IL DIVIETO (NON RISPETTATO) A META´ ANNI SETTANTA PER DIMOSTRARE CHE I VALORI DELL´AMERICA ERANO DIVERSI DA QUELLI DELL´UNIONE SOVIETICA
Da Lumumba a Milosevic, tutti i complotti targati Cia


corrispondente da NEW YORK PENNE

Fino al 1976 i tentati omicidi di Stato venivano considerati «legali» e quando i servizi segreti fallivano entravano in scena i killer mafiosi con dentro inchiostro avvelenato, sigari tossici ed una tuta da sub cosparsa di sostanze irritanti. Così la Cia tentò di uccidere in ripetute occasioni il leader cubano Fidel Castro quando alla Casa Bianca c'erano Dwight Eisenhower e John Fitzgerald Kennedy. A causa dei ripetuti fallimenti degli agenti federali furono elementi mafiosi a metterci lo zampino, ma l'«Operazione Mangusta» sebbene fantasiosa - cera chimica negli stivali di Fidel per farlo cadere e morire battendo la testa - non diede frutto. A svelare i dettagli dei tentativi di assassinio, riusciti o falliti, da parte della Cia negli anni Cinquanta e Sessanta fu nel 1975 la commissione di indagine del Congresso presieduta dal senatore democratico dell'Idaho, Frank Church. Al termine di sessanta udienze con settantacinque testimoni il «rapporto Church» descrisse in ottomila pagine alcuni dei segreti fino allora più impenetrabili dell'intelligence americana. Le prove raccolte confermavano che la Cia era stata a conoscenza del complotto che nel 1961 aveva portato all'uccisione del presidente del Congo, Patrice Lumumba, considerato troppo oscillante verso l'Unione Sovietica. In quello stesso anno, in maggio, il coinvolgimento fu invece diretto nell'uccisione del dittatore della Repubblica Domenicana, Rafael Trujillo, perché erano stati alcuni agenti della Cia a fornire le armi per l'esecuzione. Due anni dopo fu del turno del presidente del Vietnam del Sud, Ngo Dinh Diem, ma questa volta la Cia si limitò a pagare chi eseguì materialmente il delitto. In Cile a pagare con la vita fu il generale Renè Schneider, capo dello Stato Maggiore dell'esercito, che non si era opposto all'arrivo al potere di Salvador Allende e che si accingeva a lanciare una caccia agli informatori di Washington in tutto il Paese. Il senatore Church riuscì a ricostruire questi episodi anche grazie alla collaborazione di un comitato di esperti guidato da Nelson Rockfeller, all'epoca vice presidente nell'amministrazione Ford. «La pratica dell'omicidio è incompatibile con la nostra società» affermava il «Rapporto Church» per attestare che i valori dell'America erano differenti da quelli dell'Unione Sovietica. Gerald Ford lo fece proprio e ne trasse le conclusioni firmando l'ordine esecutivo 11905 nel quale stabiliva che da quel momento in avanti gli Stati Uniti non avrebbero mai più cercato di assassinare nessuno in giro per il mondo. La decisione di Ford è del 1976, lo stesso anno in cui diviene capo della Cia George Bush padre, che diventa così il primo capo dell'intelligence a dover rispettare le nuove disposizioni, ribadite nero su bianco dai due presidenti che seguirono: il democratico Jimmy Carter e il repubblicano Ronald Reagan. In realtà i tentativi di eliminare i nemici dell'America sono continuati. Nel 1985 con un´autobomba si tentò di uccidere (senza successo) a Beirut lo sceicco Mohammed Hussein Fadhallal, leader degli Hezbollah filo-iraniani responsabili dell'attentato contro la sede dei Marines, costata la vita a 241 soldati. Nell'aprile dell'anno seguente Ronald Reagan invia i cacciabombardieri contro la residenza del leader libico Gheddafi per vendicare l'attentato alla discoteca «La Belle» di Berlino Ovest. Il colonnello si salva per un pelo mentre la figlia adottiva rimane sotto le macerie. L'iracheno Saddam Hussein contende a Fidel il numero dei tentativi di eliminazione: Bush padre mandò gli aerei per colpirlo durante la Guerra del Golfo del 1991 e Bill Clinton provò di nuovo nel 1993, all'indomani del fallito attentato iracheno contro Bush in Kuwait. Sempre Clinton nel 1999 fece bombardare la casa del presidente serbo Slobodan Milosevic durante la guerra per il Kosovo. L'unico «successo» degli ultimi anni è stato colto in Colombia, dove nel 1993 il boss del narcotraffico Pablo Escobar venne eliminato dalle locali forze di sicurezza in un blitz reso possibile dalle informazioni ottenute dalla Cia. Fra gli esperti di diritto non tutti ritengono questi atti una violazione dell'ordine di Ford perché trattandosi di guerre - in Iraq e Kosovo - o di risposte ad atti terroristici - nel caso di Gheddafi o Fadhallah - l'America in realtà ha reagito una volta attaccata, esercitando il diritto all'autodifesa previsto dall'articolo 51 della Carta dell'Onu. E' questa l'interpretazione con la quale il presidente George Bush ha giustificato nel 2001 l'ordine impartito all'intelligence di eliminare il leader di Al Qaeda, Osama bin Laden, all'indomani degli attacchi terroristici subiti a Washington e New York. Il precedente a cui si richiama Bush è quello dell'aprile del 1943, quando l'ammiraglio Nimitz venne autorizzato da F.D.Roosevelt ad abbattere l'aereo su cui volava l'ammiraglio giapponese Yamamoto, regista dell'attacco a Pearl Harbour. C'è invece chi ritiene che la caccia ai miliziani di Al Qaeda ricordi da vicino l'«Operazione Phoenix»: lanciata all'inizio degli anni Settanta dalla Cia in Vietnam contro i Vietcong portò all'uccisione di 26 mila guerriglieri ed alla cattura di altri 22 mila.

La Stampa 16 dicembre 2002