….l’Asse del male.
Salvo attive e cospicue minoranze, le truppe papiste e antipapiste sono in manovra convergente contro i venti di guerra che percorrono robusti le regioni del Golfo persico e le montagne dell’Asia Nord orientale. Queste vecchie e venerabili istituzioni, che hanno più battaglioni di combattimento di quanti gliene attribuisse un sarcastico Stalin (“Ma quante divisioni ha il Papa?”), diffidano del mondo uscito dalla fine della Guerra fredda e dall’11 settembre, e guardano con preoccupazione il nuovo ruolo imperiale dell’America. E’ comprensibile. Il Papa, il Primate, il Patriarca e le comunità protestanti di ogni genere e specie sono un deposito vivente di storia, un gigantesco archivio politico. Sanno per esperienza che gli interessi sono componibili, si può negoziare, mentre i conflitti fondati sui principi, sugli assoluti di qualunque tipo, mettono capo alla pura dialettica amico-nemico e si concludono con vincitori e vinti, dunque con un disequilibrio. ( La dichiarazione di guerra americana all’Asse del male è uno di quei conflitti, e la sua sostanza morale assolutista, non relativizzabile, riguarda la difesa preventiva del modo di vita occidentale, cioè di un canone con cui i cristiani hanno imparato nei secoli a convivere, ma che non è il loro). Le chiese sono invece legate alla vecchia e gloriosa dottrina dell’equilibrio tra gli Stati, anche per autodifesa, e dell’impero diffidano da sempre come di un sole che le acceca. Inoltre i cristiani sanno che la guerra è una tremenda tentazione interna alla natura umana, è una sorta di condizione della gloria terrena come sostituto della gloria ultraterrena o dell’amore celeste. Sebbene nel dibattiti pubblico siano sempre questionabili toni e sfumature, niente sarebbe più ridicolo che rimproverare alle chiese la loro posizione “pacifista”.
Tuttavia l’opinione pubblica del Paese più forte oggi nel mondo ha dato al suo presidente, che non è un antipapa ma detiene un potere di natura imperiale, un mandato irrecusabile: difendici e conferisci al mondo un ordine capace di garantire sicurezza e libertà. Quel male che per le chiese è un rischio universale legato al peccato originale, per la comunità politica è un pericolo particolare da mettere sotto controllo con strumenti particolari: il danaro, gli eserciti, la tecnologia, la diplomazia, la cultura e altri arnesi della civiltà contemporanea.
L’equilibrio degli Stati, nella sua forma culminante della deterrenza nucleare nata dalle Seconda guerra mondiale, è finito nel 1989, e i fatti dimostrano che in un modo o nell’altro deve essere sostituito da una nuova combinazione politica, con tutte le complicazioni generate dalle tensioni legate al divario delle civiltà e alla differenza dei credo religiosi, in componibile quando vissuta all’insegna del fanatismo fondamentalista.
Questa è la questione, e come si vede è irresolubile.
Si può al massimo cercare di metterla sotto controllo con la logica della riduzione del danno, tipica logica della buona politica.
Ma i costi ci saranno, e saranno alti.
da Il Foglio di sabato 28 dicembre 2002-12-30
saluti