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  1. #1
    SENATORE di POL
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    Predefinito Il laburista che voleva processare Tony Blair come criminale di guerra.....

    smascherato da un altro Blair...giornalista. Ovvero certo pacifismo "socialista" e di sinistra....e la questione morale.

    da www.ilfoglio.it

    " Kids for oil, storia di George Galloway
    Prendi una bambina malata, impietosisci Londra e fa’ campagna pacifista per £ 375.000 all’anno
    L’amico dei peacenik radical-chic si discolpa. Diffidano di lui Labour e Guardian

    --------------------------------------------------------------------------------
    Londra. Storia di un pacifista e di una bambina sbandierata come emblema di pietà contro la guerra: odore di santità e odore di soldi da petrolio. Qualche giorno dopo la fine dei combattimenti a Tikrit, un deputato laburista ha chiesto, durante il Question Time, da quale autorità irachena del regime sconfitto le forze alleate avrebbero accettato la resa ufficiale. Tony Blair non aveva idea, e temporeggiava: un laburista “backbencher” ha gridato: “Da George Galloway!”. La Camera dei Comuni, che da quando le forze armate britanniche sono partite per l’Iraq aveva osservato un’angosciata sobrietà, si è abbandonata a un boato di ilarità. La minoranza pacifista, la maggioranza interventista, laburisti, tory e libdems, tutti uniti in un gioioso momento di micidiale sfottò che ha sancito in modo spontaneo l’ufficiosa “fine del conflitto” intorno al nome e cognome del deputato più marciatore e più saddamita di tutto il movimento no war. L’unico assente in quell’attimo di sfogo collettivo era proprio il baffuto deputato del collegio di Glasgow Kelvin, che tutti a Westminster storpiano in “Baghdad Central”. Bravissimo oratore dalla retorica vetero-laburista, brillante manipolatore dei mass media e padrone di un ottimo fiuto politico, George Galloway sapeva che quello non era il giorno giusto per presentarsi in Parlamento. Da dieci anni e passa, “Gorgeous” George (come lo chiamano con spirito ironico i tabloid) è stato una formidabile spina nel fianco della leadership laburista, sempre pronto a chiosare ogni posizione ufficiale da quella sinistra che “ancora rimpiange la caduta dell’Unione Sovietica”. Ma se le esuberanze da “Böllinger Bolshevik” (la sua auto definizione) nella politica interna hanno inciso poco nella gestione blairista del partito, gli interventi infaticabili di George Galloway sul Medio Oriente, a favore di una sua stravagante visione terzomondista e complice dei peggiori regimi della zona, hanno invece seminato parecchia zizzania per il governo di Tony Blair. Durante la lunga e stressante parabola della campagna irachena, Blair non ha avuto un avversario interno più velenoso e tenace di Galloway, che ha fatto da perfido portavoce delle star più intransigenti del radical-chic londinese (Harold Pinter, Ken Loach, Vanessa Redgrave) e da mediatore fra la sinistra inglese e il regime baathista iracheno. I suoi viaggi a Baghdad sono stati costanti negli ultimi anni, le photo-op con Saddam, Tareq Aziz e altri esponenti di rango fonte di continuo sconforto a Downing Street. Attivismo buonista Ancora più perfido il suo attivismo buonista quale fondatore di “Mariam’s Fund”, ente benefico fondato per curare una bambina irachena di quattro anni, affetta da leucemia contratta per via degli ordigni alleati contenenti l’uranio impoverito nella prima guerra del Golfo. “The Mariam Appeal” è stata una brillante trovata, che ha offerto al più agguerrito nemico laburista di Blair una potente arma per umiliarlo sulla delicata questione delle sanzioni all’Iraq imposte dopo la guerra del ’91, e piena di toccanti occasioni mediatiche giuste per parlare al cuore degli indecisi: le foto della pallida bambina in braccio al tenero “Zio George” mentre abbraccia Tareq Aziz sulle scalette dell’aereo al Saddam International Airport, in partenza per le cure mediche estere, sono state di inestimabile valore per il regime saddamita e molto