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    Droga, il vicepremier Fini vuole arrestare tutti
    di Maria Zegarelli

    Non ci sarà più differenza tra droghe leggere e droghe pesanti. Ci saranno, però, pene più aspre, dai sei ai venti anni, e sospensione della stessa (per quelle fino ai sei anni) per chi accetterà di sottoporsi ad un trattamento di recupero. Diminuiranno anche le tabelle di catalogazione che scenderanno da quattro a due: la prima conterrà l’elenco delle droghe sia naturali che sintetiche, la seconda le sostanze utilizzabili soltanto dietro prescrizione medica. Insomma, «è arrivato il momento di esprimere un giudizio negativo superando il referendum del 1993». Lo chiedono le famiglie italiane e del resto queste cose, loro - quelli della Casa delle libertà -, le dicevano «prima del voto» e oggi sono «vincolati al rispetto di un certo impegno». A parlare per annunciare l’arrivo di una nuova normativa è stato, ieri, il vice presidente del Consiglio, Gianfranco Fini, dopo il suo discorso a Vienna all’assemblea annuale per le droghe dell’Onu.

    Tolleranza zero avevano promesso e tolleranza zero sarà anche con la nuova legge, in calendario in uno dei prossimi Consigli dei Ministri. Dice Fini: «farà certamente discutere». Ci saranno polemiche e anatemi, ma quella sarà. Già mette in conto «l’esposizione al pubblico ludibrio in certi noti ambienti», ma è sbagliato - dice Fini- «affermare che questa legge sia un giro di vite o una svolta repressiva, sia le sanzioni amministrative che quelle penali, se scattano, possono essere sospese nel momento in cui l’interessato si dica disponibile ad avviare un percorso di disintossicazione, presso una comunità o centri pubblici». Per loro, spiega, questo è l’ultimo dei problemi perché «non vogliamo mettere gli uni contro gli altri».

    L’altro aspetto cardine, secondo il leader di An,, è «il mutamento dell’atteggiamento dello Stato nei confronti dell’abuso della sostanza ma dell’uso stesso. Non si parla più di concetto di dose personale o di dose minima giornaliera, ma di qualcosa di più adeguato e approfondito». Come chiamarlo questo qualcosa? «La soglia tollerata sarà stabilita in base alle diverse sostanze. È un concetto scientifico e chiaro, io non lo chiamo in nessun modo, voi se volete chiamatelo antonia».

    Il dibattito si è subito acceso, in questo Fini aveva visto giusto. Marida Bolognesi, Ds: «Dal vuoto e dall’impoverimento di risorse e di idee per combattere le droghe e le dipendenze, ma anche per intervenire sui terreni più delicati, socio-sanitari, ancora una volta si tira fuori dal cilindro qualche ricetta repressiva che, come tutti sanno, sul terreno della salute è quasi sempre inefficace e fa fare un balzo indietro grandissimo rispetto alla qualità dei servizi pubblici e privati, siano esseri sert o comunità di recupero, sulla cui qualità aveva puntato il centro sinistra. Siamo di fronte ad un inutile esemplificazione che danneggerà solo gli operatori». Franco Corleone, presidente di «Forum droghe» presente a Vienna, dice: «I risultati delle modifiche annunciate di Fini alla legge sulla droga attualmente in vigore porteranno risultati terrificanti».

    Senza appello il giudizio di Rosy Bindi: «L'annuncio del vicepremier Fini è sconcertante. Dopo due anni di governo non c'è stato un solo intervento normativo e finanziario per la lotta alla droga e per il recupero dei tossicodipendenti e il sostegno alle comunità terapeutiche, ai Sert del servizio pubblico; non c'è stata nessuna lotta allo spaccio e alla criminalità organizzata. Di più: si sono resi inefficaci tutti gli strumenti di concertazione messi in piedi nel passato con gli operatori e le comunità locali. Ma d' altra parte - conclude - questo è il programma di un governo che affronta i problemi sociali più drammatici come la droga, la malattia mentale, l' emarginazione, la prostituzione solo con una mentalità poliziesca e repressiva».

