copriva la pistola con la fondina, poi ha aiutato il suo collega all'ospedale, poi lo ha aiutato l'altro. Ha cambiato storia e avvocato. Io sono rimasto fermo».

Giovanni Mari
04/12/2002