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    Post Comunicato dei Disobbedienti sulle terroristiche affermazioni di Pisanu

    Risposta del movimento delle e dei disobbedienti alla messa fuori legge dichiarata dal ministro degli interni del governo della repubblica

    Il Movimento delle e dei Disobbedienti prende atto delle espressioni e delle indicazioni scelte dal ministro degli Interni, on. Beppe Pisanu, nella sua audizione di ieri alla Camera sul tema "terrorismo interno ed internazionale", riguardo a quella che definisce "una vasta area di illegalità politica diffusa".

    Il ministro, infatti, parla di "individui e gruppi organizzati" che avrebbero "comunque scelto la violenza, ancorché minore, come metodo di lotta politica" e aggiunge che potrebbe stabilirsi "in prospettiva" una "interrelazione" tra tale area e "quella terroristico-eversiva, così come avvenne in passato, allorché le frange più estreme dell'Autonomia Operaia diedero vita al fenomeno cosiddetto del 'terrorismo diffuso', che si poneva in posizione dialettica rispetto al 'terrorismo selettivo' delle Brigate Rosse".

    Il ministro dedica un intero capitolo della sua relazione a questa "illegalità politica diffusa", ed anzi ne fa insieme al terrorismo l'oggetto principale d'attenzione per il Parlamento.

    Quest'area, secondo Pisanu, è composta da "fenomeni trasversali" che "possono spianare la strada a forme ben più gravi di violenza". E il ministro vi ascrive così, indifferentemente, gli atti di aggressione razzista dei "militanti" della formazione neofascista e neonazista Forza Nuova, azioni della "estrema sinistra gravitante nell'area della 'Autonomia di classe'" e quelli che definisce "episodi di analoga natura verificatisi nei mesi passati e direttamente ascrivibili al cosiddetto movimento dei 'Disobbedienti'": ossia ad uno dei movimenti più riconosciuti e cospicui tra quelli attivi contro il neoliberismo e la guerra e che hanno dato vita al Forum Sociale Europeo di Firenze ed all'enorme, determinata e pacifica manifestazione del 9 novembre scorso. Quel corteo con cui un milione di cittadine e cittadini italiani ed europei risposero alla campagna terroristica ed intimidatoria del medesimo ministro Pisanu, che persino aveva minacciato di non autorizzarlo.

    Pisanu elenca: l'azione di disobbedienza alle leggi razziste e "smontaggio" svolta al centro-lager per migranti di via Mattei a Bologna del 25 gennaio 2002, l'azione di disobbedienza alla guerra ed occupazione simbolica del Consolato Onorario di Gran Bretagna a Venezia - attribuendola ad "aderenti ai Centri Sociali 'Rivolta' di Marghera e 'Pedro-Radio Sherwood' di Padova - , l'azione di disobbedienza all'attacco ai diritti del lavoro e picchettaggio di Telestampa Sud di Vitula n o presso Benevento contro la diffusione crumira dei quotidinai 'Libero' e 'Giornale', nella notte seguente allo sciopero generale dell'informazione del 20 ottobre - attribuita questa a "militanti del Centro Sociale 'Laboratorio Occupato Ska'" di Napoli - .

    Azioni, tutte, che rivendichiamo con orgoglio, che sono state condivise dall'intero Movimento delle e dei Disobbedienti e richiamate dai movimenti delle e dei migranti, pacifisti e di generalizzazione degli scioperi come legittime ed esemplari nel quadro di grandi e unitarie campagne di mobilitazione.

    Il ministro risponde ora che tali azioni sono "eversive", per quanto di "eversione a bassa intensità": e così non solo invoca repressione nei confronti di chi le ha realizzate, ma criminalizza e ammonisce quante e quanti le hanno condivise, ossia la moltitudine del movimento dei movimenti che se ne è nutrita insieme alle altre pratiche riconosciute.

    D'un colpo, soprattutto, il ministro dichiara adesso il Movimento delle e dei Disobbedienti fenomeno di "illegalità politica", contro il quale invoca "il ruolo dell'Autorità Giudiziaria al fine di assicurare una tempestiva, rigorosa e, soprattutto, uniforme applicazione della legge, che consenta di punire in modo adeguato tutti coloro che si rendono responsabili di qualsiasi atto illegale": un evidente richiamo alle diverse magistrature che hanno scelto differenti strade, da Cosenza a Genova a Napoli a Padova, per perseguire e reprimere il percorso della disobbedienza civile e sociale. Un percorso che innerva l'insieme delle scelte del movimento dei movimenti sin dalle giornate del G8 del luglio 2001 e fino al terzo Forum Sociale Mondiale appena concluso a Porto Alegre.

    Il Movimento delle e dei Disobbedienti ne prende atto: sapremo sostenere anche questa sfida, dal momento che non non solo non intendiamo recedere dai comportamenti di disobbedienza fin qui sperimentati, ma ci s t iamo attrezzando per potenziarli e moltiplicarli quando si tratterà di provare a fermare concretamente la macchina della prossima guerra annunciata e la partecipazione ad essa del nostro Paese.

    Il Movimento delle e dei Disobbedienti, infatti, è nato per condividere le pratiche di rifiuto delle leggi e delle norme ingiuste di fronte a quelle superiori dell'umanità. Disobbediremo ancora e sempre di più alla violazione della Costituzione della Repubblica e della Carta dei diritti dell'uomo. Anche sapendo, da ieri, che questo governo intende per ciò metterci fuori legge.

    Sta ora ad ogni cittadina e cittadino democratico scegliere di opporsi al nostro fianco e in tutte le forme civili concepibili a chi alimenta il terrorismo delle bombe dei potenti e quello speculare dei fondamentalismi, a chi per questo intende reprimere selvaggiamente e preventivamente ogni comportamento di opposizione concreta ed, infine, a chi rispolvera i teoremi degli anni '70, compreso quello degli 'opposti estremismi', per poter più comodamente ignorare la coscienza dell'80 per cento degli italiani.

    Disobbedire al governo di guerra militare, economica e sociale!

    Fermare la guerra globale permanente!

    Ribellarsi al dominio dei potenti e della morte!

    Obbedire alle leggi dell'umanità!

    Da ogni luogo, Italia, Europa, Pianeta Terra
    28 Gennaio 2003, Anno Secondo della Guerra Globale Permanente
    L'Agenzia di Comunicazione Disobbediente per

    IL MOVIMENTO DELLE E DEI DISOBBEDIENTI
    IILEGALE E RIBELLE

    www.disobbedienti.org
    "Vogliamo distruggere tutti quei ridicoli monumenti del tipo "a coloro che hanno dato la vita per la patria" che incombono in ogni paese e, al loro posto, costruiremo dei monumenti ai disertori. I monumenti ai disertori rappresentano anche i caduti in guerra perchè ognuno di loro è morto malidicendo la guerra e invidiando la fortuna del disertore. La resistenza nasce dalla diserzione"

    Partigiano antifascista, Venezia, 1943





  2. #2
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    Predefinito Il testo dell'audizione di Pisanu sul fenomeno terrorismo in Italia

    Signor Presidente, Onorevoli Colleghi,
    Lo scorso 15 gennaio, nel rispondere in Aula al Question Time, avevo affermato che gli eventi di questi ultimi mesi hanno progressivamente consolidato l’ipotesi di un pericoloso risveglio del terrorismo in Italia.

    Avevo conseguentemente manifestato la mia disponibilità a rendere un’informativa più ampia e circostanziata in ordine a questo fenomeno che minaccia la convivenza civile e il sereno svolgimento del confronto politico-sociale.

    Ringrazio il Presidente della Camera e la Conferenza dei Capigruppo per avermi dato questa opportunità.

