Il capogruppo del Carroccio alla Camera critica il discorso del presidente della Repubblica Ciampi
Cè: se si cancellano le identità, si costruisce soltanto un futuro di conflitti
di Mauro Bottarelli
ROMA - «Quello messo in campo dal presidente Ciampi nei confronti dell’immigrazione nel nostro Paese ci è sembrato un approccio decisamente ideologico. Ancora una volta si sostiene come ineluttabile la nascita di una società multirazziale e multireligiosa e, addirittura, si arriva a sostenere ufficialmente la necessità di porre in atto tutti i dispositivi necessari per agevolare e accelerare questo progetto. Un’idea antitetica alla nostra».
Il presidente del gruppo parlamentare della Lega Nord alla Camera, Alessandro Cè, ha letto e riletto le dichiarazioni rilasciate lunedì dal presidente della Repubblica in occasione dell’inaugurazione a Modena della Fondazione Marco Biagi. Una lettura attenta che ha portato l’esponente leghista a una riflessione affidata a questa intervista: ovvero, l’organicità del progetto multietnico nel contesto aperto dal crollo dell’Urss e sviluppatosi con il concetto di “open society” preconizzato da George Soros e dalle lobby mondialiste.
Onorevole Cè, cosa non le è piaciuto del discorso del presidente Ciampi?
«Anzitutto l’impostazione, questo riproporre il dogma dell’ineluttabilità della società multirazziale e multiculturale. Noi ribadiamo che questo modello porta alla scomparsa delle identità civili e religiose sia dei popoli autoctoni che di quelli che emigrano. Continuiamo a non ritenere questa strada l’unica da percorre: la società multirazziale, infatti, non è mai una società integrata ma bensì conflittuale. Due possibili sbocchi per un’unica finalità di appiattimento: o le due culture, quella identitaria e quella derivata dall’immigrazione, non si fondono e si scontrano oppure si omogenizzano annullandosi a vicenda e dando vita a quello che possiamo definire sincretismo culturale. Nel primo caso come nel secondo il risultato finale di concretizza con la scomparsa dell’identità, delle tradizioni e dei valori condivisi, la progressiva scomparsa dei punti di riferimento comuni, lo scardinamento della famiglia come istituzione fondante, l’indebolimento delle comunità fino alla scomparsa dei popoli».
Un progetto pianificato, quello dell’omogenizzazione culturale e religiosa?
«Senza dubbio. Una società simile, conflittuale ma al tempo stesso anonima poiché svuotata delle proprie specificità, non può che rimandare a poteri sempre più lontani, invasivi e distanti dai fondamenti democratici e di rappresentanza. In questa situazione di confusione non può che trionfare la nuova ideologia figlia del rapporto incestuoso tra le consorterie finanziarie internazionali e l’eredità del passato totalitario comunista. E’ chiaro, inoltre, che chi sostiene oggi come oggi la globalizzazione sfrenata e uniformante sono gli stessi personaggi che hanno creato negli anni le precondizioni per gli spostamenti di massa e posto in essere politiche devastanti per la famiglia e la natalità dei Paesi occidentali attraverso messaggi e stili di vita improntati a logiche unicamente edonistiche e di profitto. Dietro il messaggio dell’egualitarismo solidale si nasconde il tentativo di accentrare sempre di più il potere, di rendere sempre più vulnerabili e impotenti le comunità locali rispetto al bombardamento messo in atto dai mass-media, chiamati a veicolare modelli di omogenizzazione culturale e di consumo imposti dalle oligarchie di potere».
Vi sono anche rischi di ordine pratico, concreti?
«Certo, un altro rischio è rappresentato dalla presenza sul nostro territorio di vaste porzioni di immigrati votati al fondamentalismo islamico, di un salto all’indietro nel passato, un ritorno ai tempi in cui non esisteva distinguo tra sfera laica e religiosa della società. Se questo avvenisse - e i presupposti non sono così distanti dal palesarsi - ci troveremo a vivere in un Paese in cui convivono due ordinamenti giuridici, uno dei quali magari terribilmente restrittivo per quanto riguarda la libertà della donna. Questo è inaccettabile. Da sempre la Lega Nord indica un’altra strategia, ovvero quello di aiuto ai popoli attraverso la cooperazione bilaterale oltre a quello politico di intervento per migliorare l’efficienza di organismi internazionali come la Fao, ad esempio, dimostratisi negli anni incapaci di venire incontro alle reali esigenze dei più poveri e diseredati»
Un’ultima domanda, onorevole Cé: cambiando argomento, cosa possiamo dire della modifica dell’articolo 68 giunta all’esame dell’Aula?
«Non possiamo che ribadire quanto diciamo da sempre: noi non vogliamo l’impunità per gli esponenti politici ma è chiaro che chi è eletto dal popolo deve essere giudicato solo dal popolo e non da una magistratura politicizzata come quella italiana. Per noi il principio base resta il rispetto della sovranità popolare: è inaccettabile che i politici non possano governare o debbano farlo sotto schiaffo dei pubblici ministeri».