Sul caso del poliziotto di Napoli,
la Padania replica alle ipocrisie scritte da l’Unità

Sventolate il codice per accusare Berlusconi e attaccate
chi la legge vuole farla rispettare
di Mauro Bottarelli

Non c’è niente da fare. Al di là delle abissali differenze che ci dividono, vi voglio troppo bene. La cura, l’assiduità, la partecipazione con cui vi occupate di me - anzi, dei miei scritti - mi commuove e mi inorgoglisce molto. Voi dell’Unità mi state viziando, non lo merito. Sul giornale di mercoledì scorso mi avete addirittura dedicato un intero articolo di taglio, un commento lungo almeno 80 righe (forse 90?) per rendere noto al mondo che sono un fascista che preferisce l’ordine all’anarchia e la polizia ai delinquenti: troppa grazia, qualcuno sta insospettendosi e pensa che io vi paghi. Per dire delle idiozie simili bastavano cinque righe, evitando il florilegio di sociologia spicciola e urbanistica del degrado che ha accompagnato tale “e.f.” (mi spiace, devo chiamarti così perché hai preferito non firmare l’articolo) all’affannosa (e affannata) conclusione del pezzo. E’ vero, lo confermo: a chi ti punta una pistola (era sì un giocattolo ma senza tappino rosso, soltanto voi che nell’immediato dopoguerra eravate pratici potevate riconoscere al volo il trucco), cerca di rubare motorini e gira con un coltello a serramanico in tasca la polizia deve avere il diritto di sparare. Per difendersi e anche per difendere quell’insieme di regole e norme che è la convivenza civile, ciò che distingue il bene dal male, la rettitudine dal crimine. Siete strani, voi comunisti, non c’è che dire: passate metà della giornata ad invocare l’obbligatorietà dell’azione penale per Berlusconi, brandendo il codice come il Vangelo e poi rompete le scatole a chi la legge - per 1.000 euro al mese - cerca di farla rispettare. A voi interessano solo i reati societari e l’associazione mafiosa, dite la verità (contenti per il ritorno della memoria di Giuffré? Un po’ di riposo fa miracoli)? Continuerò a pensare che quanto avvenuto a Napoli sia una terribile tragedia, ma questo non significa mettere sul banco degli imputati - nemmeno per un istante - il giovane poliziotto che ha sparato per difendersi: non è mancanza di pietà, è coraggio di guardare in faccia la realtà. Sul finale dell’articolo il caro “e.f.” cita lo striscione esposto dalla folla accorsa ai funerali del piccolo Salvatore: “Assassinato da mille promesse”. Bella frase, un misto tra Bacio Perugina e mistica da muro del cesso di un liceo: quel ragazzo è morto perché ha tentato una rapina, non perché la vita l’ha sopraffatto con la sua crudeltà. Smettetela con questi buoni sentimenti tipici di chi vive in centro, con case pattugliate e salotti rigonfi di velluto e libri in bella mostra: la gente che vive nei quartieri popolari chiede ordine e sicurezza, non integrazione e polizia disarmata. Ci sono decine di disagiati che vivono onestamente, si ammazzano di fatica e alla fine ce la fanno: quale insegnamento date alla gente, quale sprone può essere il vostro perdonismo a oltranza, il vostro abbandonarvi mollemente al destino infame? Vi siete mai chiesti perché nei quartieri disagiati gli elettori vi voltano le spalle? (Non ditelo a Fassino, potrebbe non riaversi dallo choc). Il funerale di Salvatore è stato trasformato in una pagliacciata, un rituale dell’ostentazione ad uso e consumo dei media: cosa c’entravano quei palloni appena acquistati sulla bara bianca, cosa significava la macchinina posata in fretta e furia come sotto un albero di Natale? Non erano cose sue, ricordi della vita a cui ha dovuto dire addio. Lui - non per colpa sua magari, ma la realtà è questa - a 13 anni giocava con pistole giocattolo modificate e coltelli a serramanico con dieci centimetri di lama: non era un angelo. Questo non significa che fosse un demone da eliminare, ma non si può negare l’evidenza solo perché «aveva appena 13 anni». Il poliziotto che ha sparato ne ha solo 19: se nel tentativo di fuga fosse caduto dal motorino e morto nell’impatto con il guard-rail cosa diremmo oggi? Pensateci, prima di fare le pulci. Il quartiere Scampia è un Bronx, come lo Zen di Palermo e Tor Bella Monaca a Roma, dite. Come via Preneste 8, terzo piano, a Milano, dico io. Dove un’anziana signora, costretta a un ricovero in ospedale, dovrà cercare temporaneamente un’altra casa perché una coppia di extracomunitari ha immediatamente occupato il suo appartamento (chi li ha avvisati con tanto tempismo?). La polizia non ha potuto fare nulla: gli extracomunitari possono restare per un mese, il tempo concesso per cercare un altro alloggio. Scommettete che non se ne andranno? Ma loro sono migranti, sono anime belle che giungono dal terzo mondo affamato proprio da quella schifosa capitalista di vecchietta milanese: la quale, ad occhio e croce, teme più gli extracomunitari e i tipi come Salvatore che la polizia. Ma a voi non interessa la povera gente, la gente normale: voi siete i difensori d’ufficio degli indifendibili, dei reietti, dei Carlo Giuliani, dei casi disperati. Quelli che fa molto chic affrontare ma che, nella realtà, non comportano fatica né impegno diretto. Io sono senza pietà? Sì, ma almeno non sono un ipocrita. Io difendo la vecchietta di via Preneste 8, a voi lascio volentieri clandestini abusivi e rapinatori in fasce. A ognuno il suo: mi sembra democratico e antifascista, no? P.S. Attaccandomi, il buon “e.f.” non perde occasione per ricordare che i miei articoli sono «spesso ripresi dal sito dei fascisti di Forza Nuova». Non lo sapevo, grazie dell’informazione e annuncio che sono disponibile a essere citato integralmente anche da siti Internet nazi-maoisti, comunitaristi, eurasisti, trozkisty ucraini, ebrei nicodemisti, centristi non folliniani, zapatisti, amanti del giardinaggio e pensionati prostatici. Cosa c’è di strano? E’ reato? Devo sporgere querela perché qualcuno legge un mio pezzo e lo ritiene interessante al punto di postarlo sul suo sito (il fascista è lui, al limite, mica io. Per i giornalisti funziona così: se io scrivo qualcosa che non va arriva la notifica e ne rendo conto al pm)? Siete proprio senza pietà...