    Terrorismo interno ed internazionale. Caratteri generali.

    Desidero tracciare, preliminarmente, il quadro generale della minaccia terroristica di matrice interna ed internazionale presente nel nostro Paese e, successivamente, analizzarne le componenti principali.

    Quando parlo di terrorismo internazionale mi riferisco a movimenti violenti e gruppi armati che operano in realtà geografiche diverse, alcuni dei quali si ispirano ad ideologie “laiche” o ad istanze indipendentiste a carattere regionale, mentre altri si ispirano al radicalismo religioso ed in particolare all’integralismo islamico.

    I primi hanno finora limitato la loro attività all’interno delle rispettive aree di crisi (si pensi ai gruppi baschi o corsi), gli altri, dopo i tragici eventi del settembre 2001, sono assurti al ruolo di protagonisti sulla scena mondiale.

    Il terrorismo di matrice islamica, parte dal fanatismo religioso e da una radicale avversione all’occidente e, perciò, rifiuta il dialogo tra diverse culture ed anzi si colloca, rispetto ad esse, in assoluta opposizione.

    In Italia, anche in tempi recenti, una pressante attività investigativa ha consentito di individuare e disarticolare varie cellule che, a diverso titolo, si collegavano ai centri di addestramento di Al Qaeda per rinfoltire le fila dei combattenti islamici nei grandi conflitti etnico-religiosi.
    I confortanti risultati fino ad ora raggiunti sono stati sottolineati in vari, autorevoli contesti internazionali. Da ultimo, solo qualche giorno fa, l’Attorney General degli Stati Uniti d’America ha dato pubblicamente atto al nostro Paese di aver assunto un “ruolo di leadership” nella lotta al terrorismo.

    Tuttavia la minaccia resta incombente e tende ad aggravarsi, come confermano episodi recenti in Italia, Spagna e Regno Unito. Si stanno perciò intensificando le attività di prevenzione e investigazione, condotte da polizia e magistratura in un ampio contesto di collaborazione internazionale.

    Dico subito che non sono finora emerse prove concrete di interazione tra gruppi islamici e organizzazioni eversive endogene. Ma queste ipotesi viene attentamente seguita dagli investigatori, anche sulla base di alcuni segnali provenienti dall’ambiente carcerario.
    Mi riferisco, in particolare, ad alcuni contatti epistolari registratisi tra reclusi maghrebini e detenuti italiani appartenenti a gruppi eversivi di estrema sinistra.

    Ricordo peraltro che il comunicato di rivendicazione dell’omicidio Biagi e numerosi altri documenti, compreso l’ultimo volantino degli NTA, evocano un “Fronte Combattente Antimperialista”, comprendente le nuove BR, i vari movimenti armati e il terrorismo islamico.

    Per quanto riguarda il terrorismo interno, è ben noto il livello di aggressione raggiunto, a più riprese, anche in tempi lontani, sia da parte di formazioni della sinistra estrema (gruppi armati di ideologia marxista e anarchica), sia da parte di organizzazioni riconducibili all’estremismo di destra.
    Mentre i gruppi di ispirazione marxista continuano ad essere organizzati su schemi rigidamente gerarchici e collocano la lotta armata nella prospettiva di una guerra di classe a lungo termine, i gruppi anarchici privilegiano una filosofia individualistica, che si manifesta attraverso numerose azioni violente, tuttavia spesso rispondenti ad una logica unitaria.

    Molti e gravi sono gli episodi rivendicati da nuclei che si ispirano alle tesi estreme del marxismo principalmente motivati da tematiche attuali quali quelle del lavoro, dell'occupazione e delle riforme istituzionali, in un rapporto di affinità ideologica tra “vecchio” e “nuovo” terrorismo.

    Il “nuovo” terrorismo italiano di origine marxista affonda quindi le sue radici nel passato, anche se si propone con logiche e strategie adeguate ai mutati scenari politici, economici e sociali.

    Come illustrerò più avanti, si tratta di un fenomeno che evidenzia indiscutibili connessioni con l’eversione degli anni ’70: basti pensare all’influenza che gli “irriducibili” ancora in carcere esercitano sui nuovi militanti o alle recenti risoluzioni strategiche, che presentano ampie analogie con quelle degli “anni di piombo”.

    Le vecchie chiavi di lettura ci consentono, perciò, di inquadrare meglio taluni aspetti del fenomeno odierno e ci aiutano a capirlo, ma non possono fornirci, da sole, una spiegazione esaustiva di quanto sta accadendo.

    Altrettanto gravi si sono rivelati gli episodi di violenza riconducibili a quella parte dell’area anarchica che ha ormai abbandonato il purismo individualista e si è venuta a collocare sempre più in una prospettiva insurrezionale, prendendo di mira obiettivi o simboli legati, di volta in volta, a tematiche antistatuali, anticarcerarie, ambientaliste, separatiste antimperialiste, con azioni condotte nel territorio nazionale e spesso in parallelo con azioni analoghe all’estero.

    Da tempo sono noti i collegamenti che uniscono gli anarco-insurrezionalisti italiani a gruppi affini operanti in altre nazioni europee, specialmente in Spagna e Grecia, dove sono detenuti militanti italiani condannati per gravissimi reati, nei cui confronti la “solidarietà insurrezionale” si è tradotta, anche recentemente, in gravi fatti criminosi.

    Posso confermare, sulla base di accurate analisi, che in Italia l’anarco-insurrezionalismo è il fondamento ideologico di una vasta banda armata clandestina, la quale, anche in assenza di una direzione strategica e di un’organizzazione verticistica di stampo brigatista, ha tutte le caratteristiche di una associazione sovversiva. Così come ritengo che la ripresa dell’interventismo anarchico possa in parte ascriversi alla volontà di innalzare il livello di scontro con lo Stato dopo il sostanziale fallimento, a Firenze, delle istanze estremistiche emarginate dalla stragrande maggioranza del movimento NO- GLOBAL.

    L’eversione di destra, dal canto suo, trae origini da lontane direttrici storico politiche.
    Essa ha alimentato quella complessa vicenda politico eversiva che nel passato è stata definita “strategia della tensione”.
    In quel contesto storico sono maturati gravissimi fatti di sangue, ancora oggetto di delicate indagini giudiziarie, fatti che, fortunatamente, non sembrano riproporsi nella realtà odierna.

    Si è avuto, invece, modo di verificare che alcune organizzazioni della destra radicale hanno recentemente assunto atteggiamenti aggressivi in ambiti particolari, raccogliendo frange di devianza giovanile e di emarginazione metropolitana e radicando contatti con soggetti attivi in altri paesi europei.

    In un’ottica internazionalista si collocano, inoltre piccoli gruppi aggregati intorno a riviste specializzate, composti da estremisti di destra convertiti all’islam che coltivano rapporti con ambienti sciiti specialmente sul terreno dell’antisemitismo.

    Più in generale la scena politica dell’estremismo di Destra resta caratterizzata da personaggi che, a cavallo tra gli anni ’70 e fino all’inizi degli anni ’90, hanno optato per una scelta rivoluzionaria, di contrapposizione violenta alle istituzioni democratiche. Essi appaiono ancora in grato di catalizzare energie giovani intorno a temi tipici del radicalismo politico-ideologico di matrice fascista o, addirittura, intorno a posizioni nichiliste.

    Mi soffermerò, più avanti, sulla presenza nel nostro Paese di una vasta area di illegalità politica diffusa, la quale interessa tanto l’estremismo di destra quanto l’estremismo di sinistra e, pur non manifestandosi con atti terroristici, impone una costante opera di vigilanza, di prevenzione e di contrasto per la sua indiscutibile pericolosità.