dannose per le tesi di chi, come il governo britannico, credeva che le sanzioni imposte dall’Onu fossero giustificate. Durante le concitate settimane della guerra, Galloway aveva aumentato la sua strategia della tensione, attaccando il governo Blair con una veemenza e con mezzi che nemmeno gli altri oppositori pacifistoidi inglesi più convinti consideravano opportuni: ineggiamenti “alla vittoria finale per il glorioso popolo iracheno contro gli invasori” rilasciati a testate arabe. Nella tv di Abu Dhabi, ha definito George Bush e Tony Blair “due lupi di guerra” che meritavano la sconfitta. Nemmeno Tony Benn è arrivato a tanto. Di straordinario effetto, quindi, la recente scoperta di David Blair inviato del Daily Telegraph a Baghdad, all’interno delle sale bruciate e abbandonate del ministero degli Esteri, di un fascicolo a proposito di Galloway, classificato e di altissimo livello. Accompagnato e aiutato dal suo interprete iracheno, David Blair ha capito subito l’importanza della sua scoperta. Secondo le lettere, dall’altroieri pubblicate in prima con sapiente effetto da contagocce dal Telegraph, Galloway era assoldato da Saddam, e anche profumatamente. Si faceva dare 375 mila sterline l’anno (500 mila euro) dal regime per il suo Fondo Mariam, attraverso i finanziamenti oil-for-food amministrati dall’Onu, passati a un suo complice, un noto mercante giordano di casa a Baghdad, Fawaz Zureikat, che trattava per conto di Galloway direttamente con Tareq Aziz. E nella seconda puntata emerge anche qualche sospetto di venalità personale. Oltre il danno, la beffa: ieri (23 aprile), nella seconda puntata delle sue scottanti rivelazioni, il Telegraph pubblica il testo di un documento top secret che racconta come il giorno di santo Stefano del 1999, Galloway (che si era recato a Baghdad per passare Natale con il suo amico, il cristiano Tareq Aziz) aveva importunato un agente dei servizi segreti iracheni per chiedere un vistoso aumento dei fondi segretissimi. Se le carte sono autentiche, lo scoop significa che il più importante testimonial della solidarietà terzomondista dell’estrema sinistra britannica non è altro che un agente di Saddam e un opportunista che si nasconde dietro le attività della sua fondazione caritatevole. Non sarebbe solo la fine della sua piccante carriera politica: Galloway era già da tempo nel mirino dei “party whips”, che lo vogliono sospendere dal partito, non solo per renderlo “orfano” in Parlamento ma anche per bloccare la sua rielezione in occasione delle prossime elezioni. Sarebbe anche un colpo devastante per l’intera lobby del terzomondismo radicale di sinistra, che ancora gode di un certo credito nel Regno Unito per la sua apparente serietà. Scoprire “l’altra faccia” di Galloway porterà a un atteggiamento meno acritico nei confronti anche dei suoi compagni. Galloway ha subito annunciato querela al Telegraph, gridando al complotto. Alcuni dei suoi simpatizzanti hanno già scritto sui giornali di ieri per difenderlo d’ufficio, insistendo sulla sua integerrima probità, e per insinuare che si tratta di “dirty tricks”, un’operazione sporca. Com’è possibile, dice la lobby terzomondista, che l’unica stanza nell’intero palazzo del ministero degli Esteri a Baghdad in cui non erano stati bruciati i documenti in modo preventivo dai funzionari baathisti era quella con il carteggio su Galloway? C’è anche da tener in conto che il regime di Saddam era abile nello sfornare documenti falsi. Ma perché Saddam l’avrebbe fatto fare? Galloway, dopotutto, è stato un suo sincero fan, definendolo senza ironia “coraggioso, sincero, indefatigabile” e persino “churchilliano”. Mark Seddons, del Tribune Group, dell’ultra sinistra laburista, scrivendo sul Times elenca le patacche storiche dei servizi inglesi, dalla lettera di Zinoviev degli anni 30, ai falsi “fondi libici” per il leader sindacale dei minatori Arthur Scargill, e altri scandali inventati a tavolino. Ma come sostiene Ellie Goldsworthy, del prestigioso International Institute for Strategic Studies, non esistono le condizioni facili in questo periodo a