Mercoledì 26 Febbraio 2003 - 12:44 Ugo Gaudenzi
Disobbedire
Una vera e propria canea si è levata in queste ultime ore per dipingere come “piccolo nostrano asse del male” i disobbedienti di Casarini e le loro manifestazioni di protesta contro i convogli di armamenti diretti alle basi Nato per essere avviati alla guerra d’aggressione all’Iraq.
Senza tema di sprofondare nel ridicolo, illustri commentatori ed arguti politici assunti a figure istituzionali di un certo di calibro hanno colto l’occasione per proporre l’equazione
no-global=socialfascisti, anzi: eguale Mussolini socialista massimalista. Privi, per loro struttura cerebro-culturale o per deliberata ipocrisia non importa, di un benché minimo rispetto per la Storia, hanno tirato in ballo la “Settimana Rossa” (partecipata da repubblicani, come Pietro Nenni e Giuseppe Gaudenzi, da sindacalisti come Alceste de Ambris, da anarchici come Errico Malatesta, da socialisti come Modigliani e Dugoni, per dire il loro “no” ad una guerra coloniale dell’Italietta di Salandra) proponendo sic et simpliciter quel fatto storico - compiuto in un determinato e preciso momento della storia patria, in un mondo a metà tra il risorgimento non compiuto e la guerra in fieri contro le potenze centrali europee, cioè - a mo’ di spiegazione dell’attuale cronaca della protesta contro l’iniqua aggressione atlantica all’iraq.
Mutatis mutandis, visto che quella famosa “settimana rossa” aveva ben altre premesse economiche, sociali e politiche da quelle sciorinate dai politicanti e dai loro corifei, è come se, per spiegare il sì totale di Pannella all’America e a Israele, si proponesse una similitudine con Aristide, il generale ateniese passato al servizio di Serse o di Temistocle passato al servizio di Artaserse. Così vanno le cose in Italia.
Ma torniamo alla sostanza delle cose.
Indubbiamente le azioni di boicottaggio di Casarini & C. sono apprezzabili. Infinitamente apprezzabili se paragonate al vociare confuso della sinistra internazionalista o, peggio, atlantista. O comunque apprezzabili se paragonate al panciafichismo dei panciafondai di casa nostra, sempre pronti a saltellare qua e là, a fare lunghe scampagnate, a utilizzare ogni evento grave e serio per soddisfare la propria vanità impegnata.
Quello che sconforta e preoccupa è però che - salvo la idiota cagnara già citata - il governo, in fondo, tratti questa dìsobbedienza, tratti questi dissidenti, come "discoli", con buffetti sulle guance e con mezzi sorrisi accondiscendenti.
Il governo - con la sua maggioranza - “lascia fare”. Non allerta prefetti o forze dell’ordine, non dichiara l’allarme politico.
Perché? Delle due l’una. O si lascia fare perché occorre appunto un “piccolo nostrano asse del male” da (far) additare (dai due-trecento signorsì che imperversano nei mezzi di comunicazione di massa per “fare un’opinione” democraticamente corretta) all’esecrazione delle forze sane moderate. O si lascia fare perché nulla di meglio, per questo centrodestra liberaldemocratico ed atlantico, che fomentare una definitiva frattura dell’opposizione. Frattura che perpetuerebbe il potere degli atlantici e che addirittura consentirebbe loro di far man bassa di tutte quelle forze margheritianuliviste atlantiche anch’esse.
“Disobbedire”, insomma, non basta, anzi: forse è controproducente. Occorrerebbe invece una mobilitazione senza fine di quel “popolo della pace” composto dalla stragrande maggioranza degli italiani. Riempire le piazze fino all’orlo. Far trangugiare, giorno dopo giorno, veleno ai nostri signorini della guerra, ai nostri “mefistofele-fai-da-te”.
Si può, insomma, disobbedire altrimenti. Con grandi manifestazioni, con piccoli presidii, con autonomi cortei, con scioperi e mille e mille atti di denuncia dell’occupazione militare dell’Italia, dell’Europa, del mondo. E se ci chiameranno socialfascisti, chi se ne frega.
Ugo Gaudenzi