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  1. #11
    Nebbia
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    Tappeti cristiani riprodotti nella pittura medievale e rinascimentale

    Dopo quanto si è detto, non sorprende che i tappeti nel primo Medioevo siano stati rappresentati non soltanto per indicare il potere secolare, ma soprattutto quello spirituale. Dipinti innumerevoli confermano che il tappeto era in più modi presente negli arredi dello spazio culturale cristiano, sull’altare, come antepedium, sui gradini dell’altare e come ornamento del pulpito del predicatore. L’importanza del principe della chiesa veniva sottolineata, come quella della Vergine o dei santi, con un tappeto ed è interessante il fatto che nella pittura senese e fiorentina dalla fine del tredicesimo secolo all’inizio del quindicesimo secolo, il Corpus Christi venisse raffigurato giacente sopra un tappeto, sul quale, nella parte alta della croce, compariva la scritta INRI.

    Sorge così il problema se non sia più razionale, anziché accettare una dipendenza dall’arte islamica – una fabbricazione turkmeno-selgiuchide non può avere altra conseguenza – chiedersi se questi tappeti, in tanti modi utilizzati e rappresentati nel culto cristiano, non siano stati prodotti appositamente per questo culto. Anzitutto, non si tratta di pochi esemplari, ma di un quantitativo relativamente importante. In secondo luogo sappiamo che i cristiani armeni dall’ottavo fino all’inizio del presente secolo hanno sempre fabbricato tappeti. Inoltre dimostreremo che la maggior parte dei tappeti presentano decorazioni che corrispondono alle esigenze dell’ornamentazione cristiana e che, inoltre, sono chiaramente cristiani nel contenuto.

    In quanto segue verrà per la prima volta compiuto il tentativo di delineare una storia del tappeto cristiano orientale, con il qual termine l’autore intende riferirsi a quei tappeti che vennero fabbricati dai cristiani, anzitutto dagli Armeni, in seguito probabilmente anche dai Siriani e dai Greci per i cristiani e poi, fino al tardo Medioevo, esclusivamente per il culto cristiano.

    Poiché le fonti suddette confermano l’esistenza, nel primo secolo di tappeti annodati nell’Armenia cristiana e lì soltanto, sembra lecito chiedersi se questi tappeti non possano o debbano essere cristiani, se le croci e i simboli in essi rappresentati non siano più di una pura decorazione. Se riusciremo a dimostrare che i tappeti pervenutici s’inseriscono in una catena di forme decorative tradizionali sviluppatasi ininterrottamente dal primo millennio avanti Cristo fino ai giorni nostri nello “spazio culturale armeno” e li diffusasi in vaste zone dell’Asia e dell’Europa e che, contemporaneamente, il simbolismo di questi tappeti è chiaramente cristiano, l’assunto della presente opera sarà confermato.

  2. #12
    Nebbia
    Ospite

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    Le nozze mistiche di Santa Caterina, 1479 Hans Memling.
    Il tappeto cristiano ben visibile al centro simboleggia il potere spirituale.

  3. #13
    Nebbia
    Ospite

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    Jan van Eyck -Madonna del canonico Van der Paele, 1436.
    Bruges, Stadt.Galerie.



  4. #14
    Nebbia
    Ospite

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    Iconografie - Simbolismi- Elementi decorativi comparati

    Ci occuperemo qui esclusivamente dell’evoluzione del repertorio decorativo nello spazio culturale armeno limitandoci, quasi esclusivamente al motivo della croce e alle sue varianti. La popolazione protocristiana di questo spazio si ricollega volutamente al patrimonio formale precristiano, che s’innesta sull’arte ittitica, urartica e frigia.

    Il motivo della croce è stato oggetto di controversie fra gli studiosi, attestati su due posizioni: gli uni vedono nella croce nulla più che un ornamento, una pura decorazione, gli altri, un simbolo, un segno ricco di significati. Si tratta di un problema complesso, non mancando valenze simboliche agli stessi motivi ornamentali. Nell’arte cristiano-orientale, quanto viene rappresentato in un’immagine, tappeti o mosaici inclusi, non è mai senza ragione o casuale, avendo tale arte privilegiato a differenza di quella ellenistica, non già la raffigurazione riferita all’uomo, bensì il linguaggio simbolico-segnico, com’è dimostrato dalla predilezione delle forme simili a cifre di codice. Queste decorazioni, mal riconoscibili e interpretabili per il pensiero che si è sviluppato dalla tradizione occidentale, e le “difficoltà di comprensione” a ciò collegate hanno portato spesso a una sorta di atteggiamento difensivo, non molto diverso dalla caccia alle streghe medioevale.