Baghdad per sfornare falsi files né valeva la pena: Galloway sarà irritante, ma è solo un pesce piccolo, incapace di far cadere il governo Blair. Cui prodest? Ovviamente, al governo Blair fa molto piacere che sia stato sputtanato il loro tormentatore principale, ma non avevano tempo per dedicarsi a stravaganti complotti da spionaggio hollywoodiano. E quindi, saranno vere? La recidiva In più, Galloway è recidivo. Nel 1995 ha stabilito un rapporto molto discutibile con il regime corrottissimo di Benazir Bhutto in Pakistan: lei passava ingenti fondi a “Gorgeous George”, che fondò un giornalino pro Bhutto, diffuso fra i pakistani nel Regno Unito. Galloway ha abusato del privilegio parlamentare nel non dichiarare questi interessi non guadagnati (come ha fatto con il “Mariam Appeal”, che non ha mai registrato come ente benefico per non dover dichiarare le fonti delle ingenti donazioni). Nel 1997, quando i soldi di Benazir sono finiti, ha scritto una serie di “begging letters” dal tono patetico, chiedendo altri soldi. Come avrebbe fatto questa volta con Saddam. Ed è stato smascherato in quell’occasione, come ora, solo grazie a dei giornalisti inglesi col fiuto del cane da tartufi. Malgrado la sua immagine di attivista terzomondista buonista alla Gino Strada, Galloway è un entusiasta delle vie legali: ha vinto ben 20 querele nella sua vita politica, di cui una contro il magnate dei media Robert Maxwell. Con gli ingenti proventi di quel caso si comprò una Mercedes (guarda caso) decapottabile rossa fiammante, e una bella villa a Burgau in Portogallo. Dove ora rimane, barricato dietro le porte serrate, insieme con la bella (terza) moglie palestinese, Amineh Abu Zayyed. Ora tutti a Londra aspettano la prossima puntata dello scandalo politico piu piccante degli ultimi anni, e il suo epilogo in tribunale. La sua carriera politica nel partito laburista è già rovinata. L’Advocate General sta esaminando le carte per un’eventuale causa per slealtà in tempi di guerra, ma ora anche la sua reputazione di araldo del terzomondismo più irruente sembra fatalmente compromessa. Pesano la diffidenza del labour party e quella del Guardian, il giornale rivale del Telegraph che ieri si è guardato bene dal difendere Gorgeous George.
    Kids for oil, storia di George Galloway
    Prendi una bambina malata, impietosisci Londra e fa’ campagna pacifista per £ 375.000 all’anno
    L’amico dei peacenik radical-chic si discolpa. Diffidano di lui Labour e Guardian
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    Londra. Storia di un pacifista e di una bambina sbandierata come emblema di pietà contro la guerra: odore di santità e odore di soldi da petrolio. Qualche giorno dopo la fine dei combattimenti a Tikrit, un deputato laburista ha chiesto, durante il Question Time, da quale autorità irachena del regime sconfitto le forze alleate avrebbero accettato la resa ufficiale. Tony Blair non aveva idea, e temporeggiava: un laburista “backbencher” ha gridato: “Da George Galloway!”. La Camera dei Comuni, che da quando le forze armate britanniche sono partite per l’Iraq aveva osservato un’angosciata sobrietà, si è abbandonata a un boato di ilarità. La minoranza pacifista, la maggioranza interventista, laburisti, tory e libdems, tutti uniti in un gioioso momento di micidiale sfottò che ha sancito in modo spontaneo l’ufficiosa “fine del conflitto” intorno al nome e cognome del deputato più marciatore e più saddamita di tutto il movimento no war. L’unico assente in quell’attimo di sfogo collettivo era proprio il baffuto deputato del collegio di Glasgow Kelvin, che tutti a Westminster storpiano in “Baghdad Central”. Bravissimo oratore dalla retorica vetero-laburista, brillante manipolatore dei mass media e padrone di un ottimo fiuto politico, George Galloway sapeva che quello non era il giorno giusto per presentarsi in Parlamento. Da dieci anni e passa, “Gorgeous” George (come lo chiamano con spirito ironico i tabloid) è stato una formidabile spina nel fianco della leadership laburista, sempre pronto a chiosare ogni posizione ufficiale da quella