Considerato in Serbia un traditore, Zoran Djindic fu colui che consegnò l' ex-presidente Milosevic nelle mani del Tribunale atlantico dell' Aja in cambio di qualche milione di dollari, peraltro mai pervenuto come pattuito originariamente con gli sceriffi yankee.
Lo stesso presidente Kostunica tentò invano di opporsi alle palesi illegalità di Djindic, il cui destino- come quello di tutti coloro che tradiscono la propria terra- era scritto da tempo.
Ma attualmente nella ex-Jugoslavia è in atto un vero e proprio golpe. Il governo benedetto dagli atlantici, perchè tanto servile e disponibile con i padroni del pianeta da non tentare neppure più di difendere l' unità del Paese, sta approfittando della situazione per eliminare gli ultimi resti dell' opposizione. Esiste una lista di 200 nomi dei quali è già stato deciso l' arresto.
Naturalmente nessuno utilizza la parola golpe: sarebbe politicamente scorretta per una nazione che deve entrare a far parte delle "democrazie occidentali" a pieno titolo, per svolgere un ruolo "alla bulgara" (vedi Consiglio di Sicurezza Onu).
I media ammaestrati, e qualche comunista negriano, parlano così di una fantomatica cosca mafiosa di Zemun. Altro che mafia.
Djindic, disertore durante la guerra del 1999 scatenata dagli atlantici contro il suo paese, fortemente sospettato anch' egli di collusioni con il contrabbando, è stato l' uomo che ha venduto Milosevic al Tribunale fantoccio dell' Aja. Forse qualcuno ha venduto lui, organizzando un attentato ancora poco chiaro, per
scatenare la repressione e portare a compimento il "golpe democratico" iniziato il 5 ottobre 2000.
Il ministro degli Interni Mihajlovic, un candidato alla successione, ha dichiarato che continueranno gli sforzi dei collaborazionisti per creare "una Serbia bella e democratica". Avrebbe fatto meglio a dire "una Serbia schiava".