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  1. #1
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    Thumbs down Con Josif e con Yasser.

    I neo-stalinisti hanno qualcosa da dirci:

    "COL POPOLO PALESTINESE FINO ALLA VITTORIA!

    In Cisgiordania è in atto un genocidio. Lo stanno compiendo gli aggressori e occupanti israeliani ai danni dell'inerme popolo palestinese. Nulla giustifica questa barbarie del boia nazista Sharon. La guerra al terrorismo è solo un pretesto da parte di Israele per porre fine alla guerra di liberazione nazionale del popolo palestinese, annettersi la Cisgiordania e Gaza e governarle attraverso un regime fantoccio.
    Israele nei confronti del popolo palestinese si sta comportando come i nazisti si comportarono con il popolo ebreo, provocando l'olocausto del terzo millennio. Va pertanto isolato e messo al bando almeno finché non si ritira da tutti i territori occupati e riconosca al popolo palestinese il diritto di avere un suo Stato con capitale Gerusalemme. In questo quadro chiediamo al governo Berlusconi di rompere le relazioni diplomatiche, economiche e commerciali con Israele, di bloccare ogni fornitura di armi ad esso e di schierarsi col popolo palestinese e la sua Autorità nazionale. Sappiamo che non lo farà, ma è quello che andrebbe fatto per onorare la Resistenza italiana.
    Al contempo chiediamo ai partiti della "sinistra" parlamentare, ai sindacati, ai movimenti, alle autorità cattoliche di uscire dall'ambiguità, di non stare con un piede su due staffe. Non ci può essere equidistanza tra l'aggressore e l'aggredito e tra due cause: una giusta, quella palestinese, e una ingiusta, quella israeliana. Tutti coloro che amano la pace, la giustizia sociale, la libertà dei popoli, l'indipendenza e la sovranità degli Stati non possono che stare dalla parte del popolo palestinese e della sua causa e condannare, e agire di conseguenza, la politica imperialista, sionista e nazista di Israele. Ciò naturalmente non vuol dire essere antisemiti. Nemmeno noi lo siamo che, pur essendo un Partito ateo, rispettiamo il popolo ebreo, come qualsiasi altro popolo. Sappiamo ben distinguere tra gli ebrei di sinistra e quelli di centro e di destra. Con i primi, e anche con quelli di centro se sono disponibili, si deve collaborare affinché sia resa giustizia al popolo palestinese.
    Non è possibile dare alcuna fiducia e sostegno a Sharon, il boia di Sabra e Chatila e della Cisgiordania, a colui che ha impedito con la forza ai pacifisti italiani, europei e di altri paesi, e persino a parlamentari italiani, di soccorrere in qualche modo il popolo palestinese.
    Visto che l'Hitler di Tel Aviv, con il vergognoso e vomitevole appoggio dei laburisti di Peres, non ha arrestato il genocidio nemmeno di fronte all'intimazione dell'Onu di ritirare "immediatamente" l'esercito dai territori occupati, le Nazioni Unite hanno ora l'obbligo di costringerlo a farlo con la forza delle armi. Esse sono intervenute militarmente, direttamente o indirettamente, in Bosnia, e noi eravamo contrari, in Jugoslavia, e noi eravamo contrari, in Afghanistan, e noi eravamo contrari, lo devono ora fare senza indugio in Israele. Una situazione diversa, inedita e straordinaria che legittima il loro intervento. Allora si trattava di ingerenze imperialiste, sia pure etichettate come "umanitarie" e sotto le bandiere dell'Onu, volte a imporre la politica, la legge e l'arbitrio degli imperialisti egemoni in quelle regioni, ora si tratterebbe invece di un dovere di solidarietà e di aiuto verso un popolo inerme e senza Stato per fermare il più grande e potente esercito mediorientale che mira a sterminarlo.
    Riteniamo che l'uso dell'arma del petrolio, già impugnata dall'Irak, sia un'ottima misura per costringere i paesi imperialistici a premere sul loro alleato Israele affinché si ritiri dalla Cisgiordania.
    Noi siamo certi che alla fine Davide sconfiggerà Golia. Mai nella storia si è visto un popolo gemere per sempre sotto l'occupazione straniera.
    L'eroico popolo palestinese, rimanendo unito, risolvendo le contraddizioni interne circa la strategia e i metodi di lotta, contando soprattutto sulle proprie forze, facendo affidamento sulla solidarietà e il sostegno internazionale, e perseverando nella guerra di liberazione nazionale, sicuramente conquisterà la libertà, otterrà il ritorno dei profughi e lo smantellamento di tutti gli insediamenti dei coloni, e costituirà il suo Stato, indipendente e sovrano, con capitale Gerusalemme.
    Noi marxisti-leninisti lo appoggeremo con tutte le nostre forze fino alla vittoria. Confidiamo che il popolo italiano, con in testa la classe operaia, conformemente alla sua tradizione antifascista, antinazista, antimperialista, anticolonialista e internazionalista, continuerà a manifestare in piazza finché Israele non si ritirerà da tutti i territori occupati.
    Fermiamo il genocidio del popolo palestinese!
    Strangoliamo l'aggressore imperialista e sionista israeliano!
    Libertà e Stato per il popolo palestinese!"

    L'Ufficio politico del Partito marxista-leninista italiano.

  2. #2
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    Predefinito

    Stalin era, tra l'altro, anche un antisemita, come del resto altri comunisti e socialisti-rivoluzionari nella storia della sinistra mondiale. Nessuna meraviglia quindi che i suoi ammiratori ed epigoni delirino in questo modo.
    Del resto intellettuali autori di frasi antisemite inequivocabili in libri osannati dalla sinistretta massimalista, vi sono anche fra i "consulenti" della cosiddetta sinistra democratica.
    Shalom!!!

  3. #3
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    Thumbs up A proposito di antisemitismo "rosso"...

    ...caro Pieffebì,agli amici che - non certo per colpa loro,trattandosi di argomento storico "scomodo" e quindi bistrattato dai libri di testo - ignorano questa pagina oscura della storia della sinistra mondiale,consiglio vivamente la lettura dell'ottimo libro "La guerra di Stalin contro gli Ebrei" (di Louis Rapoport,ri-edito recentemente da Rizzoli),in cui si elencano tutti i crimini sovietici antisemiti,sino a quel "complotto dei medici" dell'inverno 1952/53,ideato a tavolino dal Cremlino per legittimare un immenso pogrom di Stato (due milioni di Ebrei deportati nei gulag siberiani e kazaki).