    Nello spazio culturale armeno, la croce era il simbolo del dio Sole –concezione monofisita- e al contempo di luce, di verità e di vita. Troviamo la croce come decorazione a sé negli oggetti cultuali ittiti e urartici; in filari e con molteplici varianti sugli abiti dei sovrani divini ittiti; come elemento iterativo di scansione di una superficie, per la prima volta a Urartu; e soprattutto nelle opere frigie: monumentale a Midas Seheri, ornamentale negli intarsi dei frammenti di mobili a Gordio.
    I frigi sono considerati gli inventori del mosaico, ed è proprio nel mosaico che il repertorio decorativo si è conservato, pressoché invariato, anche all’epoca della dominazione greca e più tardi di quella romana.Gli storici dell’arte hanno dedicato maggiore attenzione alle rappresentazioni figurali ellenistiche in essi contenute che alle decorazioni geometriche che le circondano e che, ciò nonostante costituiscono maglie importanti della catena di forme tradizionali. In epoca romana, esse sembrano avere imposto in prevalenza tendenze antiellenistiche. Da Antiochia il patrimonio formale musivo si è diffuso a tutto l’impero romano, anche nel successivo periodo protocristiano.

    Se Costantino introdusse il monogramma di Cristo e se i copti accostarono nella "croce ansata" il motivo della croce a quello del disco solare, simbolo di luce e di vita, lo spazio culturale armeno accolse la "croce di luce solare", simbolo di luce, di vita e di verità come simbolo pienamente cristiano e agli occhi e alla consapevolezza di tutti i paesi vicini.
    Assistiamo così alla trasposizione di questo segno (la croce) nel nuovo culto (il cristianesimo) e in funzione degli stessi contenuti: Cristo stesso aveva proclamato: "Io sono la luce, la verità e la vita". Sono le stesse fonti che generano nuove religioni.
    Fu dunque per questa ragione che proprio in questo spazio il primo apostolato fece tanti proseliti e che l'Armenia fu la prima nazione a imporre il cristianesimo come religione di Stato?

    L'Imperatore bizantino Anastasio I (491-518), monofista, sostituì il monogramma di Cristo con la croce. Che la croce non fosse simbolo di dolore, ma di vittoria, è attestato dalle prime monete che le affiancano Nike, la dea della vittoria. Con Giustiniano, la vediamo affermarsi come simbolo di Cristo e del cristianesimo. Non si dimentichi che sempre, con poche eccezioni, le chiese monofiste opposero forti resistenze alla "croce della sofferenza", sembrando essa contraddire il contenuto stesso del simbolo, e che i Nestoriani della Siria orientale, con estrema coerenza, posero la loro missione sotto il segno della "croce della vittoria".

    Si può quindi affermare che già nel quarto secolo la "croce di luce" precristiana era stata assunta a simbolo dai cristiani di Armenia e di Siria, nell’accezione precedente, cosicché, anche nell’aplicazione geometrico-decorativa del segno, veniva assicurata la continuità di una tradizione che noi incontriamo prevalentemente nei mosaici della Siria nord-occidentale e della Cilicia. Ci si deve però chiedere se, sotto il profilo della storia della decorazione, la regione sopra citata abbia esercitato la sua influenza sull’intero “spazio culturale armeno” o se la parte settentrionale abbia influenzato quella meridionale.

  5. #15
    Nebbia
    Ospite

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    Un'altro capitolo interessante viene costituito dall'iconografia dei tappeti sacri da preghiera musulmani.
    Essi raffigurano il portale della moschea (la classica nicchia) la cui punta al momento della preghiera viene direzionata verso la Mecca.

    Alcuni tappeti persiani a motivo preghiera: fig.1-2-3



    Tappeto a preghiera multiplo pakistano: fig.4


    Tappeto preghiera Kashmir: fig.5


    Pregiato tappeto persiano di Tabriz a motivo preghiera: fig.6



  6. #16
    Nebbia
    Ospite

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    Confrontando i seguenti tappeti con quest'immagine sacra dell'ortodossia armena le analogie appaiono evidenti!!!


  7. #17
    Nebbia
    Ospite

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    Mentre i tappeti a preghiera Persiani portano un impronta più "barocca" con le nicchie o "mehrab" decisamente vicine alle forme tradizionali delle chiese d'oriente e delle moschee (fig 1-2-3-6), ecco che le popolazioni turcomanne e pakistane recano nell'iconografia dei loro tappeti da preghiera una stilizzazione canonica di antico retaggio cristiano-romanico: la navata delle chiese romaniche a "capanna" (come da fig 4-5).

    Alcune chiese romaniche:


  8. #18
    Nebbia
    Ospite

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    Come abbiamo già detto nell’arte cristiano-orientale, quanto viene rappresentato in un’immagine, tappeti o mosaici inclusi, non è mai senza ragione o casuale, i tappeti in specialmodo ricchi di segni sono una specie di codice "crittografato" il cui linguaggio era destinato ai soli "iniziati". Pochi sono i simboli veramente ed autenticamente musulmani, tutto il resto è un eredità di simbolismi cristiani che i tessitori islamici inconsapevolmente tutt'oggi riproducono e tramandano da innumerevoli secoli.

