Il nuovo vescovo ausiliare di Baghdad, Mons. Andraos Abuna, considera le sanzioni imposte all'Iraq"un'arma di distruzione di massa". Il prelato ha dichiarato in un'intervista al settimanale americano "The National Catholic Reporter" che le sanzioni dell'ONU imposte su pressione americana hanno già fatto un milione di morti. "I politici hanno i loro propri interessi, il più delle volte per ragioni economiche", ha affermato. Durante i bombardamenti alleati su Baghdad, nel corso della prima Guerra del Golfo, il prelato caldeo si trovava nella capitale irachena, non lontano da un rifugio della protezione civile preso di mira dall'aviazione americana. La distruzione del rifugio di al-Amirya, vicino alla sua chiesa parrocchiale, il 13 febbraio 1991, è costato la vita a quasi 800 civili, in maggioranza donne e bambini.
L'arcivescovo cattolico di Bassora, nel sud dell'Iraq, Mons. Gabriel Kassab, lancia ugualmente un grido d'allarme e descrive la situazione del popolo iracheno con queste parole:"Quando una donna partorisce da noi, non guarda se il bebè è un maschietto o una femminuccia, bensì se è munito di due mani, di due piedi e due orecchie o se ha delle malformazioni".
L'Iraq ha conosciuto 8 anni di conflitto con l'Iran, in due fasi, più le sei settimane della guerra del Golfo nel 1991:"Questa guerra non è durata solo 42 giorni, continua ancora. Ogni giorno, soprattutto da due mesi, degli aerei americani e britannici sorvolano il nostro territorio e a volte sganciano delle bombe che uccidono la popolazione. Inoltre vi sono delle sanzioni che rappresentano un'altra forma di guerra e uccidono ugualmente, anche se si muore più lentamente", sottolinea Mons. Kassab. Egli considera "spaventosi" gli effetti delle ostilità, come le conseguenze dovute al tipo di armi utilizzate. "Si registrano molti aborti spontanei al settimo mese.
In questi ultimi anni, i casi di leucemia sono di sei volte superiori alla norma e numerosi bambini di Bassora muoiono di questa malattia. Si soffre per delle nuove malattie che i medici non riescono a identificare".
La popolazione deve inoltre affrontare la mancanza dell'acqua potabile, le ripetute interruzioni dell'elettricità, la scarsità di medicine e di infrastrutture negli ospedali, la crisi dell'edilizia, la disoccupazione, il forte calo della scolarità."Numerosi bambini e ragazzi abbandonano le scuole per fare dei piccoli mestieri e permettere alle famiglie di sopravvivere".
Un altro prelato, Mons. Mikhael Al Jamil, rappresentante della chiesa siro-antiochiena, afferma:"Non è il terrorismo all'origine di questa crisi.
Neppure la questione di sapere se l'Iraq possieda o meno armi di distruzione di massa. E' sufficiente vedere che altri Paesi le possiedono. Sono solamente delle scuse per dividere l'Iraq e potere così utilizzare più facilmente il petrolio e tutte le ricchezze del Golfo. Se l'Iraq fosse uno stato povero, avrebbe meno problemi. Vi è inoltre la questione israeliana, alla base della volontà di Washington di colpire l'Iraq. Israele è un paese che ha paura della pace e delle sue conseguenze.I suoi governanti considerano che non possono vivere in pace in mezzo ai Paesi arabi, in quanto vi è la questione palestinese. Perciò sostengono gli USA con l'obiettivo di indebolire i Paesi arabi sul piano militare e anche su quello economico".