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fonte:
http://www.diario.it/cnt/articoli/IN...olo262bis.html
Pisanu, il custode
di Gianni Barbacetto
«Dunque, dove eravamo rimasti?». È questa la frase più ripetuta, in questi giorni, nei corridoi dei palazzi romani della politica.
Sussurri, perché non sta bene pronunciarla ad alta voce, in un Parlamento nuovo di zecca e in un governo all’anno primo della Nuova Era. Comunque molti personaggi, dopo un’eclissi di un decennio, sono tornati. E si sono piazzati esattamente negli stessi posti dov’erano prima dell’eclissi.
Questore della Camera dei deputati è Francesco Colucci (ieri Psi, oggi Forza Italia), che dopo aver lasciato quel posto aveva subìto arresti e processi. Maurizio Sacconi (ieri Psi area Gianni De Michelis, oggi Forza Italia area Confindustria) è tornato a fare il sottosegretario al Lavoro. Margherita Boniver (ieri Psi, oggi Forza Italia) è sottosegretario agli Esteri. Francesco Nucara (ieri Pri, oggi Pri) è tornato, dopo la bufera della Tangentopoli di Reggio Calabria, a fare il sottosegretario ai Lavori pubblici. Alcuni hanno dovuto fare un passo indietro, come Gianni De Michelis, che ieri fu ministro e oggi è consulente del governo per le politiche internazionali. Altri hanno fatto uno o due passi avanti, come Pierferdinando Casini (ieri Dc, oggi Biancofiore), che è diventato presidente della Camera. Ma il più fortunato tra tutti coloro che hanno fatto un balzo avanti, lasciando le seconde o terze file della politica, è
Giuseppe Pisanu.
Nella cosiddetta Prima Repubblica aveva occupato, come massimo, la poltrona di sottosegretario. Ora è ministro, seppure di uno strano dicastero che Silvio Berlusconi ha dovuto inventare all’ultimo momento per far quadrare i conti: il ministero per l’Attuazione del Programma, dizione un po’ kafkiana o, forse meglio, evocatrice della musiliana Azione Parallela.
Beppe Pisanu è, da sempre, un democristiano. È cresciuto in Sardegna, dove ha saldi vincoli d’amicizia con Armando Corona, che poi diventerà Gran Maestro della massoneria. A Roma, si lega a Benigno Zaccagnini e alle correnti di sinistra della Dc. Entra a far parte di alcuni governi, come sottosegretario al Tesoro e alla Difesa. Fino al gennaio 1983, quando, colpito dall’onda lunga dello scandalo P2 e dal crac del Banco Ambrosiano, è costretto a dare le dimissioni e la sua brillante carriera politica si interrompe. Sembrava per sempre, invece gli è bastato avere un decennio di pazienza. È nell’estate del 1981 che inizia la storia che porta Pisanu alle dimissioni. In Costa Smeralda conosce il banchiere Roberto Calvi. L’uomo del Banco Ambrosiano è già nei guai: sta già cercando di far fronte a un immenso buco nei conti del suo gruppo, e in più sono già emersi i suoi collegamenti con la loggia segreta di Licio Gelli (Calvi, scrivono i giornali, ha in tasca la tessera P2 numero 1624). Pisanu dà credito però a un tipetto svelto, che insiste per fargli conoscere il banchiere: è Flavio Carboni. Carboni è uno che si dà molto da fare: sarà definito «faccendiere», sarà più volte arrestato, sarà coinvolto in molte vicende sporche. Ma a Pisanu, che in quegli anni è il suo padrino politico, appare come un sardo attivo e brillante, a cui dare credito. Lo presenta come un «interlocutore valido per le forze politiche richiamantesi alla stessa aspirazione, cioè quella cattolica». Con queste parole lo definirà davanti al magistrato milanese Pierluigi Dell’Osso, incaricato delle indagini sul banco Ambrosiano.
«Il Carboni», prosegue Pisanu, «si diceva congiuntamente interessato alle televisioni private in Sardegna: ciò in un’ottica di inserimento nella regione del circuito televisivo Canale 5, facente capo al signor Silvio Berlusconi di Milano (tessera P2 numero 1816, ndr.). Il Carboni mi spiegò che il Berlusconi aveva interesse a espandere Canale 5 alla Sardegna, talché lo stesso Carboni si stava interessando per rilevare a tal fine la più importante rete televisiva sarda, Videolina. Sempre riferendosi all’oggetto delle sue attività, il Carboni mi disse di essere in affari con il signor Berlusconi non solo con riferimento all’attività televisiva, ma anche con riguardo a un grosso progetto edilizio di tipo turistico denominato Olbia 2». Pisanu, all’epoca sottosegretario al Tesoro, nei mesi frenetici che precedono la fuga all’estero e la morte di Calvi, incontra il banchiere quattro volte, sempre accompagnato da Carboni. L’ultimo incontro avviene il 22 maggio 1982. Poi, il 6 giugno, il sottosegretario risponde in Parlamento ad alcune interrogazioni sulla situazione della banca di Calvi: la situazione è normale. Pisanu non accenna minimamente alla gravissima situazione debitoria in cui versa il Banco Andino, controllato dall’Ambrosiano. Alla Commissione parlamentare d’inchiesta sulla P2, Angelo Rizzoli dichiarerà: «A proposito dell’Andino, Calvi disse a me e a Tassan Din che il discorso dell’onorevole Pisanu in Parlamento l’aveva fatto fare lui. Qualcuno mi ha detto che per quel discorso Pisanu aveva preso 800 milioni da Flavio Carboni».
Nessuna prova è mai stata trovata. E ora Pisanu è ministro. Dei vecchi amici, ha perso Carboni, ma ha ritrovato Berlusconi. Dei vecchi nemici e implacabili accusatori, uno, Massimo Teodori, all’epoca deputato radicale, è oggi nel suo stesso partito; l’altro, Mirko Tremaglia, è addirittura ministro nello stesso governo. Chissà che cosa si diranno, ripensando ai vecchi tempi.