Quale ideale incarnerebbe Hitler??In Origine Postato da cornelio
Complimenti! Sei bravo ad offendere chi ha sacrificato la sua vita per un ideale
Quale ideale incarnerebbe Hitler??In Origine Postato da cornelio
Complimenti! Sei bravo ad offendere chi ha sacrificato la sua vita per un ideale
Ma come? Non conosci i nazicomunisti? Chiediglielo a PFB o ad Italianovero, loro te lo sapranno spiegareIn Origine Postato da shambler
x cornelio: come nazicomunista?! che vuol dire?
In due parole: la battaglia del Sangue contro l'oroIn Origine Postato da yurj
Quale ideale incarnerebbe Hitler??
Non si immolarono affatto per Hitler, ma per il sogno di un'Europa diversa, nella guerra del sangue contro l'oro. Pur con tutti i suoi grandi limiti e difetti, l'Asse italo-tedesco avrebbe tenuto l'Europa lontana dalle grinfie dello sfruttamento del capitale, valorizzando al contempo le varie componenti etnico-culturali ed impedendone di fatto la rovina spirituale che viviamo attualmente. Sarebbe stata un'Europa differente per cui tanti uomini di tante nazioni differenti soffrirono e morirono. Volontari del primo ed ultimo esercito europeo. Morirono per un sogno, non certo per Hitler.In Origine Postato da yurj
Per Hitler... pensa che babbei...
Per sapere come andò veramente a Berlino nei suoi ultimi giorni, leggiti il libro di Saint-Paulien "I leoni morti" (http://www.ileonimorti.it/).
In Origine Postato da Orazio Coclite
l'Asse italo-tedesco avrebbe tenuto l'Europa lontana dalle grinfie dello sfruttamento del capitale, valorizzando al contempo le varie componenti etnico-culturali
Ma per favore...altroche valorizzare le varie componenti etnico culturali...ecco cosa i nazi pensavano veramente
"ITALIANI RAZZA INFERIORE": LE RAGIONI DELL'ODIO DIETRO LE RAPPRESAGLIE NAZISTE
Di Cesare Medail
Novembre 1943, Albania settentrionale: una compagnia della divisione tedesca Brandenburg riceve l?ordine di catturare 59 ufficiali italiani affetti da malaria o convalescenti al momento del ritiro dell?Italia dall?Asse. I più, ignari di tutto, avevano accolto i tedeschi «come amici». Nel trasferimento al nord, ostacolato da violente piogge, gli italiani risultarono di peso.
Così, un tenente di 23 anni, decise di liquidarli dicendo: «In fondo sono soltanto italiani». L'episodio è citato da Ger-hard Schreiber, lo storico tedesco che ha ricostruito e analizzato in un libro la «vendetta tedesca», vale a dire gli eccidi perpetrati da SS e Wehrmacht contro militari e civili italiani in violazione del diritto di guerra fra il settembre 1943 e il maggio 1945: 6.800 militari uccisi per ordini contrari alle leggi internazionali; 44.720 partigiani uccisi spesso in violazione delle stesse norme; 9.180 civili, uomini, donne e bambini (580) ammazzati nelle rappresaglie.
«In fondo sono soltanto italiani», dunque. La frase di quel tenente offre la chiave per capire «perché il grande massacro diventò possibile». Un caporalmaggiore tedesco, che raccontò quell'eccidio, spiega che quelle parole esprimevano un «ordinario razzismo» che non era rivolto «solo contro ebrei e slavi» e non riguardava solo «alcuni nazisti fanatici» radicato nel popolo tedesco indottrinato dalla propaganda. Sui massacri nazisti in Italia esiste un abbondante letteratura: da Boves a Marzabotto, da Cefalonia alle Fosse Ardeatine ogni episodio è stato ricostruito e discusso.
Ma l'opera di Schreiber, oltre ad offrire un'agghiacciante visione d'insieme, indaga sulle ragioni profonde di tanta ferocia. Secondo lo storico, il desiderio di vendetta per il rovesciamento delle alleanze avvenuto l'8 settembre non basta a spiegare quell?intensità di rappresaglia. Alla radice di tutto vi era il «declassamento razziale» degli italiani, maturato in precedenza, che «abbassò la soglia degli scrupoli morali» fino alla totale indifferenza di fronte alla vita di un popolo «inferiore».
L'italofobia risaliva alla grande guerra: nel 36 a Berlino si affermava che se Mussolini aveva conseguito qualche successo politico, «non era stato in grado di eliminare le caratteristiche negative del suo popolo». Hitler ebbe uno scatto d'ira quando seppe dell'attacco italiano contro la Grecia e Goebbels parlò di «ignominia» quando le nostre divisioni subirono la controffensiva. Rommel sancì che l' italiano non era «popolo guerriero», mentre la propaganda ci definiva «tracotanti, corrotti e paurosi».
Sotto accusa erano soprattutto i nostri meridionali del Nord Africa, indegni di essere «colonizzatori di razza bianca»(a Berlino si distingueva fra «razza germanizzata del nord» e razza del Sud «con infiltrazioni negroidi». Nel luglio 41, l'Ufficio per la politica razziale sottopose all?ambasciatore Dino Alfieri la proposta di evitare i matrimoni fra tedeschi e italiani che minacciavano «la purezza del sangue germanico» (Bormann).
L'«onta dei Balcani», inoltre, veniva spiegata con la debolezza, l'eccessiva «compassione umana» e la «disponibilità al compromesso» degli italiani: se i generali erano «inetti», i soldati erano «vigliacchi». Ancor più decisiva, nel «declassamento italiano», fu la questione ebraica. Nel 41 Goebbels scriveva che «gli italiani erano estremamente blandi contro gli ebrei», perché li proteggevano a Tunisi, Tripoli, nella Francia occupata e in Croazia».
