smascherato da un altro Blair...giornalista. Ovvero certo pacifismo "socialista" e di sinistra....e la questione morale.
da www.ilfoglio.it
" Kids for oil, storia di George Galloway
Prendi una bambina malata, impietosisci Londra e fa’ campagna pacifista per £ 375.000 all’anno
L’amico dei peacenik radical-chic si discolpa. Diffidano di lui Labour e Guardian
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Londra. Storia di un pacifista e di una bambina sbandierata come emblema di pietà contro la guerra: odore di santità e odore di soldi da petrolio. Qualche giorno dopo la fine dei combattimenti a Tikrit, un deputato laburista ha chiesto, durante il Question Time, da quale autorità irachena del regime sconfitto le forze alleate avrebbero accettato la resa ufficiale. Tony Blair non aveva idea, e temporeggiava: un laburista “backbencher” ha gridato: “Da George Galloway!”. La Camera dei Comuni, che da quando le forze armate britanniche sono partite per l’Iraq aveva osservato un’angosciata sobrietà, si è abbandonata a un boato di ilarità. La minoranza pacifista, la maggioranza interventista, laburisti, tory e libdems, tutti uniti in un gioioso momento di micidiale sfottò che ha sancito in modo spontaneo l’ufficiosa “fine del conflitto” intorno al nome e cognome del deputato più marciatore e più saddamita di tutto il movimento no war. L’unico assente in quell’attimo di sfogo collettivo era proprio il baffuto deputato del collegio di Glasgow Kelvin, che tutti a Westminster storpiano in “Baghdad Central”. Bravissimo oratore dalla retorica vetero-laburista, brillante manipolatore dei mass media e padrone di un ottimo fiuto politico, George Galloway sapeva che quello non era il giorno giusto per presentarsi in Parlamento. Da dieci anni e passa, “Gorgeous” George (come lo chiamano con spirito ironico i tabloid) è stato una formidabile spina nel fianco della leadership laburista, sempre pronto a chiosare ogni posizione ufficiale da quella sinistra che “ancora rimpiange la caduta dell’Unione Sovietica”. Ma se le esuberanze da “Böllinger Bolshevik” (la sua auto definizione) nella politica interna hanno inciso poco nella gestione blairista del partito, gli interventi infaticabili di George Galloway sul Medio Oriente, a favore di una sua stravagante visione terzomondista e complice dei peggiori regimi della zona, hanno invece seminato parecchia zizzania per il governo di Tony Blair. Durante la lunga e stressante parabola della campagna irachena, Blair non ha avuto un avversario interno più velenoso e tenace di Galloway, che ha fatto da perfido portavoce delle star più intransigenti del radical-chic londinese (Harold Pinter, Ken Loach, Vanessa Redgrave) e da mediatore fra la sinistra inglese e il regime baathista iracheno. I suoi viaggi a Baghdad sono stati costanti negli ultimi anni, le photo-op con Saddam, Tareq Aziz e altri esponenti di rango fonte di continuo sconforto a Downing Street. Attivismo buonista Ancora più perfido il suo attivismo buonista quale fondatore di “Mariam’s Fund”, ente benefico fondato per curare una bambina irachena di quattro anni, affetta da leucemia contratta per via degli ordigni alleati contenenti l’uranio impoverito nella prima guerra del Golfo. “The Mariam Appeal” è stata una brillante trovata, che ha offerto al più agguerrito nemico laburista di Blair una potente arma per umiliarlo sulla delicata questione delle sanzioni all’Iraq imposte dopo la guerra del ’91, e piena di toccanti occasioni mediatiche giuste per parlare al cuore degli indecisi: le foto della pallida bambina in braccio al tenero “Zio George” mentre abbraccia Tareq Aziz sulle scalette dell’aereo al Saddam International Airport, in partenza per le cure mediche estere, sono state di inestimabile valore per il regime saddamita e molto dannose per le tesi di chi, come il governo britannico, credeva che le sanzioni imposte dall’Onu fossero giustificate. Durante le concitate settimane della guerra, Galloway aveva aumentato la sua strategia della tensione, attaccando