    Mi riferisco ad una serie di atti illegali che, seppure soltanto a valenza dimostrativa, indicano l’esistenza, nella galassia dell’estremismo, di individui e gruppi organizzati che hanno comunque scelto la violenza, ancorchè minore, come metodo di lotta politica. Ed allora, anche se diversa può essere la motivazione dei singoli fatti, sicuramente convergente è l’effetto: creare insicurezza ed allarme nei cittadini, intimidire le vittime di volta in volta prescelte, sfidare apertamente l’autorità delle istituzioni, cercando di far passare il messaggio che si può infrangere la legge senza essere puniti.

    Per queste ragioni, non va in alcun modo sottovalutata la pericolosità di questi comportamenti “a bassa intensità eversiva”: chi infrange le vetrine, chi formula minacce di morte ed esalta gli omicidi dei terroristi, chi arriva ad aggredire fisicamente l’avversario, chi incendia la sede di un partito, di un sindacato o di un’altra associazione, non solo si pone fuori dal confronto politico e dalla civile convivenza ma può, come il passato ci insegna, al verificarsi di determinate condizioni, compiere il “salto di qualità” verso la lotta armata.

    Bisogna perciò essere particolarmente vigili.
    Senza indulgere a paralleli semplicistici, infatti, non si può escludere in prospettiva e sottolineo: in prospettiva - un’interrelazione tra l’area dell’illegalità politica e quella terroristico-eversiva, così come avvenne in passato, allorché le frange più estreme dell’Autonomia Operaia diedero vita al fenomeno cosiddetto del “terrorismo diffuso”, che si poneva in posizione dialettica rispetto al “terrorismo selettivo” delle Brigate Rosse.

    Passo ora ad illustrarvi più dettagliatamente le diverse componenti del terrorismo e dell’illegalità politica diffusa.
    Eversione e terrorismo di sinistra: Le BR-PCC, gli NTA ed altri.

    Il comunicato di rivendicazione dell’omicidio D’Antona (Roma, 20 maggio 1999), richiama le linee programmatiche dell’ala militarista delle Brigate Rosse, il cui impianto strategico, contestualizzato alla fase socio-politica del momento, viene riproposto nella sua interezza.

    Lo stesso documento fornisce una chiave interpretativa delle ragioni del “silenzio” delle Brigate Rosse nel corso degli anni ’90, dopo la “ritirata strategica” dell’estate del 1982, ritirata che aveva innescato un dibattito interno conclusosi nel 1984 con la nota spaccatura tra gli intransigenti della cosiddetta PRIMA POSIZIONE e i gradualisti della SECONDA POSIZIONE .

    In questo senso debbono leggersi, infatti, i riferimenti ai “Nuclei Comunisti Combattenti”(NCC), indicati appunto come strumenti per il rilancio dell’iniziativa combattente nell’ambito della “ritirata strategica” e perciò capaci di raccogliere l’eredità delle Brigate Rosse.

    Una ulteriore conferma di questo ruolo è giunta nel maggio 2002, dal documento letto in tribunale dalla “militante rivoluzionaria” Vincenza Vaccaro, secondo la quale i “Nuclei Comunisti Combattenti”, collocandosi razionalmente nella strategia dell’“attacco al cuore dello Stato”, hanno potuto assumere, nel 1999, “la denominazione Brigate Rosse”.

    I “Nuclei Comunisti Combattenti” hanno rivendicato, tra gli altri, il fallito attentato alla sede della Confindustria dell’ottobre 1992, (cui seguirono numerose iniziative di propaganda), l’attentato esplosivo alla sede del "Nato Defence College" di Roma del gennaio 1994 ed un ulteriore episodio del febbraio ‘95, conclusosi con l’arresto di due noti estremisti toscani, che si dichiararono militanti dei “Nuclei Comunisti Combattenti” (NCC). Da allora questa dominazione non è più ricomparsa.
    Il 19 marzo 2002 viene assassinato il professor Marco Biagi. Nel corposo documento di rivendicazione, inviato la sera successiva ad oltre 500 indirizzi di posta elettronica, non si rilevano riferimenti ai “Nuclei Comunisti Combattenti” (NCC); e questa circostanza può essere letta quale indiretta conferma della confluenza dei Nuclei nelle Brigate Rosse-PCC, culminata nell’omicidio D’Antona.

    Ulteriori significativi avalli all’omicidio del prof. Biagi sono stati forniti dai detenuti “irriducibili” che in occasione di diversi processi, sono intervenuti per riaffermare la validità della linea politica delle Brigate Rosse-PCC.

    Peraltro, recenti acquisizioni investigative confermano il ruolo di alcuni detenuti storici delle Brigate Rosse nell’elaborazione del documento di rivendicazione dell’omicidio D’Antona.

    * * *
    Le rivendicazioni degli omicidi D’Antona e Biagi ribadiscono e aggiornano la linea ideologica, politica e operativa delle BR.
    La prima svolge un’ampia analisi della situazione interna, con forti critiche al Governo D’Alema, colpevole di aver avallato un sistema neo-corporativo di concertazione tra Governo, Confindustria e Sindacati. Conseguentemente sostiene la strategia di “colpire il cuore dello Stato” , mentre sul versante internazionale, propugna la costruzione di un “Fronte Combattente Antimperialista”.
    Nella seconda rivendicazione il prof. Biagi, viene individuato come l'artefice di un “progetto di ridefinizione ... delle relazioni neocorporative tra esecutivo, Confindustria e Sindacato confederale”, in linea col Governo Berlusconi, accusato di voler superare la concertazione, per avviare una rimodellazione sociale e politica.
    Sul fronte internazionale, ampio spazio viene riservato alla politica “espansionistica della catena imperialista avviata negli anni '80 dagli USA”, al crollo politico dei Paesi del "Patto di Varsavia" ed ai nuovi equilibri determinatisi nello scacchiere internazionale.

    Il documento, dopo aver salutato la strage delle Twin Towers come un attacco alla strategia imperialista, sostiene la necessità di nuove alleanze tra le forze rivoluzionarie dell'area europeo–mediterranea-mediorientale volte alla costruzione di un “Fronte Combattente Antimperialista”.
    Negli ultimi anni, si sono poi evidenziati i Nuclei Territoriali Antimperialisti (NTA) con una specifica vocazione antiatlantica e antiamericana ed altri gruppi terroristici che dichiarano esplicitamente di volersi rapportare alle Brigate Rosse, quale “suprema istanza” della strategia della lotta armata.

    Mi riferisco al Nucleo Proletario Rivoluzionario (NPR) (che ha rivendicato il fallito attentato del luglio 2000 alle sede milanese della CISL); al Nucleo Iniziativa Proletaria Rivoluzionaria (NIPR) (che ha rivendicato gli attentati del 2000 e 2001 alla “Commissione di Garanzia per l’attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici”, alle sedi del “Consiglio per le Relazioni Italia – Usa” e all’“Istituto Affari Internazionali”).

    Su questa linea si collocano anche altri gruppi come i Nuclei Armati per il Comunismo, il Nucleo Proletario Combattente e i Nuclei Proletari per il Comunismo che hanno rivendicato diversi recenti attentati in Sardegna.

    In prospettiva critica verso le Brigate Rosse si pone, invece, il “Fronte Rivoluzionario per il Comunismo”, che ha rivendicato i falliti attentati incendiari compiuti del luglio 2002 ai danni della succursale Fiat di Milano e della sede Cisl di Monza. Questo fronte si discosta dalla “deriva militarista” delle nuove BR e propone una “alternativa” incentrata sullo strumento tattico della “propaganda armata", con attacchi destinati a suscitare scalpore e a raccogliere consenso tra le masse proletarie.

