www.unionesarda.it


In pessime condizioni molti giacimenti idrici del sottosuolo urbano

Allarme per le falde inquinate
Una mostra con le immagini scattate degli speleologi

Sotto la città c’è una preziosa riserva d’acqua: molte falde, però, sono inquinate e dovrebbero essere tutelate dalle infiltrazioni di liquami che intaccano la purezza delle acque.
L’allarme arriva dalla Federazione speleologica sarda che ieri ha inaugurato la mostra “L’acqua che berremo”, allestita al castello di San Michele e aperta tutti i giorni tranne il lunedì: si tratta di 50 foto scattate in tutta la Sardegna che testimoniano il valore e la bellezza di numerosi giacimenti idrici nascosti nella roccia e che un giorno potrebbero rivelarsi utili, visto che - a detta degli speleologi - «tra una decina d’anni la crisi idrica potrebbe costringerci a rivalutare le acque carsiche». La mostra, che chiuderà il 20 aprile, comprende anche una serie di diapositive scattate sotto le strade, le piazze e le chiese della città dalla speleologa Gabriela Pani. Le immagini svelano un mondo nascosto di cunicoli, camere sotterranee, piscine naturali scavate tra le pareti di roccia tenera del sottosuolo. C’è l’acqua verde azzurra che riempie piscine di epoca romana tra pareti bianche e pavimenti decorati con mosaici, come si vede sotto il palazzo dell’Inps di viale Regina Margherita.
Oppure si trovano antiche vasche profanate dalle fondamenta dei palazzi dove l’acqua è resa scura dalla fanghiglia ma anche contaminata da liquami di fogna e dall’immondizia trasportata dalle acque di scolo dei tombini. Nel fossato di San Guglielmo gli speleologi, guidati dal presidente della federazione Francesco Murgia, hanno trovato un tappeto di teschi e ossa umane immersi a pelo d’acqua. La preziosa risorsa, però, si nasconde anche dietro le gradinate del Bastione, sotto piazza Yenne, nelle cavità dei giardini pubblici (dove c’è un pozzo di 62 metri) e dell’Orto botanico, sotto Sant’Avendrace e Stampace, a Tuvixeddu, sotto le chiese di San sepolcro e san Lucifero, sotto le cripte di Sant’Efisio e Sant’Eulalia. «Tutti questi depositi dovrebbero essere valorizzati al più presto - si augura Gabriela Pani - sia dal punto di vista naturalistico, sia turistico. Ne vale la pena».

Nicola Perrotti