il governo Blair con una veemenza e con mezzi che nemmeno gli altri oppositori pacifistoidi inglesi più convinti consideravano opportuni: ineggiamenti “alla vittoria finale per il glorioso popolo iracheno contro gli invasori” rilasciati a testate arabe. Nella tv di Abu Dhabi, ha definito George Bush e Tony Blair “due lupi di guerra” che meritavano la sconfitta. Nemmeno Tony Benn è arrivato a tanto. Di straordinario effetto, quindi, la recente scoperta di David Blair inviato del Daily Telegraph a Baghdad, all’interno delle sale bruciate e abbandonate del ministero degli Esteri, di un fascicolo a proposito di Galloway, classificato e di altissimo livello. Accompagnato e aiutato dal suo interprete iracheno, David Blair ha capito subito l’importanza della sua scoperta. Secondo le lettere, dall’altroieri pubblicate in prima con sapiente effetto da contagocce dal Telegraph, Galloway era assoldato da Saddam, e anche profumatamente. Si faceva dare 375 mila sterline l’anno (500 mila euro) dal regime per il suo Fondo Mariam, attraverso i finanziamenti oil-for-food amministrati dall’Onu, passati a un suo complice, un noto mercante giordano di casa a Baghdad, Fawaz Zureikat, che trattava per conto di Galloway direttamente con Tareq Aziz. E nella seconda puntata emerge anche qualche sospetto di venalità personale. Oltre il danno, la beffa: ieri (23 aprile), nella seconda puntata delle sue scottanti rivelazioni, il Telegraph pubblica il testo di un documento top secret che racconta come il giorno di santo Stefano del 1999, Galloway (che si era recato a Baghdad per passare Natale con il suo amico, il cristiano Tareq Aziz) aveva importunato un agente dei servizi segreti iracheni per chiedere un vistoso aumento dei fondi segretissimi. Se le carte sono autentiche, lo scoop significa che il più importante testimonial della solidarietà terzomondista dell’estrema sinistra britannica non è altro che un agente di Saddam e un opportunista che si nasconde dietro le attività della sua fondazione caritatevole. Non sarebbe solo la fine della sua piccante carriera politica: Galloway era già da tempo nel mirino dei “party whips”, che lo vogliono sospendere dal partito, non solo per renderlo “orfano” in Parlamento ma anche per bloccare la sua rielezione in occasione delle prossime elezioni. Sarebbe anche un colpo devastante per l’intera lobby del terzomondismo radicale di sinistra, che ancora gode di un certo credito nel Regno Unito per la sua apparente serietà. Scoprire “l’altra faccia” di Galloway porterà a un atteggiamento meno acritico nei confronti anche dei suoi compagni. Galloway ha subito annunciato querela al Telegraph, gridando al complotto. Alcuni dei suoi simpatizzanti hanno già scritto sui giornali di ieri per difenderlo d’ufficio, insistendo sulla sua integerrima probità, e per insinuare che si tratta di “dirty tricks”, un’operazione sporca. Com’è possibile, dice la lobby terzomondista, che l’unica stanza nell’intero palazzo del ministero degli Esteri a Baghdad in cui non erano stati bruciati i documenti in modo preventivo dai funzionari baathisti era quella con il carteggio su Galloway? C’è anche da tener in conto che il regime di Saddam era abile nello sfornare documenti falsi. Ma perché Saddam l’avrebbe fatto fare? Galloway, dopotutto, è stato un suo sincero fan, definendolo senza ironia “coraggioso, sincero, indefatigabile” e persino “churchilliano”. Mark Seddons, del Tribune Group, dell’ultra sinistra laburista, scrivendo sul Times elenca le patacche storiche dei servizi inglesi, dalla lettera di Zinoviev degli anni 30, ai falsi “fondi libici” per il leader sindacale dei minatori Arthur Scargill, e altri scandali inventati a tavolino. Ma come sostiene Ellie Goldsworthy, del prestigioso International Institute for Strategic Studies, non esistono le condizioni facili in questo periodo a Baghdad per sfornare falsi files né valeva la pena: Galloway sarà irritante, ma è solo un pesce piccolo, incapace di far cadere il governo Blair. Cui prodest? Ovviamente, al