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  1. #1
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    Predefinito La questione dello sciamanismo

    E’ con questo breve scritto, buttato giù di getto questo pomeriggio, non certo esaustivo, che intendo iniziare una mia partecipazione alla discussione anche qui.
    Come Mjollnir sa, non sono più e non sono affatto d’accordo con tutta una voga filosofica (quella del cosiddetto “neopaganesimo”) che credo appartenga più a quella “doppia religiosità” di spengleriana memoria (definizione poi ripresa da Guénon e da Evola) che ad una rinascita vera e propria di ciò che fu. Più un “gioco” che si inserisce nel processo distruttivo della fede, che un qualcosa di costruttivo.
    Ma questo non mi vieta certo di addentrarmi nello studio dell’antichità e dell’arcaico, anzi.
    Nel farlo, ho deciso di sottrarmi alla polemica dalle corte vedute, in qualunque senso, per dedicarmi unicamente alla ricerca del senso di ciò in cui i nostri antenati credettero, e di ciò in cui credono i loro discendenti, la genesi e le dinamiche dei vari fraintendimenti, e dove risieda la possibile soluzione di problemi che a mio avviso possono essere risolti soltanto in sede metafisica.
    Propositi forse ambiziosi ma doverosi. Non c’è altro da fare, se non vogliamo arrivare alla fine di questo ciclo trascinati nelle correnti della battaglia di tutti contro tutti (l’implacabile divide et impera del Nemico dell’opera divina), ma in piedi su ciò che resta di ciò che può salvarci.