    Giuliano Pisapia, Prc, aggiunge: «Ancora una volta si privilegia l’aspetto repressivo a discapito di quello preventivo, con la grave conseguenza di non aiutare chi usa e abusa di sostanze stupefacenti, ma la criminalità organizzata». Rita Bernardini, dei Radicali osserva: «Devo pensare che i trascorsi giovanili di Fini abbiano preso il sopravvento sul Fini democratico, ragionevole, moderato? O devo considerare che sta compiendo una mossa elettoralistica per mettersi allo stesso livello di Bossi?». Luana Zanella dei Verdi: «Emerge con sempre maggiore chiarezza la volontà di sorvegliare e punire i tossicodipendenti e una strategia tesa ad infliggere una stretta repressiva su chi fa uso di droghe, senza distinguere quelle pesanti e leggere».

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    "Vogliamo distruggere tutti quei ridicoli monumenti del tipo "a coloro che hanno dato la vita per la patria" che incombono in ogni paese e, al loro posto, costruiremo dei monumenti ai disertori. I monumenti ai disertori rappresentano anche i caduti in guerra perchè ognuno di loro è morto malidicendo la guerra e invidiando la fortuna del disertore. La resistenza nasce dalla diserzione"

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  2. #2
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    purtroppo siamo nelle mani di questa gente.......

  3. #3
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    purtroppo siamo nelle mani di questa gente.......

    Beh certo.....se sei un incannato incallito certo che "purtroppo" sei nelle mani di questa gente..........per le persone per bene e normali come me invece dico......"per fortuna che siamo nelle mani di questa gente"!!

  4. #4
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    Originally posted by Gianfranco
    purtroppo siamo nelle mani di questa gente.......

    Beh certo.....se sei un incannato incallito certo che "purtroppo" sei nelle mani di questa gente..........per le persone per bene e normali come me invece dico......"per fortuna che siamo nelle mani di questa gente"!!
    ottimo

  5. #5
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    Thumbs down Propaganda da 4 soldi

    Propaganda da 4 soldi.
    E' stata semplicemente fissata una quantità massima di droga oltre la quale si rischia la galera questoper colpirelo spaccio, chi è sotto questa dose verrà semplicemente multato.
    Verrano inasprite le pene per gli spaccciatori e questo è giusto.
    Il "si vuole arrestare tutti" è solo una vaccata.

    Continuate con il vecchio trucco della menzogna nei confronti dell'avversario per poterlo screditare.

  6. #6
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    Predefinito Perbenismo italiota

    Originally posted by Gianfranco
    purtroppo siamo nelle mani di questa gente.......

    Beh certo.....se sei un incannato incallito certo che "purtroppo" sei nelle mani di questa gente..........per le persone per bene e normali come me invece dico......"per fortuna che siamo nelle mani di questa gente"!!
    Il 55% dei votanti un po' di anni fa votò per la depenalizzazione della droghe leggere. Accidenti, sono in tanti i cannaioli incalliti.
    Non c'è più morale, Contessa.

    P.G.
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  7. #7
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    purtroppo l'esito dei referendum qui in italia non viene molto rispettato.

    io sono per la legalizzazione delle droghe, il proibizionismo alimenta solo la mafia.

    da un ex missino come fini cosa volete pretendere.