E Von Ribbentrop giunse a definire «ebreo onorario» il sottosegretario agli esteri Giuseppe Bastianini perché «ostacolava la soluzione finale». Insomma, fattori militari, etnici e razziali generarono nei tedeschi totale insensibilità verso l' italiano, massacrabile senza sensi di colpa. Del resto, Schreiber riferisce che ben prima del 43 Berlino pensava di annettere «i territori un tempo possesso austriaco», negando sovranità al resto della penisola. L'Italia, insomma, era già un «nemico», con Mussolini declassato a «gauleiter» di un popolo inferiore, destinato alla schiavitù.
Il Corriere della Sera - 29 aprile 2000
Fieramente d'accordo con Nanths.
...i Francesi si strappano il Panzerfaust dalle mani: ognuno vuole il suo carro. Un secondo attacco di mezzi corazzati sovietici viene respinto, e tre carri nemici bruciano. Una terza ondata viene arrestata; questa volta le carcasse di due T-34 sventrati in mezzo alla strada, impediscono agli altri di avanzare. Tuttavia l'accerchiamento del battaglione è quasi totale; non verrà disimpegnato che a prezzo di un sanguinoso contrattacco, sferrato da elementi franco-tedeschi. Il martellamento riprende con più forza di prima. Anche i Francesi riescono a contenere altre ondate di mezzi corazzati nemici, che attaccano adesso in ordine molto serrato. I carri sono scortati dalla fanteria, a sua volta protetta dai lanciafiamme. Si arriva alla lotta corpo a corpo e si producono infiltrazioni nemiche nello schieramento del battaglione che ha subito gravi perdite... Gli allievi ufficiali, usciti da poco dalla loro scuola, sono assai provati.
Sopraggiunse la notte senza che la lotta s'affievolisse. I rossi guadagnavano qualche decina di metri, s'infiltravano a qualunque costo, e ricominciavano a marcare il passo. I loro carri bruciavano, la loro fanteria si ritrovava decimata al momento in cui pensava di non avere più nessuno davanti. Dalle rovine incendiate coi lanciafiamme, sbucavano dei veri demoni, insanguinati e coperti di polvere, che li mitragliavano a bruciapelo, li attaccavano all'arma bianca o con le bombe a mano. Poi i demoni scomparivano nell' enorme fumo di quest' inferno. I commissari politici, revolver in pugno, raccozzavano i loro uomini che una mitragliatrice invisibile andava falciando. Eppure si trattava della guardia rossa, di Russi appoggiati da due reggimenti ucraini, sferzati dall' alcool, e sicuri di una vittoria che i bollettini dell'Armata rossa avevano già data per certa.
E i francesi quanti erano? Uno conto venti? Uno contro trenta? Feriti due volte, feriti tre volte, ritornavano a combattere e si facevano uccidere sul posto senza un grido, senza un'invocazione di soccorso, anche quando si sentivano gravemente colpiti. I loro nervi reggevano da tre giorni e non avrebbero ceduto mai. Non vi è truppa al mondo che si sia battuta con maggior coraggio di questo pugno di Francesi in lotta, nel cuore stesso dell'Europa, per un chilometro quadrato di rovine. Non vi è soldato che non debba, da soldato, rendere loro omaggio. Non un solo uomo, che sappia difendere le sue idee con la propria pelle, dovrà mancare di salutarli.
(brano tratto da I leoni morti)
Oggi come ieri MEINE EHRE HEISST TREUE.
Ci vorrebbero qualche decina di pagine per confutare alcune delle enormi inesattezze presenti in quest'articolo a cui ho dato una veloce scorsa, e che onestamente non ho né il tempo, né tantomeno la voglia di confutare. Metto in evidenza solo quest'autentica perla di propaganda pseudo-storica di cui sopra.In Origine Postato da Nanths
E Von Ribbentrop giunse a definire «ebreo onorario» il sottosegretario agli esteri Giuseppe Bastianini perché «ostacolava la soluzione finale».
Per il resto è confortante constatare come tutte le forze apparentemente nemiche abbiano a compattarsi ogni volta che appare all'orizzonte lo spauracchio nazi-fascista. Da destra a sinistra passando per la lega.
Saluti.
In Origine Postato da Orazio Coclite
Ci vorrebbero qualche decina di pagine per confutare alcune delle enormi inesattezze presenti in quest'articolo a cui ho dato una veloce scorsa, e che onestamente non ho né il tempo, né tantomeno la voglia di confutare. Metto in evidenza solo quest'autentica perla di propaganda pseudo-storica di cui sopra.
Per il resto è confortante constatare come tutte le forze apparentemente nemiche abbiano a compattarsi ogni volta che appare all'orizzonte lo spauracchio nazi-fascista. Da destra a sinistra passando per la lega.
Saluti.
Bhe' pero' ci sono anche numerose testimonianze dei reduci italiani dalla Russia che raccontano del disprezzo e dell'odio che i tedeschi mostravano per "gli inferiori italiani".
''Alla vigilia della caduta del fascismo, Preziosi venne segretamente chiamato a far parte di un Gabinetto ombra, con Farinacci, Ricci, Rossoni e Bastianini, che, nell'eventualità di un colpo di Stato, avrebbe dovuto attuare in Italia una politica nettamente filotedesca'' [G. Mayda, ''Storia della deportazione dall'Italia 1943-1945'', Bollati Boringhieri, 2002, p. 175]