Irak: la Bechtel prima a ricostruire
La multinazionale Usa ottiene una commessa da 630 mln $. Ma la società non è certo una new entry: i rapporti con la famiglia Bush risalgono a 20 anni fa.
di Nicola Borzi
C'è un legame carsico ventennale che lega la California, Washington e l'Irak, la Casa Bianca e gruppo Bechtel, uno dei giganti mondiali delle costruzioni e dell'engineering che è le prima impresa statunitense ad aver ottenuto un appalto per la ricostruzione post-bellica del Paese mediorientale. Un filo rosso che lega la società di San Francisco, l'attuale segretario alla Difesa Usa Donald Rumsfeld, George Shultz, segretario di Stato all'epoca del duo Reagan-Bush sr. e il raìs di Baghdad.
Proprio ieri la USAid (U.S. Agency for International Development), l'Agenzia federale di Washington per lo sviluppo internazionale, ha annunciato di aver assegnato un appalto per il valore complessivo di 680 milioni di dollari alla Bechtel per avviare le prime opere di ricostruzione delle infrastrutture civili del Paese mediorientale. La prima tranche versata da USAid è stata pari a 34,6 milioni di dollari e nei prossimi 18 mesi saranno versate le altre.
Perché proprio la Bechtel si è aggiudicata il primo imponente finanziamento statunitense per l'Irak? Se si analizzano i collegamenti tra la società californiana e Washington, l'impresa di San Francisco non sembrerebbe potere vantare specifiche "benemerenze" verso la comunità politica Usa.
Negli ultimi sette cicli elettorali statunitensi la Bechtel ha finanziato in modo quasi "bipartisan" la politica Usa. Secondo i dati della Federal Election Commission, la Commissione che ha il compito di vigilare sul finanziamento al sistema politico federale, la Bechtel dal 1990, quando si tennero le prime elezioni (legislative) registrate e le ultime - archiviate nel 2002 -, ha versato veramente poco denaro ai candidati in corsa per un seggio alla Camera o al Senato di Washington o per la Casa Bianca "solo" 913.152 dollari, poco più dell'1% degli 84,33 milioni di dollari versati complessivamente dalle società che ricevono commesse pubbliche. Il 57,5% di questa somma è andato a candidati del partito Democratico, per poco più di 525mila dollari, mentre il restante 42,5%, 388mila dollari circa, a rappresentanti dei Repubblicani. Addirittura, durante le ultime presidenziali vinte da George W. Bush Jr contro il democratico Al Gore, le preferenze del gruppo californiano andarono esplicitamente al candidato sconfitto, che si portò a casa il 72% dei 184mila dollari versati complessivamente dalla Bechtel.
Ma la nuova amministrazione repubblicana che siede alla Casa Bianca non sembra affatto portare rancore alla multinazionale di San Francisco, nonostante l'evidente preferenza per il candidato avversario. Tant'è vero che la Bechtel si è aggiudicata per prima una fetta della gigantesca torta della ricostruzione irakena. Perché? Per rispondere occorre partire dal quartier generale dell'impresa di San Francisco per un viaggio all'indietro. Un viaggio cominciato il 20 dicembre 1983 quando, come dimostra una fotografia, Donald Rumsfeld stringeva la mano a Saddam Hussein durante una sua visita ufficiale a Baghdad in qualità di Inviato speciale del presidente Reagan per il Medio Oriente.

Un gigante mondiale delle costruzioni
Il gruppo Bechtel, come ama presentarsi, "è più che una grande impresa statunitense di costruzioni ed engineering: è diventata l'organismo di riferimento sul cui metro vengono giudicate le altre imprese del settore". Il gruppo californiano è attivo, direttamente o attraverso una fittissima rete di alleanze e joint venture con alcuni tra i principali colossi industriali e le maggiori utilities mondiali, nei settori delle telecomunicazioni, nell'estrazione mineraria dei metalli, nella costruzione di impianti industriali e petrolchimici, di infrastrutture civili e industriali, nella realizzazione di impianti idroelettrici e di generazione di elettricità dal carbone e dal nucleare, nella gestione dei servizi ambientali e idrici, nella costruzione di oleodotti e gasdotti.
Lungo la sua storia ormai ultracentenaria, l'impresa familiare di San Francisco, fondata nel 1898 e mai quotata in Borsa, ha gestito oltre 20mila progetti in 140 Paesi: ha costruito il 40% della capacità industriale mondiale di liquefazione del gas, 75 aeroporti, 48 impianti idroelettrici e 80.000 chilometri di oleodotti e gasdotti, 500 impianti di generazione di energia dal carbone e dall'atomo, 22 intere città, 80 porti e 27mila chilometri di strade e autostrade, oltre a 200 impianti di distribuzione e depurazione dell'acqua.