sinistra che “ancora rimpiange la caduta dell’Unione Sovietica”. Ma se le esuberanze da “Böllinger Bolshevik” (la sua auto definizione) nella politica interna hanno inciso poco nella gestione blairista del partito, gli interventi infaticabili di George Galloway sul Medio Oriente, a favore di una sua stravagante visione terzomondista e complice dei peggiori regimi della zona, hanno invece seminato parecchia zizzania per il governo di Tony Blair. Durante la lunga e stressante parabola della campagna irachena, Blair non ha avuto un avversario interno più velenoso e tenace di Galloway, che ha fatto da perfido portavoce delle star più intransigenti del radical-chic londinese (Harold Pinter, Ken Loach, Vanessa Redgrave) e da mediatore fra la sinistra inglese e il regime baathista iracheno. I suoi viaggi a Baghdad sono stati costanti negli ultimi anni, le photo-op con Saddam, Tareq Aziz e altri esponenti di rango fonte di continuo sconforto a Downing Street. Attivismo buonista Ancora più perfido il suo attivismo buonista quale fondatore di “Mariam’s Fund”, ente benefico fondato per curare una bambina irachena di quattro anni, affetta da leucemia contratta per via degli ordigni alleati contenenti l’uranio impoverito nella prima guerra del Golfo. “The Mariam Appeal” è stata una brillante trovata, che ha offerto al più agguerrito nemico laburista di Blair una potente arma per umiliarlo sulla delicata questione delle sanzioni all’Iraq imposte dopo la guerra del ’91, e piena di toccanti occasioni mediatiche giuste per parlare al cuore degli indecisi: le foto della pallida bambina in braccio al tenero “Zio George” mentre abbraccia Tareq Aziz sulle scalette dell’aereo al Saddam International Airport, in partenza per le cure mediche estere, sono state di inestimabile valore per il regime saddamita e molto dannose per le tesi di chi, come il governo britannico, credeva che le sanzioni imposte dall’Onu fossero giustificate. Durante le concitate settimane della guerra, Galloway aveva aumentato la sua strategia della tensione, attaccando il governo Blair con una veemenza e con mezzi che nemmeno gli altri oppositori pacifistoidi inglesi più convinti consideravano opportuni: ineggiamenti “alla vittoria finale per il glorioso popolo iracheno contro gli invasori” rilasciati a testate arabe. Nella tv di Abu Dhabi, ha definito George Bush e Tony Blair “due lupi di guerra” che meritavano la sconfitta. Nemmeno Tony Benn è arrivato a tanto. Di straordinario effetto, quindi, la recente scoperta di David Blair inviato del Daily Telegraph a Baghdad, all’interno delle sale bruciate e abbandonate del ministero degli Esteri, di un fascicolo a proposito di Galloway, classificato e di altissimo livello. Accompagnato e aiutato dal suo interprete iracheno, David Blair ha capito subito l’importanza della sua scoperta. Secondo le lettere, dall’altroieri pubblicate in prima con sapiente effetto da contagocce dal Telegraph, Galloway era assoldato da Saddam, e anche profumatamente. Si faceva dare 375 mila sterline l’anno (500 mila euro) dal regime per il suo Fondo Mariam, attraverso i finanziamenti oil-for-food amministrati dall’Onu, passati a un suo complice, un noto mercante giordano di casa a Baghdad, Fawaz Zureikat, che trattava per conto di Galloway direttamente con Tareq Aziz. E nella seconda puntata emerge anche qualche sospetto di venalità personale. Oltre il danno, la beffa: ieri (23 aprile), nella seconda puntata delle sue scottanti rivelazioni, il Telegraph pubblica il testo di un documento top secret che racconta come il giorno di santo Stefano del 1999, Galloway (che si era recato a Baghdad per passare Natale con il suo amico, il cristiano Tareq Aziz) aveva importunato un agente dei servizi segreti iracheni per chiedere un vistoso aumento dei fondi segretissimi. Se le carte sono autentiche, lo scoop significa che il più importante testimonial della solidarietà terzomondista dell’estrema sinistra britannica non è altro che un agente di Saddam e un opportunista che si nasconde dietro le attività della sua fondazione caritatevole. Non