  8. #8
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    Il progetto repressivo di Fini, Berlusconi & Co sulle droghe criminalizza milioni di italiani
    Generazioni sotto ricatto


    Stefania Giovannini

    Non basta una "canna" per sognare un incubo come quello che il vicepremier Fini ci ha promesso. No, ci vogliono sostanze ben più pesanti: ubriacatura di vodka al melone, un'indigestione di peperoni o di crêpes alla nutella, forse addirittura i postumi di una fiorentina di mucca pazza! Tutta roba legalissima, come gli omogeneizzati agli ormoni che fanno spuntare le tette alle bambine di un anno o due. Roba che i ragazzini trovano a casa, insieme alle pillole di ansiolitico di papà ed al Tavor della mamma, o possono comprare in un qualsiasi supermarket.
    Ma torniamo all'incubo. Quando il disegno di legge (già pronto per uno dei prossimi consigli dei ministri) riscriverà il pezzetto di codice penale che si occupa si stupefacenti indicando come reato il consumo di droghe leggere (alla faccia del 55 per cento di italiani che hanno fatto un referendum apposta per depenalizzarlo 10 anni fa), il primo a finire in galera potrebbe essere Muccino. Negli ultimi due suoi premiatissimi film, "L'ultimo bacio" e "Ricordati di me", le canne si sprecano. I più non se ne sono nemmeno accorti, non come ai tempi di "Blow Up" o di "Easy Rider", quando fumare marijuana faceva scandalo.

    Oggigiorno fumano tutti e, diciamolo francamente, tra una figlia aspirante velina e un figlio un po' imbranato che si fa le canne con gli amici, chi sceglie la prima? Poi le manette scatteranno ai polsi delle Iene di Italia1 che, tra una denuncia per lavoro nero al Senato della Repubblica ed un'altra per le agenzie che vendono le patenti di guida, di "canne" e "cannoni" parlano spesso. Anche ieri sera, per chiedersi quanta "roba" il vicepremier si è fumato per fare quel ddl. E con loro sarà a rischio galera buona parte del mondo dello spettacolo.

    D'altra parte, questo è il nostro incubo. Per loro, Fini, Berlusconi & Co., è un sogno: rockettari, cinematografari, comici, quelli dei centri sociali, sono tutti gente da galera! E se gli dici che anche nelle pipe di Leonardo da Vinci e Shakespeare sono state trovate tracce di hascisc (leggi "Marijuana" di Guido Blumir, Einaudi Stile Libero), magari ci mettono fuori legge pure "Giulietta e Romeo". Vagli a spiegare che il cinema, la musica, l'arte in genere, non stanno in una torre d'avorio ma si cibano dei comportamenti sociali emergenti. Anzi, se sapessero quanto "fumo" gira nelle scuole (non solo di periferia, anche nei licei buoni, persino nelle private dei preti), nelle redazioni dei giornali, persino nelle stanze dei manager (ma lì va più forte la droga vera, cocaina e psicofarmaci), sarebbero anche più contenti della bella legge che vogliono far passare: una generazione, anzi due, sotto ricatto della polizia. Perché questo è quello che rischia di accadere.

    Non potranno finire nelle galere già strapiene, altri quattro milioni di italiani (stima Censis 2000 dei consumatori di derivati della cannabis del Bel paese). Ma saranno tutti ricattabili: «Un altro sciopero e ti sbatto in galera per quella canna...». Su ognuno di loro si potrà aprire, legalmente, un bel fascicoletto in questura. Loro, ha spiegato Fini, lo fanno per le famiglie. E le famiglie, secondo loro, sono troppo ottuse per capire che mandare un ragazzo in galera non è la maniera migliore di educarlo al rispetto di sé e degli altri.

    Per leggere le cifre (sempre Censis) che dicono che in Italia gli eroinomani sono passati in vent'anni da 250mila a 300 mila, mentre i consumatori di cannabis da 550mila a quattro milioni e quindi il rapporto che lega la "canna" alle droghe pesanti è lo stesso che c'è tra la camomilla e i sonniferi, cioè nessuno. Per vedere che in Olanda, dove puoi fumare e comprare spinelli in un qualsiasi Coffee shop, a farlo sono il 7,2 per cento degli adolescenti, mentre negli Usa, dove ti sbattono in prigione, gli adolescenti che fumano sono il 13,5.

