di Lorella Romagnoli - 19 dicembre 2002 - Il Giornale della Toscana

Appena due settimane fa agli Uffizi aveva incantato tutti. Riacquistato l’antico splendore dopo un delicato intervento di restauro, la Medusa di Caravaggio era giustamente al centro dell’attenzione generale: ammirata e fotografata come una star, protetta da una teca di vetro, trasmetteva, come deve un capolavoro dell’arte, una speciale energia. Quasi impossibile allontanare lo sguardo da quella testa di vipere dall’urlo strozzato, ora finalmente tornata al godimento del pubblico. Il restauro, diretto da Caterina Caneva ed eseguito da Stefano Scarpelli con la collaborazione di Rita Alzeni, ha aperto nuove prospettive di ricerca che ora si possono leggere in un bellissimo catalogo, strumento di grandissima efficacia per il mondo degli studi, fondamentale per chi desidera sapere tutto dell’ipnotica rotella dipinta, esaltata nel Seicento dai versi di Giovanni Battista Marino: Or quai nemici fian che freddi marmi/Non divengan repente/In mirando, Signor, nel vostro scudo/Quel fier Gorgone, e crudo/Cui fanno orribilmente/Volumi viperini/Squallida pompa e spaventosa ai crini? Curato impeccabilmente da Caterina Caneva il volume, sempre finanziato dal Gruppo Maggiore, si intitola La Medusa del Caravaggio restaurata ed ha coinvolto varie specializzazioni della cultura. Non è semplicemente un resoconto dell’andamento di un restauro importante, bensì un «trattato» storico e scientifico di altissimo livello, già prenotato da circa quattrocento università di tutto il mondo. Il dipinto di Caravaggio viene «osservato» da diversi punti di vista: se l’intervento iniziale della curatrice espone le ragioni e i risultati di un restauro soffermandosi in particolare sulla scoperta, sotto il colore verde dello sfondo, di larghe zone di foglia d’oro, Francesco Solinas analizza il naturalismo di Caravaggio e il gusto del Cardinal del Monte; Giovanna Gaeta Bertelà descrive invece le meraviglie dell’Armeria «Nova» della Galleria dove in origine, tra archi, frecce, spade, picche, spingarde e alabarde, si trovava la rotella di Caravaggio che nel saggio successivo di Alberto Corti viene «posta accanto» alle altre rotelle della Guardaroba Medicea. Curioso l’intervento di Stefano Vanni e Annamaria Nistri: grazie al loro studio sappiamo con certezza che i serpenti della testa di Medusa sono delle vipere comuni provenienti dall’Italia centrale, probabilmente osservate direttamente dall’artista. Dalle pagine di Antonella Romualdi dedicate alle testa di Medusa nell’arte antica si passa all’interessante saggio di Filippo Fineschi e Roberto Mancini che «inseguono lo sguardo del condannato» in un viaggio indietro nel tempo, quando a Roma le esecuzioni capitali, per impiccagione o decapitazione, venivano fatte davanti alla folla che diventava partecipe del macabro rito. Emiliano Panconesi ha invece analizzato la testa di Medusa tra il mito, la psicologia e la medicina. Di Detlef Heikamp viene riportato lo studio pubblicato su Paragone nel 1996. Più «tecnica» la seconda parte del catalogo, arricchita da un’utile sezione bibliografica: i contributi di esperti come Stefano Scarpelli, Teobaldo Pasquali, Monica Favaro, Umberto Casellato, Paolo Guerriero, P. Alessandro Vigato, Daniela Degl’Innocenti, Massimo Chimenti, entrano nello specifico del restauro con il resoconto dello stato di conservazione del capolavoro, delle indagini diagnostiche e chimico-fisiche per la caratterizzazione dei materiali pittorici. Ci sono poi le osservazioni sui frammenti di tessuto recuperato, il rilievo fotogrammetrico, la documentazione informatica e infine l’analisi, a cura di Paolo Dionisi Vici, Marco Fioravanti e Luca Uzielli, della struttura lignea dello scudo che in futuro potrebbe rilevare altri affascinanti segreti.