sarebbe solo la fine della sua piccante carriera politica: Galloway era già da tempo nel mirino dei “party whips”, che lo vogliono sospendere dal partito, non solo per renderlo “orfano” in Parlamento ma anche per bloccare la sua rielezione in occasione delle prossime elezioni. Sarebbe anche un colpo devastante per l’intera lobby del terzomondismo radicale di sinistra, che ancora gode di un certo credito nel Regno Unito per la sua apparente serietà. Scoprire “l’altra faccia” di Galloway porterà a un atteggiamento meno acritico nei confronti anche dei suoi compagni. Galloway ha subito annunciato querela al Telegraph, gridando al complotto. Alcuni dei suoi simpatizzanti hanno già scritto sui giornali di ieri per difenderlo d’ufficio, insistendo sulla sua integerrima probità, e per insinuare che si tratta di “dirty tricks”, un’operazione sporca. Com’è possibile, dice la lobby terzomondista, che l’unica stanza nell’intero palazzo del ministero degli Esteri a Baghdad in cui non erano stati bruciati i documenti in modo preventivo dai funzionari baathisti era quella con il carteggio su Galloway? C’è anche da tener in conto che il regime di Saddam era abile nello sfornare documenti falsi. Ma perché Saddam l’avrebbe fatto fare? Galloway, dopotutto, è stato un suo sincero fan, definendolo senza ironia “coraggioso, sincero, indefatigabile” e persino “churchilliano”. Mark Seddons, del Tribune Group, dell’ultra sinistra laburista, scrivendo sul Times elenca le patacche storiche dei servizi inglesi, dalla lettera di Zinoviev degli anni 30, ai falsi “fondi libici” per il leader sindacale dei minatori Arthur Scargill, e altri scandali inventati a tavolino. Ma come sostiene Ellie Goldsworthy, del prestigioso International Institute for Strategic Studies, non esistono le condizioni facili in questo periodo a Baghdad per sfornare falsi files né valeva la pena: Galloway sarà irritante, ma è solo un pesce piccolo, incapace di far cadere il governo Blair. Cui prodest? Ovviamente, al governo Blair fa molto piacere che sia stato sputtanato il loro tormentatore principale, ma non avevano tempo per dedicarsi a stravaganti complotti da spionaggio hollywoodiano. E quindi, saranno vere? La recidiva In più, Galloway è recidivo. Nel 1995 ha stabilito un rapporto molto discutibile con il regime corrottissimo di Benazir Bhutto in Pakistan: lei passava ingenti fondi a “Gorgeous George”, che fondò un giornalino pro Bhutto, diffuso fra i pakistani nel Regno Unito. Galloway ha abusato del privilegio parlamentare nel non dichiarare questi interessi non guadagnati (come ha fatto con il “Mariam Appeal”, che non ha mai registrato come ente benefico per non dover dichiarare le fonti delle ingenti donazioni). Nel 1997, quando i soldi di Benazir sono finiti, ha scritto una serie di “begging letters” dal tono patetico, chiedendo altri soldi. Come avrebbe fatto questa volta con Saddam. Ed è stato smascherato in quell’occasione, come ora, solo grazie a dei giornalisti inglesi col fiuto del cane da tartufi. Malgrado la sua immagine di attivista terzomondista buonista alla Gino Strada, Galloway è un entusiasta delle vie legali: ha vinto ben 20 querele nella sua vita politica, di cui una contro il magnate dei media Robert Maxwell. Con gli ingenti proventi di quel caso si comprò una Mercedes (guarda caso) decapottabile rossa fiammante, e una bella villa a Burgau in Portogallo. Dove ora rimane, barricato dietro le porte serrate, insieme con la bella (terza) moglie palestinese, Amineh Abu Zayyed. Ora tutti a Londra aspettano la prossima puntata dello scandalo politico piu piccante degli ultimi anni, e il suo epilogo in tribunale. La sua carriera politica nel partito laburista è già rovinata. L’Advocate General sta esaminando le carte per un’eventuale causa per slealtà in tempi di guerra, ma ora anche la sua reputazione di araldo del terzomondismo più irruente sembra fatalmente compromessa. Pesano la diffidenza del labour party e quella del Guardian, il giornale rivale del Telegraph che ieri si è guardato bene dal difendere Gorgeous George.
    "

