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    Predefinito La scrittura automatica

    Dal sito http://www.lascrittura.net/

    La scrittura automatica

    La scrittura automatica viene comunemente definita come la capacità di chi scrive parole, frasi, messaggi senza che la propria volontà influisca sul braccio. Il soggetto, appoggiando la penna sul foglio attende che la mano si muova e, in stato di veglia o di trance, inizia a scrivere senza avere di solito consapevolezza di ciò che sta scrivendo. Volendo fare una ricostruzione storica dell’argomento bisogna risalire alla seconda metà del secolo scorso, nell’ambiente dello spiritismo e più precisamente ad Allan Kardec, considerato il padre dello spiritismo francese, il quale nel 1861, nelle sue pubblicazioni, ufficializza l’uso della scrittura automatica come il mezzo più semplice e più completo per poter stabilire delle relazioni con gli spiriti. In seguito tale pratica, dopo gli studi sull’inconscio e le varie teorie psicanalitiche che la presentano come forma di dissociazione della personalità, desta minor interesse al mondo parapsicologico; perde cioè quell’alone di mistero che l’aveva circondata precedentementee, non costituendo più un fenomeno paranormale in senso stretto, sembra passare in secondo piano rispetto ad altri fenomeni le cui cause rimangono ancora misteriose.
    Tuttavia negli ultimi anni, nel clima della nuova religiosità, si riaccende notevolmente l’attenzione per la scrittura automatica, che si inserisce in una nuova o meglio più ampliata prospettiva rispetto a quella ottocentesca.La nuova religiosità presenta spesso un intreccio di tecniche psicologiche, fusioni di varie spiritualità supportate da presunte spiegazioni scientifiche. Messaggi dall’aldilà, insegnamenti di ogni tipo da entità, affollano intere librerie con notevole successo.
    Secondo il pensiero New Age, infatti, chiunque più o meno può, mediante l’uso di tecniche tra le quali si ripresenta più vigorosa che mai la scrittura automatica, diventare canale (channeler) e comunicare con Dio, il Cristo, gli angeli, fate, gnorni, elfi, spiriti della natura, spiriti di defunti, entità multipersonali, extraterrestri, non escluso l’inconscio collettivo.

    La questione terminologica
    La scrittura automatica si presenta come un fenomeno alquanto complesso che si presta a svariate interpretazioni.
    Secondo la spiegazione fornita da Ugo Dettore (1986, p. 875), l’autorevole studioso di parapsicologia, è un “fenomeno considerato tanto dalla psichiatria quanto dalla psicologia e dalla parapsicologia, per il quale un soggetto, in stato di sonnambulismo, di ipnosi, di trance. o anche in stato di veglia, scrive più o meno inconsciamente dando comunicazioni di vario genere. In realtà non sempre si può parlare di vero e proprio automatismo, perché lo scritto molte volte presenta una coerenza e una creatività che presuppongono un’attività pensante , in se consapevole di quello che scrive anche se distaccata dalla coscienza normale. [...] Il fenomeno, in sé. potrebbe non essere di carattere paranormale. Gli psicologi lo considerano una manifestazione dell’Io inconscio e se ne valgono spesso per le loro analisi del profondo: come nel sogno, durante la scrittura automatica affiorano motivi rimossi, che il soggetto ha respinto nella zona inconscia per la paura di affrontarli e l’incapacità di affrontarli. Assume però carattere paranormale quando nelle comunicazioni scritte appaiono evidenti manifestazioni di telepatia, chiaroveggenza nello spazio e nel tempo, xenoglassia. personificazione: così come il sogno non è in sé un fenomeno paranormale ma può divenirlo quando appaiono in esso tali manifestazioni”.
    La scrittura automatica si presenta dunque come una realtà articolata
    da una molteplicità di elementi, quelli psicologici, parapsicologici ecc.,
    che interagiscono tra loro diversamente in ogni soggetto.
    La diversità delle origini del fenomeno ha spesso indotto gli studiosi a dissertazioni terminologiche.
    Secondo il Sudre, per esempio, la definizione scrittura automatica è“alquanto inesatta, se si considera che deriva da una coscienza a volte più ricca e più coerente della coscienza normale. Anche nel senso in cui l’ha usato Janet, distinguendo tra l’attività creatrice dello spirito e l’attività conservatrice, il nome di automatismo è inaccettabile per una attività che, una volta spezzatasi la personalità, è essenzialmente creativa in un campo di coscienza più o meno ristretto. Scrittura inconsciente sarà un’espressione molto più giusta” (Sudre, 1966). Tale espressione, però, non è stata adottata nè in psicologia nè in parapsicologia.
    Nel 1934 Gino Trespoli, nel libro Spiritismo moderno, definisce il fenomeno psicografia, cioè scrittura psichica; il termine viene usato oggi anche per indicare il “fenomeno per il quale un sensitivo riesce ad influenzare la materia fotosensibile di una lastra fotografica, riuscendo ad impressionarla con una immagine di una scena pensata” (Conti, 1989).