    Parallelamente altri sodalizi, non direttamente responsabili di azioni delittuose, sostengono posizioni tese al sovvertimento dell’ordinamento statuale, privilegiando il lavoro politico tra le masse, da svolgersi in ambito intermedio tra attività pubblica e clandestinità. Su questa posizione si sono evidenziati i CARC (Comitati di Appoggio alla Resistenza per il Comunismo), che hanno promosso una campagna volta a costituire un “Fronte Popolare per la Ricostruzione del Partito Comunista”.

    Tra le sigle che denotano una certa familiarità con le tematiche delle formazioni eversive, ricordo il “Fronte Popolare Di Liberazione” e la “Colonna Margherita Cagol”, che nel luglio 2002 ha preannunciato la ripresa della lotta politica sotto forma di “guerriglia metropolitana”.
    Sulla base degli elementi che ho appena richiamato, gli analisti ritengono che le BR-PCC e gruppi affini continueranno a concentrarsi sul conflitto economico-sociale, ma terranno alta la mira anche sui temi dell’antimperialismo, soprattutto nella malaugurata evenienza della guerra in Iraq.
    Il movimento anarco-insurrezionalista
    L’area anarco-insurrezionalista costituisce un’evoluzione radicale del più ampio movimento anarchico, dal quale si distacca assumendo, come ho già detto, connotazioni autonome e marcatamente eversive.

    Sotto il profilo operativo, essa teorizza, in luogo di un assetto organizzativo verticistico e strutturato, la costituzione progressiva di “gruppi di affinità” che rappresentano “unità autonome di base, autogestite”, nate “in relazione a precipue situazioni e che si richiamano alla conflittualità permanente, all’autogestione e all’attacco”.

    Già sul finire degli anni ’80 viene esaltata la pratica dell’attacco alle realizzazioni del Capitale e dello Stato sul territorio, privilegiando le strutture minimali (cavi, fili, condotte, tubi, antenne, centraline, tralicci) senza cui le strutture complesse diventano inutilizzabili. Il tema delle piccole azioni viene a far parte così del progetto insurrezionale e ne costituisce il tessuto di fondo.

    “Tappa” fondamentale nell’evoluzione dell’ideologia insurrezionalista è la pubblicazione nel 1996 di un comunicato a firma degli anarchici detenuti, Giuseppe Stasi e Gregorian Garagin, nel quale viene proposta “… la ricostruzione in senso rivoluzionario di una organizzazione anarchica combattente, internazionalista ed antimperialista, in rapporto con tutte le forze rivoluzionarie che intendono sovvertire l’ordine dello stato”.

    Il dibattito che ne consegue evidenzia il tentativo di conciliare l’individualismo anarchico con il principio organizzativo della lotta armata, tipico dei gruppi rivoluzionari marxisti, e di armonizzare l’attacco, il sabotaggio, l’azione diretta insurrezionale, (a livello individuale ed in ordine sparso), con il progetto organico di un anarchismo combattente.

    All’idea della struttura eversiva organizzata però è mancato più volte il riscontro esauriente di atti terroristici ascritti agli anarco-insurrezionalisti. Infatti molte ipotesi di reati associativi per finalità eversive formulate sul piano investigativo dai P.M., non sono state condivise dai giudici delle indagini preliminari o si sono affievolite durante l’iter dibattimentale, nonostante i numerosi fattori indiziari acquisiti a carico di elementi di spicco dell’area anarco-insurrezionalista.
    In coerenza con le sue premesse, questo movimento ha promosso specifiche “campagne” sull’intero territorio nazionale, sostenute anche con ampia diffusione documentale, su tematiche di volta in volta, antirepressive, anticarcerarie, antigiudiziarie, ecologiste, anticlericali ed antimperialiste.

    A partire dal 1998, come attestano i documenti che deposito alla Presidenza, queste formazioni hanno fatto registrare un incremento dell’attività delittuosa ed un concomitante innalzamento della capacità offensiva, sintomatica, spesso, di un clima di odio verso le forze dell’ordine e le istituzioni.

    Mi limito qui a ricordare le sei lettere recapitate nel luglio di quell’anno, a personalità istituzionali, contenenti ordigni esplosivi, la cui deflagrazione avrebbe potuto provocare danni fisici, anche gravi; l’ordigno esplosivo disinnescato a Bologna nel luglio 2001 che avrebbe potuto produrre effetti letali; e, da ultimo, l’attentato del dicembre 2002 contro la Questura di Genova. In quest’ultimo caso, le modalità dell'azione - rivendicata con un volantino a firma “Brigata 20 Luglio”, la medesima sigla dell’attentato al Viminale del febbraio precedente - inducono a ritenere che gli ordigni erano stati collocati non per finalità dimostrative, ma per colpire gli operatori di Polizia.

    All’accresciuta capacità offensiva si è accompagnata una spiccata vocazione internazionalista, nel cui alveo sono maturati gravi fatti di terrorismo in Italia, Spagna e Grecia, rivendicati con varie sigle eversive.

    Da tempo l’insurrezionalismo coltiva il disegno di costituire una struttura internazionale di raccordo fra soggetti e movimenti di più Paesi, denominata “Internazionale Antiautoritaria Insurrezionalista – I.A.I.”.
    I falliti attentati dell’ottobre 1999 ai danni della Caserma dei CC di Musocco (MI) e della sede dell’ENET (Ente Nazionale Ellenico per il Turismo) di Milano, rivendicati dalla sigla “Solidarietà Internazionale”, sono riconducibili ad una comune azione di solidarietà a favore dell’anarchico Nikos MATZIOTIS, tratto in arresto in Grecia per aver collocato una bomba, nel dicembre 1997, al Ministero dello Sviluppo. D'altra parte, il gruppo anarchico greco di cui il Maziotis era leader ha rivendicato attentati incendiari, in danno di obiettivi italiani, realizzati nell'aprile del 1998.

    I collegamenti con la Spagna sono comprovati dai rinvenimenti di ordigni avvenuti nel giugno e dicembre 2000 in Milano, rispettivamente nella cripta di S. Ambrogio e sulle guglie del Duomo.
    I due episodi sono stati rivendicati con volantini firmati “Solidarietà Internazionale”, in cui è fatto specifico riferimento alla lotta contro il regime carcerario spagnolo FIES (Fichero de Internos de Especial Seguimiento - Schedario dei detenuti di particolare rilievo), applicato anche nei confronti di terroristi italiani detenuti in Spagna. Tra questi vale la pena ricordare Michele Pontolillo, Claudio Lavazza e Giovanni Barcia arrestati per aver partecipato ad una rapina di autofinanziamento conclusasi con un violento conflitto a fuoco nel corso del quale hanno perso la vita due poliziotte spagnole e sono stati feriti una guardia giurata e tre dei rapinatori.

    Un cenno a parte meritano altri episodi criminosi posti in essere alla vigilia del G8, nel luglio 2001, e rivendicati con un volantino, di chiara matrice anarchica, siglato “Cooperativa Artigiana Fuoco e Affini (Occasionalmente Spettacolare)”.
    Nei fatti di Genova si sono distinti per la loro violenza i cosiddetti BLAK-BLOK, guerriglieri urbani di estrazione prevalentemente anarchica, attivi in Irlanda, Germania, Austria, Spagna, Grecia, nel Regno Unito e in diversi paesi dell’Est Europeo.

    Ad ulteriore conferma degli stretti legami tra i gruppi anarchici italiani e spagnoli, sottolineo i recenti invii di plichi esplosivi alla redazione di Barcellona del quotidiano “El Pais” ed alle sedi Iberia di Roma, Malpensa e Fiumicino, nonchè alle sedi romane della RAI e della radio televisione spagnola, accompagnati da un volantino a firma "CCCCC- Cellula contro Capitale Carcere i suoi Carcerieri e le sue Celle”.