governo Blair fa molto piacere che sia stato sputtanato il loro tormentatore principale, ma non avevano tempo per dedicarsi a stravaganti complotti da spionaggio hollywoodiano. E quindi, saranno vere? La recidiva In più, Galloway è recidivo. Nel 1995 ha stabilito un rapporto molto discutibile con il regime corrottissimo di Benazir Bhutto in Pakistan: lei passava ingenti fondi a “Gorgeous George”, che fondò un giornalino pro Bhutto, diffuso fra i pakistani nel Regno Unito. Galloway ha abusato del privilegio parlamentare nel non dichiarare questi interessi non guadagnati (come ha fatto con il “Mariam Appeal”, che non ha mai registrato come ente benefico per non dover dichiarare le fonti delle ingenti donazioni). Nel 1997, quando i soldi di Benazir sono finiti, ha scritto una serie di “begging letters” dal tono patetico, chiedendo altri soldi. Come avrebbe fatto questa volta con Saddam. Ed è stato smascherato in quell’occasione, come ora, solo grazie a dei giornalisti inglesi col fiuto del cane da tartufi. Malgrado la sua immagine di attivista terzomondista buonista alla Gino Strada, Galloway è un entusiasta delle vie legali: ha vinto ben 20 querele nella sua vita politica, di cui una contro il magnate dei media Robert Maxwell. Con gli ingenti proventi di quel caso si comprò una Mercedes (guarda caso) decapottabile rossa fiammante, e una bella villa a Burgau in Portogallo. Dove ora rimane, barricato dietro le porte serrate, insieme con la bella (terza) moglie palestinese, Amineh Abu Zayyed. Ora tutti a Londra aspettano la prossima puntata dello scandalo politico piu piccante degli ultimi anni, e il suo epilogo in tribunale. La sua carriera politica nel partito laburista è già rovinata. L’Advocate General sta esaminando le carte per un’eventuale causa per slealtà in tempi di guerra, ma ora anche la sua reputazione di araldo del terzomondismo più irruente sembra fatalmente compromessa. Pesano la diffidenza del labour party e quella del Guardian, il giornale rivale del Telegraph che ieri si è guardato bene dal difendere Gorgeous George.
Kids for oil, storia di George Galloway
Prendi una bambina malata, impietosisci Londra e fa’ campagna pacifista per £ 375.000 all’anno
L’amico dei peacenik radical-chic si discolpa. Diffidano di lui Labour e Guardian
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Londra. Storia di un pacifista e di una bambina sbandierata come emblema di pietà contro la guerra: odore di santità e odore di soldi da petrolio. Qualche giorno dopo la fine dei combattimenti a Tikrit, un deputato laburista ha chiesto, durante il Question Time, da quale autorità irachena del regime sconfitto le forze alleate avrebbero accettato la resa ufficiale. Tony Blair non aveva idea, e temporeggiava: un laburista “backbencher” ha gridato: “Da George Galloway!”. La Camera dei Comuni, che da quando le forze armate britanniche sono partite per l’Iraq aveva osservato un’angosciata sobrietà, si è abbandonata a un boato di ilarità. La minoranza pacifista, la maggioranza interventista, laburisti, tory e libdems, tutti uniti in un gioioso momento di micidiale sfottò che ha sancito in modo spontaneo l’ufficiosa “fine del conflitto” intorno al nome e cognome del deputato più marciatore e più saddamita di tutto il movimento no war. L’unico assente in quell’attimo di sfogo collettivo era proprio il baffuto deputato del collegio di Glasgow Kelvin, che tutti a Westminster storpiano in “Baghdad Central”. Bravissimo oratore dalla retorica vetero-laburista, brillante manipolatore dei mass media e padrone di un ottimo fiuto politico, George Galloway sapeva che quello non era il giorno giusto per presentarsi in Parlamento. Da dieci anni e passa, “Gorgeous” George (come lo chiamano con spirito ironico i tabloid) è stato una formidabile spina nel fianco della leadership laburista, sempre pronto a chiosare ogni posizione ufficiale da quella sinistra che “ancora rimpiange la caduta dell’Unione Sovietica”. Ma se le esuberanze da “Böllinger Bolshevik” (la sua auto