C'è solo l'imbarazzo della scelta tra le grandi opere realizzate: dal tunnel ferroviario sotto la Manica all'oleodotto Mayakan in Messico, dalla miniera di rame di Collahuasi in Cile (la più grande del mondo) alla rete wireless per AT&T negli Usa, alla fonderia di alluminio a Boyne Island in Australia.
La società è guidata dalla quarta generazione di Bechtel, passando di padre in figlio dalle mani del fondatore Warren A. Bechtel, che la costituì nel 1898 in Oklahoma per utilizzare la forza lavoro dei muli nella costruzione della rete ferroviaria transamericana, fino all'attuale presidente e amministratore delegato, Riley P. Bechtel, che di Warren è il bisnipote e "numero uno" dell'impresa dal 1990. Nel 2001, secondo gli ultimi dati disponibili, i 50mila dipendenti mondiali della Bechtel hanno consentito alla società di gestire 900 progetti in 60 Paesi, con un fatturato di 13,4 miliardi di dollari e nuovi ordini per altri 9,3 miliardi di dollari.

Strette di mano e oleodotti con il Raìs
Ma cos'è che collega la Bechtel a Washington? Il legame si snoda tra George P. Shultz, il segretario di Stato Usa all'epoca del doppio mandato presidenziale di Ronald Reagan (luglio 1982-gennaio 1989), quando il vice di Reagan era il padre dell'attuale presidente, George Bush senior.
Per i frequentatori degli ovattati ambienti della Casa Bianca, degli interminabili corridoi del Pentagono o delle affollate aule del Congresso, vale il principio della "revolving door", la "porta girevole" che collega l'ingresso ai piani alti delle maggiori aziende con le aule della Camera dei Rappresentanti o del Senato, e viceversa. E proprio osservando chi passa avanti e indietro per la "porta girevole" ci possono intuire le motivazioni di avvenimenti solo apparentemente scollegati.
Per capire il ruolo di Rumsfeld a Baghdad nel 1983, occorre ricordare che all'epoca il "Raìs" non era ancora considerato a Washington un feroce dittatore, ma anzi uno dei principali alleati degli Stati Uniti nel Medio Oriente. Un alleato con cui gli Stati Uniti intendevano realizzare lucrosi affari, insieme a imprese tra le quali i giganti Westinghouse, General Electric e Halliburton (che vedrà ai suoi vertici un altro uomo di punta dell'attuale amministrazione Bush, il vicepresidente Dick Cheney).
Tra questi, assumeva importanza strategica la realizzazione di un oleodotto che sarebbe dovuto partire dall'Irak per attraversare la Giordania e sbucare nel terminal petrolifero di Aqaba, il porto giordano sul Mar Rosso. Un oleodotto del valore di mezzo miliardo di dollari (dell'epoca) che avrebbe dovuto essere finanziato dagli Usa. Un collegamento di vitale importanza per permettere all'Irak di esportare il suo greggio evitando alle petroliere le insidie del Golfo Persico, allora a rischio a causa del conflitto lanciato da Saddam Hussein contro l'Iran dell'Ayatollah Ruhollah Khomeini.
Rumsfeld, allora "numero uno" della multinazionale farmaceutica Searle, era stato nominato Inviato speciale presidenziale nel Medio Oriente proprio da Reagan, l'ex Governatore della California ora presidente, e per Reagan si sarebbe recato spesso in quell'area tra il 1983 e il 1984. In queste missioni, Rumsfeld - l'attuale segretario della Difesa Usa e artefice della guerra che ha portato alla fine di Saddam - aveva come referente alla Casa Bianca il capo della diplomazia Usa, ovvero Shultz, che nella città del Golden Gate aveva lavorato come manager tra il 1974 e il 1982. Per chi? Proprio per la Bechtel, della quale era stato segretario del consiglio di amministrazione e che aveva lasciato per entrare nella nuova amministrazione repubblicana.
Secondo documenti ufficiali dell'epoca che sono stati desecretati solo negli ultimi mesi da due organizzazioni pubbliche statunitensi (l'Institute for Policy Studies e il National Security Archive della George Washington University), proprio la Bechtel era la grande impresa che avrebbe dovuto aggiudicarsi i finanziamenti da 500 milioni di dollari per la costruzione dell'oleodotto Irak-Giordania. Nonostante due missioni di Rumsfeld a Baghdad, a testimonianza delle quali restano le lettere spedite dall'inviato presidenziale a Shultz, l'oleodotto non venne però mai realizzato.
Non furono tuttavia le prove sempre più lampanti dell'uso di armi di distruzione di massa da parte di Saddam Hussein a far cadere definitivamente il progetto. A impedire la realizzazione del grande collegamento petrolifero furono invece altri fattori, tra i quali un ruolo chiave fu giocato dall'opposizione di Israele che vedeva messi a rischio i propri interessi nazionali.