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  1. #1
    brescianofobo
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    Predefinito Il Foglio: "la macchina propagandistica CDL non funziona"

    Sbigottiti come gli inglesi messi in fuga a Bassora, quelli della CDL, che pensavano di aver risolto ogni problema con l'esercito straccione delle sinistre grazie allo strapotere tecnologico garantito dalle 6 TV 6, cominciano a pensare che i loro addetti alla propaganda non siano ste gran genii.

    Rutelli: "SIAMO DEGLI EROI".

    Urge ripensare il reparto.

    Peccato, Pieffebi in fondo mi stava simpatico.

    Speriamo che non mettano qualcuno intelligente al posto suo.



    Corriere, 25.3.03

    Il Foglio: Berlusconi lasciato solo. Forza Italia: sì, ci manca spinta culturale

    Guzzanti: ognuno pensa solo al suo orticello Cicchitto: fermi da un anno, urge messa a punto



    Prima l’accusa classica era «partito di plastica». Ora che Forza Italia si avvicina a compiere dieci anni e il suo leader si trova a guidare l’Italia nel mezzo di una contestatissima guerra anglo-americana all’Iraq, al partito di Berlusconi piove addosso un aggettivo pesante: inutile. Un partito che, invece di spiegare agli elettori la difficile posizione di politica estera di Berlusconi in contrapposizione al pacifismo di successo agitato dalla sinistra, «dorme della grossa e sogna le amministrative». Un partito paragonato ad «aziendine parapubbliche», che «litiga invece di combattere». A bombardare l’esercito «azzurro», ma anche le altre forze della coalizione di governo, è Il Foglio di Giuliano Ferrara in prima pagina, in un colonnino attribuibile al direttore. Che però il centro della polemica sia Forza Italia lo dimostrano le incalzanti richieste a due degli uomini più significativi di Forza Italia: «Che cosa fanno i famosi circoli di Marcello Dell’Utri?» o «Che cosa fa il grande organizzatore Claudio Scajola?», si chiede il Foglio . E descrive un Berlusconi solitario, difeso soltanto dagli «outsider come Paolo Guzzanti e Baget Bozzo e pochi altri».
    Scajola fa sapere di non voler rilasciare dichiarazioni sul tema. Neppure Dell’Utri parla, ma dai circoli da lui ispirati filtra «stupore» per essere stati «abbinati nella critica» al partito, quando i circoli «hanno presentato libri in tutta Italia per spiegare il regime iracheno e le ragioni del conflitto. Certo non stava a noi indire manifestazioni». Spettava al partito, secondo Ferdinando Adornato, presidente della commissione Cultura della Camera, ma «ad una Forza Italia con una struttura nuova». Perché è in atto «un processo di ripensamento - spiega Adornato - e Ferrara lo sa bene: si cerca di capire cos’è un partito di governo».
    L’outsider Paolo Guzzanti, quello che si è seduto nel salotto di Porta a porta per difendere con foga il Cavaliere, una definizione ce l’ha già: «Un partito con una forte dose di opportunismo. Stanno frenatissimi perché sanno che nell’opinione pubblica c’è una maggioranza violentemente anti-guerra e ognuno si guarda il proprio orticello». A Guzzanti non resta che rimarcare «l’unione delle tre radici dell’antiamericanismo che coprono trasversalmente l’80% degli italiani: i cattolici integralisti di destra, i fascisti e comunisti. Con la Mussolini che salta in braccio a Livia Turco e sigla così un nuovo Patto Molotov-Ribbentrop (la «non aggressione» dell’agosto ’39 tra Urss e Germania nazista; ndr ) in stile Ambra Jovinelli 2003...».
    Se però anche l’ufficialissimo portavoce «azzurro» Sandro Bondi riconosce che qualcosa non va significa che Ferrara ha colto nel segno. Pur rimarcando di non avere nulla da rimproverarsi, «credo come portavoce di aver illustrato ogni giorno la coerenza esemplare di Berlusconi in tutta questa vicenda», Bondi capisce che nel partito ci sia «imbarazzo, perché il tema della guerra è complesso». Soprattutto riconosce che «non c’è la spinta culturale, siamo mancati nell’illuminare da un punto di vista scientifico-culturale la posizione del governo che riflette un cambiamento dei criteri e delle valutazioni con cui guardiamo al mondo di oggi. Ma non abbiamo un think tank , né fondazioni in grado di farlo».
    Una tesi che Adornato contraddice: «Da due anni facciamo convegni a Venezia sui rapporti Europa-Usa. L’elaborazione culturale della Cdl è più forte di quanto si pensi, quella di Ferrara è una critica più all’apparire che all’essere». Anche Fabrizio Cicchitto, un o degli uomini forti del partito, concorda. Sull’aspetto politico individua un doppio piano: «C’è stata adesione alta sulla non belligeranza e sul rapporto con gli Usa da parte dei gruppi parlamentari. Ma la rappresentazione della posizione del governo sul territorio è stata molto diseguale. C’è una riflessione in corso a livello centrale per arrivare a una messa a punto. Sì, siamo fermi da un anno». Una Forza Italia ferma la dipinge anche Ignazio La Russa, An: «Sulle mancate iniziative delle nostre tante aree culturali accolgo il rimprovero di Ferrara. E noto: perché quando in tv proposi di affiancare il Tricolore alla bandiera della pace nessuno in Forza Italia accolse la proposta?». L’intellettuale della destra Marcello Veneziani, neoconsigliere Rai, non si stupisce affatto della freddezza verso Berlusconi: «Nella Cdl il riferimento al Papa è molto forte, tra cattolici e destra. C’è poi una propaggine di gollismo che porta a temperare le posizioni filoamericane». Così il Berlusconi che va alla guerra vita facile non l’avrà mai.