    Nel 1940 Salvatore Occhipinti conia il termine telescrittura (scrittura a distanza), e vuole indicare specificatamente le comunicazioni ottenute, attraverso la tavoletta o il bicchierino capovolto, fatto scorrere su di un piano dove vengono poste le lettere dell’alfabeto. Successivamente questo temine viene usato anche per la scrittura automatica.

    I coniugi Verrico, in seguito, adottano il termine psicoscrittura per in la pratica della scrittura automatica, riprendendo a modello le teorie di Sudre.

    Spesso nello spiritismo viene usata anche l’espressione scrittura medianica, o scrittura spiritica, con la quale si intende il prodotto di una comunicazione con l’aldilà o un’altra dimensione.
    Recentemente la nota sensitiva Laura Casu ha proposto nel suo libro Il Maestro Interiore di chiamare questo fenomeno comunicazione alternativa: “dobbiamo considerare il termine scrittura automatica in parte improprio, perché pur mantenendo le caratteristiche dell’ automatism o psicologico per quanto riguarda il gesto dello scrivere, si differenzia totalmente da altri automatismi per lo svolgersi successivo del fenomeno, che sembra comprendere, appunto, la sfera psichica, come per gli altri automatismi, ma in maniera autonoma e dissociata, inoltre intellettivamente creativa in modo proprio. Volendo ipotizzare un termine più consono direi Comunicazione Alternativa” (Casu, 1995, p. 43).


    2. Ipotesi di classificazione
    Nonostante la vastità e la complessità ditale argomento’ è possibile avanzare delle ipotesi di classificazione in base ai modi scriventi, alla messaggistica (messaggi provenienti da defunti, spiriti guida, energie di luce o messaggi di tipo letterario, filosofico) e all’ interpretazione stessa del fenomeno. La prima classificazione ad esempio suddivide la scrittura automatica in diretta o indiretta.
    Nella scrittura indiretta è il medium che scrive, in genere senza aver consapevolezza di ciò che sta scrivendo; in quella diretta, detta anche pneumatografia, il medium rimane inattivo, in stato di trance o meno, mentre la penna scrive da sola sudi un foglio di carta.

    Tra le ipotesi interpretative del fenomeno, tre sono le principali correnti che emergono:

    - -interpretazione spiritica;
    - interpretazione parapsicologica;
    - interpretazione psicologica, psicanalitica.
    Secondo l’interpretazione spiritica, innumerevoli sono le prove che dimostrerebbero l’esistenza di una intelligenza completamente indipendente da colui che scrive. Allan Kadec, il caposcuola dello spiritismo europeo, nel Libro dei Medium, tratta in maniera approfondita il problema della scrittura automatica, cercando di fornire una guida a tale fenomeno.


    CONSIDERAZIONI GRAFOLOGICHE

    1) Non esiste un modello fisso di scrittura automatica, però,dalle esperienze descritte da alcuni celebri automatismi del secolo scorso, da indagini svolte in campo medico, dalle scritture presentate in questo studio, alcune modalità grafiche sembrano ripetersi costantemente.
    2) Nella maggior parte dei casi, la scrittura automatica, presenta un percorso di variazioni grafiche che va dai primi tentativi, o dalle prime parole che si interrano dal tracciato grafico, alla compilazione di messaggi completi. Si può dunque parlare di diversi livelli di scrittura automatica o di vari gradi di automatismo. E’ possibile idealmente dividere la scrittura automatica in tre fasi o livelli: fase iniziale,fase centrale, fase di maturazione.
    3) Le scritture in esame non si trovano tutte allo stesso livello

