Giornata di gran cordoglio, oggi.

Anche ieri.

C’è poco da fare: il momento fatale giunge per tutti, o quasi.

Nemmeno i grandi personaggi, arcinoti o poco conosciuti che essi siano, possono sottrarsi alla morte naturale.

Nemmeno i grandi artisti, ancorché poco noti o non abbastanza celebrati, possono sfuggire al destino finale che la vita terrena loro riserva.

Nemmeno Giorgio Gaber.

Ne conoscevo il nome e un paio di canzoni: “Porta romana” e “il tizio del giambellino”, da tempi ormai lontani. Ma, a parte questo, quasi non sapevo più esistesse un artista chiamato Giorgio Gaber. Una volta, appena udendo le parole e le note iniziali del “giambellino”, ricordo d’avere pensato “accidenti, che lagna”.

Ma poi, alcuni giorni fa, per me, occasionale ascoltatore di Radio Padania Libera, la grande scoperta: canzoni e registrazioni varie che non avevo mai sentito prima, di un Giorgio Gaber grande artista. Cantante, compositore, poeta, opinionista, persino filosofo.

Fra i suoi monologhi o le sue ballate anche una, se non ricordo male, intitolata “Destra e sinistra”.

Quale sorpresa. Anch’io, in internet alcuni anni fa, avevo scritto un testo satirico intitolato “Destra O sinistra”.

Lo ricordate?

No?

Non fa nulla.

Mentre MTV e ReteAbominevole e tanti altri simili programmi radiotelevisivi spazzatura, raiosi e mediasettosi che siano, saturano l’etere con le grida di negroidi cantanti isterici e ossessionanti (che mi guardo bene dall’ascoltare se non in quelle frazioni di secondo che mi servono per effettuare certe mie indagini demen-scopiche), chissà quanti altri veri, grandi artisti, appunto come Giorgio Gaber, dovranno passare a miglior vita prima che i moderni media d’elevato livello culturale si degnino di diffonderne i canti e le parole.

Ora Giorgio Gaber non c’è più.

Non qui.

I suoi canti, la sua umana, filosofica poesia invece ci sono tuttora.

Per lungo tempo ancora.

J.B.