    Cordiali saluti

  2. #2
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    da www.cnnitalia.it

    " Politico inglese
    sul libro paga di Saddam?

    Ultimo aggior
    Galloway: "bombardamento a tappeto nei miei confronti"
    [IMG]Politico inglese
    sul libro paga di Saddam?

    Ultimo aggiornamento 22 aprile 2003, 175 ora italiana (155 GMT)



    .LONDRA, (CNN) -- L'uomo politico britannico George Galloway ha respinto come "pura propaganda" l'accusa del tabloid "Daily Telegraph" secondo cui, nel Ministero degli Esteri di Baghdad, sarebbe stato ritrovato un memorandum segreto da cui emergerebbe che il deputato laburista riceveva quasi 600mila euro l'anno dal regime iracheno.

    Galloway ha negato di aver mai incontrato agenti segreti iracheni e ha preannunciato una querela contro il quotidiano per queste "falsità". "Non ho sollecitato ne avrei accettato se mi fosse stata offerta, nessuna assistenza finanziaria da parte del regime di Saddam". "Questa è propaganda, spionaggio da hocus pocus".

    Nella ricostruzione del giornale conservatore si fa riferimento a un memorandum che sarebbe stato scoperto da un giornalista del Telegraph con cui il capo dello spionaggio informa Saddam Hussein che in un incontro avvenuto nel dicembre 1999 Galloway chiese una percentuale più alta sui proventi della vendita di petrolio con la Oil for food.

    Accanto al memorandum è stata trovata una lettera - che lo stesso deputato laburista ha riconosciuto come propria - con la designazione dell'uomo d'affari giordano Fawaz Zureikat a rappresentante in Iraq della sua organizzazione umanitaria "The Mariam appeal", dal nome della bimba portata in Scozia nel 1998 per curarla dalla leucemia.

    Galloway si batte da anni per la revoca dell'embargo all'Iraq e recentemente aveva incontrato Saddam Hussein, del quale è stato in questi anni uno dei pochi aperti sostenitori in Occidente.

    Prima dell'attacco angloamericano aveva definito Tony Blair e George Bush "lupi" e aveva capeggiato la rivolta laburista contro la politica interventista del premier del New Labour. Già nel mirino della stampa inglese per la linea intransigente contro la guerra, il deputato laburista ha definito queste nuove accuse "parte del bombardamento a tappeto" nei suoi confronti.

    .LONDRA, (CNN) -- L'uomo politico britannico George Galloway ha respinto come "pura propaganda" l'accusa del tabloid "Daily Telegraph" secondo cui, nel Ministero degli Esteri di Baghdad, sarebbe stato ritrovato un memorandum segreto da cui emergerebbe che il deputato laburista riceveva quasi 600mila euro l'anno dal regime iracheno.

    Galloway ha negato di aver mai incontrato agenti segreti iracheni e ha preannunciato una querela contro il quotidiano per queste "falsità". "Non ho sollecitato ne avrei accettato se mi fosse stata offerta, nessuna assistenza finanziaria da parte del regime di Saddam". "Questa è propaganda, spionaggio da hocus pocus".

    Nella ricostruzione del giornale conservatore si fa riferimento a un memorandum che sarebbe stato scoperto da un giornalista del Telegraph con cui il capo dello spionaggio informa Saddam Hussein che in un incontro avvenuto nel dicembre 1999 Galloway chiese una percentuale più alta sui proventi della vendita di petrolio con la Oil for food.

    Accanto al memorandum è stata trovata una lettera - che lo stesso deputato laburista ha riconosciuto come propria - con la designazione dell'uomo d'affari giordano Fawaz Zureikat a rappresentante in Iraq della sua organizzazione umanitaria "The Mariam appeal", dal nome della bimba portata in Scozia nel 1998 per curarla dalla leucemia.

    Galloway si batte da anni per la revoca dell'embargo all'Iraq e recentemente aveva incontrato Saddam Hussein, del quale è stato in questi anni uno dei pochi aperti sostenitori in Occidente.