    Solo la prematura dipartita del "padre del socialismo" e "liberatore dell'umanità" sventò all'ultimo momento un orrendo piano criminale,secondo per portata solo alla Soluzione Finale nazista.

    In realtà le persecuzioni antiebraiche istituzionalizzate continuarono - certo rammenterai qualcosa sulla famigerata "tassa sulle lauree" - ,ed è assai triste,benchè perfettamente legittimo,che a tutt'oggi un congresso nazionale celebri colui che,tra i suoi innumerevoli titoli criminali,può vantare quello di secondo persecutore di Ebrei dell'epoca moderna,dopo l'ex alleato (patto Ribbentropp-Molotov) e gemello totalitario nazista.

    Shalòm

  4. #4
    SENATORE di POL
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    Predefinito

    Esattamente. Del resto se si legge la "Questione Ebraica" del buon Carletto Enrico Marx Mordechaj Levi.... senza le improponibili interpretazioni allegoriche di taluni imbarazzati seguaci...


    Shalom!!!

  5. #5
    memoria storica di PoL
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    Predefinito fu vero 'antisemitismo' quello di Stalin?... ai posteri l'ardua sentenza...

    originally posted by rag. PierFrancesco:

    … Stalin era, tra l'altro, anche un antisemita, come del resto altri comunisti e socialisti-rivoluzionari nella storia della sinistra mondiale…

    originally posted by Tsabar:

    … ...caro Pieffebi, agli amici che - non certo per colpa loro,trattandosi di argomento storico ‘scomodo’ e quindi bistrattato dai libri di testo - ignorano questa pagina oscura della storia della sinistra mondiale,consiglio vivamente la lettura dell'ottimo libro La guerra di Stalin contro gli Ebrei [di Louis Rapoport,riedito recentemente da Rizzoli],in cui si elencano tutti i crimini sovietici antisemiti,sino a quel ‘complotto dei medici’ dell'inverno 1952/53, ideato a tavolino dal Cremlino per legittimare un immenso pogrom di Stato [due milioni di ebrei deportati nei gulag siberiani e kazaki]...

    Spero che ‘sua insindacabilità’ rag. PierFrancesco e l’amico Tsabar, che conosco poco ma stimo avere assai più cervello nonché assai meno pretese di essere ‘unico custode di verità’ dell’esimio moderator-cancelliere, non se n’abbiano a male se provo a dire il mio parere sul preteso ‘antisemitismo’ della buon’anima di ‘zio Josif’.
    Soprattutto dopo la sua morte, sulla base degli incontrovertibili elementi citati da Tsabar, avvenuti si badi bene negli ultimi anni di vita del dittatore georgiano, i più si sono affannati ad aggiungere alle già numerose accuse su di lui pendenti anche quella, la peggiore di tutte secondo una certa logica, di essere antisemita.
    Secondo il mio modestissimo parere per far luce sulla cosa occorre distinguere due periodi: dal 1924 [morte di Lenin] al 1950 [vedremo poi perché proprio questa data] e dal 1950 al 1953 [morte di Stalin]. Ecco alcuni elementi significativi…

    Nel 1931, rispondendo ad una intervista, Stalin condanna l’antisemitismo con parole pesantissime:

    ‘… l’antisemitismo, forma estrema dello sciovinismo razziale, è la sopravvivenza più pericolosa del cannibalismo, è un pericolo per i lavoratori, è la strada sbagliata che li allontana dalla giusta via. Perciò i comunisti, in quanto internazionalisti conseguenti, sono nemici implacabili dell’antisemitismo…’

    Risale a quello stesso periodo [fine anni ‘20] la stesura di numerosi opuscoli destinati all’istruzione scolastica nei quali si divulgano le idee di Lenin e dello stesso Stalin sulla ‘piaga dell’antisemitismo’, come pure numerose condanne comminate contro antisemiti. Vi sono poi alcune circostanze altamente rivelatrici.
    La prima è che la lingua e la cultura yiddish [così erano denominati i discendenti degli ebrei emigrati nei secoli precedenti nell’Europa orientale] continuò fino al 1935 [anno di inizio delle ‘purghe’] a godere di assoluta libertà di espressione, cosa invero eccezionale nell’Unione Sovietica. Fino a quell’anno esistevano in Urss diversi quotidiani in lingua yiddish, la quale era insegnata in numerosissime scuole. La situazione si aggravò in connessione con le grandi purghe [di cui rimasero vittime anche diversi ebrei come Kamerev e Zinoviev] fino al punto che nel 1938 venne soppresso l’ultimo giornale yiddish stampato a Mosca. Con lo scoppio della guerra tuttavia Stalin, preoccupato soprattutto di eliminare radicalmente ogni dissidio interno, permise un notevole rilancio di tale cultura e la cosa durò molti anni dopo il ’45 fino all’instaurarsi della guerra fredda.
    La seconda circostanza è data dal fatto che, anche dopo la drammatica stagione delle ‘purghe’ durate dal ’35 al ’38. gli ebrei continuarono a coprire posti di elevata responsabilità, compresi i ranghi più elevati del Pcus. Per esempio risulta che tra i membri del Comitato Centrale eletti nel 1939 gli ebrei erano il 10.9%, a fronte del fatto che costituivano solo il 3% della popolazione.
    La terza circostanza è data dal fatto che l’Unione Sovietica di fatto si adoperò per salvare i propri cittadini ebrei dalla persecuzione nazista. La grande maggioranza degli ebrei russi finiti nei campi di concentramento vivevano in Bielorussia e nell’Ucraina Occidentale, vale a dire nei territori che furono occupati proprio all’inizio dell’invasione. Gli ebrei delle regioni invase dai tedeschi successivamente furono quasi tutti evacuati dalle truppe russe man mano che queste si ritiravano.

