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    Predefinito Il socialismo nell'era della globalizzazione

    da www. bollettinocomunitarista.too.it

    PENSARE STRATEGICAMENTE: LE POSSIBILITA' DEL SOCIALISMO NELL'ETA' DELLA
    GLOBALIZZAZIONE
    ------------------------------------------------------------

    Queste note sono solo un abbozzo di un progetto più ampio, teso a ragionare
    sulle possibilità di un'azione socialista, comunitaria e antimperialista
    nell'era della «globalizzazione».

    Nel loro ultimo libro [Globalization unmasked. Imperialism in the 21st Century;
    trad. it. La Globalizzazione smascherata, Milano, Jaca Book 2002], i due autori
    nordamericani James Petras e Henry Veltmeyer non si limitano a una disamina
    teorica della globalizzazione capitalistica e alla riattivazione della categoria
    analitica di "imperialismo". Essi vanno oltre, approcciando un tema che molto
    raramente, per non dire mai, è al centro del dibattito tra chi è impegnato nella
    critica allo stato di cose presenti. Questo tema è quello di una strategia
    politica e sociale per il socialismo nel XXI secolo. Pensare in modo strategico
    significa innanzitutto essere realisti (che è cosa diversa dall'esser cinici),
    considerare obiettivamente la natura delle forze in campo, sforzarsi
    nell'esercizio di elaborare un'azione che tenga presente le possibilità che si
    aprirebbero (favorevoli e sfavorevoli) in conseguenza di un'azione.
    Fra coloro che si battono teoricamente e praticamente contro l'imperialismo vi
    sono - è inutile negarlo - numerose "anime belle" e volontaristi onirici.
    Costoro non vanno disprezzati, e le loro forze sono potenzialmente positive, ma
    cionondimeno non si puo' cedere alla tentazione di considerare le loro
    concezioni come guida per una coerente strategia di cambiamento radicale. La
    battaglia presenta infatti diversi aspetti: quello individuale, di mutamento di
    prospettiva (quasi un "riorientamento gestaltico" per dirla con C. Preve [cfr.
    “Indipendenza”, N.13, 2003]); e quello politico, da non lasciare a intellettuali
    che vivono in una sorta di "turris eburnea" immaginando mondi e contromondi
    nella propria testa da estendere/imporre (eventualmente) ad altri.
    Un aspetto fondamentale della politica è proprio la strategia, essendo la
    politica anche e soprattutto conflitto ed ereditando quindi dalla "funzione
    guerriera" problemi e (tentativi di) soluzioni. Detto in modo semplice e banale,
    quel che troppo spesso manca a movimenti e partiti "alternativi" animati dalle
    migliori intenzioni è la capacità di prevedere in anticipo la contromossa
    avversaria; o anche il non elaborare in anticipo le proprie azioni nel caso la
    prima mossa vada a buon fine. Prendiamo ad esempio il caso in cui un movimento
    a carattere nazionalitario e socialista riesca a conquistare il favore di buona
    parte della popolazione di un paese. Dopo le prime misure di politica economica
    eventualmente prese da tale movimento/partito, seguirebbero implacabili le
    ritorsioni del sistema capitalistico a base USA, con capitali che fuggono,
    investimenti bruciati, ritorsioni da parte di altri paesi, attacchi speculativi
    alla moneta, propaganda politico-mediatica tesa a devastare l'immagine del nuovo
    corso. Questo è assolutamente certo, perché la storia ci ha dimostrato
    un'infinità di volte come il capitalismo e l'imperialismo reagiscono di fronte a
    simili fenomeni. Si pensi all'Egitto di Nasser, al Cile di Allende, all'Iran di
    Mossadegh, al Nicaragua sandinista, a Cuba, alla Guyana, e ovviamente al Venezuela
    di Chavez negli ultimi anni. Sarebbe un'illusione suicida pensare che
    l'imperialismo possa cambiare approccio a tali questioni in futuro. Occorre
    quindi affrontare la questione in modo realistico, preparandosi ad andare
    incontro a tempi durissimi, a un'opposizione interna finanziata e sostenuta
    dall'esterno, a mosse imprenditorial-finanziarie ostili. Vi sono tuttavia delle
    contromosse adeguate che un fronte socialista e indipendentista potrebbe prendere
    in considerazione. Per far cio' occorre abbandonare la retorica astratta su quel
    che si vorrebbe e ogni illusione "crollistica" sulla "inevitabile e prossima
    fine" del capitalismo, e altre amenità del genere, e cominciare a pensare
    strategicamente. Questo è quanto James Petras e Henry Veltmeyer cercano di fare,
    sebbene il loro scritto si rivolga soprattutto ai movimenti dei paesi in via di
    sviluppo (latinoamericani in particolare).
    Il primo punto da prendere seriamente in considerazione è quello del ruolo dello
    stato e della nazione. E' del tutto inutile ogni argomentare ideologico su
    "statalismo" e "antistatalismo" perché quel che conta nel momento di un
    tentativo di transizione al socialismo e all'indipendenza è il controllo sulle
    istituzioni e la capacità di usarle non più a favore delle élites finanziarie
    transnazionali ma a vantaggio della collettività nazionale. Questo non è
    statalismo, ma controllo operaio e nazionale sullo stato. Altra divisione
    fittizia è quella tra stato e "società civile". I peggiori sfruttamenti
    avvengono nella "società civile", in quanto divisa in classi dominanti e
    dominate [Petras e Veltmeyer 2002, p. 169]. La classe dominante dovrebbe essere
    sottoposta a una "terapia shock": riduzione dei profitti, congelamento di conti
    e di holdings e misure sul debito. Ogni misura va presa in anticipo sulla
    contromossa avversaria: ad esempio, è necessario sapere come impedire il trasferimento (fuga) di capitali.
    Il sistema bancario e imprenditoriale (ricordo che per Marx e Lenin il capitale finanziario è il risultato della fusione del
    capitale bancario con quello industriale) è il primo obiettivo del nuovo
    controllo popolare e democratico: guai a essere "buonisti" e accondiscendenti
    con tale blocco dominante. Grandi imprese, multinazionali, grandi banche devono
    esser messe di fronte a un'alternativa secca: collaborazione o esproprio. Questa
    è in realtà una tattica per la rinegoziazione del rapporto tra capitale e lavoro
    (e collettività nazionale) nel periodo della "terapia shock": riordinamento
    della gerarchia e ridirezionamento degli investimenti (privilegiare il mercato
    domestico). Investimenti diretti all'interno e misure sul credito sono tra le
    prime misure che uno schieramento socialista deve prevedere - in anticipo - per far fronte all'inevitabile crisi sucessiva alla "terapia" (proteste innescate dai dominanti, azioni esterne,grida contro la "fine della libertà [per i dominanti]" etc. L'obiettivo strategico è di saldare la nazione attraverso socializzazione dei mezzi di produzione evitando pero', al contempo, il "delinking" dal mercato mondiale : in poche parole, niente autarchia, ma resistenza basata su un modello differente rimanendo nel mercato mondiale degli scambi. Cio' è pensato da Petras e Veltmeyer per affrontare il periodo in cui il paese rivoluzionario si trova solo e in certo modo "accerchiato" dalle potenze capitalistiche.