  2. #2
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    Predefinito

    La questione dello sciamanismo

    Una questione si pone a chi studi le religiosità antiche: qual’era la religiosità dei popoli germanici? Esulerò dal trattare i vari aspetti particolari e più contingenti (culto degli avi, del focolare, atteggiamento eroico, etc.), e quali aspetti più dottrinari siano da considerarsi un’inserzione tarda di origine meridionale (iranica, cristiana), oppure originari. Mi interessa qui discutere del ruolo che aveva in essa lo sciamanismo – ovvero il tratto precipuo delle genti dell’est, dei non-arii mongoli.
    La cosa è tutt’altro che risolta, dato che le opinioni in merito si sprecano. In estrema sintesi, si possono dividere tra i sostenitori di un’origine connaturata e quelli di un’origine estranea ai germani dello sciamanismo.
    Tra i primi annoveriamo tutta la New Age, studiosi come Nigel Pennick, e chi si rifà – anche inconsciamente – ad essa.
    Tra i secondi, lo studioso di religioni Eliade, il comparativista Dumézil, e Julius Evola, ma anche il linguista Vittore Pisani, lo storico e medievista Franco Cardini – per limitarsi a coloro che a mio avviso hanno potuto vantare la preparazione più vasta.
    Sappiamo che gli indoeuropei settentrionali in epoca pre-storica ebbero numerosi contatti con le genti ugro-finniche (Gobineau a fine ottocento riassume estesamente le ricerche sui contatti germano-finnici nel suo “Saggio”; numerose ricerche novecentesche confermeranno questi contatti).
    Il wotanismo in particolare pare essere stato uno di questi tratti sciamanici di origine mongola che penetrarono le concezioni germaniche.
    Probabilmente ciò avvenne in un momento di relativo distacco delle genti germaniche dallo spirito primordiale dei padri, altrimenti l’impermeabilità sarebbe stata maggiore verso un tale aspetto allogeno: non dimentichiamo, nel versante meridionale degli indoeuropei, la reazione sempre violenta dei romani contro le infiltrazioni della negromanzia e degli aspetti più allogeni del tellurismo. E’ possibile che i Celti, nuclei elitari arii notevolmente influenzati dalle concezioni non-arie (matriarcato e sciamanesimo) abbiano funto in qualche maniera da tramite. O forse è più probabile che lo abbiano funto i popoli misti come gli Alani, gli Sciti, etc. Ma di questo parleremo altrove, ché costituisce un aspetto di non facile soluzione.
    Torniamo a Wotan. Ormai nessuno nega più che la radice “*uat”/”*woda” appartenga all’ambito semantico della “sovreccitazione”, il che, considerate certe descrizioni eddiche del dio, ci riporta chiaramente alla figura dello stregone sciamano.
    Persino il nordicista Hans Guenther non esita a ravvedere in Wotan “una manifestazione particolare di una tarda fase del paganesimo germanico” (“Religiosità indoeuropea”, anche se poi nel libro non ne parla).
    Dumézil parla espressamente (“Gli dèi dei Germani”), citando R. Pipping 1927, a proposito dei famosi brani odinici di Voluspa, Havamal e Ynglingasaga - su viaggio interiore, visione, trasformazioni in animali, magia divinatoria e femminile, invasamento, aspetti ambigui, … - di “pratiche sciamaniche siberiane”. Inoltre accenna a K.N. Petersen 1876, che parla di Odhinn come di “ultimo venuto nelle religioni del nord“. K. Helm 1946 parla di un culto migrato; altri parlano di substrato. Non è solo un re ma un re stregone. Alla mancanza della radice Odh- tra i Goti (tribù conservativa), che mostrerebbe il suo carattere tardo e importato; come pure la mancanza di toponimi nordici con tale radice (anche se ciò potrebbe essere dovuto a riserbo nei confronti del capo degli dèi). Alla natura importata e recente della scrittura runica, magica e divinatoria (cioè aspetti considerati “bassi” da ogni dottrina aria conservativa).
    E’ chiaro che simili aspetti bassi di tale dio possono essersi aggiunti ad una figura sicuramente già esistente, e meno contaminata.
    Dumézil ne accenna anche ne “Gli dèi sovrani degli indoeuropei”, parlando di “comunicazioni osmotiche da un capo all’altro della pianura dell’Eurasia del nord”, di aspetti degli indoeuropei settentrionali “che ricordano quanto si osserva dagli ugro-finnici fino ai tungusi”, di “forme più o meno pure di sciamanismo” già nei druidi (rispetto ai corrispettivi sacerdoti flamini e bramini), di “intrusione dello sciamanismo nella teologia dei germani”, e precisamente per la compresenza in Odhinn di forme magiche minori e disprezzate accanto alle grandi forme legate all’aspetto intellettuale, più propriamente indoeuropeo; e le descrive (la furia, i sortilegi, le metamorfosi, lo svincolamento di Odhinn dall’ordine cosmico – a differenza di Varuna al servizio del rta -, l’inganno, la retribuzione capricciosa dei guerrieri, etc.).
    Eliade, nel suo corposo studio sullo sciamanismo, nel capitolo riguardante gli indoeuropei, pur usando disinvoltamente i termini “maghi” ed “estatici” per designare concetti e figure indoeuropee di tipo pure non-basso, sottolinea comunque la distanza tra le religioni indoeuropee nel loro complesso, pur con influssi sciamanici, e lo “sciamanismo” altaico e siberiano. E tra gli influssi sul germanesimo mette subito l’Odino “sovrano terribile” e “grande mago”, citando Hoefler 1934 che parla di relazione con gli sciamani siberiani, per l’impiccagione, per Sleipnir come cavallo sciamanico, per il mutamento di forma, tipico dei maghi che si combattono, per i due corvi, per la negromanzia (interrogazione dei morti sia tramite contatto coi cadaveri, che con un viaggio visionario tra i morti), per l’assunzione del furore felino, lupesco, etc., per l’imitazione del comportamento di un dato animale, per le sedute di seidhr o magia femminile, per la turpitudine, per la transe con musica.
    Franco Cardini (“Radici della stregoneria”) ci conferma che “Wotan […] - dio-mago, negromante, viaggiatore – ha aspetto ben poco indoeuropeo”, citando p.es. gli aspetti di inversione sessuale degli sciamani, e riconduce tali influenze agli Unni, mediatori i Goti, i Sarmati, gli Alani, oltre ad Avari, Ungari, Mongoli, Bulgari, Khazari. Secondo lui, i popoli entrati in queste “coalizioni della steppa” finivano per essere “stregonizzati” in blocco, e anche quelli non-asiatici assumevano certe caratteristiche degli asiatici. Cardini prende in esame più dettagliatamente gli influssi asiatici tra i Germani in “Alle origini della cavalleria medievale”, dove parla della progressiva somiglianza dei germani ai popoli delle steppe tramite influssi scito-sarmati prima, e poi di “penetrazione culturale che investì la Scandinavia dal sud-est portando seco il culto di Odhinn e l’arte delle rune”, la funzione psicagogica del cavallo, la trasformazione in animale, la previsione del futuro, il rituale per acquisire la sapienza, l’invio di morte e sventure, l’invasamento, la possessione, la transe belluina, la negromanzia, caratteristiche “ben poco olimpiche”.
    Devo ancora esaminare Jan De Vries (la monumentale “Altgermanische Religionsgeschichte”) ma mi sembra che invece lui sostanzialmente neghi le contaminazioni sciamaniche.
    Infine una menzione va fatta dei saggi di Jung sulla religione, e della sua spiegazione del fenomeno-Hitler come dell’azione di uno stregone sciamano collettivo richiamante in vita Wotan.
    Nessun giudizio “morale” nell’enumerare queste qualità attribuite dai miti tardi a questo importante ase germanico, ma solo la loro valutazione dapprima antropologica, poi metafisica.
    Antropologicamente, esse non appartengono all’ambito delle possibilità sviluppate dall’ario, ma da altri uomini (mongoli, amerindi, alcuni tipi di negro).
    Metafisicamente, l’esperienza sciamanica si differenzia nettamente dal percorso spirituale iperboreo.
    Basti una sola constatazione: l’esperienza dello sciamano è di tipo passivo, quella dell’eroe solare iperboreo di tipo assolutamente attivo. La prima perde la coscienza, affinché determinate forze prendano (temporaneamente) possesso di noi, e compiano determinate operazioni in nostra vece. La seconda tende invece a rafforzare la coscienza fino alle sue estreme possibilità, per assumere totalmente la guida del “cocchio” umano, e conquistare i cieli.
    Questo il nocciolo della questione, e il fulcro che deve guidare l’analisi di tale aspetto della religiosità tarda dei germani.
    Postilla:
    Sulla pericolosità dello sciamanesimo, si veda il cap. 26 de “Il Regno della Quantità e i Segni dei Tempi” di Guénon, che pure spiega il carattere di tradizione degradata dello stesso (così “Arvo” [=Evola?] in “Introduzione alla magia”, II, 147-156, e 173-175). Carattere che è invece ignorato da tutta la New Age (si veda p.es. F. Silvani, “Sciamanesimo”, 1998) e dai neospiritualisti di “sinistra”, ma anche da certa estrema destra (i libri filo-sciamanici pubblicati dalle Ed. All’Insegna del Veltro; molti circoli neopagani asatru; etc. …).

