Fino in fondo
di Massimo Gramellini
E’ ancora vivo. Asserragliato in una caverna dell’altopiano di Arcore, lo sceicco Silviosama bin Laden è tornato a rivolgersi al mondo con un messaggio videoregistrato, rompendo un silenzio che durava da quasi mezz’ora. Anche stavolta si è servito di una cassetta artigianale, che attraverso canali misteriosi è giunta negli studi romani di Al Raijra, presidiati dal fido mullah Saccà. Gli agenti segreti della procura di Milano stanno studiandone il contenuto, alla ricerca di informazioni sull’uomo che anni di ispezioni a tappeto, indagini solo in apparenza «chirurgiche» e chiacchiere ossessive di Nanni Moretti non sono ancora riusciti a stanare.
Secondo gli esperti, l’uso reiterato di formule propiziatorie («in una democrazia liberale») si rifarebbe al testo sacro «Come vendere il ghiaccio agli esquimesi facendoli crepare dal ridere e poi di freddo». Qualche sospetto ha destato l’assenza del Sorrisone, la micidiale arma che lo sceicco era solito esibire a tracolla del doppiopetto mimetico. L’ha sfoderata solo alla fine, quando ha richiamato gli apostoli del Fare alla crociata contro l’impero delle Toghe con le parole del profeta Galliani: «E ora come sempre al lavoro». Rimane invece oscuro il senso di quel «fino in fondo», che Silviosama ha scandito minacciosamente per ben due volte. Perché con una guerra alle porte, i prezzi alle stelle, gli stipendi allo stallo, il Bagaglino in tv e i poteri dello Stato che giocano a guardie e ladri, il fondo si pensava di averlo già toccato.
La Stampa 30 gennaio 2003