da www.iltempo.it
" La politica e la Rai
di GIULIO ANDREOTTI
Non nascondo che quando sento parlare di "prima Repubblica" con toni critici e saccenti mi infastidisco. Può darsi sia il difettuccio nostalgico di noi ultraottantenni. Passi. Ma quanto è accaduto sulle nomine del consiglio Rai mi sembra sintomo di notevole degrado anche metodologico. Credo siano in molti a riconsiderare il ruolo dei partiti, la cui scomparsa - lasciamo stare i metodi di affossamento - fu salutata come grande conquista. È vero che la legge prevista dall'art. 49 della Costituzione («Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale») non è mai venuta fuori. I comunisti temevano le schedature di polizia e i nostri vecchi avevano un cattivo ricordo delle interferenze giolittiane nelle prefetture. Comunque i partiti esistevano: facevano scuola politica, presentavano liste, controllavano amministrazioni, con un sistema proporzionale che dava a ciascuno il suo. Liberali, democristiani, socialisti, repubblicani storici: tutti a casa.
Benvenuto al grande assortimento botanico di margherite, querce, ulivi al quale si contrappongono Leghe, Forze, Unioni e Alleanze. L'influenza diretta dei politici, privatizzando grandi comparti economici, è diminuita, non cancellata. Prima nel delicato campo Rai le scelte affidate all'Iri, con ruolo non effimero degli organi parlamentari, risultavano equilibrate. Che vi fossero impulsi governativi non scandalizzava. Fanfani paragonò l'apertura alla sinistra della terza rete come evento nazionale simile all'unificazione dell'Italia e all'autostrada del Sole. Un po' troppo, in verità. Di fatto sulle nomine il governo non era estraneo. Ricordo un lontano episodio. Candidato unico alla presidenza RAI era Mario Melloni, allora democristiano di ferro, direttore di giornali scudocrociati e deputato della Valtellina. In grande riservatezza Sandro Pertini venne da De Gasperi e confidò che Melloni era comunista. Sembrava un paradosso, ma era meglio cambiare cavallo; così avvenne. Più tardi Mario rispolverò le frequentazioni giovanili e divenne il brillante corsivista quotidiano dell'Unità. In Rai andò il capo ufficio stampa di De Gasperi, Cristano Ridomi. Non si gridò allo scandalo. Più tardi del validissimo Ettore Bernabei fu attribuita la paternità a Fanfani, senza che nessuno si stracciasse le vesti. Nel sistema vigente, liquidate le Partecipazioni Statali, il consiglio è scelto dai presidenti di Camera e Senato. Speakers super partes, ma non possono prescindere dal quadro politico-elettorale. Non siamo l'Inghilterra. Con la presidenza del prof. Baldassarre sembrò soddisfatta una certa extrapoliticità globale. Ma tre consiglieri si dissociarono, aprendosi una situazione paradossale. I due residui la considerarono un evento trascurabile e tirarono diritto, adottando anzi misure di straordinaria amministrazione. Subentrò la commissione di vigilanza con numeri sufficienti a sfiduciare il consiglio. Qui il penultimo atto del dramma. Nell'aula di Palazzo Madama si alza il sen. Angius e chiede al Presidente Pera se avesse un sosia; perché le agenzie annunciavano i nomi del nuovo consiglio che lo stesso Pera avrebbe in quel momento concordato con Pier Ferdinando Casini. Escluso che le agenzie se lo fossero inventato era evidente l'irrimediabile siluro all'operazione. Dopo qualche giorno veniva reso noto che i due Presidenti lasciavano la designazione del Presidente all'opposizione, che presentava una terna di tutto rispetto. Fumata bianca per Paolo Mieli. Tutto a posto? Nemmeno per sogno. Forse le condizioni di ingaggio (compenso e recupero di ex, peraltro uno già deciso dalla Magistratura del lavoro) potevano essere concordate prima dell'annuncio. A complicare le cose è giunto anche un infelice intermezzo razzista, ciliegina avvelenata sulla torta di sì lunga cottura.
Mentre scrivo non so come andrà a finire. Forse Umberto Eco, che tra l'altro è eccelso cultore di bibliofilia antica, potrebbe dare una mano per uscire dalle strette di un deludente novismo. Per di più, Eco è uomo di brillanti soluzioni. Gli dissi una volta che mi ero arenato nella pagina del suo «Pendolo di Foucault» dove c'è una radice quadrata con tante cifre. Senza scomporsi, mi consigliò di saltare quella pagina e andare avanti. Forse potrebbe farsi un salto di qualità applicando alla Rai l'art. 47 della Costituzione (Azionariato popolare). Il canone diverrebbe la quota associativa di questa prima "compagnia pubblica" con molti milioni di soci. Altrove le pubbliche compagnie funzionano molto bene.
venerdì 14 marzo 2003 "
Cordiali saluti