    Vahagn

  3. #3
    Mjollnir
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    Carissimo Vahagn, benvenuto nel nostro piccolo spazio
    Ogni tuo contributo sara' sicuramente prezioso e salutato con piacere.

    Per quanto riguarda la tematica del tuo intervento, effettivamente e' molto complessa e delicata, e in parte ne avevamo gia' parlato in passato.

    Personalmente sono contrario ad una asiatizzazione radicale di Odhinn: parlerei di una figura con aspetti sciamanici, + che di "dio-sciamano" tout court. In relazione a questo, diventa di estremo interesse piuttosto seguire l'evoluzione della religione germanica ed il processo che ha portata all'oscuramento di Tyr - teoricamente il vero dio supremo secondo la prospettiva da cui ci poniamo - a favore di Odhinn; questione, questa, ancora + importante dell 'imperialismo di Odhinn nei confronti di Thor e della funzione guerriera.

    In ogni caso, se anche di "incupimento" si puo' parlare, il diritto dell' Asatru sulle popolazioni germanofone mi sembra acquisito ed incontestabile. Semmai si puo' caldeggiare una rettificazione.

    Ciao
    Mjollnir

  4. #4
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    Originally posted by Mjollnir
    Carissimo Vahagn, benvenuto nel nostro piccolo spazio
    Ogni tuo contributo sara' sicuramente prezioso e salutato con piacere.

    Per quanto riguarda la tematica del tuo intervento, effettivamente e' molto complessa e delicata, e in parte ne avevamo gia' parlato in passato.

