Pisanu chiede un patto
La replica di Dachan

Mohamed Nour Dachan, presidente dell'Ucoii (Unione delle comunità e delle organizzazioni islamiche in Italia), interviene sul dibattito avviato in questa rubrica sulla proposta del ministro dell'Interno Giuseppe Pisanu di un Patto con l'islam moderato.

Il ministro Pisanu ha lanciato l'offerta di un Patto con l'islam moderato per favorire la pacifica convivenza dei musulmani in Italia. Come valuta la proposta?
"Abbiamo già espresso tutta la nostra soddisfazione per l'iniziativa del ministro che peraltro è in linea con la tendenza europea. La Spagna ha definito il suo rapporto con le comunità islamiche, il Belgio lo sta facendo e in Francia il processo sembra ormai avviato senza più tentennamenti. La storia e il ruolo culturale dell'Italia nel panorama europeo devono far sì che si affronti senza ulteriori indugi un tema di così vasta portata, evitando tra l'altro che possa diventare il cavallo di battaglie di retroguardia condotte da personaggi e forze politiche senza percezione della complessità e senza futuro. Il ministro Pisanu, che è uomo di grande esperienza politica, si è posto di fronte alla questione con una dichiarazione d'intenti che gli fa onore e che noi onoreremo con la massima attenzione sia agli interessi della comunità islamica che a quelli dell'intera comunità nazionale".

Per la prima volta lo Stato italiano manifesta la volontà di avere un ruolo nel regolamentare la realtà dell'islam nel nostro Paese. Lo considera una interferenza di un potere laico negli affari interni di un culto religioso oppure si tratta di un'iniziativa legittima e opportuna?
"La particolarità dell'Italia, con la presenza del Vaticano sul suo territorio hanno fatto sì che il potere politico sia sempre stato attento alle realtà spirituali esistenti nel paese. Come abbiamo detto più sopra questa è la tendenza europea e quindi non ci sembra opportuno ribadire il concetto cavouriano di "libera chiesa in libero Stato" a ben vedere una forma di laicismo abdicata persino dalla Francia. Il dettato costituzionale, che nonostante la revisione del concordato del 1984, riserva ancora una posizione di rilievo alla religione cattolica, prevede altresì che: "Le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l'ordinamento giuridico italiano. I loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze" (art. 8). Non possiamo quindi che essere lieti che lo Stato decida infine di riconoscere un diritto costituzionale dei musulmani italiani".


Sempre per la prima volta lo Stato italiano parla della necessità di dar vita a un "islam italiano" compatibile con le leggi e i valori fondanti della società italiana. Che cosa significa per lei?
"L'islam italiano, anzi europeo, esiste già da qualche tempo, nel senso che è l'islam vissuto da chi , cittadino o residente , vive da musulmano in questo Paese.
La sua compatibilità morale ed organizzativa con la legislazione europea è ampiamente dimostrata dai 15 milioni di musulmani e musulmane che vivono nell'Unione Europea. Se vogliamo poi leggere tra le righe delle dichiarazioni del ministro ci sembra che sposi quanto da noi sostenuto da sempre: i musulmani d'Italia (e d'Europa) devono essere in primo luogo cittadini dei loro rispettivi Stati, con pienezza di doveri e di diritti, finanziariamente autonomi da qualsiasi carità pelosa, strutturalmente integrati nelle società in cui vivono, soggetti sociali e politici civilmente attivi, capaci di darsi propri quadri rappresentativi e capaci di elaborare percorsi originali di trasmissione dell'islam nel contesto storico e culturale in cui operano".

Cosa si dovrebbe fare concretamente per dare un seguito alla presa di posizione di Pisanu e favorire l'affermazione di un "islam italiano"?
"E' necessaria molta attenzione e senso di responsabilità da parte di tutti. Tenendo conto della delicatezza della questione, e del momento in cui balza alla ribalta, crediamo che da parte nostra si debba ribadire la massima disponibilità all'incontro e al confronto con il ministro stesso o con gli organi che egli vorrà delegare a svolgere una prima fase di approfondimento. Da parte della pubblica amministrazione non sarebbe male chiarire quale strumento si vuole utilizzare per dare corpo giuridico al "patto" che propone l'on. Pisanu. Se d'Intesa per ora non si può parlare, potrebbe essere l'ambito della legge "Sulla libertà religiosa", in merito alla quale sono in discussione alla Camera tre provvedimenti di cui uno, il disegno di legge 2531, è di proposta governativa. La legge ordinaria di per sé non risolutiva della questione islamica in Italia darebbe alcune risposte normative e costituirebbe una prima certezza di diritto che tuttavia solo l'Intesa, costituzionalmente irrinunciabile, potrebbe definitivamente sancire. Ci rendiamo conto che le preoccupazioni del ministro sono rivolte anche all'ordine pubblico e alla sicurezza interna, ma nonostante tutto ci pare di poter affermare che su quel versante le comunità e la stragrande maggioranza dei musulmani in Italia hanno sempre dato prova di lealtà nei confronti dello Stato e grande rispetto delle istituzioni democratiche. Ad onta di talune affermazioni estremiste e sconvenienti, provenienti da ambienti sinceramente sovrastimati e sovrarappresentati, non consideriamo la democrazia e le garanzie che ne derivano come uno strumento da usare in maniera ambigua e non disprezziamo affatto il backgroud culturale e spirituale degli italiani; già da tempo, viviamo momenti di splendida collaborazione sul piano del dialogo e del mutuo approfondimento sia con ambienti cristiani, cattolici in particolare, che con tutti quei rappresentanti della cultura laica rispettosi delle sensibilità religiose".

Chi rappresenta a suo avviso i musulmani d'Italia?
"Noi possiamo solo dire quello che rappresentiamo noi. E cioè la maggior parte delle grandi istituzioni religiose islamiche del Paese, a Torino e in buona parte del Piemonte, a Milano, Bergamo, Brescia, Mantova e in quasi tutta la Lombardia, nel Triveneto passando per Padova, Verona, Trento, Bolzano, Udine, Trieste, Genova e tutta la comunità della Liguria con i centri islamici degli altri tre capoluoghi di provincia, in buona parte dell'Emilia, Parma, Modena, Bologna, Ravenna, Forlì, Cesena, Ferrara. A Firenze, Siena, Pisa. In quasi tutta l'Umbria e in tutte le Marche. Nel Lazio, nell'Abruzzo e Molise, in Campania, in Sicilia e in Sardegna.

Rappresentiamo la maggiore istanza di cultura islamica presente nel paese e per voler citare un dato tra tutti la traduzione del Corano che noi abbiamo patrocinato e controllato è stata distribuita in pochi anni in più di 110.000 copie. Siamo la gran parte della mediazione istituzionale per decine e decine di migliaia di stranieri che, musulmani, si rivolgono alle nostre strutture in cerca di orientamento e sostegno.

In occasione delle due feste sono centinaia di migliaia i musulmani e le musulmane che accorrono alla parte rituale delle celebrazioni di cui noi ci assumiamo l'organizzazione. Questo noi rappresentiamo e più di questo rappresentiamo la serena volontà di lavorare con pazienza e sensibilità per far sì che , con l'aiuto di Dio, la nostra possa essere domani una comunità pienamente accetta dalle istituzioni della Repubblica".

(29 gennaio 2003)



Da La Repubblica. it