definizione) nella politica interna hanno inciso poco nella gestione blairista del partito, gli interventi infaticabili di George Galloway sul Medio Oriente, a favore di una sua stravagante visione terzomondista e complice dei peggiori regimi della zona, hanno invece seminato parecchia zizzania per il governo di Tony Blair. Durante la lunga e stressante parabola della campagna irachena, Blair non ha avuto un avversario interno più velenoso e tenace di Galloway, che ha fatto da perfido portavoce delle star più intransigenti del radical-chic londinese (Harold Pinter, Ken Loach, Vanessa Redgrave) e da mediatore fra la sinistra inglese e il regime baathista iracheno. I suoi viaggi a Baghdad sono stati costanti negli ultimi anni, le photo-op con Saddam, Tareq Aziz e altri esponenti di rango fonte di continuo sconforto a Downing Street. Attivismo buonista Ancora più perfido il suo attivismo buonista quale fondatore di “Mariam’s Fund”, ente benefico fondato per curare una bambina irachena di quattro anni, affetta da leucemia contratta per via degli ordigni alleati contenenti l’uranio impoverito nella prima guerra del Golfo. “The Mariam Appeal” è stata una brillante trovata, che ha offerto al più agguerrito nemico laburista di Blair una potente arma per umiliarlo sulla delicata questione delle sanzioni all’Iraq imposte dopo la guerra del ’91, e piena di toccanti occasioni mediatiche giuste per parlare al cuore degli indecisi: le foto della pallida bambina in braccio al tenero “Zio George” mentre abbraccia Tareq Aziz sulle scalette dell’aereo al Saddam International Airport, in partenza per le cure mediche estere, sono state di inestimabile valore per il regime saddamita e molto dannose per le tesi di chi, come il governo britannico, credeva che le sanzioni imposte dall’Onu fossero giustificate. Durante le concitate settimane della guerra, Galloway aveva aumentato la sua strategia della tensione, attaccando il governo Blair con una veemenza e con mezzi che nemmeno gli altri oppositori pacifistoidi inglesi più convinti consideravano opportuni: ineggiamenti “alla vittoria finale per il glorioso popolo iracheno contro gli invasori” rilasciati a testate arabe. Nella tv di Abu Dhabi, ha definito George Bush e Tony Blair “due lupi di guerra” che meritavano la sconfitta. Nemmeno Tony Benn è arrivato a tanto. Di straordinario effetto, quindi, la recente scoperta di David Blair inviato del Daily Telegraph a Baghdad, all’interno delle sale bruciate e abbandonate del ministero degli Esteri, di un fascicolo a proposito di Galloway, classificato e di altissimo livello. Accompagnato e aiutato dal suo interprete iracheno, David Blair ha capito subito l’importanza della sua scoperta. Secondo le lettere, dall’altroieri pubblicate in prima con sapiente effetto da contagocce dal Telegraph, Galloway era assoldato da Saddam, e anche profumatamente. Si faceva dare 375 mila sterline l’anno (500 mila euro) dal regime per il suo Fondo Mariam, attraverso i finanziamenti oil-for-food amministrati dall’Onu, passati a un suo complice, un noto mercante giordano di casa a Baghdad, Fawaz Zureikat, che trattava per conto di Galloway direttamente con Tareq Aziz. E nella seconda puntata emerge anche qualche sospetto di venalità personale. Oltre il danno, la beffa: ieri (23 aprile), nella seconda puntata delle sue scottanti rivelazioni, il Telegraph pubblica il testo di un documento top secret che racconta come il giorno di santo Stefano del 1999, Galloway (che si era recato a Baghdad per passare Natale con il suo amico, il cristiano Tareq Aziz) aveva importunato un agente dei servizi segreti iracheni per chiedere un vistoso aumento dei fondi segretissimi. Se le carte sono autentiche, lo scoop significa che il più importante testimonial della solidarietà terzomondista dell’estrema sinistra britannica non è altro che un agente di Saddam e un opportunista che si nasconde dietro le attività della sua fondazione caritatevole. Non sarebbe solo la fine della sua piccante carriera politica: Galloway era già da tempo nel mirino dei “party whips”, che lo vogliono sospendere dal partito, non solo per renderlo “orfano” in Parlamento ma anche per bloccare la sua rielezione in occasione delle prossime elezioni. Sarebbe anche un colpo devastante per l’intera lobby del terzomondismo radicale di sinistra, che ancora gode di un certo credito nel Regno Unito per la sua apparente serietà. Scoprire “l’altra faccia” di Galloway porterà a un atteggiamento meno acritico nei confronti anche dei suoi compagni. Galloway ha subito annunciato querela al Telegraph, gridando al complotto. Alcuni dei suoi simpatizzanti hanno già scritto sui giornali di ieri per difenderlo d’ufficio, insistendo sulla sua integerrima probità, e per insinuare che si tratta di “dirty tricks”, un’operazione sporca. Com’è possibile, dice la lobby terzomondista, che l’unica stanza nell’intero palazzo del ministero degli Esteri a Baghdad in cui non erano stati bruciati i documenti in modo preventivo dai funzionari baathisti era quella con il carteggio su Galloway? C’è anche da tener in conto che il regime di Saddam era abile nello sfornare documenti falsi. Ma perché Saddam l’avrebbe fatto fare? Galloway, dopotutto, è stato un suo sincero fan, definendolo senza ironia “coraggioso, sincero, indefatigabile” e persino “churchilliano”. Mark Seddons, del Tribune Group, dell’ultra sinistra laburista, scrivendo sul Times elenca le patacche storiche dei servizi inglesi, dalla lettera di Zinoviev degli anni 30, ai falsi “fondi libici” per il leader sindacale dei minatori Arthur Scargill, e altri scandali inventati a tavolino. Ma come sostiene Ellie Goldsworthy, del prestigioso International Institute for Strategic Studies, non esistono le condizioni facili in questo periodo a Baghdad per sfornare falsi files né valeva la pena: Galloway sarà irritante, ma è solo un pesce piccolo, incapace di far cadere il governo Blair. Cui prodest? Ovviamente, al governo Blair fa molto piacere che sia stato sputtanato il loro tormentatore principale, ma non avevano tempo per dedicarsi a stravaganti complotti da spionaggio hollywoodiano. E quindi, saranno vere? La recidiva In più, Galloway è recidivo. Nel 1995 ha stabilito un rapporto molto discutibile con il regime corrottissimo di Benazir Bhutto in Pakistan: lei passava ingenti fondi a “Gorgeous George”, che fondò un giornalino pro Bhutto, diffuso fra i pakistani nel Regno Unito. Galloway ha abusato del privilegio parlamentare nel non dichiarare questi interessi non guadagnati (come ha fatto con il “Mariam Appeal”, che non ha mai registrato come ente benefico per non dover dichiarare le fonti delle ingenti donazioni). Nel 1997, quando i soldi di Benazir sono finiti, ha scritto una serie di “begging letters” dal tono patetico, chiedendo altri soldi. Come avrebbe fatto questa volta con Saddam. Ed è stato smascherato in quell’occasione, come ora, solo grazie a dei giornalisti inglesi col fiuto del cane da tartufi. Malgrado la sua immagine di attivista terzomondista buonista alla Gino Strada, Galloway è un entusiasta delle vie legali: ha vinto ben 20 querele nella sua vita politica, di cui una contro il magnate dei media Robert Maxwell. Con gli ingenti proventi di quel caso si comprò una Mercedes (guarda caso) decapottabile rossa fiammante, e una bella villa a Burgau in Portogallo. Dove ora rimane, barricato dietro le porte serrate, insieme con la bella (terza) moglie palestinese, Amineh Abu Zayyed. Ora tutti a Londra aspettano la prossima puntata dello scandalo politico piu piccante degli ultimi anni, e il suo epilogo in tribunale. La sua carriera politica nel partito laburista è già rovinata. L’Advocate General sta esaminando le carte per un’eventuale causa per slealtà in tempi di guerra, ma ora anche la sua reputazione di araldo del terzomondismo più irruente sembra fatalmente compromessa. Pesano la diffidenza del labour party e quella del Guardian, il giornale rivale del Telegraph che ieri si è guardato bene dal difendere Gorgeous George. "
Cordiali saluti