La Wada, nonostante le resistenze di Stati Uniti e diverse federazioni, spera di poter introdurre i nuovi regolamenti da Torino 2006.

COPENAGHEN, 3 marzo 2003 - Non bastano le tensioni per stoppare il cammino del nuovo codice mondiale antidoping. Lunedì si è inaugurata a Copenaghen la riunione della Wada, l’agenzia mondiale antidoping, che dovrà vararlo. Molti i distinguo delle Federazioni che annoverano tra i loro tesserati molti professionisti (ciclismo, calcio, tennis, baseball), ma anche degli Stati Uniti che fanno resistenza soprattutto per le pressioni da parte delle leghe professionistiche.Ora si tratta di lavorare di diplomazia, ci sta provando Mario Pescante, presidente dei comitati olimpici europei e sottosegretario del governo italiano con delega allo sport. Pescante è fiducioso: "Siamo a buon punto, l’80 per cento dei votanti è a favore del nuovo codice". Preoccupa quel 20 per cento? Non tanto, ma porterà a fare slittare l’adozione almeno fino a Torino 2006 o addirittura di Pechino 2008; in realtà il Cio sperava di averlo operativo già da Atene 2004. Intanto, però, i primi passi si stanno compiendo. Cambia la filosofia della lotta al doping. Negli sport di squadra non sarà solo il singolo atleta a pagare con la squalifica, ma si arriverà a punire l’intero team se ci saranno altri positivi dopo un controllo di squadra. Le pene saranno più dure, si va verso la famosa armonizzazione: ora chi si dopa rischierà due anni di squalifica e, in caso di recidività, anche la squalifica a vita. Sono proprio le pene severe, ma anche la posizione degli Stati Uniti, che frenano molte federazioni dall’approvare immediatamente il nuovo codice. Rogge, il presidente del Cio, è però stato categorico: "Il codice va approvato perché il doping attacca la nostra gioventù".