L'ANALISI
L'amorale civica degli italiani
di ILVO DIAMANTI


LA FINANZIARIA ha previsto, in armonia con la stagione, un ricco pacchetto di (con)doni di Natale, buoni per tutti gli usi. Dai tributi nazionali a quelli locali, dal bollo auto al canone Rai. Ogni evasione, ogni irregolarità, ogni "peccato" pubblico può essere perdonato, alle aziende come ai privati cittadini. Confessando e pagando una modesta penale (penitenza). Salvo che per l'abuso edilizio e l'evasione totale.

Non si tratta, ovviamente, di un percorso (né di un peccato) originale del centrodestra. I condoni: una costante delle politiche finanziarie del nostro Paese, nell'era democristiana, intraprese, volta a volta, per fare "cassa". Sono tornate alla grande. E, al di là di altre valutazioni, riflettono un'idea precisa, e sconsolante, della morale - anzi: dell'amorale - civica degli italiani. Infatti, lo Stato che propone ai cittadini (e alle imprese) di "sanare" tutte le loro inadempienze verso il sistema pubblico con una piccola penale, perché si attende di ricavare, per questa via, entrate ampie e cospicue, non solo considera i cittadini dei mariuoli impenitenti, ma li valuta con indulgenza e comprensione; e, anzi, li asseconda.

D'altronde, l'atteggiamento dello Stato combacia con il basso livello di autostima che, quanto a senso civico, gli italiani dimostrano nei confronti di se stessi.

La formula di loro, di gran lunga più condivisa, fra gli italiani, per definire il carattere nazionale è, infatti, "l'arte di arrangiarsi", scelta dal 21% delle persone intervistate nel corso di una recente indagine (Demos-La Repubblica).

In secondo luogo, emerge "la creatività nell'arte e nell'economia" (15%). Mentre in fondo alla lista incontriamo "il senso civico, la fiducia nello Stato", indicato da un residuo 4,5% di persone. Gli italiani: si sentono dotati di senso di adattamento, "flessibilità". Un popolo di imprenditori, lavoratori e di artisti a tutto campo: specializzati nella difficile arte di affrontare gli ostacoli e le trappole disseminate lungo il loro cammino. Fra cui lo Stato: percepito non come un nemico, ma come un'entità "altra", a cui chiedere sostegno, se possibile (e necessario); ma di cui diffidare e al quale "arrendersi" solo di fronte all'evidenza.

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Per cui le tasse si evadono e si eludono, a priori. Il codice della strada: chi lo rispetta? Per non parlare del canone tivù, che in tanti non pagano (con qualche ragione). Per cui a scuola, naturalmente, si copia. E chi ti denuncia è una spia. Tanto sei responsabile (evasore, trasgressore, copiatore...) solo se ti scoprono. Non gli altri cittadini, ovviamente (perché la complicità è diffusa), ma le autorità pubbliche.

L'amorale civica: ha radici profonde. La logica del condono ne costituisce il riconoscimento istituzionale.

Studiosi e intellettuali hanno spiegato questo atteggiamento con il fondamento particolarista, familista, individualista, che caratterizza la storia del Paese e in particolar modo di alcune zone. Altri hanno invece giustificato l'esercizio diffuso della piccola illegalità come una sorta di risarcimento nei confronti di uno Stato pesante e occhiuto, di un sistema pubblico inefficiente e scarsamente produttivo. Il quale ha fatto poco per modificare questo sentimento sociale. Mentre ha contribuito attivamente ad alimentare l'opportunismo dei cittadini verso le istituzioni.

Pensiamo al rapporto fra i partiti e lo Stato. A seconda di chi governa, la fiducia dei cittadini nei confronti dello Stato cambia segno politico. Era largamente spostata a centro-sinistra, fino al 2001, quando improvvisamente, dopo la vittoria elettorale della CdL, si è spostata a destra.. E' che, fra i cittadini, prevale un'idea "proprietaria" dello Stato, che lo percepisce "strumento" della politica; della maggioranza di governo. Visto che ogni cambio di maggioranza prepara una sostituzione massiccia ai vertici degli enti pubblici.