    Altre misure indispensabili [Petras e Veltmeyer, p. 170] includono un audace rovesciamento delle tesi globaliste del FMI e della Banca Mondiale, nel senso di una politica di "aggiustamento strutturale" fatta in senso socialista e non liberista; e un "monetarismo dal basso" che consiste nel combattere la trappola dell'inflazione evitando di stampare moneta in eccesso e traendo invece beneficio dall'abolizione dei privilegi fiscali per classi dominanti e investitori esterni.

    Questa rapida carrellata non vuole in alcun modo essere uno schemino adibito a "ricetta per cucine dell'avvenire", ma vuole invece, semplicemente, richiamare l'attenzione sull'importanza dell'elaborazione strategica. In Italia, gli intelligenti e acuti estensori dei saggi che compongono il volume Diciamoci la verità [quaderno a cura della rivista "Koiné", Pistoia 2001] dimostrano di aver capito tale questione. Affrontando il cruciale problema della distruzione dell'ambiente, essi affermano, dopo aver illustrato la ragionevolezza di misure tese a diminuire esportazioni/importazioni, produzione e consumi, che il contraccolpo economico e occupazionale sarebbe pesante e inevitabile. Ma al tempo stesso, indicano delle misure preventive, quali ad esempio una politica occupazionale alternativa, possibile pero' solo sulla base di una vera indipendenza politica nazionale [op. cit. p. 13].