    Debbo, infine, evidenziare la saldatura tra le “campagne” ambientaliste e quelle “antirepressive” che sembra essersi realizzata in occasione del recente attentato ad un impianto di risalita dell’Abetone (PT), rivendicato con scritte murali (“Fuoco ai distruttori - Marco libero”) e con vari volantini pervenuti a diversi organi di stampa. Il riferimento è al noto anarco-ambientalista Marco Camenisch, recentemente estradato in Svizzera, dopo aver scontato dodici anni di reclusione in Italia per concorso in tentato omicidio, detenzione e porto abusivo di armi e materiale esplodente, nonché per concorso aggravato in attentati a diverse linee di trasmissione di energia elettrica.
    Negli stessi giorni si sono registrati tre attentati a ripetitori di telefonia mobile ubicati nelle limitrofe province di Massa, Lucca e Livorno.

    I temi della difesa dell’ambiente congiunti a quelli della lotta alla “Colonizzazione Italiana” compaiono frequentemente nelle rivendicazioni dei gruppi Anarco-Insurrezionalisti sardi che si sono distinti per la loro virulenza, per i collegamenti con i “Nuclei Proletari Comunisti” e , secondo una prassi ormai consolidata nell’isola, con frange separatiste ed esponenti della criminalità locale. Negli ultimi mesi questi gruppi hanno scatenato una stagione di violenze, contrassegnata nella notte tra sabato e domenica scorsa da un attacco armato ad una pattuglia dei carabinieri conclusosi fortunatamente senza vittime.

    L’estrema destra

    Nel corso degli ultimi due anni non si sono registrati episodi di natura eversivo-terroristica attribuibili a formazioni di estrema destra.
    Si deve peraltro evidenziare che, nel corso dell’anno, sono emersi contatti fra personaggi legati all’estrema destra ed ambienti mercenari internazionali, finalizzati addirittura al sovvertimento di uno stato estero. Il 5 dicembre due persone sono state tratte in arresto per traffico illegale di armi e per arruolamento, addestramento e collocazione di soldati di ventura.

    Da un punto di vista generale, è possibile schematizzare il variegato panorama dell’estrema Destra in due grandi settori: quello dell’aerea “Politica” e quello dell’area “Aggressiva”.

    Nella prima possono ricomprendersi le formazioni della destra radicale più legata alle concezioni storiche e ai principi classici di riferimento.

    Ad essa fanno capo il movimento “Forza Nuova”, “Sinergie Europee” e il movimento “Fascismo e Libertà”. Nella stessa area politica vanno altresì ricompresse le formazioni della Destra nazional-popolare ed antagonista legata a tematiche incentrate sull’antimondilismo e antimperialismo USA, nonché il “Fronte Sociale Nazionale” e il “Movimento Rinascita Nazionale”.

    All’area politica fanno pure riferimento una serie di formazioni tra le quali spiccano il Centro Studi “Trans Lineam”, l’associazione culturale “Noi Stessi” e alcune formazioni dell’integralismo cattolico che si contrappongono alla presunta islamizzazione dell’Occidente.
    Aggiungo, oltre ai movimenti “Base Autonoma” e “Nuovo Ordine Europeo” , il movimento antisemita “Comunità Politica d’Avanguardia” che, invece catalizza in chiave anti-americana e anti-israeliana esperienze e istanze politico-religiose di derivazione islamica.

    Nell’area Aggressiva possono includersi le formazioni skinheads e frange violente delle tifoserie ultras. Mentre l’estrema Destra politica sembra accusare una fase di stasi, un certo successo riscuotono i gruppi violenti diffusi essenzialmente negli ambienti dello stadio, nei circuiti musicali di area e in alcune ristrette frange di emarginazione metropolitana.
    Si tratta del segmento di estremismo più sensibile al richiamo della violenza in quanto culturalmente più debole e privo di stabili obiettivi.

    L’infiltrazione ideologica delle tifoserie ultras costituisce uno dei motivi di maggiore preoccupazione a causa della difficoltà di prevenire atti di violenza in un ambiente caratterizzato dalla commistione tra delinquenti comuni che frequentano le curve degli stadi e elementi che professano ideologie estreme.

    Resta, infine, da dire che negli ultimi anni estremisti di destra in possesso di armi da fuoco si sono resi responsabili di reati contro il patrimonio, mentre, in tempi recenti, è emerso il coinvolgimento di alcuni neofascisti romani in numerose rapine in danno di istituti di credito del Lazio, della Toscana e dell’Emilia Romagna.
    L’illegalità politica diffusa
    Accanto ai fenomeni di matrice eversiva e terroristica consentitemi, onorevoli colleghi, di insistere su quei fenomeni trasversali di “illegalità politica diffusa” che, consolidandosi, possono spianare la strada a forme ben più gravi di violenza.


    Nell’area dell’estremismo di destra, la formazione di maggior rilievo è Forza Nuova, anche se continuano ad essere attivi altri gruppi di minore rilievo, come gli Skin head ed altri che ho poc’anzi richiamato.

    In tale contesto, particolare allarme ha suscitato l’aggressione di alcuni giorni fa, a Verona, al provocatore Adel Smith da parte di una trentina di militanti di Forza Nuova provenienti da varie province del Veneto. Nell’occasione 6 aggressori sono stati bloccati ed arrestati nell’immediatezza del fatto, mentre altri 17 sono stati individuati e denunciati, nel corso della notte.
    Per quanto concerne l’estrema sinistra gravitante nell’area della “Autonomia di classe”, risale a poco più di un mese fa l’irruzione nella sede RAI di Torino di un folto gruppo di studenti del Collettivo Universitario Autonomo, diretta emanazione del Centro Sociale Askatasuna, che ha determinato l’interruzione del notiziario regionale in corso di diffusione.

    Numerosi sono gli episodi di analoga natura verificatisi nei mesi passati e direttamente ascrivibili al c.d. movimento dei “Disobbedienti”.

    Il 25 gennaio del 2002 a Bologna alcune decine di militanti, dopo aver divelto le reti di recinzione ed aver aggredito gli agenti posti a vigilanza dello stabile - 12 dei quali rimanevano contusi - sono penetrati nel Centro di permanenza temporanea di Via Mattei, dove hanno compiuto gravi atti di devastazione, abbattendo le inferriate, scardinando le porte, distruggendo i servizi igienici ed imbrattando con scritte l’interno e l’esterno dello stabile. Nella circostanza il personale della Polizia di Stato ha identificato 19 persone, tra cui Luca Casarini, che sono state deferite all’Autorità Giudiziaria.

    Il 5 ottobre scorso, a Venezia, un nutrito gruppo di aderenti ai Centri Sociali “Rivolta” di Marghera (VE) e “Pedro-Radio Sherwood” di Padova, nel corso di una manifestazione - non preannunciata - di protesta contro la guerra in Iraq, hanno occupato per circa due ore la sede del Consolato Onorario di Gran Bretagna, eludendo il servizio di vigilanza. La Digos ha identificato e denunciato 16 noti attivisti.
    Nella prime ore del successivo 20 ottobre una cinquantina di militanti del Centro Sociale “Laboratorio Occupato Ska” di Napoli hanno inscenato una manifestazione - non preannunciata - nei pressi dello stabilimento della “Telestampa Sud” di Vitulano (BN), tentando di impedire l’uscita dei furgoni adibiti alla distribuzione nel centro-sud dei quotidiani “Libero” ed “Il Giornale”, “colpevoli” di non aver aderito allo sciopero dei poligrafici. Anche in questo caso i responsabili sono stati identificati e denunciati alla magistratura.