    Fase iniziale: Nella fase iniziale solitamente vengono tracciati dei segni simili agli scarabocchi del bambino. Spesso si descrivono anche delle forme circolari, a spirale, circonvoluzioni, movimenti ondulatori che si sviluppano per l’intero rigo, tornando a capo in un unico movimento.
    Si può presentare anche un tracciato formato da una serie di puntini continui, o di aste che procedono a zig zag in direzione orizzontale. In seguito cominciano a delinearsi le prime lettere, se pure in modo molto deformato: in particolare si evidenziano le aste verticali, come la t, la p, la d e poi anche la I e la g. In questa fase le lettere a, in, e, i, o, u, s, si confondono tra loro, per l’eccessiva dilatazione del gesto e contorsione del tracciato, provocando spesso una lettura delle prime parole più interpretativa che oggettiva.
    Il ritmo grafico, in questa fase, non è necessariamente veloce. Si riscontrano anche grafie lente, in cui le prime parole vengono tracciate in modo rigidamente calligrafico con lunghe asteggiate sproporzionate rispetto al corpo centrale della scrittura.
    Seconda e terza fase. Tra la seconda e la terza fase si possono collocare le scritture in esame. Infatti il medium ha superato la fase della formazione delle prime parole, per passare alla formulazione di frasi, periodi, messaggi di intere pagine. Le lettere presentano una loro struttura anche se spesso in un contesto grafico confuso.
    Nell’ esaminare le principali variazioni grafiche che caratterizzano le scritture automatiche rispetto alle corrispondenti scritture abituali, si terrà conto anche dei fattori esterni e cioè delle modalità strumentali ed esecutive con cui viene eseguito lo scritto.
    Di solito nella fase iniziale viene usato un pennarello, o una penna ad inchiostro liquido, o una matita, per facilitare lo scorrimento dello strumento scrittorio sulla carta. In un secondo momento, quando si è “acquisita una certa pratica della scrittura”, alcuni utilizzano indifferentemente anche la penna a sfera.
    La penna può essere tenuta in modi diversi: o normalmente tra pollice ed indice appoggiando la mano sul piano di appoggio, o con una presa molto lunga, afferrandola cioè nella parte superiore. Quest’ultima posizione è accompagnata spesso dal gomito sollevato per permettere un movimento più ampio ma nello stesso tempo meno coordinato.
    La penna (o meglio il pennarello) in casi più rari è appoggiata sul palmo della mano che è tenuto in posizione verticale rispetto al foglio, e procede durante la scrittura in direzione verticale.
    La scrittura automatica può essere vergata da sinistra verso destra, o viceversa, o come accennato dall’alto verso il basso.
    Nella scrittura automatica può essere utilizzata, indipendentemente dalla mano abituale, sia la destra che la sinistra e in casi molto rari tutte e due simultaneamente.
    Da quanto detto ne consegue che il modo con cui si tiene la penna influisce sulla qualità della grafia. causando variazioni della distribuzione pressoria lungo i singoli tratti grafici e sui livelli di velocità del movimento (Bravo, 1998).

    Si aggiunge che una presa della penna molto lunga comporta una variazione dell’angolo di incidenza della punta scrivente sulla superficie della carta (Saudek, 1925).
    Inoltre la posizione del gomito sollevata causa un assorbimento di energia a livello di spalla. di braccio e di avambraccio che condiziona l’energia liberata.
    Esaminando le principali costanti grafiche che emergono dalle scritture automatiche in esame, si evidenzieranno per prime le componenti dinamiche che caratterizzano il movimento formativo della scrittura, quali la velocità, l’energia e l’ampiezza.
    In riferimento alle suddette componenti si rilevano le seguenti caratteristiche (cfr. figure, 1, 2 e3): 1) Ritmo grafomotorio estremamente veloce caratterizzato da impulsi incontrollati che alterano vistosamente l’armonia delle proporzioni. 2) Pressione fortemente fluidificata nella distribuzione. 3) Ampiezze grafiche contenenti forme esageratamente ampie e sproporzlonate
    In particolare l’energia pressoria essendo attivatrice del movimento scrittorio nelle componenti di ampiezza e velocità subisce poi gli effetti di dette componenti.