    In definitiva, lo sforzo teorico-strategico teso a studiare i possibili scenari di una transizione al socialismo e all'indipendenza nazionale (intesa come base per una cooperazione internazionale e non certo come follia autarchico-isolazionista) sembra essere una necessità imprescindibile. Alla base di tale convinzione vi è null'altro che la pacata osservazione della storia. Si puo' esser certi, infatti, che anche qualora un nuovo movimento anticapitalista, comunitarista e socialista riuscisse a diventare egemone in un paese iniziando la transizione verso inedite forme di cooperazione umana, la reazione del capitalismo e delle forze imperialiste sarebbe violenta, coordinata e spietata.
    Per questo motivo, se è necessario evitare ogni infantile estremismo, è altrettanto vitale non cedere alle lusinghe di un imbelle buonismo.

    NOTA BIBLIOGRAFICA

    James Petras, Henry Veltmeyer, La Globalizzazione smascherata, trad. it. Milano, Jaca Book 2002
    Costanzo Preve, Da Socrate a Marx. Comunità, Individuo, Libertà, Sicurezza, in “Indipendenza”, n.13, Gennaio-Febbraio 2003
    AAVV, Diciamoci la Verità, CRT, Pistoia 2001

  2. #2
    ennerre
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    Dopo le prime misure di politica economica eventualmente prese da tale movimento/partito, seguirebbero implacabili le ritorsioni del sistema capitalistico a base USA, con capitali che fuggono, investimenti bruciati, ritorsioni da parte di altri paesi, attacchi speculativi alla moneta, propaganda politico - mediatica tesa a devastare l'immagine del nuovo corso.

    L’accerchiamento è inevitabile, uno stato socialista nazionale è un puntino rosso in un mare nero. Io aggiungerei la ricerca di eventuali alleanze con altri stati antimperialisti, per opporre all’accerchiamento capitalista un “cordone” di paesi non allineati con il nuovo ordine mondiale. L’Unione Sovietica degli anni ’20 instaurò rapporti commerciali e politici con il fascismo italiano (attraverso N. Bombacci e l’agenzia di rapporti Italia - Urss fondata a Roma). Nonostante le diversità tra stati non capitalisti, l’allineamento è necessario e vitale per difendere l’integrità economica e politica della nazione proletaria, per evitare che riaffiorino nuovamente èlites burocratiche o borghesi, sia nella “classe” politica che nell’ambiente militare. La regressione in senso capitalista dell’URSS dopo il 1956 e quella del Fascismo (per un certo periodo, fino alla costituzione della Repubblica Sociale Italiana che annoverava nella sua carta come punto fondamentale la socializzazione dei mezzi di produzione), devono necessariamente fare riflettere chi vuole creare un vasto fronte socialista e patriottico in grado di scardinare l’oligarchia finanziaria, il sistema di rapporti di produzione capitalista e l’influenza della cultura borghese che imperversa nelle menti del nostro popolo. Inoltre vorrei sottolineare l’importanza dell’analisi delle esperienze passate, esse sono fondamentali per non ripetere gli stessi errori che il fascismo rivoluzionario o il socialismo sovietico o cinese, hanno compiuto.

    quel che conta nel momento di un tentativo di transizione al socialismo e all'indipendenza è il controllo sulle istituzioni e la capacità di usarle non più a favore delle élites finanziarie
    transnazionali ma a vantaggio della collettività nazionale. Questo non è
    statalismo, ma controllo operaio e nazionale sullo stato.

    Il pieno controllo delle istituzioni e la capacità di utilizzarle a vantaggio della collettività nazionali sono i presupposti necessari per sviluppare una politica ed una economia comunitarista. E’ il “salto di qualità” verso la costruzione di uno stato socialista totalmente distaccato da quello elitario (in senso economico borghese) capitalista.

    obiettivo strategico è di saldare la nazione attraverso socializzazione dei mezzi di produzione evitando pero', al contempo, il "delinking" dal mercato mondiale : in poche parole, niente autarchia, ma resistenza basata su un modello differente rimanendo nel mercato mondiale degli scambi.

    Molto difficile, i rapporti economici tra stati imperialisti sono dettati principalmente da accordi politici che includono inevitabilmente quelli economici. Rimanere sul mercato mondiale vuol dire accettare passivamente la “dittatura” del Fondo Monetario Internazionale e di altre organizzazioni sovranazionali o multinazionali come il Wto (ex Gatt). L’autarchia può essere spezzata in due modi: 1. la creazione di canali commerciali sotterranei a quelli legali, con l’appoggio di organizzazioni socialiste e nazionalitarie straniere. 2. Con la creazione di un organismo internazionale che disciplini il commercio tra stati antimperialisti e che intrattenga rapporti con il FMI.

    e un "monetarismo dal basso" che consiste nel combattere la trappola dell'inflazione evitando di stampare moneta in eccesso e traendo invece beneficio dall'abolizione dei privilegi fiscali per classi dominanti e investitori esterni.