    Potrei continuare ad elencare numerosi episodi dello stesso genere avvenuti nel decorso anno. Preferisco fornirvene un sintetico quadro riepilogativo.

    Sono stati 119 gli attentati - incendiari e dinamitardi - e le devastazioni in danno, rispettivamente, di 49 edifici istituzionali, 25 sedi di partito, 11 sedi di organizzazioni sindacali e 34 istituti scolastici. Nello stesso periodo si sono registrati 413 danneggiamenti nei confronti dei medesimi obiettivi, 293 dei quali hanno avuto ad oggetto sedi di partito.

    Particolarmente presi di mira, risultano le agenzie di lavoro interinale, che sono state fatte oggetto di 66 azioni di danneggiamento, alcune delle quali di rilevante entità.

    1242 sono state le minacce rivolte a persone, attraverso lettere, scritte murali o a mezzo telefono, 353 quelle dirette contro obiettivi “sensibili”. Va segnalato, in particolare, il notevole incremento delle intimidazioni rivolte ad esponenti e sedi sindacali, che in un anno sono triplicati, passando dai 38 del 2001 ai 117 del 2002.
    Sempre nel 2002 si sono verificati 30 episodi violenti di intolleranza politica o razziale, mentre numerose sono state le manifestazioni nel corso delle quali si sono verificati episodi di turbativa dell’ordine pubblico.

    Anche sul versante delle tifoserie calcistiche si registrano segnali poco tranquillizzanti. Molti estremisti politici di destra e di sinistra sono diventati nel tempo anche leader delle frange ultra più facinorose, rendendosi responsabili in tale veste di episodi anche gravi di intemperanza e di intolleranza razziale.

    Pur senza enfatizzare la portata di questi eventi, è doveroso evidenziare che si tratta di vere e proprie azioni criminose, di varia natura e gravità, frutto in alcuni casi di preordinati disegni dell’estremismo di sinistra e di destra, in altri di iniziative individuali o di piccoli gruppi isolati spinti essenzialmente da finalità emulative, anche se non mancano i casi di puro e semplice vandalismo.

    Di fronte a questi fenomeni occorre che ognuno faccia la sua parte: le forze dell’ordine devono continuare ad esercitare un’azione sempre più penetrante e capillare d’informazione, di monitoraggio, di prevenzione e, all’occorrenza, di repressione, che riaffermi la legalità anche individuando i canali di finanziamento delle formazioni estremiste.

    Per altro verso, è assolutamente determinante il ruolo dell’Autorità Giudiziaria al fine di assicurare una tempestiva, rigorosa e, soprattutto, uniforme applicazione della legge, che consenta di punire in modo adeguato tutti coloro che si rendono responsabili di qualsiasi atto illegale.

    Spetta infine al Governo, al Parlamento e alle forze politiche sostenere questa azione, esprimendo senza alcuna indulgenza la più ferma ed unanime condanna per ogni atto di violenza, intimidazione ed illegalità, da qualsiasi parte esso provenga.

    Terrorismo internazionale

    L'offensiva militare condotta in Afghanistan dalle Forze della coalizione internazionale ha fortemente inciso sulle capacità operative di Al Qaeda, ma non ne ha neutralizzato la minaccia.
    Un complesso lavoro di intelligence svolto in diverse aree geografiche ha infatti posto in evidenza un certo riposizionamento dell’organizzazione di Osama Bin Laden, soprattutto in quei Paesi a forte presenza islamica che garantiscono maggiori possibilità mimetiche alle sue articolazioni operative.

    Al riguardo, le risultanze investigative hanno rivelato che le potenzialità offensive della rete terroristica sono ancora notevoli, come confermano anche i sanguinosi attentati che, da Bali a Mombasa, hanno colpito beni e cittadini di paesi impegnati nell’operazione Enduring Freedom.
    Le prime indagini avrebbero avvalorato l’ipotesi di una diretta responsabilità della rete terroristica transnazionale di Osama Bin Laden e, quindi, l’esistenza di un ampio progetto eversivo che interesserebbe l’Africa orientale ed alcune regioni del Sud-Est asiatico, tutte caratterizzate da conflitti religiosi, verso le quali confluirebbero migliaia di militanti fuoriusciti dall'Afghanistan che contano sulla buona accoglienza delle locali comunità islamiche.


    L’analisi delle più recenti acquisizioni informative evidenzia la persistenza di tre differenti livelli di cellule terroristiche di matrice integralista islamica, definiti in funzione della dipendenza gerarchica, delle capacita operative e della natura dei loro obiettivi:
    - il primo livello è costituito da cellule direttamente collegate al vertice di Al Qaeda, che impartisce istruzioni ed ordini operativi;
    - il secondo livello è composto dalle organizzazioni che si riconoscono nel Fronte Islamico per la Jihad contro gli Ebrei ed i Crociati, struttura dalle forti connotazioni antioccidentali creata da Bin Laden che collega distinte formazioni operanti in diverse aree di conflitto;
    - il terzo livello è invece formato da un agglomerato di cellule autonome, a struttura reticolare e spesso a composizione transnazionale, non sempre direttamente collegate ad Al Qaeda, unite tuttavia dal comune progetto di aggressione all'Occidente ed ai simboli che lo rappresentano. Su questo modello si articolavano le cellule di ispirazione salafita operanti in Europa (principalmente in Germania, Francia, Inghilterra, Belgio, Spagna ed Italia) smantellate nel corso del 2001-2002, cellule che si prestavano assistenza reciproca sul piano logistico, finanziario e propagandistico.

    La maggior parte degli stranieri coinvolti nelle indagini condotte in Italia dall’inizio degli anni ’90, sono entrati illegalmente nel nostro territorio, ed hanno poi tentato di regolarizzare la loro posizione attraverso diversi strumenti, compresa la richiesta di asilo politico.

    E’ anche emerso il ruolo focale svolto da alcuni centri di aggregazione islamica che, in diversi modi, hanno cercato di agevolare l’inserimento di soggetti conosciuti per il radicalismo delle loro posizioni politico-religiose.

    Non sono invece finora emerse sicure connessioni tra terrorismo internazionale ed organizzazioni per l’immigrazione clandestina verso l’Italia, a differenza di quanto risulta per altri paesi europei.

    Certamente il primo livello operativo, posto alle dirette dipendenze di Osama Bin Laden, è stato indebolito dall'attacco all'Afghanistan. Ma il secondo ed il terzo livello non hanno subito eguali danni ed è perciò prevedibile che la maggior minaccia venga da loro e, specialmente, dalle cellule autonome per lo più formate da numerosi mujahedin addestrati nei campi nell’area afghano-pakistana. Si tratta di individui e gruppuscoli difficilmente individuabili a causa della loro struttura organizzativa elementare, fortemente compartimentata.
    In questo quadro, le dichiarazioni diffuse il 12 novembre 2002 dall’emittente quatarina Al Jazira, con le quali Bin Laden ha rinnovato la minaccia di azioni terroristiche contro gli Stati Uniti e i loro principali alleati, tra cui l’Italia, hanno ulteriormente elevato il grado di rischio a cui anche il nostro Paese è esposto.

    La diffusione del messaggio potrebbe infatti essere il segnale per l’avvio di progetti terroristici, da attuare nel medio termine, ad opera di cellule dormienti dell’organizzazione Al Quaeda, analogamente a quanto si è già verificato in occasione degli attentati contro le Ambasciate U.S.A. in Kenia e Tanzania, ad opera di terroristi colà stabilitisi da diverso tempo senza destare alcun sospetto nelle forze di sicurezza.