    Enrico Caiano

  2. #2
    brescianofobo
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    Ecco dove voleva andare a parare il Giulianone: un altro bell'USA day con la bandiera americana e la mano sul cuore. Presenta Clarissa Burt.

    Certo, le ragioni degli americani hanno avuto troppo poco spazio, finora, ci vuole qualcuno che ci dica chiaro e tondo che chi è contro le guerre inutili è pro Saddam, e che D'Alema ha fatto la sua bella guerra senza che nessuno dicesse nè a nè ba perchè l'opinione pubblica è faziosa.

    Vabbeh, Pieffebi, stavolta ti salviamo, ti sei mostrato fedele all'alleato.

    Certo che sto Giulianone cerca proprio la rissa. Non è più il 12 settembre, non l'ha ancora capito il panzone.

    La Stampa, 25.3.03
    SI POTREBBE RIPETERE LA GIORNATA DI SOLIDARIETÀ PER L´AMERICA
    E Giuliano Ferrara pensa ad un altro «Usa-day»

    Il direttore del Foglio contesta i partiti di centrodestra: sono inutili «Troppa sproporzione tra chi scende nelle piazze e chi governa»

    25/3/2003

    ROMA VERSO un altro Usa Day. Si potrebbe ripetere la giornata di solidarietà per l´America, impegnata in una guerra difficile contro la dittatura irachena e in uno scontro politico con governi ex amici e piazze pacifiste. L´idea - quasi una tentazione - frulla da un po´ nella testa di Giuliano Ferrara, direttore del Foglio e promotore del primo Usa Day, il 10 novembre 2001 in piazza del Popolo, dopo l´attacco alle Torri gemelle, seguito l´anno scorso dall´Israele Day al ghetto di Roma. Un´accelerazione è venuta dagli avvenimenti di domenica, con le immagini drammatiche delle vittime e dei prigionieri americani; dal netto predominio cromatico e mediatico delle bandiere e delle ragioni dei pacifisti; e da quella che Ferrara definisce in un editoriale pubblicato ieri dal Foglio «l´inutilità dei partiti di governo». Un articolo che non resterà senza un seguito. Anzi, darà il via a una sorta di campagna. Da oggi il quotidiano uscirà con un fascione giallo con gli indirizzi e-mail dei dirigenti di Forza Italia, An, Lega, Udc e la scritta: «Le democrazie non sono tigri di carta, scrivetelo ai partiti di governo». L´attacco di Ferrara all´afasia della maggioranza, accusata di non sostenere Berlusconi e di lasciare campo libero ai pacifisti, ha già provocato le prime risposte. «Si sono fatti vivi Bondi, La Malfa, D´Onofrio, dicendo in sostanza: "Ma io so´ bravo" - racconta Ferrara -. E´ anche vero. Ma si tratta di casi singoli. Non di una linea. C´è una sproporzione tra quel che sta accadendo nelle piazze e nella società e la presenza dei partiti di governo. Ci sono due milioni di bandiere della pace nelle strade, ci sono assemblee pacifiste condotte, come ci racconta una lettrice, con piglio da figli della lupa, e di fronte non c´è nulla. Dove sono i loro circoli culturali, i loro convegni, i loro giovani?». Per questo Ferrara potrebbe non fermarsi qui. E accarezza l´idea di uno Usa Day. «Me lo chiedono in molti. Lettere, sollecitazioni da più parti, incoraggiamenti da esponenti della comunità ebraica». Non c´è nulla di deciso e tantomeno di organizzato. «Vedremo - dice Ferrara -. E´ una cosa complicata. Non bisogna fare errori». Ma già oggi è in programma una riunione