"MALEDETTI, MALEDETTI ASSASSINI"
Testimonianza tratta da "Carità e Tormento" memorie di una Crocerossina di Antonia Setti Carrara
Mursia edit. 1982 - pagg 273, 278. 295 - 296 ( date indicative n.d.r.)
(Torino, primi di maggio 1945)
" Accanto al reparto dei feriti e congelati della divisione, vi era una stanzetta dove un tenente della X Mas ferito alla colonna vertebrale e completamente paralizzato dalla vita in giù, se ne stava isolato assieme alla madre. Era di Trieste e la madre lo
curava già da parecchio tempo. Non aveva che quel figliolo. Un pomeriggio che ricorderò sempre come un incubo, quattro uomini armati irruppero in quella stanzetta, afferrarono quel povero corpo martoriato, lo presero due per le ascelle e due per i piedi e cercarono di portarlo fuori dal locale. Nessun medico, nessun infermiere, nessuna sorella cercò di fermarli. La madre intuì ogni cosa e si gettò, urlando sul figlio e con la forza della disperazione lottò per strapparlo a quei violenti. Dritta sulla soglia della stanzetta, a broccia aperte, tentava d'impedire il passaggio del corpo del figlio picchiando a pugni chiusi chi lo trasportava, difendendo disperata la sua creatura. Era tremendamente sola, La colpirono con un pugno tra gli occhi ed egualmente la donna, perdendo sangue dal naso, si batteva con la forza di un leone; a quel punto si gettò a terra tra le gambe di quegli uomini e allora uno di questi la prese per i capelli e la trascinò per la corsia. La donna perdeva ciocche di capelli, ma continuava a dibattersi non cessando mai di Invocare aiuto. Poi, rìalzatasi di colpo, si gettò nuovamente sul corpo del figlio che veniva continuamente strattonato qua e là ed era ormai seminudo, con le mediazioni pendenti dalla ferita riaperta. II tenente non apri mai bocca, solo allungò una mano e strinse quella della madre ricoperta di sangue. Sempre silenziosamente prese ad accarezzare quella. povera mano e poi se la portò alle labbra. Trovava ancora la forza di tacere, Fu trascinato davanti ai letti dei soldati. Ci fu chi si alzò in piedi di scatto e chi si coprì il volto con le coperte per non vedere e per non sentire, lo pensavo alle campane di Torino che avevano suonato per annunciare a tutto il paese che la guerra era finita. Pensavo all'amore che era scomparso e all'odio che divorava gli esseri che mi attorniavano. Ora gli urli della donna non avevano più nulla di umano. Il triste corteo passò il cortile seguito dagli occhi di decine di persone senza, che nessuno intervenisse o sbarrasse il passo a chi trasportava quel ferito, I volti dei trasportatori erano divenuti paonazzi, gli occhi induriti. All'uscita dell'ospedale un capannello di persone fece cerchio attorno a quei quattro che ora cercavano invano di far entrare il ferito in un camioncino sporco ed ingombro di oggetti. Ma non vi riuscivano. Allora con un moto di stizza e di rabbia buttarono a terra quel corpo martoriato e scaricarono su di lui i loro mitra. Spararono tutti e quattro assieme. Per ore nelle nostre orecchie risuonò martellante l'urlo della povera madre: " Maledetti, maledetti assassini ", " (Torino. 26 / 27 aprile 1945) " ...avevamo poca fiducia anche in coloro che portavano la veste talare perché quasi sempre, in quei giorni, li avevamo visti schierarsi dalla parte vincente,,," (Torino, 25 / 26 aprile 1945) " ...A spinte e a urloni ci portarono al vicino ponte sul Po e ci fecero guardare giù. L'acqua che era bassa e sembrava ferma, brulicava di cadaveri, A testa in giù, a broccia aperte, a gambe divaricate, a faccia in su, a pezzi o tutti interi, giovani, ragazzi, uomini, donne, fanciulle giacevano scomposti, aggrovigliati, ammassati, paurosi a vedersi, atroci nelle posizioni, ",,, " Mai avevo visto, nemmeno in prima linea, un massacro simile. Gli autocarri arrivavano continuamente con altri cadaveri: gli impiccati avevano ancora la corda al collo." "... chiamò con un fischio i nostri due "custodi" e li portò via promettendo di farli assistere ad un grande festino. " Li ammazziamo con gli autocarri > , disse, < riducendoli con tutte le ossa rotte.