Dal Corriere Economia di oggi:
Quale religione favorisce di più lo sviluppo e il benessere ...
Quale religione favorisce di più lo sviluppo e il benessere economico di un popolo? La risposta più condivisa la diede il sociologo Max Weber nel suo famoso libro del 1905 «L'etica protestante e lo sviluppo del capitalismo»: è il protestantesimo che ha scatenato la rivoluzione mentale necessaria all'avvento del moderno capitalismo. Ma ora il teorema weberiano è messo in discussione da una nuova ricerca compiuta da tre professori universitari italiani e pubblicata dall'americano «National Bureau of Economic Research»: «L'oppio dei popoli? Religione e atteggiamenti economici» di Luigi Zingales della University of Chicago, Paola Sapienza della Northwestern University (sempre di Chicago) e Luigi Guiso dell'Università di Sassari. «In generale la religione è positiva per lo sviluppo degli atteggiamenti che conducono alla crescita economica» sostengono i tre ricercatori, che si definiscono cattolici non praticanti. Quando tenta poi una classifica fra le diverse religioni, il nuovo studio arriva a ipotesi scottanti: in media le religioni cristiane sono associate positivamente a una mentalità che favorisce lo sviluppo, mentre quella musulmana ha un influsso negativo; ma non è vero che i protestanti battono sempre i cattolici nel sostenere i valori della crescita economica.
La ricerca - spiega Zingales dalla Graduate School of Business (Gsb) dell'università di Chicago - si basa su una quantità e qualità di dati di gran lunga superiori a quelli disponibili precedentemente: la World Value Survey, ovvero una serie di sondaggi fatti dall'Institute for Social Research of the University of Michigan in 66 Paesi dal 1981 al 1997. Nelle risposte degli intervistati (un campione di decine di migliaia di persone) sono specificate informazioni non solo sulla fede professata, ma anche sull’intensità delle credenze e sul tipo di educazione religiosa.
«Questo ci ha permesso di studiare l'influenza della religione all'interno di ogni singolo Paese, a differenza di altre ricerche che hanno fatto confronti fra società diverse, dove è difficile isolare l'effetto della fede da quello di altri fattori storici e istituzionali» precisa Zingales.
I tre professori hanno diviso il campione in quattro gruppi: chi è stato educato religiosamente, chi è religioso (va in chiesa, tempio, sinagoga o moschea almeno una volta l'anno), chi è praticante (ci va almeno una volta la settimana) e chi si definisce ateo (non crede in Dio). Le religioni considerate sono sei: buddista, cattolica, ebraica, induista, islamica e protestante. Sono poi analizzati i valori e gli atteggiamenti delle persone su sei temi: la cooperazione con gli altri (quanta fiducia si ha negli altri, quanto si è tolleranti verso chi è di razza o lingua diversa), l'amministrazione statale (quanto ci si fida delle istituzioni governative), le donne (chi si ritiene debba avere la priorità nell'accedere agli studi universitari e nell'ottenere un lavoro, se un uomo o una donna, quando i lavori sono scarsi), le leggi (quanto si è disposti a violare le regole, per esempio a evadere le tasse o accettare una bustarella), il risparmio e la frugalità (l'importanza di instillare queste virtù nei bambini), l'economia di mercato (l'accettazione di ineguaglianze economiche che incentivino il merito, la competizione, l'impegno e le nuove idee).
«Dalla nostra ricerca emerge che Weber ha ragione nel considerare i protestanti più pro mercato in un solo caso, l'atteggiamento verso gli incentivi - spiega Zingales -. I protestanti infatti sembrano i più disponibili in assoluto e senz'altro più dei cattolici, nell'accettare maggiori diseguaglianze di guadagni come incentivo per migliori risultati economici. Ma il valore della frugalità e del risparmio, come forza fondamentale per lo sviluppo economico, appare più importante per i cattolici, che sono anche il gruppo religioso più a favore della proprietà privata. Fra tutti, i musulmani mostrano gli atteggiamenti più avversi alle donne e al mercato».
Per tutte le fedi osservate, chi ha avuto un'educazione religiosa ed è anche praticante nutre un grado maggiore di fiducia nel prossimo, nelle istituzioni e nelle leggi rispetto alla media della popolazione: in questo senso è più disponibile alla cooperazione economica, meno incline a violare le norme e più convinto che il verdetto del mercato sia giusto. Ma gli stessi praticanti sono anche i meno tolleranti verso le altre razze e hanno la visione più conservatrice verso le donne.
Fra i vari gruppi religiosi, l'ebraico è il più lontano dall’idea di truffare sulle tasse; il cattolico è il meno riluttante ad accettare una bustarella. «Ma abbiamo notato anche una differenza fra i cattolici educati prima e dopo il Concilio Vaticano II - continua Zingales -: hanno più fiducia negli altri, sono meno intolleranti e meno disposti a violare le regole, ma anche meno pro mercato, per esempio credono meno nella proprietà privata e nella competizione. La ricerca va ancora approfondita, ma questi risultati suggeriscono che non è il cattolicesimo in sé un ostacolo allo sviluppo, quanto probabilmente altre caratteristiche culturali che permeano certi Paesi di matrice cattolica».
Pur volendo tenersi lontano dalla politica, Zingales ammette che le sue conclusioni possono avere un impatto pratico: «Chi lavora in istituzioni che si occupano di sviluppo economico, come la Banca Mondiale, deve tener presente che nei Paesi musulmani oggi la pratica religiosa non favorisce atteggiamenti positivi per la crescita. D'altra parte anche chi non è religioso fa bene ad accettare certi sussidi statali alla religione, come avviene in Italia dove una quota delle tasse va alla chiesa cattolica e ad altre confessioni, visto l'effetto positivo che un'educazione religiosa di solito ha sulla cooperazione economica».
Maria Teresa Cometto
Si lo so...l'argomento non è molto padano...però mi pare interessante
Attendo commenti dal gen.Stonewall