Gli esempi che dimostrano quanto sia, ormai, radicata la reciproca sfiducia fra lo Stato e i cittadini sono diversi.

Pensiamo ai Bot, che, nei decenni passati, hanno permesso agli italiani di valorizzare i loro risparmi, visto che il loro rendimento cresce, ovviamente, in misura coerente con il dissesto della finanza pubblica. Così gli italiani sono stati educati a vedere nello Stato-inefficiente non solo un'istituzione di cui diffidare, ma una risorsa su cui lucrare. Hanno imparato ad apprezzare la relazione stretta fra degrado pubblico e interesse privato.

Pensiamo, inoltre, alla logica del sospetto incrociato che regola il sistema fiscale. In Italia, ormai, la pressione delle imposte è oltre la media europea. Come l'evasione. Ciò suggerisce che, senza evadere, sugli italiani graverebbe una pressione fiscale pari a quella dei paesi scandinavi, ma con servizi e prestazioni pubbliche da periferia d'Europa. Per cui lo Stato impone tasse molto più alte di quelle che riuscirà a incassare, perché ha sfiducia nei suoi cittadini. E viceversa: i cittadini, evadono ed eludono, perché considerano questo un atto di legittima difesa.

Tuttavia, oggi, queste trasgressioni non solo vengono tollerate dallo Stato ma perfino sfruttate attraverso la "strategia del perdono", che rimette i peccati dei cittadini e sistema le finanze pubbliche. Una sorta di indulto ricorrente. Quello che la classe politica è tanto restìa a concedere ai detenuti, responsabili di reati forse maggiori, ma soprattutto commessi contro i privati, invece che contro il "pubblico".
Ma l'amorale civica rischia di dilatarsi ulteriormente se le irregolarità, oltre che "condonate", vengono accettate e, talora, suggerite da chi rappresenta lo Stato. Quando chi governa esprime comprensione nei confronti dei cassintegrati che arrotondano le entrate facendo lavoretti "informali". E quindi, implicitamente, nei confronti di tutti coloro che "si arrangiano" nella penombra: i pensionati, gli studenti, le casalinghe, gli impiegati, che lavorano, in grigio, in nero, in chiaroscuro. E' sempre avvenuto? Certo. Ma lo Stato e i suoi governanti fingevano, almeno, di non vedere. Quando, però, chi governa mostra di "sapere", e, ambiguamente, di "condividere", allora la distanza fra i governanti e i governati scompare. E il freno che inibisce il lavoro grigio o nero, viene meno.

Lo stesso - e assai più clamorosamente - è suggerito da una reazione dell'ex ministro della Difesa, Cesare Previti. Questi, invitato da Angelo Panebianco a dimettersi dal Parlamento per aver sostenuto che il deposito svizzero a suo nome fosse frutto di evasione, invece che di corruzione, ha sostenuto che il problema non esisteva, trattandosi di un reato prescritto.

Difficile, allora, stupirsi se la cautela "fiscale" delle imprese e ancor più dei privati si allenta. Se i cittadini e le imprese non considerano illecito evadere. Riservandosi, semmai, di "rimediare" dopo. Se scoperti. O meglio: prima di essere scoperti. Concordando. Tanto meno ci deve sorprendere se "l'arte di arrangiarsi" continua ad essere considerata il marchio del carattere nazionale. Dovrebbe, semmai, preoccuparci un po' che stia smettendo di essere un vizio, da confessare a mezza voce, e si stia trasformando in una "virtù civica". Utile a sanare i conti dello Stato; proposta, con le parole e l'esempio, da chi governa.

Dovrebbe inquietarci un po', tutto questo. Ma è difficile che avvenga, se lo Stato non è migliore di noi. Anzi, si fa specchio dei nostri vizi antichi. Dei nostri peccati presenti. Uno Stato indulgente, che coltiva l'amorale civica, senza farci sentir in colpa. E quand'è necessario, quando conviene, perdona e condona.

(15 dicembre 2002)



da www.repubblica.it