    Al contrario a partire dal 1950 inizia una sistematica campagna di persecuzione contro il ‘nemico sionista’, condotta con i tipici strumenti sovietici di allora. Da prima si ebbe la sanguinosa farsa, avvenuta a Praga, del processo Slansky, ebreo divenuto ‘agente fascista di Tito’, che in pratica si concluse con l’allontanamento degli ebrei da tutti i posti di comando. Seguì poi l’eliminazione fisica di numerosi intellettuali ebrei nell’Urss, accusati ipocritamente di ‘sionismo’ o ‘cosmopolitismo’ e la rapida brutale liquidazione di tutte le istituzioni culturali yiddish [teatri, scuole, giornali…] e l’aggravamento delle condizioni della vita religiosa ebraica. La persecuzione che sfociò nella esecuzione dei più influenti intellettuali ebrei alla Lubianka, il famigerato penitenziario moscovita, il 12 agosto del '52, la ‘notte della strage dei poeti’. Su questo oscuro capitolo della storia sovietica hanno scritto un libro sconvolgente lo storico americano Joshua Rubenstein,dirigente di Amnesty International, e uno studioso russo Vladimir Naumov, segretario della commissione presidenziale per la riabilitazione delle vittime politiche a Mosca, libro che s'intitola Pogrom segreto di Stalin: l'inquisizione del comitato antifascista ebraico nel dopoguerra, e condensa i voluminosi atti del processo-farsa ai compagni di Mikhoels, quindici esponenti culturali di cui soltanto uno, Linha Shtern, la prima donna accolta nell'Accademia delle Scienze Sovietica, fu risparmiata. I quindici vennero riabilitati segretamente nel '55.

    A questo punto verrebbe naturalmente da chiedersi i motivi per i quali ‘zio Josif’ ad un certo momento di punto in bianco è divenuto ‘antisemita’ ed ha cominciato a vedere in ogni ebreo un ‘sionista’ o ‘presunto tale’. Arteriosclerosi?… Mania di persecuzione?… Involuzione psicologica [come l’ha definita qualcuno …] che lo rese sempre più isolato e sospettoso?…
    E’ evidente che chiunque con un minimo di intelligenza non si contenta di queste scemenze e capisce che in quell’anno 1950, quando la guerra fredda oramai era divenuta una realtà, deve essere accaduto qualcosa per cui gli ebrei sono finiti tra i nemici dell’Urss e di Stalin, qualcosa di simile a quanto doveva essere successo nell’anno 1938, quando Mussolini realizzò da che parte avrebbero combattuto gli ebrei nella guerra che ormai appariva inevitabile e adottò le misure preventive che sono poi passate alla storia come le famigerate ‘leggi razziali’. Ma che cosa?… La risposta, date le premesse, è a questo punto assai semplice, e si identifica nel passaggio del neonato stato di Israele, fino a quel momento sostenuto caldamente dall’Unione Sovietica, in campo occidentale, manifestatosi clamorosamente all’Onu proprio nel giugno del 1950 con il voto a favore dell’intervento americano in Corea.

    E’ chiaro, no?… Come è chiaro che lo ‘zio Josif’ non era ‘zio Ben’ e non si sarebbe limitato ad emanare due ‘leggine’, avendo cura oltretutto di predisporre numerose ‘scappatoie’ atte ad eluderle con la massima facilità…

    Sperando di non essere stato eccessivamente lungo e prolisso, auguro a tutti…

    cordiali saluti!…



    --------------

    Nobis ardua

    Comandante CC Carlo Fecia di Cossato

  6. #6
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    Predefinito Caro Fecia...

    ...ti ringrazio per il preciso e dettagliato contributo storico,come pure per le velate espressioni di stima nei miei confronti.

    Andiamo al sodo:tu sostieni,argomentando concretamente - come tuo costume,del resto - questa tesi,che la persecuzione antiebraica staliniana scattò non appena Baffone ebbe sentore che il neonato Stato d'Israele fosse passato al "campo imperialista".

    Orbene,permettimi di muoverti una prima obiezione:ammesso - e,da parte mia,non concesso,per i motivi che spiegherò più avanti - che tale passaggio fosse effettivamente avvenuto,non ti sembra una posizione egualmente antisemita quella del dittatore che,per ostilità politico-ideologica al neonato Stato sionista,scelga di attuare una vasta e deliberata persecuzione di Stato contro tutti i cittadini sovietici di sangue israelita (persino la moglie ebrea del fidato Ministro della Cultura Molotov fu internata in un gulag!!!),tutti indiscriminatamente identificati,con una ardita operazione intellettuale - sai per primo che il Sionismo,storicamente,rappresenta solo una parte del mondo ebraico - ,come "cosmopoliti",e quindi "traditori della patria del socialismo"?
    A me pare che,proprio in virtù del contributo ebraico alla vittoria della rivoluzione bolscevica,questa fosse una posizione assurdamente antisemita (ipocritamente mascherata da anti-sionismo)!

    Inoltre,io credo che il definitivo passaggio di Israele al "campo occidentale" sia in realtà avvenuto almeno vent'anni più tardi (mi ricollego sia all'ottimo libro di Fausto Coen "Israele:cinquant'anni di speranza",che ad un saggio del professor Antonio Donno,pubblicato sul 6° numero di Nuova Storia Contemporanea del 2000),ossia quando,nel corso della guerra dello Yom Kippur (6-24 ottobre 1973),per sostenere il proditorio e massiccio attacco di Siria ed Egitto,Golda Meir ottenne da Nixon un provvidenziale ponte aereo che rifornì Tzahal permettendogli di passare al contrattacco.
    Sempre il professor Donno dimostra come,almeno sino ai primi anni Sessanta,a proposito del Medio Oriente gli Stati Uniti perseguissero una strategia diplomatica di contenimento dell'espansionismo sovietico,attraverso vari tentativi di accordi con i leader del risorgente nazionalismo panarabo (a partire da Nasser,che però li stupì nazionalizzando la Compagnia di Suez),coniugati con pressioni su Ben Gurion perchè si accordasse rapidamente e definitivamente con loro (sulla base del famigerato "Progetto Alpha",vantaggioso solo per gli Arabi,elaborato dai funzionari del Dipartimento di Stato USA).

    Ringraziandoti nuovamente per la tua volontà di confrontarti con un neofita della storiografia come me,ti saluto cordialmente.

    P.s.No,non nutro alcuna pretesa di insindacabilità di giudizio:e,in tutta onestà,non condivido il tuo giudizio su Pieffebì.