    La creazione di una moneta alternativa all’Euro sarebbe non necessario, ma vitale per lo sviluppo economico del futuro stato. L’inflazione sarebbe azzerata con lo stampo di una nuova moneta controllata direttamente da una sola banca statale (e eliminazione delle banche private) indipendente dalla BCE. Una moneta di popolo. In Argentina pare che stia andando forte… All’abolizione dei privilegi fiscali, aggiungerei anche gli eventuali titoli nobiliari e le immunità e i privilegi connessi a essi. Gli investitori esterni e gli speculatori devono essere eliminati immediatamente sottraendo loro (attraverso la nazionalizzazione) i capitali investiti nel nostro paese, e le transizioni di questi in altri paesi capitalisti.

    Saluti

  3. #3
    ennerre
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    Perchè nessuno risponde?

  4. #4
    agitatore elettronico
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    Ciao ennerre,

    ho letto con molto interesse il tuo intervento. Sono convinto anche io che rimanere negli scambi internazionali sarebbe difficile, ma che l'autarchia sarebbe fatale.

    Scrivi:
    <b>
    L’accerchiamento è inevitabile, uno stato socialista nazionale è un puntino rosso in un mare nero. Io aggiungerei la ricerca di eventuali alleanze con altri stati antimperialisti, per opporre all’accerchiamento capitalista un “cordone” di paesi non allineati con il nuovo ordine mondiale.
    </b>

    Questo è fondamentale. Se - mettiamo - in Italia e in Francia e Germania andassero al potere movimenti e forze "nazionalitarie", esse dovrebbero subito stringere alleanze strategiche con paesi come Venezuela, Irak, i paesi nordafricani, e cercare il dialogo approfondito con la Federazione russa e la Cina. Sarebbe comunque durissimo avere contro gli USA e i paesi da loro controllati, ma non impossibile iniziare un nuovo corso.
    In ogni caso, è difficile capire come oggi delle forze nazionalitarie e socialiste possano diventare egemoni in Italia...

  5. #5
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    In estrema sintesi, anche se lo scritto di politikon meriterrebbe un analisi molto piu' approfondita si puo' dire che una Federazione Europea di Stati socialisti è l'approdo al quale si deve puntare per il futuro.In un solo paese la rivoluzione perisce.Questo era gia' chiaro a Lenin nel 1917 figuriamoci oggi che la globalizzazione economica non lascia molto scampo a vie autarchiche.quello che si puo' ipotizzare è un nuovo "Comecon", su basi assolutamente diverse da quelle precedenti quindi su base di cooperativa .E' ovvio che per arrivare a questo vi sono tappe intermedie e gradi e soprattutto la questione della proprieta' dei mezzi di produzione.Ineludibile.

  6. #6
    ennerre
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    Finchè anche un solo movimento vorrà essere egemone rispetto al resto delle forze nazionalitarie/socialiste, nulla cambierà. Nel nostro paese, come nel resto del mondo, il dialogo tra organizzazioni che si battono per l'indipendenza nazionale e il socialismo, non esiste. Come non esiste il confronto tra chi sia da una parte che dall'altra, si è liberato della vecchia dicotomia destra/sinistra e della tanto sbandierata teoria degli opposti estremismi. Certo, Forza Nuova e Rifondazione Comunista non potranno mai allacciare alcun rapporto politico, figuriamoci...entrambi sono totalmente asserviti e funzionali al sistema, ma tra Rinascita Nazionale e i comunisti nazionalitari o il Fronte Sociale Nazionale, oppure la Comunità politica Avanguardia un minimo di collaborazione potrebbe nascere. Un pò di volontà e meno settarismo sono gli "ingredienti" per concretizzare il progetto di costituzione di un unico Fronte di Indipendenza Nazionale. Alla luce degli avvenimenti attuali (la crisi del capitalismo e la guerra generata da esso...) ogni militante si trova innanzi a due strade: l'una che porta alla distruzione del capitalismo e quindi all'alleanza tra forze realmente antisistema e l'altra che è un vicolo cieco, dove la morte (politica) è assicurata.
    La costruzione di una Europa dei popoli, libera e indipendente dagli schieramenti imperialisti potrebbe essere un obiettivo comune su cui lavorare per saldare una probabile alleanza politica interna a un progetto di un ambio Fronte di Liberazione anticapitalista.