    Per sapere che se è vero che di droga si muore (è verissimo!), su trenta milioni di consumatori di derivati della Cannabis al mondo non ne è morto neppure uno. Per l'ottimo motivo che per assumere la quantità di sostanza letale occorrerebbe fumare quattro chili di marijuana tutta in una volta.
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  9. #9
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    La proposta di Fini di penalizzare tutte le droghe
    rischia di creare confusione tra consumatori e spacciatori
    Gli sceriffi dello spinello

    di MICHELE SERRA


    Mano pesante con le droghe leggere. Il vicepremier Fini invita, su un tema così delicato e controverso, a "non lanciare anatemi", ma è il primo a non dare il buon esempio: la nuova legge italiana contro le tossicodipendenze ha, dell'anatema, tutti i crismi. La foglia di fico è l'annullamento delle condanne (solo quelle meno gravi, comunque) in caso di resipiscente "percorso di recupero" da parte del reo.

    La sostanza è lo stato di criminalità affibbiato ai consumatori di cannabis, è l'equiparazione ottusa tra droghe pesanti e leggere, è il rischio di confusione permanente tra spacciatori e possessori di dosi personali "non modiche", insomma è il contrario esatto della legalizzazione indiscriminata: il suo opposto estremismo. Un programma duramente repressivo, da destra fobica, che farà felice qualche comunità-sceriffo ma ha già gettato nel panico i molti operatori che su quel fronte di sofferenza hanno accumulato esperienze e competenze tutt'altro che punitive.

    Mentre la sinistra continua a stordirsi e avvilirsi con la sua droga personale, che è la lana caprina, è quasi incredibile come la destra riesca a far spavaldamente convivere al suo interno differenze ideologiche siderali: come quella che separa la cultura "liberal" dal cupore carcerario di sortite come questa dell'onorevole Fini. Il quale, candidamente, sottolinea come lo spirito della nuova legge punisca "non l'abuso, ma l'uso stesso" delle sostanze stupefacenti.

    E' il famigerato Stato Etico (quello aborrito dai liberal di governo) nella sua accezione più moralista e intrusiva.
    La cosa più interessante, a questo punto, non sarà soffermarsi sulle (scontate) reazioni negative dell'opposizione. Sarà attendere al varco i liberali di maggioranza (tra i quali non mancano gli antiproibizionisti), per valutarne il grado di indipendenza e combattività. Già sulla devolution, poco più di un ticchio personale dell'onorevole Bossi, molti musi lunghi dei centristi e perfino dei nazionalisti spinti, alla Storace, si sono presto tramutati in pazienti alzate di spalle, nel nome della coesione della maggioranza, o se preferite di una logica di potere molto spregiudicata.

    Ma una legge come quella annunciata da Gianfranco Fini, che spezza ogni vincolo anche esile con la tolleranza per le libertà individuali (anche la libertà di mettere a repentaglio la propria salute, esattamente come fanno tabagisti, alcolisti e bulimici), e annette per intero al codice penale un campo che dovrebbe e potrebbe essere squisitamente terapeutico, e di recupero sociale e umano, come potrà essere votata da quei larghi settori della maggioranza che, almeno nominalmente, si professano liberali o addirittura libertari, e militano in una coalizione che si chiama "casa delle libertà"? C'è grande confusione, in tema di libertà.

    Ci sono ministri-turbo favorevoli all'abolizione dei limiti di velocità, ministri garantisti che vedono in quasi ogni iter giudiziario lo strapotere arbitrario della pubblica accusa, e più in generale abbondano gli alleggeritori dei poteri dello Stato, ritenuto impiccione, occhiuto, pletorico e zavorratore dell'iniziativa individuale. Come mai proprio sulle droghe scatti questo rigurgito statalista/poliziesco, è un mistero tutto da indagare. Vivremo in un paese che condona volentieri ogni abuso fiscale e edilizio, e depenalizza molti reati politico-economici, ma è incapace di varare anche un mezzo indulto per i carcerati comuni e spedisce i gendarmi ai giardinetti per incastrare gli studentelli che si fanno una canna?

