Sbarcano i primi profughi iracheni. L'opposizione: «Sospendete la Bossi-Fini»
di Maristella Iervasi


Gli irakeni in fuga cominciano ad arrivare in Italia. Sono scappati trenta giorni fa prima dell’ultimatum lanciato a Saddam dal presidente americano Bush. In 170 su una barchetta di legno sono sbarcati sull’isola di Lampedusa: 165 uomini, una donna con in braccio un bimbo di due anni e 4 ragazzi minorenni. Sono quasi tutti irakeni e pakistani. Hanno raggiunto a piedi la Libia dove si sono imbarcati per la Sicilia. Ma il governo Berlusconi continua a far finta di non vederli. Ancora ieri il ministro leghista Roberto Castelli ha rilanciato la campagna anti-immigrazione: «L’Europa deve occuparsi di questi sbarchi - ha detto -. Anche perché c’è il rischio di infiltrazioni terroristiche». E il sottosegretario all’immigrazione Alfredo Mantovano l’ha subito seguito a ruota: «Non fasciamoci la testa prima del dovuto. Non è soltanto un dato geografico che tra l’Iraq e l’Italia vi è una distanza superiore rispetto a quella che c’era tra l’Italia e il Kosovo».

L’opposizione e le associazioni umanitarie continuano a incalzare i governanti perchè sia concessa agli eventuali profughi della guerra la protezione umanitaria temporanea: «Sospendere immediatamente la legge sull’immigrazione Bossi-Fini» chiede il Pdci. Vale a dire, la sospensione immediatata di ogni espulsione verso le aree in conflitto. «Sfidiamo Berlusconi che tanto si è speso per l’ingresso della Turchia in Europa - ha precisato Jacopo Venier, il responsabile esteri - a partire per il Kurdistan per vedere di persona cosa sta accadendo al popolo curdo». Secondo il Pdci, il premier per evitare un problema con Bossi - che aveva detto senza mezzi termini “stiano a casa loro”, ndr - deve immediatamente intervenire «con i suoi amici turchi» per chiedere garanzie per la popolazione in fuga.

Nessun decreto per la protezione umanitaria, sul modello della guerra in Kosovo - è stato finora firmato. Il ministero dell’Interno e la protezione civile hanno stilato un piano di prima accoglienza soprattutto ai confini dell’Iraq: prefabbricati, tende, cucine da campo, servizi igenici, coperte, vestiti e cibo da inviare in Turchia, Iran e Giordania. Per coloro che invece, com’è successo ieri mattina per i 170 iracheni sbarcati a Lampedusa, arriveranno sulle coste italiane, il piano prevede l’accoglienza nei centri già esistenti o, in collaborazione con le regioni e le amministrazioni locali, l’individuazione di altri siti dove allestire campi di emergenza. E che la situazione stia cominciando a diventare incandescente lo dimostra l’allerta di chi ogni giorno si trova a dare aiuto a chi sbarca in Italia in cerca di un futuro migliore. Come il prefetto di Crotone, Francesco De Stefano, che ha chiesto ieri al ministro Pisanu l’invio di un contingente di militari dell’esercito per presidiare il campo di prima accoglienza profughi “Sant’Anna” di Isola Capo Rizzuto, uno delle strutture interessata dall’eventuale ondata di profughi dall’area del conflitto in Italia.

Intanto, gli immigrati sbarcati sulle nostre coste sono stati trasferiti in un centro gestito dalla confraternita Misercordia. Il barcone sul quale viaggiavano, lungo 12 metri, era rimasto senza carbuarante. Il natante, avvistato giovedì è stato trainato a riva da una motovedetta della Guardia di Finanza. I militari del reparto operativo aeronavale della Gdf hanno anche arrestato due giovani liberiani, ritenuti gli scafisti della barca. Sono indagati per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Hamed, 15 anni, era sulla quella barchetta. E racconta: «Sono fuggito dal regime di Saddam che ha ridotto a pezzi il mio paese. In Iraq è impossibile continuare a vivere per gli orrori che ho visto e per quello che è stato fatto alla mia famiglia». I suoi più stretti parenti - lascia intendere il ragazzo - «sono stati assassinati». Il viaggio è stato duro e faticoso, «ma sapevo che tutto sarebbe andato bene - continua Hamed - anche la traversata in mare. Eravamo stipati in tanti su un vecchio barcone, c’erano anche dei bambini, ma ce l’abbiamo fatta. Tutti avevamo una speranza, quella di toccare la terra italiana che per noi rappresenta la libertà.

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