    Saluti

  7. #7
    ennerre
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    Federazione Europea di Stati socialisti

    Una Federazione Europea di Stati Socialisti pone sempre i soliti interrogativi. Ciò non vuol dire che io sia contrario a questo progetto, però i problemi risalgono nuovamente. Ad es.: La sovranità nazionale, l'autonomia politica di ogni singola nazione, verrà ridotta da un organo sovranazionale che emana direttive e regolamenti? La questione dell'autodeterminazionazione dei popoli indoeuropei verrà affrontata direttamente da un organo unitario europeo o dai singoli stati antimperialisti?
    Altro interrogativo è la questione delle diversità etnico culturali dei vari nazionalitarismi. Mi spiego meglio, se un paese concepisce il socialismo e lo applica in maniera differente rispetto a un altro [Questo a conferma di ciò che è successo in passato, ossia i paesi socialisti hanno edificato lo stato in maniera differente, saldandolo con la tradizione e la cultura locale (Ciò avviene ancora oggi a Cuba)], come si potranno conciliare socialismi differenti in una Europa antimperialista? Non sarebbe meglio creare un Fronte Europeo che coordina le forze nazionalitarie dei paesi euroasiatici? Uno strumento di conciliazione e di dibattito interno sulle questioni affrontate appunto nell'articolo di politikon. Che ne pensate?

  8. #8
    agitatore elettronico
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    Originally posted by ennerre
    La sovranità nazionale, l'autonomia politica di ogni singola nazione, verrà ridotta da un organo sovranazionale che emana direttive e regolamenti? La questione dell'autodeterminazionazione dei popoli indoeuropei verrà affrontata direttamente da un organo unitario europeo o dai singoli stati antimperialisti? ....
    Altro interrogativo è la questione delle diversità etnico culturali dei vari nazionalitarismi. Mi spiego meglio, se un paese concepisce il socialismo e lo applica in maniera differente rispetto a un altro [Questo a conferma di ciò che è successo in passato, ossia i paesi socialisti hanno edificato lo stato in maniera differente, saldandolo con la tradizione e la cultura locale (Ciò avviene ancora oggi a Cuba)], come si potranno conciliare socialismi differenti in una Europa antimperialista? [/B]
    Io credo che la soluzione più realistica sia una confederazione di libere nazioni, che si riuniscano periodicamente e agiscano nei confronti del resto del mondo con una politica estera e di sicurezza comune e coordinata (era un po' l'idea di De Gaulle e del Plan Fouchet del 1961-62 da riprendere in chiave anti-capitalista e socialistica).
    In quanto al modo di vedere il socialismo, tale riflessione è pienamente giustificata: è vitale non ripetere lo schema del blocco sovietico, e lasciare che i popoli decidano di darsi le istituzioni che vogliono e di seguire i propri costumi. Ovviamente se un popolo decide di affidare tutto a «borghesi» banchieri privati americani, dubito che potrà restare nella confederazione...
    Giusta la proposta di un forum interno alla confederazione in cui discutere su base paritaria.
    Il modo in cui i popoli potrebbero autogestirsi e autogovernarsi non è comunque prefigurabile, perché è un modo di vivere politicamente ed economicamente praticamente inedito (gli esperimenti storicamente esistiti sono stati brevissimi). Solo facendolo si potrà capire come agire. E' rischioso, ma è ancora più rischioso cercare di costruire un modello istituzioale rigido precostituito (e Preve ad esempio ne parla nel testo di «Utopia e libertà» dove mette in guardia i comunitaristi dal voler imporre un proprio modello di «felicità» a tutti)

  9. #9
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    Ho piu' volte esposto su questo Forum l'idea di "socialismi diversi in diversi paesi" cioe' l'idea che il socialismo del futuro sara' intimamente legato alla tematica comunitaria presente in un dato paese.la pluralita' di esperienze socialiste sara' una ricchezza e non un limite poiche' storicamente è stato dimostrato che i "modelli unici ed universali" portano dritto dritto ad un totalitarismo soffocante per l'individuo e per la collettivita' intera.