    E se questo dovesse essere il quadro, potremmo sapere, almeno, da quale delle due destre siamo governati, quella che soccorre gli evasori fiscali o quella che vuole incarcerare i fricchettoni? O sono le due facce dello stesso potere, permissivo con i forti che possono pagare la parcella a torpedoni di avvocati, spietato con gli spaesati che non sanno neanche dove abitano, gli avvocati, nella loro Giamaica di fumo?

    (18 aprile 2003)
    "Vogliamo distruggere tutti quei ridicoli monumenti del tipo "a coloro che hanno dato la vita per la patria" che incombono in ogni paese e, al loro posto, costruiremo dei monumenti ai disertori. I monumenti ai disertori rappresentano anche i caduti in guerra perchè ognuno di loro è morto malidicendo la guerra e invidiando la fortuna del disertore. La resistenza nasce dalla diserzione"

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  10. #10
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    Proibizionismo, male nostrum
    La nuova legge Fini sulle droghe rimanda al male ricorrente della politica italiana, il proibizionismo. In versione ancor peggiore di quelle precedenti
    GUIDO BLUMIR


    Oggi è ancora possibile incontrare e intervistare persone viventi che sono state in prigione due anni per un grammo di hascisc. In Italia, non in Turchia. Sembra fantascienza: ma è esattamente quello che succedeva a Roma, a Milano, in tutto il paese, solo una trentina di anni fa: dal l966 al l975. Migliaia di condanne a due anni per piccolissime quantità di droghe leggere detenute per uso personale. Due anni di galera: 728 giorni tutti da scontare. Tutto questa accadeva nella democratica Italia prima degli anni di piombo: dunque prima delle leggi speciali. Cinque anni di battaglie di opinione, dal `70 al `75, dai radicali a tanti gruppi di «controinformazione», riuscirono a portare lo «scandalo» in parlamento. Senatori e deputati studiarono un sistema per capire come uscire dalla logica di polizia e galera. Il consumo, il consumatore, non dovevano più essere puniti. Autorevoli magistrati e avvocati dell'epoca mettevano però sull'avviso: non bisogna che se ne approfittino spacciatori e trafficanti. Invece di ispirare le leggi ai fatti: se uno consuma non è punibile, se uno vende è punibile, i parlamentari infilarono nella legge una «presunzione di colpevolezza». Se uno ha in tasca più di tot, presumiamo che abbia cattive intenzioni, e cioè voglia vendere. Qual è il limite ? Non viene indicato. Si parla di «modica quantità». Chi detiene droghe proibite in modiche quantità non è punibile. Non è punibile con nulla, nemmeno con una nota scritta di rimprovero. Un concetto limpido, su cui la stragrande maggioranza dell'opinione pubblica sembra d'accordo, che il consumo personale non dev'essere più penalizzato, viene inquinato da un brutto spiraglio di sospetto: sopra le «modiche quantità», sono anni in cella. Sarà il giudice a decidere, caso per caso. E per un giudice con una mentalità arretrata, magari dieci grammi di marijuana sono una quantità eccessiva, dunque giù condanne.

    Per come andavano le cose all'epoca, polizia e carabinieri, che non avevano proprio un feeling di amore e simpatia per le nuove generazioni, per qualche anno fermavano e arrestavano allegramente decine di migliaia di giovani con lo spinello. Poi,magari dopo un po' di carcere, intervenivano i magistrati che sentenziavano un non luogo a procedere. Naturalmente, se i verbali di polizia erano maliziosi , «da fonte riservata e attendibile, sappiamo che il tale è dedito allo spaccio di sostanze stupefacenti» e la quantità detenuta non era proprio microscopica, il fermato passava guai su guai.