    Nelle scritture automatiche, pertanto, la pressione segue l’eccessiva velocità esecutiva, canalizzandosi senza chiaro scuri, uniformemente, ma non in modo piatto, lungo il tracciato.
    Una scrittura non automatica, “normale”, per quanto possa avere elementi di accelerazione, non li avrebbe in modo uniforme, ma solo in alcuni punti. La scrittura infatti presenterebbe una velocità non isocrona, con settoriale accelerazione, con elementi grafici che segnalerebbero anche una sbrigatività intensa, ma che poi ritornerebbe ad una normalità.
    Nella scrittura automatica, invece, il ritmo rimane costantemente alterato. L’eccessiva velocità conseguentemente sbilancia le altre componenti dinamiche della scrittura rompendone l’equilibrio armonico. Da ciò la pressione si diluisce lungo il tracciato con forte scorrevolezza.

    Altre caratteristiche grafiche ricorrenti costantemente nelle grafie automatiche, sono:

    l)Occupazione totale dello spazio.

    2)Continuità del tracciato grafico tra lettere, tra parole e tra righi, con passaggio rapido dalla fine di un rigo all’inizio dell’altro.

    3)Forte dilatazione dei tratti letterali, con presenza di contorsioni, grovigli, fino a punti di confusione tra parole e righe.

    4)Punti di stentatezza del tracciato costituiti da scosse (deviazioni repentine a zig zag) ed inceppamenti.

    5)Assenza quasi totale del largo tra parole, o indistinto dal largo tra lettere.

    6)Andamento ascendente del rigo.

    7)Assenza generale di: puntini delle i, tagli delle t, accenti ed interpunzione.

    8)Forme letterali simili al modello scolastico o calligrafico. Ad esempio le m e le n tracciate a ghirlanda nella scrittura abituale diventano ad arco nella scrittura automatica.

    Il messaggio generalmente ha un senso logico, di mediocre leggibilità Si intende precisare che le suddette caratteristiche grafiche si riscontrano costantemente nella fase che a scopo orientativo abbiamo definito centrale.
    Può far seguito, una terza fase, detta di maturazione. Attualmente molti medium, dicono di essere passati, dopo un certo tempo di pratica della scrittura automatica, ad un livello superiore. Il messaggio cioè viene quali percepito interiormente e poi scritto, con la partecipazione della propria volontà. La scrittura, fanno notare, è uguale a quella abituale.
    La terza fase, potrebbe essere definita come il passaggio dalla scrittura automatica alla scrittura ispirata, ma aggiungiamo, di derivazione automatica.
    Man mano che aumenta la coscienza di ciò che si scrive, inevitabilmente la grafia tende a modificarsi nelle caratteristiche seguenti:
    riduzione della velocità esecutiva;
    maggiore differenziazione pressoria;
    maggiore equilibrio delle ampiezze verticali ed orizzontali;
    maggiore spazio tra parole;
    maggiore discontinuità del tracciato (attacchi e stacchi);
    - maggiore personalizzazione scrittoria;
    inserimento di puntini delle i, tagli delle t, accenti, interpunzione;
    A volte in una stessa scrittura automatica possono presentarsi caratteristiche grafiche che comprendono più fasi. Ci sono infatti casi di interazione tra i vari livelli non facilmente classificabili, mentre altri casi rimangono inspiegabili.
    Uno dei problemi principali che hanno animato il dibattito tra spiritisti e animisti è sicuramente quello dell’identità spiritica, cioè l’identificazione della personalità comunicante con quella che tale personalità afferma di essere.
    In merito alla scrittura medianica ci sono casi in cui i messaggi ti riproducono, secondo quanto testimoniano le fonti bibliografiche, esattamente la scrittura della persona evocata, costituendo una pro favore della teoria spiritica.