    Simboli comparati:

    Il "fiore shah abbassi": dal nome di uno dei sovrani più importanti della potente dinastia persiana dei Safavidi è un decoro floreale con corolle di fiori semichiusi in tre grossi petali. Si tratta della versione islamizzata del "giglio cristiano" che si è sviluppato eccezionalmente in Francia e a Firenze in periodo medioevale grazie ai matrimoni tra famiglie locali europee e famiglie armene che erano sfuggite alla persecuzione selgiuchide. Il "giglio" armeno rappresenta la "trinità", ben presto come molti altri simboli armeni fu adottato anche in Europa e fatto proprio dai ducati locali.

    Le figure zoomorfe: molti tappeti orientali, dalla Persia alla Cina riproducono galli, cavalli, animali mitici tra cui i draghi. Si tratta di un'ennesima contaminazione armena e che trovò il suo parallelo in Europa nel fenomeno araldico. Il drago in specialmodo si è diffuso dalla Spagna alla Cina, grazie al mercato della metallurgia e ai matrimoni misti (la prima moglie di Gengis Khan era una Keiret, una tribù cristiano-nestoriana).

    I numeri: Il 4 in Armenia è un numero sacro, collegato sempre a espressioni circa il rapporto di dio con il mondo: 4 sono i vangeli dei 4 evangelisti nel senso del messaggio pentecostale secondo Matteo 28;16-20, 4 sono gli elementi originari. aria, acqua, terra e fuoco. 4 sono le stagioni e i punti cardinali, 4 le settimane che formano un mese. La rappresentazione di questo numero ha influenzato gli impianti iconografici di molti tappeti: costituiti da un medaglione centrale e da 4 cantonali, ogniuno dei quali è l'esatta quarta parte del medaglione che campeggia al centro.

    Particolare zoomorfo di un tappeto Gabbeh:



    Fregi zoomorfi della chiesa romanica di S.Agata ad Arfoli:



    Tappeto da preghiera caucasico con facciata di chiesa in stile romanico e simboli zoomorfi:


  9. #19
    Nebbia
    Ospite

    Predefinito La perdita della memoria

    Complice lo scisma tra la Chiesa d'Oriente Ortodossa e quella Vaticanista Cattolica, ecco che il tappeto annodato armeno visto come simbolo di potere spirituale della cristianità in occidente perde il suo originario significato, restando comunque simbolo di potere temporale. Mentre nella preparazione liturgica ortodossa alla messa i tappeti continuano a rivestire ruolo di icone anogettuali come vero e proprio simbolo di potere e di celebrazione a questo potere spirituale, ecco che in Occidente questi manufatti diventano squisitamente un oggetto di potere temporale, di ricchezza, di sfarzo. Case Reali, Palazzi di corte, Reggie e Ambasciate diventano il naturale ambiente per queste opere d'arte orientali e ancora una volta i dipinti di quei tempi c'è ne danno un'ampia descrizione. Preziosi Karabagh vengono riprodotti in ambientazioni di case lussuose, posti ai piedi di nobili personaggi o addirittura nella sala del trono dei Re.
    Il colpo di grazia al tappeto cristiano orientale lo diede però la dinastia Persiana dei Safavidi.


  10. #20
    Nebbia
    Ospite

    Predefinito I Safavidi

    La fine del tappeto Cristiano Orientale fu sicuramente decisa dall'avvento dei Safavidi in Persia. Quando infatti nel 1502 il sultano Shah Ismail I sconfisse i Timuridi fondando la potente dinastia dei Safavidi ecco che la Persia vide il suo Rinascimento artistico. Gli illuminati monarchi riuscirono a unire dal punto di vista territoriale e a fondere culturalmente tutto il mondo iraniano, trasformandolo in uno degli stati più evoluti dell'Asia. Lungo tutta la dinastia (che perdurò fino al 1736) ecco che i Safavidi si proposero come attivi mecenati e raffinati estimatori dell'arte: le città furono abbellite con eleganti opere architettoniche; la corte divenne un punto d'incontro e di lavoro per miniaturisti, pittori, orafi. L'arte dell'anodattura armena divenne oggetto di interesse per le brame dei monarchi persiani, gli armeni finirono così loro malgrado coinvolti perdendo la padronanza dell'arte ed il riconoscimento della loro paternità.
    Una volta scoperti i segreti di quest'arte i Safavidi promossero innovazioni tecniche e decorative di così vasta portata da caratterizzare i tappeti persiani fino ai nostri giorni.
    I manufatti annodati divennero i depositari privilegiati di importanti aspetti dell'estetica e della cultura locale; iniziarono perciò ad essere decorati con un tripudio di disegni naturalistici dalla strabiliante policromia, una vera e prpria sinfonia di fiori, eleganti palmette, sinusi arabeschi, calligrafie volute. Si relaizzarono i primi tappeti a giardino, che spesso riproducevano una egetazione lussureggiante ravvivata da tersi corsi d'acqua, esplicito riferimento all'idealizzazione del paradiso islamico.

 

 
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