    Col passare degli anni, il cambiamento di mentalità, e l'aumento di fumatori anche tra polizia e carabinieri, si arriva a una situazione in cui sono le stesse questure a essere meno feroci e più rispettose dello spirito della legge. E anche più consapevoli del fatto che con il proibizionismo si perde solo tempo e denaro, si causa sofferenza e non si risolve nulla.

    Un aspetto fondamentale del problema droga è che di fronte al fallimento, sotto gli occhi di tutti, del proibizionismo (di fatto, ovunque aumentano consumo e traffico), il proibizionista (in buona o malafede) è tormentato da un rovello: le cose non funzionano perché il fatto non è abbastanza proibito. Dunque, bisogna proibire di più e lavorare di più. A questo più non c'è mai limite. Così negli anni `80, il presidente degli Stati uniti Ronald Reagan lanciò la «tolleranza zero»: anni di prigione a tutti, consumatori compresi. Nell'ottobre ` 88, Bettino Craxi sposò questa tesi di fondo e incaricò i giuristi del suo partito, come il ministro della giustizia Giuliano Vassalli, di trovare una soluzione. Il consumatore doveva essere sempre punito. La «modica quantità» grazie a cui migliaia di persone avevano evitato la galera, diventava il male assoluto. Doveva essere eliminata. Ma cancellandola, come nel testo originale del ministero, scattava automaticamente la prigione.

    Un anno e mezzo di battaglie parlamentari costrinse i senatori socialisti ad attenuare questo rigore iniziale. Che centinaia di migliaia di persone potessero finire in prigione per uno spinello sembrava una cosa mostruosa all'opinione pubblica anche moderata, ai laici come ai cattolici. Così, nelle commissioni riunite sanità e giustizia, dopo decine di audizioni, il senatore Giorgio Casoli inventò una scappatoia «umanitaria». Finire in cella per una canna è disumano. Dunque, stabiliamo una micro-quantità sotto cui non c'è il carcere. Qualcosa ci sarà, perché Bettino vuole che ci sia, e dunque sanzioni amministrative. Ma non la galera. Si definì la soglia: la dose di un giorno. La «dose media giornaliera». Il confine tra la vita e la morte (civile), tra la libertà e la galera, diventa una formuletta da farmacisti. Al di sopra, la cella, al di sotto le micro-sanzioni. Per gli spinelli, il ministro della Sanità dell'epoca, Francesco De Lorenzo, fissa la dose in mezzo grammo.

    Poco dopo l'approvazione della legge, i radicali promuovono la raccolta di firme per un referendum. Il consumo è qualcosa che assolutamente non può essere punito con il carcere. Dunque, deve saltare la dose media giornaliera. Restano le microsanzioni. Il timore è che, chiedendo l'abolizione delle sanzioni, la Corte costituzionale blocchi la richiesta. Timore giustificatissimo, date le decisioni precedenti.

    Nel l993, il referendum vince alla grande: il 55,3 per cento degli italiani dice sì all'abrogazione. Quasi undici punti di distacco sui conservatori, che restano fermi al 44,7%. Restano le sanzioni amministrative (ritiro della patente o del passaporto). Quando la questione verrà studiata in modo più approfondito, si scoprirà che anche queste micro-pene sono contro i principi della nostra civiltà giuridica. Come ha dimostrato uno dei massimi esperti del problema, Angelo Averni, nel suo fondamentale «Proibizionismo e antiproibizionismo» (Castelvecchi editore, Roma 1999), mettendo a confronto tutti i nostri maggiori costituzionalisti, da Barile a Baldassarre: il consumatore non può essere mai punito, con nessun tipo di pena, perché ciò è contro la Costituzione. La salute è un diritto, non un dovere.

    Bettino Craxi ha fatto saltare la modica quantità. Il referendum ha fatto saltare la dose media giornaliera. Il consumo non è più punibile (con la prigione): la cosa non dipende più dalla quantità che uno può avere in tasca o a casa. Dipende dai fatti. La sostanza è per lui, non fa parte di un lavorio di traffico e vendita. Il referendum ha ripulito la logica del sospetto che faceva parte della vecchia legge sulla modica quamtità. Anche se la quantità non è piccola, non c'è il carcere. E' un principio limpidissimo e importante. Andrebbe inserito nelle convenzioni Onu. Nessuno stato può prevedere il carcere per il consumo di alcool, droghe o qualunque altra sostanza. Una questione fondamentale, di civiltà.