    Personalmente sono contrario ad una asiatizzazione radicale di Odhinn: parlerei di una figura con aspetti sciamanici, + che di "dio-sciamano" tout court. In relazione a questo, diventa di estremo interesse piuttosto seguire l'evoluzione della religione germanica ed il processo che ha portata all'oscuramento di Tyr - teoricamente il vero dio supremo secondo la prospettiva da cui ci poniamo - a favore di Odhinn; questione, questa, ancora + importante dell 'imperialismo di Odhinn nei confronti di Thor e della funzione guerriera.

    In ogni caso, se anche di "incupimento" si puo' parlare, il diritto dell' Asatru sulle popolazioni germanofone mi sembra acquisito ed incontestabile. Semmai si puo' caldeggiare una rettificazione.

    Ciao
    Mjollnir
    Sì, anch'io credo che l'aspetto sciamanico non abbia schiacciato gli aspetti precedenti e più prettamente indogermanici, sebbene il fenomeno si inserisca in quel processo di decadimento del ramo germanico degli indoeuropei cui accenna Evola in un paio di passaggi; semplicemente li cacciò nei recessi del mito. E proprio in questo processo si inserisce a mio avviso anche il fenomeno da te accennato dello spodestamento di Tyr.
    Quanto alla definizione di asatru (o asatro nella grafia nordica attuale), certo che era prettamente germanico, casomai bisogna vedere se sono coloro che si fregiano di tale definizione a non propugnare piuttosto un vanatru ... dal momento che molti movimenti nordicisti si inseriscono in quel filone filosofico new age in cui le caratteristiche divine considerate sono più quelle della terra che quelle uraniche.

  5. #5
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    Qualcuno sa se gli studi di Mario Polia sullo sciamanesimo (cui mi dicono essersi dedicato in questi ultimi anni) hanno prodotto qualche pubblicazione?

    Sempre sullo stesso tema, interessante anche la mostra all'EUR "Il volo dello sciamano", dove si possono apprezzare concretamente le tecniche e gli strumenti di un tale tipo di religiosità asiatica. E di cui è uscito anche un bel catalogo ("Il volo dello sciamano", De Luca Editore, 2002).

    Ciò di cui a mio avviso non sono (o non completamente) coscienti gli studiosi che si sono occupati dello sciamanismo e dei suoi rapporti con le altre forme religiose, quelle arie, è la sua differenza qualitativa con queste ultime, e la sua natura di "tradizione degradata", nel senso di "relitto di una tradizione passata", resti parziali e abbassati. Non sembra averlo colto lo stesso Eliade, pur nella monumentalità ed ecletticità dei suoi studi comparativistici (il quale ha il grandissimo pregio di avere combattuto la mentalità storicistica nell'antropologia e nella storia delle religioni); e non l'ha colto Cardini, perlomeno nel suo dettagliatissimo studio sulle "Origini della cavalleria". In particolare è il tema dell' "albero cosmico" a non rappresentare un tratto precipuo dello sciamanismo, ma uno di quei tratti primordiali di origine iperborea. E difatti la compresenza di Yggdrasil e di Irminsul - la colonna sacra - nelle tradizioni germaniche, e i suoi rimasugli folklorici nel folklore di tutta Europa sotto forma di "albero della cuccagna", "albero di Natale" etc., mostra proprio l'arcaicità di questo tema; presente peraltro anche in numerose altre antiche tradizioni. Parlerò della degradazione di questo tema al'interno dello sciamanismo, e del suo significato originario dedotto dallo studio comparativistico.

  6. #6
    Mjollnir
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    Qualcuno sa se gli studi di Mario Polia sullo sciamanesimo (cui mi dicono essersi dedicato in questi ultimi anni) hanno prodotto qualche pubblicazione?
    Sull' argomento mi risultano questi titoli:

    La Voluspà. I detti di Colei che vede. Testo norreno a fronte Il Cerchio - 1983

    Furor: guerra, poesia, profezia. Il Cerchio - 1983


    Il sangue del condor. Sciamani delle Ande. Xenia - 1997

    Le rune e gli dei del nord. Il Cerchio, 1999


    Ciao

  7. #7
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    Originally posted by Vahagn
    Sempre sullo stesso tema, interessante anche la mostra all'EUR "Il volo dello sciamano", dove si possono apprezzare concretamente le tecniche e gli strumenti di un tale tipo di religiosità asiatica. E di cui è uscito anche un bel catalogo ("Il volo dello sciamano", De Luca Editore, 2002).
    Dove di preciso?