    Del seguente caso non si hanno informazioni specifiche. Si sa solo la signora Marchetti di 52 anni, è una nota medium che da molti pratica la scrittura automatica. Molte entità sarebbero in comunicazione con lei, ma in particolare sostiene che, quando riceve i messaggi da parte di Padre Pio, la scrittura automatica diventa identica a quella del frate.
    Nella scrittura della medium si riscontrano i seguenti segni grafologici:
    Intozzata 1° e 2°modo. Calibro medio piccolo. Forte pendenza. Slanciata primo tipo. Aste rette. Prevalente Attaccata. Omogeneità dei parametri grafici.
    La scrittura di Padre Pio da Pietralcina si caratterizza per i segni Intozzata 1° e 2°modo, Calibro medio piccolo, Pendente,aste concave a destra e rette, prevalente Attaccata.
    La scrittura automatica della signora Marchetti presenta i seguenti segni: Veloce. Calibro piccolo. Forte pendenza. Stiramenti orizzontali dei tratti grafici. Abbassamento delle altezze delle minuscole maggiori. Incompletezza delle forme e precipitosità del gesto.
    La scrittura automatica presenta sostanzialmente tutte le caratteristiche grafodinarniche della mano della medium: l’occupazione dello spazio è piuttosto invadente e invasiva come de tano in particolare i segni Pendente in alto grado, Attaccata ugualmente in alto grado, Largo tra lettere e Profusa. Le righe risultano ben distanziate sia nella scrittura spontanea sia in quella automatica, e non danno luogo a incroci o sovrapposizioni di tracciati. Anche il gesto di collegamento tra paragrafi non si sovrappone praticamente mai a lettere o parole già scritte.
    l’andamento sul rigo è caratterizzato da discreta tenuta e da una particolare leggera concavità. Corrispondente risulta anche la caratteristica caduta finale di qualche rigo che viene chiamata “a coda di volpe”.


    4. Alcune considerazioni peritali sul caso Marchetti

    la leggibilità, nonostante la discreta personalizzazione del modello scolastico, è notevole anche se contestuale.
    - la cura grafica presenta qualche aspetto di compitezza anche se questa viene attenuata dalla debole spontaneità esecutiva.
    - la pressione grafica è caratterizzata da un notevole grado di filiformità e ciò, grafologicamente, unito all’ alto grado di Pendente, costituisce un indice significativo di forte sensibilità e verosimilmente di sensitività.
    - l’esecuzione delle singole lettere omologhe, sia dal punto di vista dell’ideazione del movimento che del risultato formale, è pienamente coincidente tanto che è superfluo elencarle singolarmente. Solo a titolo di esempio si fanno notare:
    - la lettera “G” con il caratteristico riccio iniziale (cfr. “Gente” nella scrittura spontanea e “Gesù” in quella automatica);
    - la lettera “f”’ con il risvolto angoloso alla base e con la frequente formazione di un triangolo nella parte bassa della lettera;
    - la lettera “b” eseguita secondo il modello scolastico e collegata con la lettera successiva.
    La scrittura di Padre Pio, rispetto alla scrittura automatica della medium, manifesta, tra le altre, le seguenti divergenze:
    - il ritmo risulta più contenuto e accurato;
    - le aste superiori sono molto sviluppate e creano un certo squilibrio rispetto al Calibro e allo sviluppo della zona inferiore;
    - la tenuta del rigo è più lineare e rigida;
    - la pressione, pur manifestando momenti e aspetti di filiformità (occorrerebbe esaminare l’originale per poterne stabilire meglio la qualità), presenta elementi di non omogeneità e tratti meno netti (forse però dovuti allo strumento scrittorio utilizzato);
    Per quanto riguarda l’esecuzione di singole lettere, si segnalano le differenze relative:
    - alle lettere “D” e “S ” più accurate e calligrafiche;
    - alla lettera “b” che nella parte finale si richiude su se stessa piuttosto che proiettarsi verso destra;
    - alla lettera “f " che segue il modello calligrafico;
    - alla lettera “v ” staccata dalla successiva;
    L’accentuazione della pendenza e il Calibro medio piccolo rendono simili le tre scritture. Si osserva infatti che tra la grafia di Padre Pio e quella abituale della medium esistono già delle siniilarità casuali dovute appunto al Calibro, alla pendenza, alla prevalente Attaccata e allo stiramento dei tratti in linea orizzontale.
    Rispetto a quella automatica, pertanto, la grafia abituale della medium è molto più simile a quella di Padre Pio. Le similarità presenti riguardano però solo l’aspetto formale delle grafie.
    Si rilevano invece differenze grafodinamiche notevoli che evidenziano come le due scritture provengano da due mani diverse.


