da www.lastampa.it
" Comincia l'atto finale
21 marzo 2003
di Enzo Bettiza
CIO’ a cui assistiamo non è il principio ma l’atto finale di una guerra già cominciata da tempo sul piano politico, diplomatico, propagandistico, spionistico e anche militare. I bombardamenti aerei di postazioni irachene da parte angloamericana erano cronaca corrente da almeno due anni. Duravano da mesi le false battaglie in seno all’Onu.
Esse hanno avuto per attori principali e poco credibili gli americani e i francesi e via via, inasprendosi e allargandosi, i tedeschi, gli inglesi, gli spagnoli, gli italiani e addirittura i bulgari e i lituani. Frattanto si compiva un preludio dismembramento dell’Iraq con la formazione, nel cosiddetto
Kurdistan, di una specie di staterello satellite sostenuto da Washington. Nonsi contano gli attentati, le azioni di disturbo, le scaramucce più o meno segrete dal Medio Oriente all' Afghanistan, anelli di una complessa catena bellica avviata, di fatto, dalla strage dell'11 settembre 2001.
Quella che a tanti appare come una guerra scoppiata da poche ore è, in senso lato ma realistico, soltanto l’episodio terminale di una battaglia
inserita in un contesto bellico e politico assai più articolato e globale.
In merito la dice lunga il fatto che la definitiva operazione militare in Iraq venga abbinata e sincronizzata con simultanee operazioni di controguerriglia in Afghanistan. Si stenta dunque a comprendere perché da un punto di vista tecnico il Vaticano, i movimenti pacifisti, la Francia e la Germania hanno tanto insistito nel chiedere il non inizio di qualcosa già iniziato da tempo. Le manifestazioni per la pace avrebbero avuto più senso e anche più mordente se, invece di chiedere agli americani di non fare la guerra, avessero loro richiesto d'interromperla.
La stessa incongruenza o ipocrisia si è palesata a proposito dell’Onu. Tutti sapevano benissimo, poiché la Casa Bianca continuava a ripeterlo a chiare lettere, che gli americani non potevano lasciare a metà una guerra solo perché l'Onu non l’approvava. Tutti sapevano altresì che l'Onu, come forza dirimente etica nonché politica, aveva perduto la faccia dopo la sua infame condotta nell’ex Jugoslavia . Tutti sapevano che, se nel Kosovo l'organizzazione Nato non avesse soppiantato quella delle Nazioni Unite, completamente fallita in Bosnia, un milione e ottocentomila bitanti del Sudest europeo avrebbero corso il rischio d'estinzione o per genocidio o per esodo forzato.
Se non altro qui i pacifisti più radicali hanno messo a fuoco la situazione con maggiore chiarezza dei pacifisti ragionevoli e moderati.
Certo, avrebbero fatto meglio a dire che la guerra andava bloccata anziché impedita. Comunque, sostenendo che andava impedita senza «ma» e senza «se» hanno mostrato di aver almeno capito che l’Onu nella questione non contava assolutamente più nulla. Al massimo poteva contare come grancassa propagandistica, come ampio e
pretestuoso palcoscenico planetario per la grandeur della Francia chirachiana dove non sventola però nessuna bandierina arcobaleno:
dove quel che conta è la visibilità del tricolore biancorossoblù nello scontro con l'America cafona e prepotente.
Non è detto che la conclusione di una guerra, o se vogliamo la fine di una battaglia, debba essere per forza breve e incruenta. Può rolungarsi più del previsto. Ma, anche durando, non potrà dare campo alla satrapia di Saddam: potrà soltanto ritardare la ricostruzione di un Iraq federale e democratico e liberato dall'ossessione dei genocidi chimici . "
Cordiali saluti