  8. #8
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    Al museo etnologico e delle tradizioni popolari, mi sembra si chiami. Comunque è all'EUR, nella piazza dove c'è l'obelisco, nel palazzo a destra (venendo dal centro).

  9. #9
    Mjollnir
    Ospite

    Predefinito un'altra prospettiva sullo sciamanesimo

    Secondo alcuni ritrovamenti, come graffiti e reperti archeologici
    vari, si fa risalire la datazione della nascita dello Sciamanesimo a
    circa 30.000 anni fa.
    Esso non è una religione, in quanto quest'ultima, per definizione, è
    un complesso di credenze, norme etiche e atti di culto, attraverso i
    quali gli uomini manifestano il loro sentimento spirituale di
    dipendenza verso una divinità. Lo Sciamanesimo, proprio per la
    tipologia delle sue Pratiche estatiche, si può più correttamente
    definire come una pratica magico-religiosa, che permette di entrare
    in contatto con le potenze soprannaturali e divine relative alla
    propria cultura e fede.
    Lo Sciamanesimo prevede la capacità di intervento e di interrelazione
    tra l'individuo e la divinità, tra l'uomo e gli Spiriti preposti.
    Mentre una religione è dunque "passiva", adatta in genere per una
    massa di individui, lo Sciamanesimo è una Pratica "attiva" che
    permette all'individuo di sperimentare direttamente, attraverso
    tecniche estatiche, il mondo del Sacro e del divino.
    In un interessante libro intitolato "La Via dello Sciamanesimo
    Boreale" di Davide Melzi, l'autore pur sostenendo l'impossibilità di
    paragonare tale Pratica ad una religione, suggerisce e rafforza tale
    differenza definendolo non una "religione del Credere" bensì come
    una "religione del Conoscere".
    Lo Sciamanesimo è inoltre privo di una casta sacerdotale. Non si
    accede a tale Via per desiderio o per trasmissione ereditaria, ma
    solo a seguito di una Chiamata che arriva dall'Alto e che dà la
    possibilità di iniziare tale Percorso portando il novizio ad un
    totale reintegrazione con la dimensione divina in maniera cosciente e
    personalmente vissuta.
    Il termine "Sciamano" deriva dal tunguso "Saman" e sta ad indicare un
    operatore magico-sacrale, padrone di tecniche estatiche che gli
    permettono di Viaggiare attraverso i mondi ed incontrare Spiriti e
    Dèi che compartecipano all'esistenza della propria terra.
    Egli (o ella) non sceglie di diventare sciamano, ma viene prescelto e
    solo attraverso una lunga preparazione sotto la guida di uno Sciamano
    anziano e l'Iniziazione degli Spiriti preposti, egli
    diventerà "l'uomo sacro" per eccellenza.
    Lo Sciamano è inoltre un medium attivo, cioè un essere che fa da
    ponte tra le realtà fondamentali del cielo, della terra e delle
    regioni infere. In esse, grazie alla sua preparazione spirituale e
    tecnica e agli Spiriti suoi Alleati e Guide, è in grado di
    intervenire direttamente e coscientemente sulla disarmonia, sia essa
    dell'individuo o della collettività tutta.
    Come intermediario tra queste realtà, lo Sciamano è anche psicopompo,
    in grado cioè di accompagnare l'anima del defunto verso la sua nuova
    sede.
    In ultimo possiamo ancora affermare che egli è un vero baluardo
    antidemoniaco, in quanto in grado di combattere efficacemente non
    solo le malattie, ma anche spiriti malvagi e i maghi neri. Non è raro
    infatti trovare nel suo equipaggiamento magico armi di vario tipo
    (arco, frecce, spade, pugnali...) attraverso le quali combatte
    simbolicamente gli elementi nocivi oltre che permettere alla propria
    comunità una difesa magico-psichica di grande forza.

 

 

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