Alla Camera l'Ulivo vota compatto, il Correntone Ds vota anche la mozione del Prc
di red
Per prima si vota la risoluzione di Rifondazione (che a Palazzo Madama può contare solo su due seggi). Il conteggio, in questo caso, avviene col sistema elettronico: 31 voti a favore, 154 no. Poi si vota il documento dell'Ulivo: 124 sì e 149 no. E un dato balza subito agli occhi: nonostante le polemiche, il centrosinistra s'è rivelato compatto. Poi si vota la mozione delle destre: approvata per alzata di mano. S'è conclusa così la lunga mattinata di discussione al Senato sulla crisi irachena.
Mentre alla Camera il lungo e a tratti aspro dibattito sulla crisi irachena si è concluso con l'approvazione della mozione presentata dalla maggioranza (301 voti a favore, 236 contrari e 4 astenuti). La mozione presentata dall'Ulivo ha ottenuto 227 voti favorevoli e 311 contrari con 4 astenuti. La risoluzione presentata da Fausto Bertinotti è stata respinta con 320 contrari e 48 favorevoli.
Lla mozione che chiedeva l'esilio di Saddam, prima presentata da Pannella, poi fatta propria dall'Udc e da una decina di parlamentari tra cui Boato, ritirata su richiesta del ministro Frattini a metà pomeriggio e infine ripresentata a sorpresa, da La Russa, alla fine è stata votata per parti separate e approvata solo nella parte relativa alla richiesta di esilio e non quella che riguarda il governo provvisorio dell'Onu.
Sono stati 48 i deputati che hanno votato a favore della mozione di Rifondazione comunista sulla crisi irachena. Il testo in cui si diceva un no netto alla guerra ha ottenuto il consenso oltre che di Bertinotti e compagni (10 voti) anche di esponenti dell'Ulivo: sinistra Ds,Verdi e Pdci. Dal correntone Ds sono arrivati 27 voti (Bandoli, Bellini, Bielli, Buffo, Calzolaio, Cialente, Crucianelli, Dameri, Duca, Folena, Fumagalli, Gasperoni, Grandi, Grignaffini, Grillini, Leoni, Lolli, Mussi, Panattoni, Pinotti, Pisa, Sabattini, Sasso, Sciacca, Soda, Trupia, Zanotti); 7 dal Pdci (Bellillo, Cossutta
Armando, Cossutta Maura, Diliberto, Pistone, Rizzo, Vertone); 4 Verdi (Cima, Lion, Pecoraro Scanio, Zanella).
Una conclusione che comunque avrà anche strascichi di polemiche. Polemiche annunciate da una battuta di Gavino Angius, il capogruppo dei diesse, all'uscita dalla seduta. «Trovo grottesco che il correntone abbia votato anche il documento di Rifondazione, che è alternativo al nostro. Hanno chiesto che ci fosse un dibattito in aula, hanno chiesto che l'Ulivo presentasse una sua mozione unitaria e poi votano anche quello di Rifondazione... grottesco».
Le polemiche rischiano però di far passare in secondo piano il dato politico a cui si accennava prima: la compattezza nella file dell'Ulivo. Neanche una defezione. E rischiano soprattutto di oscurare il dibattito politico. Avviato da una relazione del premier. Che è arrivato addirittura ad attribuire all'opera del suo governo «il recupero di unità d'intenti dell'Europa». Poi ha insistito: «La linea del nostro esecutivo non è cambiata e resta coerente, ancorata all'appartenenza all'Unione europea, al legame euroatlantico, al riconoscimento dell'Onu e del Consiglio di sicurezza come sede primaria per la ricerca di una soluzione pacifica di questa crisi».
Salvo poi aggiungere, subito dopo: «Gli Usa non resteranno soli nell'impresa di impedire la proliferazione delle armi di distruzione di massa...».
E' stato, allora fin troppo facile per l'opposizione lanciare l'accusa di ambiguità a quest'atteggiamento. Gavino Angius, per esempio: «In queste settimane il governo italiano si è mosso su tutt'altra linea. Altri hanno costruito quella risoluzione del Consiglio d'Europa che è stata oggi esaltata dal Presidente del Consiglio. Il governo italiano si è mosso sostenendo le iniziative unilaterali dell'amministrazione Bush, che erano sbagliate e che hanno avuto una battuta d'arresto sia nel Consiglio di sicurezza dell'Onu, sia nel Parlamento europeo, che nel Consiglio d'Europa».