    Tsabar

  7. #7
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    Stalin antisemita dal 1950? L'avrà letto su "VivailDuce.it", fonte formidabile della scienza storiografica moderna...... o a margine di qualche nota in appendice a qualche opera del buon Pisano' (da lui ovviamente neppure compresa). Le deduzioni "logiche" sono poi del tipo di quelle con le quale il mio illustre contraddittore ha sostenuto che i bimbi ebrei italiani delle scuole elementari costituivano una plausibile minaccia per il Regime.
    Povera Italia.


    Shalom!!!

  8. #8
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    Predefinito

    Tanto per chiarire la complessità del problema della relazione fra marxismo-leninismo-stalinismo e "questione ebraica", soprattutto in relazione alla storia dell'Unione Sovietica dopo la morte di Lenin, ecco questa testimonianza del principale avversario di Stalin all'interno del partito bolscevico.

    " Termidoro e antisemitismo
    Trotsky (1937)



    --------------------------------------------------------------------------------

    Scritto il 22 febbraio 1937.
    Tradotto, dalla versione in inglese presente sul MIA, e trascritto da
    Dario Romeo, Settembre 2000


    --------------------------------------------------------------------------------



    Ai tempi dell'ultimo processo di Mosca io ho osservato in una delle mie affermazioni che Stalin, nella battaglia contro l'Opposizione, ha sfruttato le tendenze antisemite presenti nel paese. Su quest'argomento ho ricevuto una serie di lettere e domande che erano, nel complesso - non c'è ragione di nascondere la verità - piuttosto ingenue. "Come si può accusare l'Unione Sovietica di antisemitismo?", "Se l'URSS è un paese antisemita, esiste qualcosa che ancora si salvi?". Tale era il tema dominante di queste lettere. Queste persone sollevano obiezioni e sono perplesse poiché sono abituate a contrapporre all'antisemitismo fascista l'emancipazione degli ebrei realizzata dalla Rivoluzione d'Ottobre. A queste persone sembra ora che io stia strappando loro di mano un magico talismano. Tale modo di ragionare è tipico di coloro i quali sono abituati a pensare in modo volgare, non dialettico. Essi vivono in un mondo di immutabili astrazioni. Riconoscono soltanto ciò che li soddisfa: la Germania di Hitler è il regno assolutista dell'antisemitismo; l'URSS, al contrario, è il regno dell'armonia nazionale. Contraddizioni di importanza vitale, cambiamenti, transizioni da una condizione all'altra, in una parola, il processo storico reale, sfugge dalla loro fiacca attenzione.

    Non ci si è ancora scordati, spero, che l'antisemitismo era piuttosto esteso nella Russia zarista tra i contadini, la piccola borghesia cittadina, l'intellighenzia e lo strato più arretrato della classe operaia. La "madre" Russia era rinomata non solo per i suoi periodici pogrom, ma anche per l'esistenza di un considerevole numero di pubblicazioni antisemite che, a quell'epoca, godevano di una vasta circolazione. La Rivoluzione d'Ottobre abolì lo status da esiliati degli ebrei. Ciò, tuttavia, non vuol dire affatto che in un sol colpo essa si sia sbarazzata dell'antisemitismo. Una lunga e persistente battaglia contro la religione ha fallito ad impedire che, ancora oggi, migliaia e migliaia di chiese, moschee e sinagoghe venissero affollate da gente supplichevole. La stessa situazione prevale nella sfera dei pregiudizi nazionali. La legislazione da sola non cambia le persone. I loro pensieri, emozioni e concezioni dipendono dalla tradizione, dalle condizioni materiali di vita, dal loro livello culturale, ecc. Il regime sovietico non ha ancora venti anni. La parte più anziana della popolazione è stata educata sotto lo zarismo. La generazione più giovane ha ereditato molto dalla vecchia. Queste condizioni storiche generali dovrebbero di per sé render chiaro a qualsiasi persona pensante che, malgrado il modello legislativo della Rivoluzione d'Ottobre, è impossibile che i pregiudizi sciovinisti e nazionalisti, e specialmente l'antisemitismo, possano non essere persistiti con forza tra lo strato più arretrato della popolazione.

    Ma ciò non è affatto tutto. Il regime sovietico, in realtà, ha visto nascere una serie di nuovi fenomeni che, a causa della povertà e del basso livello culturale della popolazione, erano capaci di creare, come di fatto è accaduto, un rinnovato sentimento antisemita. Gli ebrei sono una popolazione tipicamente cittadina. Essi comprendono una considerevole percentuale della popolazione cittadina in Ucraina, nella Russia Bianca e persino nella Grande Russia. Il regime sovietico, più di qualsiasi altro nel mondo, ha bisogno di un numero assai vasto di funzionari pubblici. Questi sono reclutati fra la parte di popolazione cittadina più acculturata. Com'è logico gli ebrei risultano occupare un posto sproporzionatamente largo tra la burocrazia, specialmente tra i livelli medi e bassi. Noi potremmo di certo chiudere i nostri occhi innanzi a questo fatto e limitarci a vaghe generalizzazioni riguardo l'uguaglianza e la fratellanza di tutte le razze. Ma una politica da struzzi non ci permetterebbe di avanzare di un singolo passo avanti. L'odio dei contadini e degli operai per la burocrazia è un tratto fondamentale della vita sovietica. Il dispotismo del regime, la persecuzione di ogni critica, il soffocamento di ogni vivo pensiero ed infine la cornice giudiziaria, non sono altro che un mero riflesso di questo fatto basilare. Anche per mezzo di un ragionamento aprioristico sarebbe impossibile non concludere che l'odio per la burocrazia assuma una coloritura antisemita, almeno in quei posti in cui i funzionari ebrei sono una percentuale significante e sono posti innanzi ad un vasto esercito di masse contadine. Nel 1923 io proposi alla conferenza del partito bolscevico ucraino di assumere come funzionari individui capaci di parlare e di scrivere nella lingua delle popolazioni circostanti. Quanti ironici commenti vennero fatti a proposito di questa proposta, specialmente da parte dell'intellighenzia ebraica che parlava e scriveva russo e non aveva intenzioni di imparare la lingua ucraina! Bisogna ammettere che a questo riguardo la situazione è cambiata considerevolmente per il meglio. Ma la composizione nazionale della burocrazia è mutata di poco e, ciò che è assai più importante, l'antagonismo tra la popolazione e la burocrazia è cresciuto in modo mostruoso durante gli ultimi dieci-dodici anni. Tutti i seri ed onesti osservatori, specialmente coloro che hanno vissuto a lungo tra le masse di persone che lavorano assai duramente, portano testimonianza dell'esistenza dell'antisemitismo, non solo di quello vecchio ed ereditario, ma anche della nuova, sovietica, varietà.