tra i possibili sostenitori dell´iniziativa. La tecnica del direttore del Foglio in questi casi è lanciare o raccogliere l´idea, lasciarla maturare, verificare i consensi, valutare le reazioni, e poi decidere e se del caso realizzare in tempi stretti. «Quando proposi l´Israele Day lui si mosse così - racconta Massimo Teodori -. Dico subito che io sarei per farlo, questo Usa Day bis. Sono un amerikano con quattro kappa. Penso a una manifestazione sganciata dai partiti, non di mero sostegno al governo, che dia l´opportunità di esprimere sentimenti filoamericani forse minoritari ma presenti e sinora rimasti senza voce». Quell´altra volta Ferrara andò in piazza del Popolo con il berretto da baseball (anche per via della pioggia), Vincino, Marcenaro e Panella con lo striscione autoironico «Lotta continua per gli Stati Uniti», Oscar Giannino con l´uniforme da cadetto di West Point, Sergio Scalpelli avvolto nella bandiera con la stella di David. La sinistra era rappresentata da Lucia Annunziata e Franco Debenedetti. Sul palco Clarissa Burt, che ora dice: «Se mi chiamano sono pronta. Rispetto i pacifisti, ma finora le ragioni degli americani hanno avuto troppo poco spazio». Per la maggioranza c´erano Cicchitto, Jannuzzi, Luigi Compagna, Gawronsky, Sanza, Testoni. E Guzzanti, che assicura: «Pensavo di lanciarla per conto mio, una giornata di solidarietà con gli Stati Uniti. Se lo fa Giuliano, bene, sarò con lui. Altrimenti provvederò personalmente. Dobbiamo dare la possibilità a chi ne ha il coraggio di spendere la propria faccia, la propria voce, il proprio nome. Di portare in piazza il tricolore e la bandiera stelle e strisce. E´ il momento di dare una risposta non dico al Papa, che fa il suo mestiere, ma alla chiesa che ha assunto una posizione altamente criticabile e condannabile». Più tiepido l´altro «outsider» indicato da Ferrara nell´editoriale dell´altro ieri come campione di atlantismo, Gianni Baget-Bozzo. «Giuliano ha ragione nel criticare il silenzio dei partiti di governo. Ma gli sconsiglierei di ripetere ora lo Usa Day. Sarebbe difficile far capire che essere per l´America non significa necessariamente essere per la guerra». Ma Riccardo Pacifici, portavoce della comunità ebraica romana, incoraggia Ferrara: «Aderire o meno non sarà una scelta delle comunità ebraiche ma dei singoli cittadini ebrei. Però, se il Foglio lanciasse un altro Usa Day, immagino che gli ebrei, certo alcuni, ma io spero tutti, saranno al fianco dei soldati americani e inglesi che si battono per portare la libertà in Iraq e la pace in tutto il Medio Oriente. Guardiamo con rispetto ai sentimenti dei pacifisti, quando sono genuini. Ma proviamo angoscia e disagio quando vengono strumentalizzati da chi esalta Che Guevara, che pacifista non era, e l´Intifada, che non è un esempio di lotta gandhiana». E un altro supporto e pungolo Ferrara lo troverà in casa, nella persona della moglie Selma Dell´Olio, che l´altra sera da Vespa ha affrontato la pacifista Mussolini con tanta energia da indurla a rifugiarsi non metaforicamente tra le braccia di Livia Turco; per una «riedizione in variante Ambra Jovinelli - dice Guzzanti - del patto Molotov-Ribbentrop».

 

 

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