Tesi sul cantautore padano Van De Sfroos

19/2/2003



MILANO

«Con quel nome lì, all´inizio pensavo fosse olandese». E invece era già vittima di un colpo di fulmine intellettuale per Davide Van De Sfroos, nato Bernasconi a Mezzegra provincia di Como, il cantautore più amato dal popolo della Padania. E da ieri oggetto di una tesi di laurea all´Università Cattolica fondata da padre Agostino Gemelli, presentata da Flavia Maria Brambilla di Calzo provincia di Lecco, 36 anni, impiegata comunale, padana che più padana non si può stando al cognome e al pedigree. «Sì, ma solo per le origini, dato che politicamente non sono schierata da nessuna parte», fa lei, niente di verde addosso, nemmeno la copertina della tesi, marocchino rosso e fregi in oro: «Il linguaggio dialettale e la creatività». Però prima di discutere il suo lavoro, Flavia Maria Brambilla largheggia sulla Padania, nel senso del quotidiano. E fa niente se l´idea di dare una tesi su un artista vivente era già venuta a Nanni Moretti, film «Eccebombo», metà Anni Settanta. Trenta anni dopo non c´è più niente da ridere. O almeno non ci trova niente Davide Van De Sfroos, presente alla tesi per una volta in giacca e cravatta - «Ho rispetto per la situazione», dice della sua mise - e all´ennesimo taccuino aperto fa arrivare una pillola di saggezza: «Bella responsabilità. Se avesse fatto una tesi su Nietzsche non avrebbe rischiato niente. Mica la smentiva». Una tesi coraggiosa. Che è piaciuta anche ai docenti della prestigiosa università milanese che hanno premiato la studentessa con il massimo dei massimi, undici punti. Fino al 110, però senza lode. Occhio appannato dalle troppe telecamere e dai troppi microfoni, Flavia Maria Brambilla ha ritrovato lucidità solo quando si è seduta davanti alla Commissione. In cinque minuti ha snocciolato la sua tesi, 140 pagine frutto di due anni di lavoro: «Il dialetto fa parte della nostra cultura. E´ importante quanto la lingua. Nell´arte e nella cultura ha un peso enorme. Sono in pochi a conoscerlo? Pochissimi conoscono il norvegese eppure tutti sanno chi è Bijork». Veramente Bijork è islandese ma il discorso fila lo stesso. «Ho voluto raccontare i testi ma anche il pubblico dei concerti. Sono ragazzini che parlano italiano ma anche dialetto, il dialetto dei nostri giorni. Davide l´ho visto quattro volte dal vivo». A Davide Van De Sfroos, 4 cd, 25 mila copie dell´ultimo, piace questo nuovo ruolo. Del resto uno che si fa chiamare «Davide Va di frodo» come potrebbe tradursi il suo nome d´arte, non sfigura nemmeno come cattedratico. Né quando spiega il suo dialetto del lago di Como: «L´ho cantato anche nel Salento, hanno fatto lo sforzo di capirmi. Perché il mio dialetto non sa di naftalina». Né quando deve smentire per l´ennesima volta la sua liaison con la Lega di Umberto Bossi, ultimo appuntamento sabato sera per l´elezione di miss Padania: «Vado da loro come dai sindacati. L´ho spiegato anche in una trasmissione di cinque ore a Radio Padania Libera che non sono leghista. Io non sono uno che si fa soffocare dalle etichette e dalle appartenenze». Poi via per una nuova trasmissione da registrare a Radio Padania Libera. Mentre la neodottoressa in Scienza della Comunicazione si gode la laurea e sogna di continuare lo studio dei dialetti in un centro elvetico. Se ne vanno anche le telecamere che hanno ripreso le immagini per tutti i telegiornali della sera. Non capita spesso che una tesi di laurea faccia tanto scalpore prima di essere discussa. Giornalisti e fotografi e operatori, incuriosiscono anche Milena Santerini, stesso corso di laurea, tesi sul linguaggio e sulla comunicazione delle organizzazioni missionarie. Chiede perché ci sono le telecamere. E chi è il cantante. Poi dice solo «ah».