    Il burocrate sovietico si sente moralmente in un campo assediato. Egli cerca con tutta la sua forza di rompere questo suo isolamento. La politica di Stalin, almeno per il 50 percento, è dettata da questa situazione. Cioè: (1) la demagogia pseudo-socialista ("Il socialismo è già compiuto", "Stalin ha dato, dà e darà una vita felice al popolo", ecc.); (2) misure politiche ed economiche designate per costruire attorno alla burocrazia un largo strato di nuova aristocrazia (le paghe sproporzionatamente alte concesse agli stacanovisti, ai militari, agli ordini onorari, alla nuova "nobiltà", ecc.); (3) sostenere i sentimenti nazionalisti ed i pregiudizi dello strato più arretrato della popolazione.

    Il burocrate ucraino, se è egli stesso un indigeno ucraino, tenterà inevitabilmente, al momento critico, di enfatizzare il fatto che egli è un fratello del muzhik e del contadino - non una sorta di straniero ed in nessuna circostanza un ebreo. Ovviamente non c'è in tale attitudine - ahimè!- neppure una goccia di "socialismo" o almeno di elementare democrazia. Ma è precisamente questo il nocciolo del problema. La burocrazia privilegiata, paurosa di perdere i suoi stessi privilegi, e conseguentemente completamente demoralizzata, rappresenta allo stato attuale lo strato più antisocialista ed antidemocratico della società sovietica. Nella lotta per la propria auto-conservazione essa sfrutta i pregiudizi più radicati e gli istinti più arretrati. Se a Mosca Stalin allestisce processi per accusare i trotskysti di gettar veleno sugli operai, allora non è difficile immaginare che folle sentiero possa seguire la burocrazia in alcune stamberghe ucraine e dell'Asia centrale!

    Colui che osserva attentamente la vita sovietica, anche se solo attraverso le pubblicazioni ufficiali, scorgerà di tanto in tanto in varie parti del paese spaventosi ascessi burocratici: bustarelle, corruzione, appropriazioni indebite, uccisione di persone la cui esistenza è imbarazzante per la burocrazia, stupri di donne e cose simili. Se noi potessimo tagliare verticalmente all'interno, vedremmo come tali ascessi risultano dallo strato burocratico. Qualche volta Mosca è costretta a ricorrere a processi dimostrativi. In tutti questi processi gli ebrei ricoprono inevitabilmente una vasta percentuale, in parte perché, come abbiamo già detto, essi compongono una grande parte della burocrazia e sono marchiati del biasimo verso di essa, in parte perché, spinto dall'istinto auto conservazione, il quadro dirigente della burocrazia, al centro e nelle provincie, si sforza di deviare l'indignazione delle classi operaie da se stesso sugli ebrei. Questo fatto era noto ad ogni osservatore critico dell'URSS già da dieci anni or sono, quando il regime di Stalin aveva rivelato a mala pena le sue caratteristiche basilari.

    La Battaglia contro l'Opposizione rappresentava per la cricca dominante una questione di vita o di morte. Il suo programma, i principi, i suoi collegamenti con le masse, tutto venne sradicato e messo in disparte a causa della bramosia di auto-conservazione della cricca dominante. Queste persone non si fermano innanzi a nulla pur di proteggere il proprio potere ed i propri privilegi. Recentemente è stato rilasciato un annuncio al mondo intero che il mio figlio più giovane, Sergei Sedov, era sotto accusa per aver tramato contro gli operai. Qualsiasi persona normale concluderà: persone capaci di avanzare tali accuse, hanno raggiunto l'ultimo stadio di degradazione morale. È possibile in questo caso dubitare anche per un solo istante che questi medesimi accusatori siano capaci di incoraggiare i pregiudizi antisemiti delle masse? Precisamente nel caso di mio figlio entrambe queste depravazioni sono unite. Dal giorno della loro nascita, i miei figli portano il nome della loro madre (Sedov). Essi non hanno mai usato nessun altro nome - né alle scuole elementari, né all'università, né nella loro vita matura. Per quanto riguarda me, negli ultimi trentaquattro anni ho portato il nome di Trotsky. Durante il periodo sovietico nessuno mi ha mai chiamato col nome di mio padre (Bronstein), così come nessuno ha mai chiamato Stalin, Dzhugashvili. In modo da non costringere i miei figli a cambiar nome, io, per necessità di "cittadinanza", ho preso il nome di mia moglie (cosa che, per la legislazione sovietica, è perfettamente legale). Però, dopo che mio figlio, Sergei Sedov, è stato accusato di tramare contro gli operai, il GPU ha comunicato alla stampa sovietica ed estera che il nome "reale" (!) di mio figlio non è Sedov ma Bronstein. Se questi accusatori avessero voluto enfatizzare la connessione dell'accusato con me, essi lo avrebbero chiamato Trotsky, poiché politicamente il nome Bronstein non significa niente per nessuno. Ma essi stavano giocando un'altra partita; ovvero, essi desideravano enfatizzare la mia origine ebrea e quella semi ebrea di mio figlio. Mi sono soffermato su quest'episodio poiché esso ha un carattere vitale, seppur affatto eccezionale.