    5. Conclusioni
    Dallo studio delle scritture automatiche in esame, con il metodo grafologico si è cercato di dare un contributo alla comprensione di un fenomeno che, nonostante gli studi e le sperimentazioni condotte in passato rimane ancora, almeno in parte, avvolto nel mistero.
    In particolare dallo studio svolto è emerso che non esiste un modello fisso di scrittura automatica, ma che tuttavia alcune caratteristiche grafiche, sembrano ripetersi costantemente, quali l’estrema velocità esecutoria, la pressione fortemente fluidificata nella esecuzione del tracciato, le ampiezze grafiche esageratamente sviluppate, una continuità di tracciato tra lettere, parole e righe.
    Tali caratteristiche segnalano un’ alterazione delle componenti grafo-motorie rispetto alla grafia normale. Ne consegue un insegnamento di estrema prudenza che il grafologo deve tenere nell’ affrontare casi di scrittura automatica.
    Molto interessanti sono i risvolti di natura peritale nei casi di analisi di grafie eseguite da medium, evocando persone defunte delle quali sono riprodotte le grafie.
    Si è riscontrato che in questo ambito il grafologo potrebbe incontrare non poche insidie, come nel caso Marchetti, in cui la scrittura della medium presenta alcune analogie con quella autografa evocata.
    Nonostante le evidenti e in alcuni casi suggestive similarità delle scritture esaminate, si è riscontrata tuttavia una diversa natura grafomotoria. Da ciò si deduce che, ai fini identjficatori, non è sufficiente una riproduzione fedele delle forme, se sono diverse le movenze di fondo che strutturano e qualificano una gestualità grafica.
    Sotto questo punto di vista, il metodo grafologico, se applicato correttamente può fornire un notevole aiuto per uscire dalle insidie derivanti dall’uso eventuale di scritture medianiche, specialmente quando sono utilizzate all’insaputa del grafologo-perito.

    Tesi di Carlo Bastarelli (grafologo consulente diplomato presso la Scuola diretta a fini speciali di studi grafologici dell’Università di Urbino)

  2. #2
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    Pare che anche Carl Gustav Jung abbia utilizzato la scrittura automatica.
    Nel 1916, identificandosi in Basilide - uno gnostico alessandrino dell’inizio del II sec. d.C. – produce, praticamente in stato di trance, un testo di scrittura automatica, Septem Sermones ad Mortuos, di cui è descritta la genesi in "Ricordi, sogni, riflessioni”.
    La stesura del libretto è anticipata da una fenomenologia che si può tranquillamente definire “paranormale”: i cinque figli dell’analista, ancora piccoli, vedono figure fantomatiche aggirarsi per le stanze e disturbare i loro sonni, il campanello di casa suona più volte senza che ci sia nessuno alla porta. ”Tutta la casa era come abitata da una folla di gente, come se fosse stipata di spiriti. Si affollavano fin sotto la porta e si aveva la sensazione di poter respirare a fatica” (da "Ricordi, sogni, riflessioni"). Anche Jung comincia a spaventarsi e sente i morti gridare in coro: “Ritorniamo da Gerusalemme, dove non abbiamo trovato quel che cercavamo”. Con questa frase inizia il testo che lo psichiatra, scrivendo febbrilmente, termina in tre sole sere: appena presa in mano la penna la folla scompare e l’invasione cessa. In chiusura all’enigmatico documento l’analista aggiunge un incomprensibile anagramma di cui non ha mai voluto svelare la chiave: “NAHTRIHECCUNDE GAHINNEVERAHTUNIN ZEHGESSURKLACH ZUNNUS “.

    Jung acconsentì alla pubblicazione di Septem Sermones ad Mortuos nelle sue "Memorie" solo dopo molte esitazioni, e "per amore di onestà".


  3. #3
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    Un caso famoso di scrittura automatica si verificò in America all'inizio del secolo. Il 12 agosto del 1912, in una casa di Saint Louis, Emily Grant Hutchings e Pearl Curran cercavano di entrare in contatto con gli spiriti con una tavoletta ouija e, dopo qualche tentativo, ci riuscirono: la tavoletta si mosse e cominciò a comporre parole e frasi, dapprima senza senso. E così fu per i successivi dieci mesi finché, il 13 giugno dell'anno dopo, la tavoletta scrisse questa frase:

    Oh, perché dispiacerti del tuo cuore d'acciaio?
    Questo petto non è che la sua madre adottiva,
    il mondo è la sua culla e l'amata dimora la sua tomba.


