Washington - Dopo i discorsi rassicuranti pronunciati, alla fine del loro incontro, dal presidente statunitense George W. Bush ed il suo alleato britannico Tony Balir, nei quali si è sentito parlare di "vittorie schiaccianti e sicure", ieri è stato la giornata delle "rettifiche" da parte di autorevoli esperti militari.
Il primo a lanciare l'allarme ed a ridimensionare i toni dei due leader, è stato il generale William Wallace, comandante del 5° Corpo d'Armata dell'Esercito Usa. In un'intervista al quotidiano The Washington Post il generale ha dichiarato: "E' sempre più probabile che la guerra in Iraq si prolunghi oltre quanto era nelle previsioni, anche perché i vertici militari americani non avevano messo in conto di dover affrontare i paramilitari iracheni e le loro tattiche di guerriglia. Insieme a una resistenza superiore alle aspettative e alle difficoltà nei rifornimenti, essi stanno rallentando l'avanzata delle forze alleate verso Baghdad. Il nemico contro il quale stiamo lottando - ha proseguito - è diverso da quello che ci eravamo prefigurati". Per quanto riguarda le truppe ai suoi ordini diretti, il generale ha sottolineato come la 101ma Divisione Aviotrasportata e la 3za Divisione di Fanteria, che formano il nucleo del 5° Corpo, abbiano dovuto frenare a tempo indeterminato la propria avanzata in attesa di ricevere le necessarie scorte di viveri, acqua, carburante e munizioni. "Sapevano che a un certo punto avremmo dovuto indugiare per poter ricostituire il nostro potenziale logistico", si è però affrettato ad aggiungere Fallace, al fine di non lasciare intendere la proporzione delle difficoltà. Tentativo smontato dalle altre dichiarazioni di ieri proprio a tal riguardo.
Nessuno meglio dei generali vietnamiti che nel 1975 riuscirono a sconfiggere un esercito sulla carta nettamente superiore oggi può giudicare l'andamento della battaglia tra le forze alleate e le truppe di Saddam Hussein e il loro giudizio non è favorevole a Washington: "la vittoria in Iraq non sarà né facile né rapida".
"Gli Stati Uniti non hanno mobilitato un numero di militari adeguato", ha assicurato il generale Le Ngoc Hien, ex vice comandante delle Forze armate vietnamite, in un'intervista al quotidiano "Gia dinh va Xa hoi" di Hanoi. Secondo l'ufficiale, la strategia decisa dal Pentagono di evitare le città e puntare dritti su Baghdad è molto rischiosa. "L'esercito iracheno mantiene una presenza di guerriglieri in queste aree, come a Bassora", ha proseguito, "e questo potrebbe provocare brutti mal di testa agli alleati".
Del resto, proprio con una interminabile guerriglia nella jungla e sulle montagne in undici anni l'esercito di Hanoi riuscì a infliggere agli Usa perdite pesantissime, 60mila morti, e alla fine a catturare Saigon. Molto dipenderà da quante delle sofisticate armi che gli Usa possiedono l'esercito iracheno riuscirà a distruggere, come fecero i vietnamiti che abbatterono diversi B-52, ma alla fine saranno le città cadute a fare la differenza. "Anche se gli alleati prendessero il controllo di Baghdad, si troverebbero ad affrontare miliziani sparsi", ha spiegato ancora Hien, che è stato anche comandante delle forze vietnamite in Cambogia: "Non vinceranno questa guerra in fretta", ha assicurato ancora. Condivide l'opinione di Hien un altro veterano di guerra, il generale Nguyen Dinh Uoc che oggi è uno storico del ministero della Difesa. "L'Iraq ha già mandato all'aria il piano da 72 ore redatto dagli Americani, disseminando le città di guerriglieri con i quali gli alleati faticano a confrontarsi", ha sottolineato in un'intervista al quotidiano "Tuoi Tre". "Con l'aiuto delle milizie locali e della popolazione, e usando tattiche di guerriglia, l'esercito iracheno può avvalersi di una migliore conoscenza del posto", ha ricordato il generale, "per infliggere perdite considerevoli al nemico".
Ma i moniti non finiscono certo qui. La speranza del presidente americano George W. Bush e del premier britannico di Tony Blair di riuscire presto o tardi a rovesciare Saddam Hussein, occupando militarmente la capitale irachena, è a giudizio di tutti i maggiori esperti militari tedeschi destinata a rimanere con ogni probabilità un sogno irrealizzabile. La sola alternativa al riguardo sarebbe quella atroce di radere al suolo sia Baghdad che Bassora, oppure di affamarle con un lunghissimo assedio, mentre una battaglia condotta casa per casa non avrebbe alcuna possibilità di successo. Manfred Messerschmidt, il più importante esperto storico tedesco, considera "probabile" una sconfitta militare della coalizione e ritiene "impossibile" una conquista di Baghdad, "a meno che gli alleati non decidano di ridurla ad un cumulo di macerie". Anche per gli storici dell'Istituto di ricerche militari della facoltà di scienze politiche di Amburgo, sarebbe un precedente storico assoluto, se americani e britannici riuscissero a conquistare Baghdad. In condizioni analoghe a quelle attuali, nessun esercito è a loro memoria mai riuscito finora in un'impresa simile.
Gerd Krumeich, professore all'università di Duesseldorf e presidente del "Collegio di Storia Militare" porta a esempio la resa di Parigi durante la guerra franco-prussiana del 1870, ma unicamente per far rilevare che la capitale francese capitolò solo perché in precedenza l'intero esercito francese e l'imperatore si erano arresi ai prussiani. A suo giudizio la schiacciante superiorità tecnologica delle truppe alleate e l'incondizionato dominio dei cieli assicurato dalla loro aviazione non servono a nulla nel caso di combattimenti strada per strada. Prendere una città come Baghdad in maniera "pulita" rimane per lo storico un'ipotesi impossibile, con l'aggiunta che l'effetto dei bombardamenti è solo quello di "far stringere ancora di più la popolazione attorno a Saddam". Anche lo storico militare dell'Università di Potsdam, Bernhard Kroener, lascia poche speranze alla coalizione: "Se viene opposta resistenza, una grande città - sostiene - è in linea di principio inespugnabile".
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