    Tra il 1923 e il 1926, quando Stalin, con Zinov'ev e Kamenev, era ancora un membro della "Troika", le corde dell'antisemitismo venivano suonate con estrema cauzione ed in modo mascherato. Oratori assai istruiti (Stalin già allora tramava furtive battaglie contro i suoi soci) dicevano che i seguaci di Trotsky erano piccoli borghesi delle "piccole città", senza nessuna definizione della loro razza. In realtà ciò era falso. La percentuale di ebrei nelle file dell'Opposizione non era affatto più grande di quella presente nel partito e nella burocrazia. È sufficiente elencare i nomi dei leader dell'Opposizione per gli anni 1923-25. I. N. Smirnov, Serebryakov, Rakovsky, Piatakov, Preobrazhensky, Krestinsky, Muralov, Beloborodov, Mrachkovsky, V. Yakovlev, Sapronov, V. M. Smirnov, Ishtchenko - russi a tutti gli effetti. Radek all'epoca era solo un mezzo simpatizzante. Ma, così come nei processi dei funzionari corrotti e di altri farabutti, così anche al tempo dell'espulsione dell'Opposizione dal partito, la burocrazia ha volutamente enfatizzato i nomi dei membri ebrei di secondaria importanza. Ciò fu discusso piuttosto apertamente all'interno del partito, e, indietro sino al 1925, l'Opposizione vide in questa situazione un lampante sintomo del decadimento della cricca dominante.

    Dopo che Zinov'ev e Kamenev si sono uniti all'Opposizione, la situazoine è cambiata radicalmente in peggio. A questo punto si è creata una grande e perfetta occasione per dire ai lavoratori che a capo dell'Opposizione stavano tre "insoddisfatti intellettuali ebrei". Sotto la direzione di Stalin, Uglanov a Mosca e Kirov a Leningrado hanno portato avanti sistematicamente e quasi completamente allo scoperto questa linea. In modo da dimostrare più nettamente agli operai le differenze tra il "vecchio" corso ed il "nuovo", gli ebrei, anche quando incondizionatamente devoti alla linea generale, furono rimossi dai posti di responsabilità che ricoprivano all'interno del partito e dei Soviet. Non solo nelle campagne, ma anche nelle industrie di Mosca l'accanimento contro l'Opposizione a partire dal 1926 assume spesso un completamente ovvio carattere antisemita. Molti agitatori parlavano sfacciatamente: "Gli ebrei sono nulla". Io ho ricevuto centinaia di lettere che deploravano i metodi antisemiti utilizzati nella lotta contro l'Opposizione. Ad una delle sessioni del Politburo, io scrissi un appunto a Bucharin: "Tu non puoi non sapere che nella battaglia contro l'Opposizione vengono utilizzati metodi demagoghi da Cento Neri (antisemitismo, ecc.)". Bucharin mi rispose evasivamente sullo stesso pezzo di carta: "Esempi personali sono certamente possibili". Io scrissi nuovamente: "Io non sto pensando ad esempi individuali, ma ad una sistematica agitazione portata avanti nelle grandi imprese moscovite. Sarai d'accordo a venire con me per investigare su un esempio di ciò alla fabbrica di 'Skorokhod' (ne conosco altri di tali esempi)". Bucharin rispose: "Va bene, possiamo andarci". Invano ho tentato di fargli mantenere questa promessa. Stalin gli ha categoricamente vietato di farlo. Nei mesi della preparazione dell'espulsione dell'Opposizione, degli arresti, degli esili (avvenuti nella seconda metà del 1927), l'agitazione antisemita assunse un carattere completamente sfrenato. Lo slogan, "Battere l'Opposizione", spesso ha preso l'aspetto del vecchio slogan "Battere gli ebrei e salvare la Russia". La faccenda andò così lontano da costringere Stalin a pubblicare una dichiarazione scritta che affermava: "Noi lottiamo contro Trotsky, Zinov'ev e Kamenev non perché essi sono ebrei ma perché sono Oppositori", ecc. Ad ogni persona politicamente pensante fu completamente chiaro che questa dichiarazione volontariamente equivoca, diretta contro gli "eccessi" di antisemitismo, allo stesso tempo nutriva con completa premeditazione questo sentimento. "Non scordate che i leader dell'Opposizione sono - ebrei". Questo fu il significato della dichiarazione di Stalin, pubblicata in tutti i giornali sovietici.

    Quando l'Opposizione, per affrontare direttamente la repressione, procedette in una più decisiva ed aperta battaglia, Stalin, nella forma di una "burla" assai significativa, disse a Piatakov e Preobrazhensky: "Voi almeno state lottando contro il CE brandendo pubblicamente le vostre asce. Questo prova 'l'ortodossia' delle vostre azioni. Trotsky invece lavora astutamente e senza accetta". Preobrazhensky e Piatakov mi riferirono di questa conversazione con sommo disgusto. Dozzine di volte Stalin ha tentato di contrapporre a me il cuore "ortodosso" dell'Opposizione.

    Il ben noto giornalista radicale tedesco, ex-editore di Aktion, Franz Pfemfert, ora in esilio, mi scrisse nell'agosto 1936:

    "Forse ricordi che molti anni fa io dichiarai su Aktion che molte azioni di Stalin possono trovar spiegazione nelle sue tendenze antisemite. Il fatto che in questo mostruoso processo lui, per mezzo di Tass, è stato capace di 'correggere' i nomi di Zinov'ev e Kamenev rappresenta, di per sé, un gesto di stile tipicamente Streicheriano. In questo modo Stalin ha dato il segnale di 'Via' a tutti i senza scrupoli elementi antisemiti".

    Di fatto i nomi Zinov'ev e Kamenev, sembrerebbe, sono più famosi dei nomi Radomislyski e Rozenfeld. Quali altri motivi potrebbe aver avuto Stalin di far conoscere il "vero" nome delle sue vittime, eccetto quello di far leva sugli umori antisemiti? Tale atto, privo della minima giustificazione legale, fu, come abbiamo visto, similmente compiuto sul nome di mio figlio. Ma, indubbiamente, la cosa più sorprendente è il fatto che tutti e quattro i "terroristi" secondo quanto si dice mandati da me dall'estero, risultano essere tutti ebrei e - allo stesso tempo - agenti dell'antisemita Gestapo! Giacché io non ho mai visto nessuno di questi sfortunati, è chiaro che il GPU ha deliberatamente scelto loro a causa delle loro origini razziali. E il GPU non agisce di sua propria iniziativa!