    Quello stesso pomeriggio, la tavoletta – muovendosi a velocità inaudita - dettò altre frasi simili, come se si trattasse dello sfogo di una scrittrice pervasa dal sentimento e dal romanticismo tipico dell'era vittoriana:

    Fermati stanco cuore. Lascia che sia solo il tramonto a illuminare il sepolcro interiore. Un solo raggio di sole basterà a riscaldare la tua anima algida.

    Nel corso delle successive sedute, l'entità si rivelò:

    Ho vissuto molte lune fa. Ed ora torno. Patience Worth è il mio nome.

    Patience raccontò di essere una ragazza nata nel Dorset nel 1649 (o nel 1694… la tavoletta non è stata precisa a questo proposito…) emigrata in America e di essere stata uccisa dagli Indiani. Doveva trattarsi di una donna molto ciarliera se perfino l'opera non completa delle sue rivelazioni (riferita in The case of Patience Worth di W. F. Price) rappresenta una lettura quasi sfibrante.

    Le ambizioni letterarie di Patience andavano aumentando nel corso degli anni, tanto da passare alla dettatura di lunghissimi romanzi storici e di interi poemi, senza rima, dalla metrica incerta. Dapprima era stata la volta di Ala rossa, un poema a sfondo medievale, cui era seguita un'opera di oltre 60.000 versi intitolata Telka e un altro romanzo storico ambientato al tempo di Gesù, La storia triste. Di sicuro la capacità di sintesi non faceva parte del bagaglio letterario di Patience (arrivare fino in fondo alla lettura di queste opere costituiva un'impresa epica, anche per via della lingua, inglese arcaico, piuttosto indigesta), ma tutti i poemi sembravano rivelare una discreta conoscenza del mondo della romanità classica, oltre che della topografia di Gerusalemme e della Terra Santa, nozioni che la signora Curran diceva di non avere mai posseduto.

    Nel frattempo, la fama del caso Worth continuava a crescere. La storia, prettamente vittoriana, La speranza del vero sangue venne accolta molto bene dalla critica, a dispetto del fatto che i poveri lettori continuassero a trovarvi una forma macchinosa e la solita, terribile verbosità. In Inghilterra, il libro venne proposto come opera di natura psichica e ricevette giudizi contrastanti, con prevalenza di quelli positivi, visto che si trattava di un'autrice inglese alla sua prima esperienza importante.
    Lo studioso del paranormale G. N. M. Tyrrel, scrivendo circa trent'anni dopo, annota: No, qui non c'è senz'altro l'impronta del genio, ma trapela una fonte ispirativa dalla quale si sarebbe potuta trarre per davvero un'opera di genio, se solo tutto questo materiale l'avesse potuto elaborare una mente consapevole, uno scrittore come Coleridge invece della signora Curran.

    Tutti coloro che si sono avvicinati a questa vicenda si sono regolarmente divisi nelle due tradizionali schiere: da una parte quelli che credono che Patience fosse una seconda personalità della signora Curran, dall'altra quelli che sostengono fosse ciò che diceva di essere, ovvero uno spirito trapassato e a tutt'oggi Patience Worth rappresenta un caso controverso.

    Liberamente tratto da Il grande libro dei misteri irrisolti di Colin & Damon Wilson - Newton & Compton editori srl, Roma


