Alcune persone hanno espresso un giudizio negativo sulla posizione del nostro Centro studi nei confronti del prossimo attacco militare degli USA all'Iraq, considerandola simile a quella dei catto-comunisti.
Il recente articolo del "Corriere della Sera" che proponiamo ricorda la convergenza d'interessi tra gli Alleati angloamericani e l'Unione Sovietica di Stalin durante la seconda guerra mondiale. Al termine del conflitto le potenze Alleate, e in particolare gli USA, consegnarono i Paesi dell'Europa dell'Est al criminale Stalin, per poi proclamarsi baluardo anticomunista dell'Europa occidentale. Oggi lo schema si ripete con l'Islam: il potere mondialista - che ha negli USA il proprio braccio armato - favorisce l'espansione islamica in Europa e nello stesso tempo si proclama baluardo dell'Occidente contro i musulmani. Il Mondialismo americano che dichiara guerra a un Paese arabo come l'Iraq (retto da un dittatore per molti anni finanziato dagli stessi USA) dove i Cristiani godono di piena libertà, è lo stesso potere che stringe alleanza con governi fanaticamente anticristiani come l'Arabia Saudita.


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Gli anni 1940-45

SI ACCENDE UNA POLEMICA SULLE STRAGI DELLA POPOLAZIONE TEDESCA
Uno storico denuncia i crimini degli Alleati
Bombardamenti spietati per aiutare l'Urss