    Ancora: se tali metodi sono utilizzati nelle alte sfere, laddove la responsabilità di Stalin è assolutamente inquestionabile, allora non è difficile immaginare ciò che accade nel resto della società, nelle fabbriche e specialmente nei kolkhoz. E come potrebbe essere altrimenti? Lo sterminio fisico della vecchia generazione bolscevica è, per qualsiasi individuo pensante, un'incontrovertibile espressione della reazione termidoriana, e nel suo stadio più avanzato. La storia non ha mai visto alcun esempio in cui la reazione che ha seguito l'ondata rivoluzionaria non sia stata accompagnata dalle più sfrenate passioni scioviniste, antisemite su tutte.

    Nell'opinione di alcuni "amici dell'URSS", i miei riferimenti allo sfruttamento di tendenze antisemite da parte di una fetta considerevole della presente burocrazia, rappresentano una maliziosa invenzione costruita allo scopo di lottare contro Stalin. È difficile discutere con "amici" di professione della burocrazia. Queste persone negano l'esistenza della reazione termidoriana. Essi accettano persino i processi di Mosca nel loro valore di facciata. Non esistono "amici" che visitano l'URSS con l'intenzione di trovarvi macchie. Non pochi di essi ricevono speciali pagamenti per la loro solerzia nel guardare solo ciò che viene loro indicato dal dito della burocrazia. Ma disgrazia a quei lavoratori, rivoluzionari, socialisti e democratici che, nelle parole di Pushkin, preferiscono "un'illusione che ci esalti" all'amara verità. Uno deve prendere la vita così come è. È necessario trovare nella realtà medesima la forza per sconfiggere le sue caratteristiche reazionarie e barbariche. Questo è ciò che il marxismo ci insegna.

    Alcuni aspiranti "eruditi" hanno perfino accusato me d'avere "improvvisamente" sollevato la "questione ebraica" e di voler creare qualche sorta di ghetto per gli ebrei. Io posso solo scrollarmi le spalle per compassione. Ho vissuto la mia vita intera al di fuori dei circoli ebraici. Ho sempre lavorato nel movimento proletario russo. Sfortunatamente non ho neppure imparato a leggere la lingua ebraica. La questione ebraica non ha mai occupato il centro della mia attenzione. Ma ciò non significa ch'io ho il diritto di chiudere gli occhi di fronte al problema ebraico che esiste e che richiede una soluzione. "Gli Amici dell'URSS" si sentono soddisfatti con la creazione di Birobidjan. Io non mi soffermerò a questo punto su considerazioni sul fatto se esso sia stato o meno costruito su solide basi, o su che tipo di regime lì esista. (Birobidjan non può far altro che riflettere i vizi del dispotismo burocratico). Ma neppure un singolo individuo pensante e progressista si opporrà al fatto che l'URSS ha designato uno speciale territorio per quei cittadini che si sentono ebrei, che usano la lingua ebraica preferendola a tutte le altre e che desiderano vivere come una massa compatta. È o non è questo un ghetto? Durante il periodo della democrazia sovietica, di migrazioni completamente volontarie, non si sarebbe potuto parlare di ghetti. Ma la questione ebraica, per la maniera in cui la sistemazione degli ebrei è stata portata avanti, assume un aspetto internazionale. Non abbiamo forse ragione nel dire che una federazione socialista mondiale avrebbe reso possibile la creazione di una "Birobidjan" per quegli ebrei che avessero desiderato avere una propria autonoma repubblica come arena della propria cultura? Si può assumere che una democrazia socialista non farebbe ricorso all'assimilazione forzata. Potrebbe tranquillamente darsi che entro due o tre generazioni i confini di una repubblica ebrea indipendente, come di molte altre regioni nazionali, vengano cancellati. Non ho né il tempo né il desiderio di meditare su questo fatto. I nostri discendenti sapranno meglio di noi cosa occorre fare. Io sto pensando ad un periodo storico di transizione nel quale la questione ebraica, come tale, è ancora acuta e richiede adeguate misure da parte della federazione mondiale degli stati proletari. Gli identici metodi usati per risolvere la questione ebraica, che sotto il decadente capitalismo hanno carattere utopico e reazionario (Sionismo), prenderanno, sotto un regime di socialista federato, un significato reale e salutare. Questo è ciò che io volevo evidenziare. Potrebbe un qualsiasi marxista, o persino un qualsiasi coerente democratico, obiettare a ciò?
    "


    Shalom!!!

  9. #9
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    Predefinito pardon egregio...

    originally posted by rag. PierFrancesco:

    ... tanto per chiarire la complessità del problema della relazione fra marxismo-leninismo-stalinismo e "questione ebraica", soprattutto in relazione alla storia dell'Unione Sovietica dopo la morte di Lenin, ecco questa testimonianza del principale avversario di Stalin all'interno del partito bolscevico...

    egregio
    comprenderai bene che un mattone quale quello da te postato sia alquanto indigesto... in specie subito dopo mangiato...

    Non potresti addurre un... ecco una specie di 'bigino', quello che, come sicuramente ricorderai, si usava consultare al liceo prima delle interrogazioni?...

    con infinita cordialità!...


    --------------

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    Predefinito

    Ti posto invece questo più breve brano da uno scritto documantato di Claudio Veltri:

    " Durante il Grande Terrore, tra i dieci milioni di vittime delle purghe, fu eliminato circa mezzo milione di ebrei. Tra i più rilevanti, fu ucciso Lev Borisovic Kamenev, uno dei cinque massimi dirigenti bolscevichi, cognato di Trotzkij, che dopo la morte di Lenin aveva fatto parte con Stalin della trojka al governo. Assieme a lui, dopo un grande processo pubblico, fu giustiziato l'ex capo del Comintern Grigorij Evseevic Zinov'ev, il cui vero cognome era Radomyl'skij, anche lui ex membro della trojka. Nikolaj Ivanovic Bucharin, il "beniamino di tutto il Partito" Lenin), che aveva appoggiato Stalin contro Zinov'ev e Kamenev, come già lo aveva appoggiato contro Trockij, per ironia della sorte fu accusato di trotzkismo e giustiziato nel 1938.

    Questa operazione continuò anche negli anni Quaranta. "Un'intera generazione di sionisti ha trovato la morte nelle prigioni sovietiche, nei campi, in esilio", ha scritto il dottor Julius Margolin, che venne detenuto in vari campi di concentramento nella regione del Baltico e del Mar Bianco dal 1940 in poi. Margolin ha anche detto che nel mondo esterno nessuno, nemmeno i sionisti, hanno fatto alcunché per salvarli. (David Dallin e Boris Nikolaevskij, Il lavoro forzato nella Russia sovietica, Sapi, Roma 1949).