    Pearl Curran

  4. #4
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    Sermone III

    Come brume sorgenti da una palude i morti si accostarono e implorarono: parlaci ancora del Dio supremo.
    Abraxas è il Dio duro a conoscere. Il suo potere è il più grande perché l'uomo non lo vede. Del sole egli vede il summum bonum, del demonio l'infimum malum; ma di Abraxas la VITA, indefinita sotto tutti gli aspetti, che è la madre del bene e del male.
    Più esile e debole appare la vita rispetto al summum bonum; perciò anche è difficile concepire che Abraxas trascenda in potenza perfino il sole, che è la fonte radiosa di ogni forza vitale.
    Abraxas è il sole, e al tempo stesso la gola eternamente succhiante del vuoto, di ciò che sminuisce e smembra, del demonio.
    Duplice è il potere di Abraxas. Ma voi non lo vedete, perché ai vostri occhi gli opposti in conflitto di questo potere si annullano.
    Ciò che il Dio sole dice è vita.
    Ciò che il demonio dice è morte.
    Ma Abraxas pronuncia la parola santificata e maledetta che è vita e morte insieme.
    Abraxas genera verità e menzogna, bene e male, luce e tenebra, nella stessa parola e nello stesso atto. Perciò Abraxas è terribile.
    E' splendido come il leone nell'attimo in cui abbatte la preda. E' bello come un giorno di primavera.
    Si, è il grande Pan in persona e anche il piccolo. E' Priapo.
    E' il mostro del mondo sotterraneo, un polipo dalle mille braccia, nodo intricato di serpenti alati, frenesia.
    E' l'ermafrodito del primissimo inizio.
    E' il signore dei rospi e delle rane che vivono nell'acqua e calpestano la terra, che cantano in coro a mezzogiorno e a mezzanotte.
    E' la pienezza che si unisce col vuoto.
    E' il santo accoppiamento,
    E' l'amore e il suo assassinio,
    E' il santo e il suo traditore,
    E' la luce più splendente del giorno e la notte più oscura della follia,
    Vederlo significa cecità,
    Conoscerlo è malattia,
    Adorarlo è morte,
    Temerlo è saggezza,
    Non resistergli è redenzione.
    Dio dimora dietro il sole, il demonio dietro la notte.
    Ciò che Dio genera dalla luce, il demonio lo spinge nella notte. Ma Abraxas è il mondo, il suo divenire e il suo passare. Su ogni dono del Dio sole il demonio getta la sua maledizione.
    Ogni cosa che chiedete supplicando al Dio sole genera un atto del demonio.
    Ogni cosa che create col Dio sole dà al demonio il potere di agire.
    Questo è il terribile Abraxas.
    E' la creatura più possente, e in lui la creatura ha timore di se stessa.
    E' l'opposizione manifesta della creatura al pleroma e al nulla.
    E' l'orrore che il figlio prova per la madre.
    E' l'amore che la madre prova verso il figlio.
    E' la gioia della terra e la crudeltà del cielo.
    Di fronte al suo volto l'uomo impietrisce.
    Di fronte a lui non c'è domanda ne' risposta.
    E' la vita della creatura.
    E' l'operazione della distinzione.
    E' l'amore dell'uomo.
    E' la voce dell'uomo.
    E' l'apparenza e l'ombra dell'uomo.
    E' la realtà illusoria.
    Allora i morti ulularono e si infuriarono, perché essi erano imperfetti.

    (Carl Jung o Basilide di Alessandria, la città in cui l'Oriente tocca
    l'Occidente)

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    «Ce amès è vi itèch li tès alizé néümi assilé kâ ianiné êzi atèv ni lé tazié è vi med iéex éziné rabrix ni tribax».

    Non siamo impazziti. È che stiamo scrivendo in marziano. In questi giorni in cui la sonda Spirit è atterrata (o ammartata) su Marte, e che il mondo intero sta cercando forme di vita extraterrestre, parliamo già la lingua degli abitanti del pianeta rosso. Non è un risultato da poco, converrete. Ma c'è un trucco. In realtà, questa frase, che tradotta fa: «Io vengo a te sempre attraverso questo elemento misterioso immenso che avviluppa mio essere e mi dà lancio a te per tutti miei pensieri e bisogni» l'aveva scritta, il 3 ottobre 1898, Hélène Smith, una medium ginevrina di origine ungherese.

    La Smith, che diceva di comporre in trance interi romanzi in lingua marziana, era una donna portento. Una ciarlatana, ma geniale. Durante le sue sedute spiritiche, infatti, aveva composto un romanzo orientale ambientato nel XV secolo in cui s'identificava con una principessa indù, Simandini, realmente esistita. E poi un altro romanzo in cui raccontava di essere in contatto con alcuni spiriti rifugiati su Marte, Uranio e Luna e un libro in cui vestiva i panni di Maria Antonietta d'Asburgo Lorena in un corpo a corpo con il conte di Cagliostro. Persino il grande linguista francese Ferdinand de Saussure si era occupato di lei e, rimproverandole che il suo marziano era in realtà un miscuglio di francese, ungherese e inglese, la Smith s'inventò addirittura un'altra lingua: l'ultra-marziano.

    (Da Il Riformista - www.ilriformista.it)



    La lingua “marziana” di Hélène Smith va da sinistra a destra, è composta da 21 lettere e non ha accenti, né punteggiatura. In compenso, le consonanti doppie hanno un punto a destra.

    Questo è invece l'ultramarziano.

 

 

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