di Geminello Alvi

Per anni e anni l'essere inglesi o tedeschi pareva soltanto il rimasuglio di un fuoco che guerre e ideologie avevano ormai quasi del tutto sopito. E invece riprende a bruciare, per effetto di un vento che almeno dal crollo del Muro soffia e accende giorno dopo giorno quanto sotto le ceneri credevamo estinto. La globalizzazione avrebbe dovuto confonderci, omologare ancora più le culture tra loro, in una multicultura anglofona di consumi e internet. Invece adesso le civilizzazioni e la loro memoria paiono tutte ricercare una loro forma perduta. Come riconferma in questi mesi in Germania anche il libro di Joerg Friedrich, Der Brand, Deutschland in Bombenkrieg 1940-45 (L'incendio, la Germania sotto le bombe). Uno scritto potente che rompe con quanto le ideologie fino a ieri prescrivevano, e ricerca una diversa memoria del passato.
Con questo libro di storia sulla Germania infatti si dice quanto tutti sapevano ma nessuno, tanto meno nelle università o sui giornali, osava dire volentieri ad alta voce: che Hitler e i suoi non furono i soli criminali della Seconda guerra mondiale. Churchill e gli aerei inglesi dal cielo coi loro bombardamenti premeditarono vari stermini della popolazione civile tedesca.
Un'ecatombe che non ebbe i suoi moventi soltanto nella ritorsione agli stermini della Luftwaffe. E neppure tanto nella volontà di distruggere le industrie. Alle città tedesche venne dato fuoco, come immensi formicai da eliminarsi, anche per il calcolo di compiacere Stalin. E fu una furia annientatrice che almeno nei cieli superò persino quella di Hitler.
Bruciando, soffocando, smembrando, stritolando come delle formiche, tra 420.000 e 570.000 civili tedeschi. Un'ecatombe, Friedrich non lascia un altro nome per definirla, che superò il male che coi bombardamenti i tedeschi fecero agli inglesi. Non soltanto perché la Luftwaffe lanciò 103 mila tonnellate di bombe contro gli 1,3 milioni di tonnellate degli alleati.
Ma perché in una sola notte di bombe la Royal Air Force riusciva a uccidere dieci volte più civili di quanti non ne erano morti a Coventry per le bombe tedesche. E tra il 1942 e la fine della guerra ci furono molte di quelle notti. A Kassel il 3 ottobre 1943, per esempio, 479 aerei inglesi scaricarono 1.350 tonnellate di bombe, ma non vi fu sterminio bastevole, perché caddero fuori bersaglio e l'attacco dovette ripetersi. Così il 22 ottobre partirono in missione 444 aerei con 1.631 tonnellate di bombe lanciate prima per demolire le case, poi per incendiarle. Qualche decina di minuti: più di 10 mila morti, dei quali 2.000 bambini. Carne bruciata o sfranta per almeno dieci volte quella del bombardamento tedesco di Coventry.
La Germania ne riprende memoria. E il professore Friedrich, l'accademico più politicamente corretto immaginabile fino al giorno prima, si trova a parlarne con i toni degli ebrei per l'Olocausto. Proprio lui, che aveva censito in altri suoi lavori i crimini della Wehrmacht in Russia, si trova a usare i toni e gli stessi sdegni che sembravano concessi soltanto a ebrei o antifascisti. E dai quali i tedeschi erano esclusi, o piuttosto si autoescludevano, fino al crollo del Muro.
Lo sterminio restava nella memoria dei bambini nelle cantine e nei più cupi lamenti dei vecchi e nelle chiese lasciate sventrate delle città tedesche. Ma il silenzio di storici e giornali imponeva di non badarvi. Non conveniva all'Occidente parlarne. Semmai era solo la Ddr a compiacersi del tema. Ma al libro Bombenkrieg gegen Deutschland (Bombardamenti sulla Germania) di Olaf Groehler, edito dopo che il Muro era da poco crollato, non si era badato tanto. Dodici anni, il crollo delle due torri e matura l'effetto di quel vento che ridesta dalle ceneri la diversità delle culture e le riporta alla memoria di sé. Ecco la Germania stordita, a volersi distinguere per la prima volta da una vulgata consueta della storia.
E i giornali di lingua tedesca anche loro sorpresi a parlarne. Talora cercando quasi il pretesto per minimizzare, biasimando come Die Zeit il linguaggio, appunto da olocausto, di Friedrich. Oppure, come lo svizzero Neue Zuercher Zeitung, tentando di dirsi che il libro non sarebbe revisionista, anche se gli è semanticamente vicino. O magari dicendo, come la Frankfurter Algemeine Zeitung. che il libro non porta alla luce niente che non fosse già risaputo. Tutti modi per arrampicarsi sugli specchi. Perché il libro è revisionista proprio perché dice quanto era impensabile anni fa che un accademico tedesco dicesse: che i tedeschi furono anche vittime. Proprio quanto hanno subito capito con praticità i giornali inglesi, sdegnandosi per il libro di Friedrich.
Anche per loro i miti degli anni '90 non valgono più quanto quelli della loro memoria più profonda. Così in una recente inchiesta della tv Winston Churchill è arrivato primo nella classifica del più grande inglese; la principessa Diana soltanto terza. Ovvio quindi lo sdegno con Friedrich che fa degli atti dell'inglese più grande quelli di un criminale di guerra.
Eppure il libro è anzitutto un resoconto del dolore che le bombe provocarono, e trascura molti perché. Tra i quali uno che, se approfondito,non avrebbe messo gli inglesi in una posizione più favorevole. La sempre più intensa guerra aerea dal 1942 obbedì infatti solo in piccola misura alla ritorsione per il terrore delle bombe su Londra. Fu piuttosto la cambiale che gli inglesi pagarono all'Unione Sovietica. Per far fronte all'invasione tedesca Stalin pretendeva un venticinque, trenta divisioni dall'alleato inglese. Una physical absurdity per il pratico Churchill. Ma doveva pur quietare il suo infido alleato. La guerra aerea contro le città tedesche divenne la compensazione ai russi per le 150 divisioni tedesche che essi continuavano a impegnare. In Nord Africa contro gli alleati ce n'erano meno di dodici.

E così Churchill dissipò l'ira di Stalin spiegando che la Raf avrebbe colpito non solo i centri industriali, ma afflitto anche la popolazione civile tedesca. Pur di annientare il morale della Germania si sarebbe ridotta in cenere ogni città. Il che fece il suo effetto: "Stalin smiled and said that would not be bad", Stalin sorrise e disse che così poteva andare, come venne registrato nel protocollo del loro incontro.

La Germania fu incendiata dal cielo e 55.000 aviatori inglesi, il 44 per cento, finirono immolati con dieci civili tedeschi per uno. Un incubo a cui la Germania ripensa: e con la questione irachena distinguersi dagli inglesi e ripensare sono per i tedeschi in questi mesi tutt'uno. Né quella dei bombardamenti è l'ultima volta in cui la Germania potrebbe scoprirsi vittima. Un altro dubbio è la triste sorte di tanti soldati tedeschi consegnatisi prigionieri ai vincitori.
Un conto che prima o poi verrà rifatto.

Il libro di Joerg Friedrich, "Der Brand, Deutschland in Bombenkrieg 1940-45" è edito da Prophylaeen Verlag, Muenchen (592 pagine, 25).

(Dal "Corriere della Sera" del 9/03/2003)

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