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    Predefinito L’Imam toglie il velo alle minacce

    A CARMAGNOLA DA ANNI ABDUL QADIR E’ GUIDA DEI MUSULMANI

    Osama Bin Laden non è solo. E in Italia l’esercito dei suoi guerrieri cresce di giorno in giorno. Un esercito che solo chi non vuol vedere si ostina a pensare che sia innocuo, pacifico e semplicemente intriso della fede di Allah. Non bisogna fare salti mortali per scoperchiare il potenziale vulcano terroristico che condivide le strutture del nostro Paese, magari è nostro vicino di casa o frequenta le stesse scuole dei nostri figli. E, adesso, c’è chi ha il grande progetto di creare la prima cittadina islamica in Italia. Un complesso di proporzioni “imbarazzanti”: un intero quartiere per oltre 200 famiglie, con tanto di scuole coraniche, supermercati, negozi, ampi spazi verdi. E, naturalmente, il punto di riferimento più importante: la moschea. A raccontare di questo progetto già sulla carta è stato il “Diario della settimana”, attraverso un documentato servizio di Ruben Oliva. Che si è messo sulle tracce di Abdul Qadir Fad Alla Mamour, l’imam di Carmagnola. Lo ha trovato e lo ha fatto parlare. Si è fatto raccontare cos’è l’Islam, chi è Bin Laden e quanti sono i mujaheddin, pronti a tutto, nascosti in Italia. Abdul è anche la mente e il portafoglio di quel progetto di cittadella islamica che dovrebbe sorgere proprio a Carmagnola, città di 25 mila abitanti, a meno di 30 chilometri da Torino. È già stato presentato al sindaco Angelo Elia, con l’assicurazione che al suo interno non vivranno terroristi ma solo «professionisti islamici». Abdul da anni vive a Carmagnola. Come racconta il Diario «è nato nel Senegal nel 1964 e si è laureato in economia in Svizzera. Fa l’imam, anche se la sua vera attività la svolge a Zurigo, dove è titolare della Fadl Allah Islamic Investment Company. La sua occupazione principale è piazzare in società sicure di mezzo mondo i petrodollari dei Paesi arabi». E proprio quei petrodollari dovrebbero finanziare il progetto islamico a Carmagnola. Abdul spiega al giornalista: «Allah ci ha donato il petrolio, un tesoro che non si esaurisce mai. I musulmani mi consegnano i soldi in mano e quasi mai si firmano ricevute o documenti. Tra noi la parola conta più di ogni altra. Chi tradisce va incontro a seri guai». Abdul non è un semplice imam. Lui ha seguito tutto il percorso per diventare un guerriero di Allah: «Ho ricevuto il mio addestramento militare 15 anni fa in Libia». E svela: «Io non morirò di vecchiaia ma da mujaheddin, saltando in aria con una bomba fasciata alla cintura». E spiega che l’Italia è una base importante, molto importante per il futuro dell’Islam. Al punto che il cattolicesimo potrebbe addirittura passare in secondo piano. Un’Italia musulmana? «Certamente! - annuncia trionfante - Dovete considerare che noi a ogni generazione ci duplichiamo, mentre voi vi dimezzate». E così quei 2 mila guerrieri addestrati in Afghanistan che già sono sul nostro territorio potrebbero moltiplicarsi in un batter d’occhio. Abdul cerca di tranquillizzarci: «Sono solo di passaggio. L’Italia è solo una base. Quando la grande rivoluzione islamica sarà alle porte noi abbandoneremo l’Italia e gli altri Paesi europei e non vi daremo più fastidio, anzi vi ringrazieremo. Ma le autorità devono smettere di perseguitarci, sennò questi mujaheddin potrebbero svegliarsi anche qui. E allora ci sarebbe una guerra terribile per tutti...». Capito il ricatto?
    "Sarà qualcun'altro a ballare, ma sono io che ho scritto la musica. Io avrò influenzato la storia del XXI secolo più di qualunque altro europeo".

