Questa volta, più che mai, un inchino al Santo Padre.
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Il Papa: "Giornalisti liberi dal controllo dei governi"
Il monito di Giovanni Paolo II nel messaggio per la Giornata mondiale delle Comunicazioni. I giornalisti "rispondano solo alla loro coscienza morale", lontani da "controlli governativi"
di Alceste Santini
ROMA - I mass media possono svolgere un ruolo decisivo “a servizio di un’autentica pace” e della “verita”. Perciò, Giovanni Paolo II ha rivendicato, con il suo Messaggio per la XXXVII Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, la piena e autonoma responsabilità dei giornalisti affermando che essi devono rispondere solo alla loro “coscienza morale”, respingendo qualsiasi forma di pressione interessata.
Certo, “una certa regolamentazione pubblica dei media, nell’interesse del bene comune, è appropriata”, ma “il controllo governativo non lo è”. Espressioni forti che chiamano in causa quanto avviene nel nostro come in tanti altri Paesi del mondo in cui il potere della comunicazione è divenuto davvero enorme da condizionare la vita politica, culturale e del costume. Perciò, “i cronisti ed i giornalisti hanno il grave dovere di seguire le indicazioni della loro coscienza morale e di resistere alle pressioni che li sollecitano ad adattare la verità, al fine di soddisfare le pretese dei ricchi e del potere politico”.
Papa Wojtyla era intervenuto in diverse circostanze per richiamare alla loro responsabilità sociale gli operatori dei mass media ricordando che essi sono ormai “il nuovo areopago in cui si formano in larga parte le coscienze”. Ma è la prima volta che si è spinto a denunciare le “manipolazioni” dei fatti e della verità, come la pace e la guerra. Manipolazioni ancora più gravi in una particolare fase della vita internazionale in cui il destino dell’umanità dipende da scelte di pace o di guerra.
Per queste riflessioni, Giovanni Paolo II è partito dal fatto che fu il crescente potere delle moderne comunicazioni a spingere quarant’anni fa Giovanni XXIII, che si trovò a vivere i giorni bui della guerra fredda, a richiamare con l’enciclica “Pacem in terris” l’attenzione dei giornalisti su “la lealtà e l’imparzialità” nell’uso di “strumenti per la promozione e la diffusione della comprensione reciproca tra le nazioni”. Anche grazie al loro contributo fu scongiurata la terza guerra mondiale facendo prevalere “la fiducia reciproca”.
Ebbene, oggi, il mondo è di nuovo sconvolto da fenomeni negativi che si chiamano “terrorismo, sfruttamento e attacchi alla dignità e alla santità della vita umana”. Un ruolo rilevante, quindi, spetta ai mass media per contribuire a “creare rapporti umani ed influenzare la vita politica e sociale, sia nel bene che nel male”. I mass media hanno, secondo il Papa, una “responsabilità ineluttabile perché costituiscono il moderno areopago nel quale le idee vengono condivise e le persone possono maturare nella comprensione reciproca e nella solidarietà”. Ma i mass media “talvolta funzionano come agenti di propaganda e disinformazione, al servizio di interessi ristretti, di pregiudizi nazionali, etnici, razziali e religiosi, di avidità materiale e di false ideologie di vario tipo”. I giornalisti devono, quindi, sapere che “le pressioni esercitate in questo senso portano i media a sbagliare”. Perciò, è necessario che “tali errori vengano contrastati dagli uomini e dalle donne che operano nei media, ma anche dalla Chiesa e dagli altri gruppi responsabili”.
Ancora una volta, il vecchio Papa Wojtyla assume una posizione destinata a far discutere allorché afferma senza veli che “i media appartengono spesso a gruppi con propri interessi, privati e pubblici”. Ma, proprio per questo, gli operatori dei mass media devono avere il coraggio di “non favorire la divisione tra gruppi” magari in nome della lotta di classe, del nazionalismo esasperato, della supremazia razziale, della pulizia etnica e così via. Fa emergere, così, la delicata e non facile professione del comunicatore sociale ricordando che sarebbe un “grave errore” mettere l’uno contro l’altro in nome della religione come contro la verità e la giustizia, a svantaggio dei diritti della persona umana.
Giovanni Paolo II ha così sollecitato gli operatori dei mass media ad essere all’altezza della “sfida della loro vocazione” che può essere nobilitata solo se a servizio del bene comune universale e, quindi, della pace e non della guerra. Una sfida rivolta ai potenti e a chi vuole la guerra.
(24 GENNAIO 2003, ORE 17:45)