    A Gianfranco Fini questa fondamentale civiltà giuridica non va giù. Gli sembra una «libertà di drogarsi». Non è così. E' lo stato che non ha la libertà, il diritto di entrare nelle case delle persone con la polizia arrestando i soggetti per comportamenti che riguardano solo loro. Secondo il leader di Alleanza nazionale, con la situazione attuale milioni di persone fumano marijuana con delle pene troppo blande. Il ritiro di patente e/o passaporto per qualche mese, non è una cosa seria. Milioni di giovani possono avere la sensazione che non ci sia il proibizionismo. Invece, questo ci deve essere, e in modo consistente. Un proibizionismo hard, non soft.

    In aggiunta, un argomento debolissimo: così come vanno le cose, è difficile pizzicare gli spacciatori. Non sta in piedi: oggi, più di vent'anni fa, con telecamere, microtelecamere, raggi infrarossi etc., è facilissimo per la polizia capire chi vende e chi compra, e quindi acquisire prove schiaccianti. Fini e il suo tecnico, il sottosegretario agli interni Alfredo Mantovano, hanno una soluzione semplicissima sulla scrivania. Ripescare la famigerata dose media giornaliera abolita dagli italiani. Ci pensano da anni. Ma forse, in questi due anni di nuova legislatura, si sono resi conto che la cosa non sarebbe molto presentabile. Avrebbero una strada: studiare un referendum che riporti la situazione a dieci anni fa. Se pensano che l'opinione pubblica nel frattempo ha cambiato idea, potrebbero vincerlo. Una via democratica al nuovo proibizionismo.

    Ineccepibile. Ma la tentazione è un'altra: essendo al governo, farcela per via parlamentare. Dunque, conviene anche indorare la pillola, mettere al lavoro la fantasia per trovare nuove formule che che non appaiano una semplice replica della dose media giornaliera. «Chiamatela Antonio», ha detto Fini a Vienna. E dunque, «dose minima detenibile», «dose massima tollerabile». Sopra la quale c'è il carcere; e sotto, le microsanzioni. Le sostanze probite sono migliaia. Solo l'ecstasy, centinaia. Per tutte e per ciascuna, si tratta di stabilire una «quantità». E per la marijuana e l'hascisc? Il mezzo grammo di De Lorenzo era criminale. Anche se comunque il ministro era legato al fatto della dose di un giorno.

    Undici stati americani hanno risolto pragmaticamente il problema fissando la quantità «permessa» (niente carcere, solo una multa) in un'oncia, pari a 28 grammi. Una quantità che forse fa strabuzzare gli occhi a Fini e Mantovano. Ma devono sapere che non hanno scelta: o stabiliscono una quantità ragionevole, che tenga realmente lontano dalle galere i quattro milioni di fumatori italiani, o fissano una quantità troppo bassa, che costringerà i trecentomila poliziotti e carabinieri italiani a non fare nient'altro: per far rispettare la nuova legge, dovranno andare a pescare tutti quei milioni di persone che a casa loro o in macchina o in tasca hanno sicuramente una «dose» di «Antonio» superiore a quella consentita.
    "Vogliamo distruggere tutti quei ridicoli monumenti del tipo "a coloro che hanno dato la vita per la patria" che incombono in ogni paese e, al loro posto, costruiremo dei monumenti ai disertori. I monumenti ai disertori rappresentano anche i caduti in guerra perchè ognuno di loro è morto malidicendo la guerra e invidiando la fortuna del disertore. La resistenza nasce dalla diserzione"

    Partigiano antifascista, Venezia, 1943





 

 
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