    Der Wehrwolf

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    Così un lettore lo descrive a Il Diario
    A Torino si faceva chiamare Dilly
    Caro Diario,
    ho letto il servizio di Ruben Oliva sull’imam di Carmagnola (Diario n. 46) e vorrei aggiungere qualche altro dato alla comprensione del personaggio. Qui a Torino si chiamava Djlly Fall Mamour e adesso ha un nome un po’ più lungo. Trovo ottimo il parlare dei leader fondamentalisti. In questo caso informazioni aggiuntive sono utili a tutti. Djlly Fall Mamour è stato per vari anni il marabout della dahira mourid dei senegalesi di Torino. Ha avuto contatti con le associazioni caritative, con gli istituti di ricerca, come l’Ires, con le associazioni per i diritti civili. Si presentava come discendente di Fall, uno dei due cofondatori del mouridismo, che a inizio secolo scorso ha avuto un travolgente successo. Al momento del massimo fulgore la dahira associava più di metà dei senegalesi di Torino e faceva da punto di riferimento degli altri. Niente politica, niente fondamentalismo, religione e decime sui salari dei più di 400 aderenti con contratti regolari. Il che fa una sessantina di milioni al mese. Djlly è finito su un libro italiano e su uno americano, con citazione di lettera ecumenica all’arcivescovo Saldarini. Poi è entrato in conflitto con il khalifa mourid in visita a Torino per le disumane condizioni di vita dei manovali e con i manovali medesimi per ragioni dinastiche, cioè perché lui non era il discendente del Fall giusto - ora il cognome è diventato Fad e non so se sia un errore di stampa vostro o una correzione anagrafica. Nel frattempo Djlly si era sposato a Carmagnola con una ragazza di lì e con testimone Vanessa Maher, docente di antropologia. Djlly ha avuto molti guai economici e si è retto sui suoceri. Della dahira oggi si occupa un operaio che lavora - un prete operaio, per così dire - che non prende le decime ma quello che gli danno. Molti senegalesi si sono trasferiti a Brescia, che è diventato il baricentro del mouridismo italiano, perché il tondino tira e l’auto no. Quando ho reincontrato Djlly mi ha detto che noi possiamo permetterci la democrazia perché abbiamo l’economia, ma che in Senegal se non c’è un fondamento religioso lo Stato non si regge, mi ha detto che era in contatto col Fis algerino e che faceva una rivista, Messaggio islamico, insieme con due italiani, due rautiani convertiti all’Islam. Poi si è sposato davanti a se stesso con un’altra moglie, che sul momento ha portato a casa della prima, che era sempre dei suoceri carmagnolesi. (Un procedimento giudiziario l’ha portato anche sull’inserto torinese di Repubblica). Poi, credo, avrà incontrato, come Bouriki Bouchta (il famoso imam di Porta Palazzo), il wahabismo e i soldi dei sauditi, ha smesso di venire a fare fotocopie all’Ires e di salutare quelli dell’Ufficio stranieri di Torino. Prima manteneva (e veniva lasciato da tutti che mantenesse, giustamente) una vera e propria rete diplomatica con la Cisl per il collocamento, con la Cgil per le vertenze, col Prefetto per i permessi, con l’arcivescovo e i preti per poter usare le sacrestie come luogo di preghiera. Il suo passaggio al wahabismo, dicono i cultori della materia, non è un caso isolato. C’è una arabizzazione dell’istruzione in una parte dell’Africa e i soldi dei sauditi mandano in giro imam estremisti che hanno spazio perché le condizioni di vita peggiorano e non è detto che si reagisca ai disastri con Che Guevara. Anche la destra un certo spazio ce l’ha.
    I senegalesi di Torino non sanno neppure più chi era Djlly Fall Mamour. Se sono peggiorati è solo perché non arrivano più attraverso l’ordine mourid. E mentre una volta avevano fama di lavoratori instancabili, cosa che in maggioranza restano, oggi in piccola parte tendono a far soldi in modo meno legittimi.
    Francesco Ciafaloni, Torino
    "Sarà qualcun'altro a ballare, ma sono io che ho scritto la musica. Io avrò influenzato la storia del XXI secolo più di qualunque altro europeo".

    Der Wehrwolf

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    Fino a sette anni era Barbara Farina, milanese e cattolica
    Oggi è Aisha, moglie del senegalese
    L’altra metà dell’Islam

    L’altra metà di Abdul è Aisha, sua moglie. Fino a sette anni fa, questa donna che oggi gira regolarmente con burqa e guanti neri si faceva chiamare Barbara Farina. Sì, perchè Aisha in realtà è una ragazza milanese di 30 anni che studiava lingue. Una ragazza come tante altre, di fede cattolica. Poi ha letto il Corano e si è convertita all’Islam. Da qualche anno ha sposato nella moschea di Torino Abdul, già sposato civilmente con Patrizia Venturella. Barbara è così diventata la prima donna italiana ad ammettere pubblicamente il proprio rapporto poligamico così come è stata la prima donna italiana ad esibirsi con il niqab, il velo integrale che avvolge l'intero corpo. Aisha ha già dato 4 figli ad Abdul e spiega che per Allah è disposta a tutto. Anche a perdere il marito in una missione suicida o da kamikaze. «Ne sarei felice e orgogliosa - ha dichiarato al Diario - perché saprei che mio marito si trova al fianco di Allah». Fede cieca, da autentica guerrigliera. Anche lei. non a caso dirige un giornale a diffusione gratuita e dal nome alquanto significativo: “La combattente sulla via di Allah”. In mezzo a servizi di costume (sull’abbigliamento più idoneo per una musulmana, per esempio) ce ne sono altri da far... paura. Si spiega, per esempio, quando e perchè compiere atti di martirio o, addirittura, si utilizzano 11 pagine per spiegare in ogni dettaglio come si deve comportare un mujaheddin. Una regola è fondamentale: colpire il maggior numero possibile di nemici prima di essere uccisi.
    "Sarà qualcun'altro a ballare, ma sono io che ho scritto la musica. Io avrò influenzato la storia del XXI secolo più di qualunque altro europeo".

    Der Wehrwolf

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