    Informazioni provenienti da qualificati circuiti internazionali, ci dicono che Al Qaeda sarebbe in grado di impiegare sostanze molto nocive in azioni terroristiche e che disporrebbe, a questo fine, di una articolata struttura per l’addestramento alla produzione, manipolazione ed utilizzo di aggressivi chimico-batteriologici.

    Importanti conferme in questo senso giungono da due recenti operazioni condotte in Francia e Gran Bretagna dalle Forze di polizia locali.

    Nella seconda metà dello scorso dicembre la polizia transalpina ha arrestato nell’area parigina 9 estremisti islamici, appartenenti ad una formazione di mujahidin che si ritiene stesse preparando attentati con aggressivi chimici. Alcuni degli arrestati, nel corso dei primi interrogatori, hanno ammesso di aver partecipato, in passato, ad attività di supporto logistico in favore dei mujahidin ceceni.

    Il 5 gennaio scorso a Londra, sono stati poi tratti in arresto 7 immigrati maghrebini, alcuni dei quali già noti alle autorità britanniche per attività in favore di movimenti radicali islamici. Costoro erano in possesso, tra l’altro, di semi di ricino e della formula per produrre la ricina, una potente sostanza tossica, tracce della quale sono state rilevate su un mortaio e un pestello rinvenuti nell’abitazione di uno degli arrestati.

    Per quanto riguarda l’Italia risulta soltanto l’ipotesi investigativa, emersa nel febbraio 2002, di un progetto di adulterazione delle condutture idriche dell’Ambasciata Statunitense a Roma.

    Naturalmente quello degli attentati chimici non è il solo rischio a cui è esposto il nostro Paese. Basti ricordare le indagini appena avviate su un gruppo di cinque marocchini trovati in possesso di esplosivi, di carte geografiche e mappe sulle città di Padova, Treviso e Verona, dove risulta contrassegnato il comando NATO FTASE.
    Indagini più vaste e complesse sono in corso in altre parti d’Italia.
    Per ciò che concerne, infine, gli eventuali riflessi in Italia del conflitto israelo-palestinese, fonti di intelligence segnalano che le principali organizzazioni in lotta sono orientate a limitare le azioni armate ai territori investiti dal conflitto stesso. Va tuttavia segnalato che potenziali rischi verso obiettivi occidentali potrebbero derivare da elementi dissidenti di formazioni palestinesi.

    Prevenzione e contrasto al terrorismo interno ed internazionale
    Ho già detto che il quadro complessivo della minaccia terroristica interna ed internazionale assumerebbe connotazione ancora più preoccupanti nella malaugurata ipotesi di una guerra in Irak.

    In tal caso, come risulta da numerosi segnali premonitori e attendibili informazioni, è assai probabile che individui e gruppi inclini alla pratica dell’illegalità politica farebbero di tutto per inquinare e deviare il confronto politico-sociale e le pacifiche manifestazioni di piazza, preparando il terreno, anche senza volerlo, a forme di violenza maggiore.
    Non si può per altro escludere che nel clima generale prodotto dalla guerra, gruppi eversivi di diversa origine e cultura convergano spontaneamente nel segno della comune avversione alla Nato, agli Usa e ad Israele o addirittura concordino le loro azioni, secondo la vecchia idea del “Marciare divisi per colpire uniti”.

    Comunque di fronte alla percezione di un innalzamento del livello della minaccia, abbiamo avvertito l’esigenza di definire nuove strategie di contrasto per una più efficace risposta alla duplice sfida delle centrali terroristiche interne ed internazionali.

    Deciso impulso è stato conferito alla cooperazione internazionale di polizia preventiva ed investigativa, sia nell’ambito dell’Unione Europea e di Europol, sia negli altri fori bilaterali e multilaterali.

    Intensa è anche la cooperazione nell’area mediterranea - segnatamente il Partenariato Euromediterraneo ed il Foro Mediterraneo - al fine stabilire ancor più stretti collegamenti con le polizie dei Paesi nordafricani, ritenuti ad elevato rischio per la presenza di cellule terroristiche di matrice islamica.

    E’ stata inoltre rinsaldata la collaborazione operativa con i servizi di polizia specializzati dei partner europei, degli Stati Uniti e degli altri Stati della coalizione internazionale antiterrorismo.

    In questa cornice si collocano le attività investigative di recente avviate con le polizie argentina e salvadoregna, nonché la costituzione di unità miste d’indagine italo-spagnole, strumento indispensabile per lo svolgimento di specifiche investigazioni su cellule eversive operanti in più contesti territoriali.

    Sul versante della lotta al finanziamento del terrorismo, il lavoro del Comitato di Sicurezza Finanziaria e delle forze di polizia, ha consentito di “congelare” beni e danaro appartenenti a 67 soggetti.
    Sono stati poi rafforzati i dispositivi di vigilanza e sicurezza a tutela degli obiettivi civili e religiosi presenti sul territorio nazionale, modulando opportunamente i sistemi di intervento a protezione delle frontiere marittime, aeree e terrestri, anche attraverso coordinate azioni internazionali.
    Per parte sua, l’U.C.I.S. ha potenziato le misure di protezione individuale (sono oggi 673 le persone destinatarie di servizi di scorta o di tutela), anche se siamo ben consapevoli della impossibilità di proteggere tutti coloro che, a vario titolo, sono teoricamente esposti a rischio.
    Sul versante interno, il proliferare di sigle eversive, la rigida compartimentazione esistente al loro interno e le conseguenti difficoltà di penetrazione investigativa hanno imposto un adeguamento delle strategie organizzative ed operative.
    Si stanno pertanto riorganizzando gli Uffici Digos, con l’istituzione di 26 sezioni interprovinciali antiterrorismo, in linea con le nuove funzioni attribuite al Pubblico Ministero “distrettuale”, per meglio coordinare l’azione degli organi investigativi territoriali.

    Similmente, l’Arma dei Carabinieri e la Guardia di Finanza stanno affinando gli strumenti e le modalità operative.
    E’ stato inoltre costituito presso il Dipartimento della pubblica sicurezza un “Gruppo di lavoro tecnico” per lo scambio informativo in materia di prevenzione e repressione del terrorismo, del quale fanno parte esperti delle Forze di polizia, dei Servizi di sicurezza e del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, che in questi mesi ha svolto un intenso e proficuo lavoro.

    Più in generale, l’azione di contrasto si è avvalsa oltre che dei tradizionali strumenti informativi ed investigativi, anche della più ampia gamma di istituti introdotti con la normativa antiterrorismo del 2001.

    Di estrema utilità si sono rivelate le intercettazioni preventive - anche telematiche - strumento amministrativo affidato al Ministro dell’Interno, pur con il controllo di legittimità dell’Autorità Giudiziaria, per far luce su situazioni e comportamenti ritenuti interessanti per il successivo sviluppo dell’attività d’indagine e per la cattura dei latitanti.

    Notevoli risultati ha dato l’attività di monitoraggio della rete Internet, divenuta oramai strumento abituale per la diffusione di messaggi eversivi: l’informatica ed i “covi telematici” costituiscono, infatti, una delle maggiori novità del modo di organizzarsi ed esprimersi delle formazioni terroristiche.
    Anche per questo si è dato largo spazio alla formazione specialistica degli operatori delle forze dell’ordine.

    * * *
    I buoni risultati investigativi conseguiti nell’ultimo anno, convalidano l’impegno e la professionalità degli inquirenti.

    Dopo l’11 settembre del 2001, le forze dell’ordine hanno concluso numerose indagini sulle reti terroristiche di matrice islamica presenti nel nostro Paese, che hanno portato all’arresto di 55 persone (alcune delle quali già condannate) sospettate di svolgere un ruolo di fiancheggiamento, di sostegno logistico ed in alcuni casi di partecipazione diretta ai gruppi di fuoco.