    Una federazione è appunto la libera unione di Stati che si riconoscono in alcune idee portanti.Un altra notazione ,lasciamo stare i "popoli indoeuropei" o altre creazioni "artificiali" : a noi interessano tutti i popoli ed è appunto questo il discrimine con l'estrema destra che continua a puntare su discriminanti etniche che non fanno altro che alimentare ambiguita' ed equivoci.

    saluti


    Originally posted by ennerre
    Federazione Europea di Stati socialisti

    Una Federazione Europea di Stati Socialisti pone sempre i soliti interrogativi. Ciò non vuol dire che io sia contrario a questo progetto, però i problemi risalgono nuovamente. Ad es.: La sovranità nazionale, l'autonomia politica di ogni singola nazione, verrà ridotta da un organo sovranazionale che emana direttive e regolamenti? La questione dell'autodeterminazionazione dei popoli indoeuropei verrà affrontata direttamente da un organo unitario europeo o dai singoli stati antimperialisti?
    Altro interrogativo è la questione delle diversità etnico culturali dei vari nazionalitarismi. Mi spiego meglio, se un paese concepisce il socialismo e lo applica in maniera differente rispetto a un altro [Questo a conferma di ciò che è successo in passato, ossia i paesi socialisti hanno edificato lo stato in maniera differente, saldandolo con la tradizione e la cultura locale (Ciò avviene ancora oggi a Cuba)], come si potranno conciliare socialismi differenti in una Europa antimperialista? Non sarebbe meglio creare un Fronte Europeo che coordina le forze nazionalitarie dei paesi euroasiatici? Uno strumento di conciliazione e di dibattito interno sulle questioni affrontate appunto nell'articolo di politikon. Che ne pensate?

  10. #10
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    I gruppi da te citati sono, chi piu' chi meno, ancora in un'ottica "neofascista" on gradazioni diverse rimangono tutte ancorate ad una concezione nostalgica nei confronti del Ventennio.Non avere la capacita' di affrontare il passato vuol dire non riuscire a progettare il futuro.Non basta essere contro il sistema, ma cosa si propone che tipo do societa' si auspica.Noi siamo per una societa' democratica , socialista , comunitaria , dove individui solidali siano in grado di partecipare appieno alla res publica .Quelli che hai citato sognano ancora societa'"fascistoidi".Devono fare molti passi in avanti per essere considerati credibili e dire di aver abbandonato la "dicotomia"da te citata.Perche ' se è vero che la dicotomia destra /sinistra è obsoleta, non è certo sentendosi "neofascisti" che si puo' pensare di rompere steccati.Ad esempio alcuni gruppi da te citati sono per ostituire all'imperialismo americano una supremazia Europea, il vero limite del fascismo colonialista ed imperialista, ed allora? Siamo punto e daccapo.

    Ciao


    Originally posted by ennerre
    Finchè anche un solo movimento vorrà essere egemone rispetto al resto delle forze nazionalitarie/socialiste, nulla cambierà. Nel nostro paese, come nel resto del mondo, il dialogo tra organizzazioni che si battono per l'indipendenza nazionale e il socialismo, non esiste. Come non esiste il confronto tra chi sia da una parte che dall'altra, si è liberato della vecchia dicotomia destra/sinistra e della tanto sbandierata teoria degli opposti estremismi. Certo, Forza Nuova e Rifondazione Comunista non potranno mai allacciare alcun rapporto politico, figuriamoci...entrambi sono totalmente asserviti e funzionali al sistema, ma tra Rinascita Nazionale e i comunisti nazionalitari o il Fronte Sociale Nazionale, oppure la Comunità politica Avanguardia un minimo di collaborazione potrebbe nascere. Un pò di volontà e meno settarismo sono gli "ingredienti" per concretizzare il progetto di costituzione di un unico Fronte di Indipendenza Nazionale. Alla luce degli avvenimenti attuali (la crisi del capitalismo e la guerra generata da esso...) ogni militante si trova innanzi a due strade: l'una che porta alla distruzione del capitalismo e quindi all'alleanza tra forze realmente antisistema e l'altra che è un vicolo cieco, dove la morte (politica) è assicurata.
    La costruzione di una Europa dei popoli, libera e indipendente dagli schieramenti imperialisti potrebbe essere un obiettivo comune su cui lavorare per saldare una probabile alleanza politica interna a un progetto di un ambio Fronte di Liberazione anticapitalista.

    Saluti

 

 
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