La reazione delle istituzioni dopo il ferimento del rabbino Farhi e la proposta di boicottare le università israeliane
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Parigi. Dopo il boicottaggio degli atenei israeliani proposto dall’università Paris VI e le aggressioni contro il rabbino Gabriel Farhi, si sono mobilitati tutti per assistere alla “Preghiera per la fratellanza e la speranza” celebrata ieri pomeriggio nella sinagoga del Mouvement Juif Libéral de France, fondato nel 1977 da Daniel Farhi, padre di Gabriel, e una cinquantina di famiglie di ebrei liberali. Nel tempio di Beaugrenelle sul Lungosenna, a poche centinaia di metri dal Vélodrome d’Hiver, dove il regime di Vichy concentrò migliaia di ebrei francesi destinati alla deportazione, sono convenuti il ministro dell’Interno Nicolas Sarkozy, il ministro della Cultura Jean-Jacques Aillagon, il cardinale Jean-Marie Lustiger, il rettore della moschea di Parigi, Dalil Boubakeur, e per le comunità protestanti il pastore Jean-Arnold de Clermont. Insieme hanno pregato per la Francia e per la pace. Hanno fatto professione di fede in Dio e nell’uomo creato a sua immagine e somiglianza. Hanno recitato salmi millenari e cantato lo stesso inno per la pace che Yitzhak Rabin cantò poco prima di morire nella piazza di Tel Aviv che oggi porta il suo nome. E’ stato un rito espiatorio e un tentativo di stigmatizzare l’ondata di antisemtismo che affligge oggi la Francia. Il rabbino Farhi, 34 anni, è stato accoltellato all’addome, in forma lieve, venerdì scorso, mentre preparava lo shabbat, da uno sconosciuto coperto da un casco che l’ha assalito al grido di “Allah Akhbar” entrando di corsa nei locali della seconda sinagoga del Mjlf, quella della rue Pétion, nel XI arrondissement, la stessa che in maggio era stata seriamente danneggiata da un incendio, attribuito dalla polizia all’impianto elettrico obsoleto. Una lettera minatoria recapitata alla sede del Mjlf annunciava: “Vendicheremo il sangue dei palestinesi, lanceremo contro di lui il Jihad, castigo riservato ai nemici della nostra causa… dopo aver appiccato il fuoco alla sua sinagoga ci vendicheremo direttamente su di lui”. Lunedì, l’automobile di Gabriel Farhi è stata data alle fiamme. “E’ paradossale che si aggrediscano proprio i moderati come noi”, dice il padre di Gabriel, Daniel Farhi. “Evidentemente le nostre posizioni non piacciono agli estremisti. Ma, per quanto concomitanti, l’aggressione a mio figlio e il boicottaggio delle università israeliane non hanno un legame diretto”. L’impatto del conflitto israelo-palestinese Anche Alexandre Adler tiene distinti i due episodi, attribuendo il primo alla “fissazione di uno psicopatico che passa all’atto esprimendo le idee di Osama bin Laden”. Ma nell’attuale clima di attesa della guerra, Adler riconosce che quegli episodi assumono “un significato simbolico”. In realtà, il boicottaggio lanciato dal consiglio d’amministrazione dell’università Pierre et Marie Curie (Paris VI) in una mozione contro il rinnovo dell’accordo di cooperazione tra l’Unione europea e Israele in materia di ricerca scientifica, ha fatto venire i brividi. Lunedì una manifestazione di protesta organizzata dall’Union des étudiants juifs de France ha riuniuto a Jussieu migliaia di persone. Il presidente di Paris VI, Gilbert Béréziat, biochimico rinomato più per l’ortodossia comunista che per il suo contributo alla scienza, ha dovuto fare marcia indietro. La smentita definitiva è arrivata dall’appello opposto e contrario firmato da premi Nobel del calibro di François Jacob e Pierre Gilles de Gennes, mentre aumentano d’ora in ora le adesioni (Pierre Nora, Alain Finkielkraut, Emmanuel Le Rayu Ladurie fra gli altri) al manifesto che uscirà sul Monde lunedì prossimo, promosso da Shmuel Trigano, il filosofo della storia ebraica che, di fronte alla crescita esponenziale di gesti antisemiti (450 in un anno), ha fondato l’Observatoire sur le monde juif, per studiare il riflesso del conflitto israelo-palestinese sul pubblico francese. “Episodi simbolici? Non mi pare”, dice Trigano. “Si comincia col boicottaggio delle università e si finisce con l’esclusione degli studiosi che hanno rapporti con Israele perché ebrei. La vocazione dell’università non è di trasferire i conflitti politici al suo interno, ma di trasmettere cultura senza discriminazioni. L’appello di Paris VI è un episodio pietoso, frutto della sinergia tra gli universitari americani e inglesi di sinistra e il sindacato della scuola che in Francia è talmente filopalestinese da indurre a cautela persino gli autori di un libro di testimonianze sull’antisemitismo degli studenti maghrebini, che impediscono di parlare di affaire Dreyfus, Shoah e nascita d’Israele”.
tratto dal Foglio di oggi
Cordiali Saluti