    Nel novembre del 2001 si è conclusa l’operazione “Al Muhajirun”, che ha consentito di sgominare una rete terroristica tunisino-algerina, attiva in Lombardia, appartenente al “Gruppo Salafita per la predicazione ed il combattimento”.

    Nel successivo mese di febbraio, sulla scorta di informazioni circa il rischio di attentati alle condotte idriche di alcune ambasciate, sono stati fermati 3 cittadini marocchini trovati in possesso di una cartina particolareggiata dell’area circostante l’ambasciata del Regno Unito e di strumenti idonei alla contraffazione di documenti. L’operazione è stata completata con l’arresto di altri 6 marocchini, che disponevano di mappe della rete idrica di Roma e di quattro Kg di ferrocianuro di potassio, nonché di numerosi moduli in bianco per il rilascio del permesso di soggiorno.

    Nel mese di settembre sono stati arrestati a Gela, mentre si trovavano a bordo del cargo mercantile “Sara” (segnalato come vettore appartenente ad Al Qaeda) 15 cittadini pakistani muniti di documenti contraffatti. Nei confronti degli indagati, ancora in stato di detenzione, sono in corso attive indagini su scala internazionale.
    Un ulteriore importante successo è poi costituito dalla cattura, avvenuta il 28 settembre scorso, del tunisino Baazaoui Mondher Ben Mohsen, elemento di rilievo internazionale, nel terrorismo islamico.

    * * *

    L’assiduo impegno investigativo volto a disarticolare la minaccia interna, ci ha consentito di individuare e catturare elementi di spicco delle BR-PCC, già condannati per gravi delitti e latitanti all’estero.

    Tra le operazioni più significative, merita un cenno quella conclusa nello scorso mese di ottobre, nel quadro delle indagini relative all’omicidio del prof. D’Antona, nei confronti dei terroristi Michele Mazzei, Francesco Donati, Francesco Galloni e Antonino Fosso - tutti già condannati all’ergastolo per omicidio - che nel carcere di Trani, secondo quanto finora accertato dalla magistratura, avevano elaborato documenti preparatori della rivendicazione dell’assassinio di via Salaria.

    Nel medesimo contesto d’indagine, sono stati emessi provvedimenti di custodia cautelare in carcere nei confronti di tre ex militanti dei Nuclei Comunisti Combattenti, Nadia Desdemona Lioce, Mario Galesi e Michele Pegna, accusati di appartenere alle BR-PCC.

    Inoltre, grazie anche alla collaborazione delle forze di polizia e delle autorità giudiziarie straniere, si è riusciti ad individuare ed arrestare tre latitanti di primo piano, sospettati di essere organici alle BR-PCC: Paolo Persichetti, Leonardo Bertulazzi e Nicola Bortone. Quest’ultimo, all’atto dell’arresto, si è dichiarato “militante rivoluzionario” e si è chiuso nel silenzio.

    L’azione di contrasto alle formazioni anarco-insurrezionaliste ha portato all’arresto dall’inizio del 2000, per reati di varia natura, di 44 persone.

    Numerose indagini sviluppate nell’ultimo anno nei confronti di gruppi neofascisti, hanno consentito di trarre in arresto 19 persone per rapina, tentato omicidio e reati in materia di armi ed esplosivi, mentre 156 sono state deferite all’A.G. prevalentemente per reati a sfondo razziale ed apologia di fascismo.

    Una particolare rilevanza assume l’arresto negli ultimi mesi a Roma di 4 elementi gravitanti nell’area dell’estremismo di destra, ritenuti responsabili di oltre 20 rapine consumate nel centro Italia, nonché la cattura degli ex militanti NAR Gilberto Cavallini e Pasquale Belsito, quest’ultimo da tempo latitante.

    * * *
    Debbo, concludendo, osservare che i segnali di allarme provenienti dall’arcipelago eversivo italiano prescindono spesso dal quadro internazionale e trovano i loro appigli nelle politiche economiche, sociali ed istituzionali dell’attuale Governo.
    Anche i grandi progetti di cui il Governo Berlusconi sta avviando la realizzazione, potrebbero alimentare pretestuose, violente opposizioni ancorate ai temi dell’ambientalismo più radicale, come è accaduto con le iniziative ecoterroristiche contro l’Alta Velocità.

    Signor Presidente, Onorevoli Colleghi!
    Vi chiedo scusa per la pesantezza di questo mio intervento e della documentazione allegata.

    Ho cercato di darvi una rappresentazione esauriente ed obiettiva dell’illegalità politica e del terrorismo che in varia misura minacciano l’Italia. Spero che vi troviate elementi utili per sviluppare le vostre analisi e le vostre valutazioni.
    Personalmente e con tutta la mia responsabilità di Ministro dell’Interno, mi accingo ad ascoltarle con la dovuta attenzione, ben sapendo che su una materia così sfuggente e sensibile è facile nutrire idee e opinioni diverse.

    Ma in questo caso ciò che più conta è ritrovare le ragioni essenziali per un comune impegno contro l’illegalità politica ed il terrorismo.

    Di certo nessuno di noi potrà strumentalizzare la discussione e fini politici di parte.

    Del resto siamo tutti egualmente interessati a garantire la libera manifestazione delle opinioni e del dissenso, mantenendola però nel largo alveo della legalità costituzionale.
    In momenti più difficili di questo, l’unità dei democratici italiani attorno ai valori fondamentali della Costituzione è riuscita a sconfiggere un terrorismo ben organizzato, più risoluto e feroce.

    Anche oggi, pur in presenza di profondi contrasti sociali e politici, noi siamo capaci, grazie anche al generoso impegno delle forze dell’ordine, di sconfiggere questo nuovo terrorismo. Basta volerlo.
    "Vogliamo distruggere tutti quei ridicoli monumenti del tipo "a coloro che hanno dato la vita per la patria" che incombono in ogni paese e, al loro posto, costruiremo dei monumenti ai disertori. I monumenti ai disertori rappresentano anche i caduti in guerra perchè ognuno di loro è morto malidicendo la guerra e invidiando la fortuna del disertore. La resistenza nasce dalla diserzione"

    Partigiano antifascista, Venezia, 1943





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    TERRORISMO: PRC, DOSSIER PISANU RICHIEDE CHIARIMENTI = (AGI) - Roma, 28 gen. - Prc preoccupato dopo l'audizione del ministro dell'Interno Pisanu di fronte alle Commissioni parlamentari. Franco Giordano e Graziella Mascia, presidente e vicepresidente del gruppo Prc alla Camera, affermano: "Il dossier presentato mostra aspetti gravi e preoccupanti ed esplicita, in modo chiaro, un tentativo di criminalizzare le forme di disobbedienza e l'esperienza dei centri sociali. Un disegno inaccettabile ed irresponsabile, tanto piu' alla vigilia della manifestazione nazionale contro la guerra. Il quadro presentato dal ministro mostra una discutibile lettura dei fenomeni sociali e politici, in particolare laddove si stabilisce una saldatura, pressoche' automatica, tra nuovo e vecchio terrorismo e nelle ipotetiche connessioni che si prospettano tra 'illegalita' diffusa' e area terroristica eversiva".
    "Vogliamo distruggere tutti quei ridicoli monumenti del tipo "a coloro che hanno dato la vita per la patria" che incombono in ogni paese e, al loro posto, costruiremo dei monumenti ai disertori. I monumenti ai disertori rappresentano anche i caduti in guerra perchè ognuno di loro è morto malidicendo la guerra e invidiando la fortuna del disertore. La resistenza nasce dalla diserzione"

    Partigiano antifascista, Venezia, 1943





 

 

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