E allora di quale linea parla Berlusconi? «Di quella stabilita da Martino nel suo incontro con Rumsfeld, quando ha garantito agli Usa l'uso di tutte le infrastrutture italiane per la guerra preventiva?».
Nel dibattito è intervenuto anche Giulio Andreotti. Il senatore a vita - pronunciando una durisisma e inappellabile condanna della filosofia sottesa alla guerra perventiva - ha invitato la maggioranza a integrare il proprio documento con l'ultimo paragrafo della mozione dell'Ulivo. Laddove si chiede comunque un voto parlamentare prima di impegnarsi in qualsiasi avventura militare.
E al proposito Andreotti ha ricordato un precedente storico: quello del 1914 quando l'Italia entrò nella prima guerra mondiale anche se la maggioranza della Camera dei Deputati era contraria all'intervento. «Il fatto che ci siano dei precedenti - ha sillabato Andreotti in aula- non l'autorizza signor Presidente a ripetere questa non considerazione del Parlamento». La destra ha subito accolto l'invito. E si è andati al voto. Dei risultati abbiamo già detto.
Dopo il Senato la discussione è ricominiata alla Camera. Qui, Berlusconi ha aggiunto le sue solite valutazioni sull'opposizione: «Incomprensile come si sta comportando». Dal canto suo l'Ulivo, attraverso le parole di Rutelli scambiate fuori dall'aula con i giornalisti, ha fatto sapere che voterà solo il suo documento. Non voterà il documento delle Case della Libertà, neanche emendato da Andreotti.
Fabio Mussi, vicepresidente della Camera, esponente del Correntone
ha rivolto un appello a Rifondazione perchè faccia convergere i suoi voti anche sulla mozione dell'Ulivo. «Guardo con favore a tutte le mozioni che si
esprimono contro la guerra - ha affermato Mussi - ci sono cose che condivido nella mozione del Prc anche se essendo stata presentata molto tempo fa non dà conto degli sviluppi. Chiedo al Prc di valutare bene la mozione dell'Ulivo, è il momento della responsabilità e della chiarezza di tutti coloro che vogliono la pace». Per Mussi quindi di fronte alla «condotta zig-zag del Governo c'è il dovere di unità tra tutte le opposizioni».
Ma il Prc non vuole votare la mozione dell'Ulivo perchè non esclude la guerra e disconosce l'appello degli organizzatori della manifestazione di sabato a Roma, che si oppone alla guerra senza no e senza ma. Il segretario del Prc Fausto Bertinotti argomenta il no che Rifondazione ha ribadito all'Ulivo per una possibile convergenza in Parlamento sulla crisi irachena. «Da sabato ad oggi -ha osservato il leader del Prc- sembra passato un secolo. Sentiamo rullare i tamburi di guerra, il governo è
decisamente su questa frontiera e trovo francamente sconcertante che
anche il centrosinistra voti una mozione di grande ambiguità».
Un appello all'opposizione, o meglio a una parte dell'opposizione, a votare la mozione della maggioranza è venuto da Frattini, ministro degli Esteri, che chiesto in questo modo di riconoscere al governo l'impegno profuso «per una posizione unica a livello europeo».
I pacifisti del comitato "Fermiamo la Guerra", promotori della manifestazione di Roma, riuniti in «unità di crisi» all'albergo Nazionale dove seguono in diretta radiofonica il dibattito sulla guerra alla Camera, esprimono la loro delusione per la mozione presentata dal centrosinistra. Dice Alfio Nicotra, «nella riunione di giovedì scorso i Ds ci avevano assicurato che la loro posizione sarebbe stata contro la guerra anche se avallata dall'Onu. Di questo non c'è traccia nella mozione dell'Ulivo, anzi l'uso della forza viene ampiamente considerato».
Alla riunione dell'unità di crisi ci sono un pò tutti i rappresentanti delle realtà che hanno promosso la manifestazione del 15 febbraio a Roma: da Raffaella Bolini dell'Arci al
Disobbediente Anubi D'Avossa, da Piero Bernocchi dei Cobas ad Alessandra Mecozzi della Fiom, Gennaro Migliore, responsabile relazioni estere del Prc fino al verde Paolo Cento, che ancora non può partecipare ai lavori dell'Aula per via del provvedimento
di espulsione del 6 febbraio scorso.
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