Romano Prodi
L'ingegnosa immensa massa
del magnanimo dottore
quando in strada allegro passa
lì rilascia un gran fetore.
Era quel ch'avea mangiato
o la sua costituzione
non da bocca né da fiato
ammorbava la nazione.
Non il cibo non bevanda
né lavaggi assai infrequenti
non riposo in mal locanda
sempre insieme a puzzolenti
vuoi cattolici baciapile,
comunisti rottinculo
di lor schiavo assai servile
sgobba il cane come un mulo
lui vorrebbe dopo tanto
suo lavoro ignomignoso
esser fatto almeno santo
pur se sporco e rognoso
od almeno avere certa
dall'italico paese
con la bocca sua aperta
un omaggio assai cortese
perchè invidia il coglione
quell'americo potente
che la Monica suzione
rese gaio e divertente.
Di Bologna insigne merda
stessa cosa lui voleva
che il paese pur si perda
ma la sborra mia si beva.
Ecco monta il desiderio
nella sua alta seggia
vuol la feccia esser serio
ma improvvisa una scoreggia
scappa al mortadellone
e fa a molti perder sensi
e sorride la nazione
sceman tutti i suoi consensi.
All'infame ormai non resta
che partire per l'esilio
lui voleva fare festa
di puttana il grande figlio.
Quando il fuoco di passione
brucia i sensi e ancor la mente
dal magnanimo panzone
spira un fiato puzzolente.
Spiego allora qui il motivo
della puzza che si sente
era un albero, l'ulivo
e un bastardo presidente.