Clandestini ed in fuga.
Ancora morti, ancora nuove vittime a Baghdad.
Un paio d’ore fà una scarica di bombe ha colpito una specie di ostello/dormitorio adibito ad alloggi per i lavoratori stranieri nel sud-est della capitale. In genere i cittadini sudanesi sono occupati nei lavori più faticosi negli hotel, in aeroporto, nei palazzi del potere, nei ristoranti.
In questi giorni pieni solo di bombe, i ragazzi del Sudan che erano venuti a cercare un po’ di “fortuna”in Iraq rimanevano chiusi nei loro alloggi. Spaventati, impauriti come tutti. Anzi loro forse più degli altri. Molti, infatti, sono privi di documenti, di permesso di lavoro, senza soldi per tornare a casa. Senza aiuto da parte di nessuno. Poi con gli anglo-americani alle porte della città, sotto un diluvio di missili e di bombe, la loro presenza in città non si presentava certo facile. Cosa fare?
Impugnare le armi ed unirsi ai cittadini di Baghdad in difesa della loro città? Accogliere festosamente i “liberatori”?
Per tre di loro gli interrogativi hanno una trovato una risposta. Definitiva e senza ripensamenti.
Altri cinque risultano feriti e ricoverati in ospedale. Mi riferiscono che almeno una decina sono scomparsi. Fuggiti nella notte di una città in fiamme, senza nessuna risposta, senza sapere dove andare.
Essere clandestini in fuga in una notte terrificante come questa a Baghdad.
E’ stata una giornata davvero difficile per tutti, questa appena trascorsa. Uno di quei giorni “da cani”dove tutto non và per il verso giusto. Per nessuno.
La rabbia visibile, che si può toccare con mano dei cittadini, disperati e terrorizzati.
Una giornata dove le bombe non hanno dato un momento di respiro, dove tutti correvano e si nascondevano e cercavano di capire cosa e dove fosse stato colpito, quale quartiere, quale zona, quale abitazione.
Una giornata dove gli ospedali sono giunti, forse per la prima volta davvero, alla saturazione ogni limite immaginabile. Testimoni oculari che hanno parlato con medici ed infiermieri parlano di oltre 2.000 ricoverati nei tre ospedali della capitale, contro una disponibilità di 500 posti letto e tre sale operatorie ancora funzionati, pur con tutte le limitazioni e le mancanze che ormai conosciamo.
Due “humans shields” e due fotografi sono partiti nel primo pomeriggio per andare a controllare i siti civili posti sotto “osservazione”. Ancora non sono tornati, ma attraverso un ingegnoso sistema di passa parola si sono avute loro notizie e stanno bene. Con molta cautela stanno tornando verso i luoghi d’appuntamento previsti e concordati.
Ci sarà solo da aspettare.
I mie contatti mi riferiscono che poco prima del tramonto, nel grande piazzale che ospitava il parcheggio dei pulman una decina di bambini iracheni, con un pallone nuovissimo dell’Adidas, sbucato chissà da dove, hanno sfidato un gruppo di reporters indipendenti in una specie di partita di calcetto alquanto “sbilanciata”:
10 bambini contro 5 reporters. Come porte 4 copertoni di ruote da camion.
Posta in palio gli accendini Bic dei reporters. Risultato dopo 1 solo tempo di 45 minuti: 5 a 2 per i bambini. Reporters senza accendini.
I camion di soldati continuano a pattugliare i viali ancora percorribili del centro della città. I civili armati, che alcuni identificano come “feddayn”(ovvero corpi speciali dell’esercito, dotati di armi leggere e specializzati in azioni di guerriglia) vanno su e giù per tutta la notte lungo i vicoli e le piazza della parte più vecchia e storica della capitale.
Un cambiavalute che aveva un chiosco non lontano dall’università è stato picchiato e rapinato ed il suo baracchino distrutto. Era abbastanza noto in città tra gli stranieri, perché cambiava denaro senza tante formalità e documenti ed era una di quelle figure alle quali rivolgersi se si aveva bisogno di qualsiasi cosa. Ne faceva solo una questione di prezzo.
E proprio il denaro è stata la sua condanna: quello che gli è accaduto sembra dovuto ad una antica e florida attività di “strozzino”nei confronti degli iracheni, ma soprattutto che si fosse messo ad acquistare oro, tappeti e qualsiasi cosa avesse un valore senza offrire un corrispettivo almeno equo a quanti andavano da lui per racimolare un po’ di contanti per tentare di lasciare la città.
Questo pomeriggio proprio sotto le finestre della casa dove vivono un fotografo, tre iracheni, tranquilli, incuranti delle bombe e dello stato di grandissima tensione ed agitazione che si vive in città sono arrivati con tre borsoni sulle riva del fiume e si sono come nascosti dietro un canneto.
Per riflesso condizionato il fotografo ha preso macchina ed obiettivo e lo ha puntato verso il “nascondiglio”.
Dopo pochi minuti di attenzione, il fotografo ha visto sbucare dal canneto i tre con altrettante modernissime canne da pesca, seggiolini pieghevoli, retino, e secchio per mettere il pescato. Una radio a pile, di quelle grandi così, e via con una musica dance a tutto volume.
Il fotografo ha fatto i suoi scatti, e mi riferito ridendo: “mi crederà mai qualcuno che quei tre pescatori erano sulle rive del Tigri, il 27 marzo del 2003, mentre intorno a loro infuriavano bombe e missili?”
Con un pensiero ai ragazzi sudanesi in fuga.
Che la notte sia leggera.
a domani,
r.