L’ex presidente esprime perplessità sulle decisioni prese da Bush
per eliminare i militanti di Al Qaida
Cossiga: la guerra all’Iraq
distruggerà il sogno di una politica estera e militare Ue
Riportiamo di seguito una intervista al presidente Francesco Cossiga, pubblicata ieri dal quotidiano la Stampa.
Presidente Cossiga, la Cia avrà licenza di uccidere come ai bei tempi.
«Benché amerikano con la kappa, lettore di romanzi di spionaggio e competente di intelligence, la decisione di Bush mi ha molto colpito. La mia prima idea è stata rivolgere un’interpellanza al presidente del Consiglio Berlusconi e ai ministri della Difesa e degli Interni».
Per chiedere che cosa?
«Sapere quali misure amministrative, operative e se del caso legislative intendessero prendere per impedire che si portassero a compimento simili azioni sul territorio italiano, o sul territorio sotto giurisdizione italiana in Kosovo, Bosnia, Afghanistan. E quali passi intendessero svolgere per promuovere analogo atteggiamento degli altri Stati dell’Ue».
E dov’è l’interpellanza?
«Vi ho rinunciato per due motivi: uno politico, l’altro giuridico. Politico, perché il governo italiano si trova in condizioni di crescente debolezza. Accade alla Casa delle Libertà quel che accadde la volta scorsa all´Ulivo: non è più un soggetto politico, ma una coalizione rissosa. Non vorrei che facessero fare a Berlusconi la stessa fine che abbiamo fatto fare a Prodi. Siamo all’uragano forza 7, presto saliremo a 9, e da qui alla tempesta non classificabile».
Quando?
«Quando lo choc della guerra preventiva all’Iraq infrangerà il pilastro Nato e il sogno di una politica estera e militare europea».
Separando Berlusconi dagli alleati francesi e tedeschi?
«Non è detto. Berlusconi dovrà ovviamente dare seguito formale alla tradizionale politica filoamericana, ma coltiva più dubbi non dico sulla liceità, di cui non si occupa, ma sull´opportunità di una guerra. Anche perché conosce un sondaggio in cui l’84,5% degli italiani si è espresso contro un attacco preventivo, ancorché autorizzato dall´Onu».
E il motivo giuridico qual è?
«La confusione che ha sconvolto il diritto internazionale. Un tempo l’assassinio politico non era contemplato neppure in caso di guerra. Ma un tempo la guerra si dichiarava. Ora non più. Principi fondamentali come l’intangibilità della sovranità e la non ingerenza negli affari interni sono saltati. L’ingerenza umanitaria è stata sacralizzata sul piano etico e religioso da altissime autorità morali».
A parte il Papa, quale giudizio dà della scelta di Bush?
«Ho più di qualche perplessità giuridica sulla licenza di uccidere gli uomini di Al Qaeda. Ma voglio chiarire che non ho nessuna riserva né politica né etica, per buona pace dei filoislamici di Trenta Giorni e di Andrea Riccardi».
Da competente di intelligence come valuta gli allarmi che riguardano l´Italia?
«La presenza del Vaticano, lungi dall’esporci, ci difende. Alla politica filoaraba della Santa Sede, che ormai ha sacrificato il dialogo con l’ebraismo a quello con l’Islam, si aggiunge l’apporto dei cattolici militanti antisraeliani e antiamericani: soprattutto Pax Christi, ma anche Cl, focolarini e Sant’Egidio, che si può ribattezzare Sant’Eccidio».
E se accadesse il contrario? Il nichilismo di Al Qaeda non potrebbe indurla a colpire un paese considerato filoarabo?
«Al Qaeda non è nichilista. Si inserisce in un grande movimento vichiano di riconquista islamica, contro un’Europa che pare aver rinunciato a difendere Vienna e Lepanto, il principe Eugenio e don Giovanni d’Austria. Se domani un Papa levasse il mea culpa per Lepanto nessuno potrebbe stupirsi».
Combattendo il terrorismo degli Anni 70, le si pose mai il problema delle «operazioni non convenzionali»?
«Me lo pose un altissimo esponente del Pci, che venne al Viminale a dirmi: “Ora che avete arrestato più di un brigatista, dovreste dargli una strizzatina”».
Lei che cosa rispose?
«Che non avrei mai preso in considerazione l’ipotesi. E questo mi ha consentito, anni dopo, di considerare, come faceva Moro in prigionia, i sovversivi di sinistra e gli eversori di destra come un fenomeno politico. Di cambiare idea sull’autenticità delle lettere di Moro. E di sostenere l’indulto e anche l´amnistia».
Quale fu secondo lei la fine della Raf nel carcere di Stammheim?
«Non “secondo me”. Le fornisco informazioni certe e non smentibili. Le autorità del Land fecero sapere ai carcerati che sia l’operazione Schleyer sia il dirottamento erano falliti. Il messaggio fu: siete finiti. Poi li chiusero in una stanza e fecero loro trovare una pistola sul tavolo. Fu incitamento morale al suicidio».