    Il fatto che gli ebrei epurati fossero così numerosi non passò inosservato nell'Unione Sovietica. Un vecchio ufficiale zarista avrebbe detto al suo compagno di cella: "Finalmente i sogni del nostro amato Nicola [II], che egli era personalmente troppo debole per tradurre in realtà, si sono realizzati. Le prigioni sono piene di ebrei e bolscevichi" (Roy A. Medvedev, Lo stalinismo, Mondadori, Milano 1972, p. 436).

    Un anno prima dell'inizio della seconda guerra mondiale, il direttore dei campi di concentramento sovietici, Genrich Jagoda, venne giustiziato assieme a Nikolaj Ivanovic Bucharin, a Rykov, a Lev Grigor'evic Levin e agli altri imputati degli ultimi processi pubblici della purga. Erano quasi tutti ebrei. A Jagoda succedette N. Ezhov, che gestì il terrore per quattro anni.

    A Ezhov succedette Lavrentij Pavlovic Berija. Era nato il 29 marzo 1899 a Mercheuli (ad alcuni chilometri dal Mar Nero), un villaggio i cui abitanti appartenevano alla popolazione dei Mingreli. Ma la madre di Berija proveniva da Tekle, un villaggio abitato soprattutto da ebrei e da un popolo affine, i caraiti. Secondo Georges Bortoli (The Death of Stalin, Phaedon, London 1975, p. 193) Berija era ebreo per parte di padre. Quando Berija assunse l'incarico di capo della polizia segreta, che contava un milione e mezzo di agenti, erano ormai pochi gli ebrei di rilievo che rimanevano nelle gerarchie del partito, delle forze armate e degli organi di sicurezza. Tra costoro, Berija ebbe il compito di liquidare Béla Kun (Kohen), il capo della rivoluzione comunista ungherese del 1919, poi esecutore del terrore in Crimea. Béla Kun, che era in prigione dal 1937, fu ucciso il 30 novembre 1939.

    Stalin epurò anche tutti i capi delle sezioni ebraiche che si erano adoperati sotto la sua direzione per cancellare la vita ebraica organizzata. Quasi tutte le istituzioni culturali ebraiche che rimanevano in vita - comprese 750 scuole in cui si insegnava in yiddish - furono chiuse tra il 1934 e il 1939. Il principale strumento di Stalin in tale operazione fu Samuel Agurskij, già anarchico e membro del Bund ebraico, che aveva diretto la prima campagna di Stalin contro le organizzazioni politiche, religiose e culturali ebraiche. Costui venne gettato in una cella e accusato di far parte della "clandestinità ebraica fascista", alcuni membri della quale, come Moishe Litvakov e Esther Fromkin, furono giustiziati.

    Il 3 maggio 1939 Stalin licenziò improvvisamente il ministro degli esteri Maksim Litvinov, un ebreo che aveva ricoperto questa carica per dieci anni, e lo sostituì con l'ariano V.M. Molotov, che firmò di lì a poco il patto di non aggressione tra l'URSS e il Terzo Reich.

    Subito dopo, a Brest Litovsk, Stalin fece consegnare alla Germania circa seicento membri del partito comunista tedesco, per lo più ebrei. Uno di costoro era Hans David, il compositore di "musica degenerata".

    Dal settembre 1939 al luglio successivo, in seguito alle annessioni sovietiche, due milioni di ebrei dei tre stati baltici, della Polonia orientale, della Bessarabia e della Bucovina passarono sotto l'URSS. I dirigenti delle società ebraiche attive presso queste comunità furono mandati in Siberia; tutte le organizzazioni e le istituzioni sioniste furono chiuse.

    Nella zona polacca occupata dai Sovietici, a partire dal febbraio 1940 l'NKVD di Berija arrestò e deportò circa mezzo milione di ebrei. Molti morirono durante il viaggio per la Siberia. Arthur Koestler avrebbe definito questa azione di Stalin e Berija "deportazioni in massa su una scala finora non riscontrata nella storia, [deportazioni che] furono i principali metodi amministrativi di sovietizzazione" (Il Yogi e il commissario, Bompiani, Milano 1947, p. 282). Julius Margolin, che si trovava a Leopoli nell'Ucraina occidentale, riferisce che nella primavera del 1940 "gli ebrei preferivano il ghetto tedesco all'uguaglianza sovietica".

    Le liste di Berija erano divise in varie categorie, una delle quali era la "controrivoluzione nazionale ebraica", che comprendeva sia i sionisti sia i bundisti antisionisti. Uno degli ebrei polacchi arrestati era Menachem Begin, giovane dirigente sionista; furono arrestati anche Henryk Ehrlich e Viktor Alter, fondatori del Bund polacco, il partito ebraico più importante del paese. Nel 1941, dati i legami dei due dirigenti del Bund con i sindacati americani, Berija approvò in linea di principio che essi organizzassero un comitato ebraico antinazista con base nell'URSS; ma Stalin scrisse sulla richiesta che gli era pervenuta in relazione a tale progetto: "Rasstrelijat oboich" (Fucilarli tutti e due). La loro fucilazione scatenò una tempesta nell'ebraismo statunitense.

    Per controbilanciare questo scandalo, nel 1943 furono inviati in missione negli USA l'attore e regista teatrale Solomon Mikhoels, alias Vovsi (fondatore del Teatro Jiddish di Mosca) e il noto poeta jiddish Icik Solomonovic Feffer, in qualità di rappresentanti del Comitato Antifascista Ebraico. Quando giunsero in America, furono accolti da Nahum Goldmann, Albert Einstein, Chaim Weizmann, Marc Chagall e altre celebrità del mondo ebraico. In settembre, i due conclusero un accordo di assistenza coi funzionari del Joint Distribution Committee of American Funds for the Relief of the Jewish War Sufferers, la potente organizzazione ebraica nata il 27 novembre 1914 per iniziativa di banchieri quali i Warburg (Felix M. Warburg ne fu appunto il presidente), gli Schiff, i Kuhn, i Loeb, i Lehmann e i Marshall, i Rosenwald.
    "

    Shalom!!!

 

 
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