    Prima dell'attacco angloamericano aveva definito Tony Blair e George Bush "lupi" e aveva capeggiato la rivolta laburista contro la politica interventista del premier del New Labour. Già nel mirino della stampa inglese per la linea intransigente contro la guerra, il deputato laburista ha definito queste nuove accuse "parte del bombardamento a tappeto" nei suoi confronti.
    "

    Cordiali saluti

  3. #3
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    il pensiero del laburista saddamita...

    " 10 novembre 2002
    Z Net

    Un nuovo imperialismo

    Sasha Lilley

    # Il deputato britannico George Galloway afferma che,

    nelle stanze del potere di entrambe le sponde dell’Atlantico, sta circolando un piano per la spartizione del Medio Oriente. In una recente intervista, Galloway ha affermato che ministri e figure eminenti del governo britannico stanno varando una ripartizione del Medio Oriente, che riecheggia la creazione delle mappe colonialiste nel primo quarto del ventesimo secolo che stabilirono l’assetto delle nazioni odierne.

    Un guerra anglo-americana contro l’Iraq, mi dice, potrebbe essere un varco nel riassetto della regione. Galloway, che ha incontrato Saddam Hussein a Baghdad l’agosto scorso , afferma che lo scopo della guerra degli Stati Uniti e della Gran Bretagna va ben oltre la sostituzione del leader iracheno. “Loro vogliono una riconfigurazione dell’intero Medio Oriente, quella che assicurerebbe al meglio l’egemonia dei grandi poteri sulle risorse naturali del Medio Oriente e la salvezza e la sicurezza dell’avanguardia degli interessi imperialisti nell’area ovvero lo stato di Israele. Ridisegnare le frontiere fa parte di questo”.

    Galloway ha accesso a tali informazioni in quanto è Vice-Presidente della Commissione Parlamentare Affari Esteri del Partito Laburista e quindi a stretto contatto con il Ministro della Difesa. Galloway afferma che i ministri e gli ex-ministri britannici sono particolarmente concentrati sulla rottura tra Arabia Saudita e Iraq, in vista di un attacco contro Saddam Hussein, ma stanno anche discutendo un possibile rimaneggiamento dell’Egitto, del Sudan, della Siria e del Libano. Costoro partono dall’idea che i confini dell’area mediorientale sono stati creati piuttosto di recente, in quanto risalgono solo alla Prima Guerra Mondiale quando Gran Bretagna e Francia si divisero la regione. Galloway aggiunge “ Ci sono molti modi in cui un nuovo trattato di Sykes-Picot può essere proposto al Medio Oriente per garantire ancora diverse decadi di sicura egemonia nell’area”. [...]


    Oggi gli interessi petroliferi britannici e americani dominano di nuovo la scena, benché la Gran Bretagna sia ridotta al ruolo di partner minore. Gli Stati Uniti e il Regno Unito ospitano i quattro maggiori produttori di petrolio nel mondo – la Exxon-Mobil, La Chevron-Texaco, La British Petroleum-Amoco, e la Royal Dutch- Shell – insieme alla franco-italiana TotalElfFina che segue al quinto posto. Mentre inizialmente una forte crisi nel Medio Oriente andrebbe a danneggiare le risorse di petrolio, in un secondo momento realizzerebbe una grande concentrazione di potere per la salvaguardia degli interessi petroliferi dalla presente instabilità della regione. Mentre il governo statunitense sta iniziando a considerare fonti alternative di petrolio nel Mar Carspio, in Russia e in Africa, gli analisti concordano che nessuna di queste aree regge il confronto con le sicure ricchezze del Golfo Persico.

    Non sorprende allora che, se i falchi da entrambi i lati dell’Atlantico avranno via libera, l’Arabia Saudita si verrebbe a trovare al centro di un Medio Oriente egemonicamente rimodellato. La sola Arabia Saudita contiene un quarto delle riserve petrolifere mondiali ed è uno dei pochi paesi in grado di aumentare la produzione per soddisfare la crescente richiesta di petrolio, prevista del 50% in più di quella attuale nelle prossime due decadi. Inoltre l’Arabia Saudita non è più vista dagli Stati Uniti e dalla Gran Bretagna come un alleato fidato, e certamente non possono permettersi di esserne così dipendenti, vista la vulnerabilità interna del regno e il suo sostegno ai ribelli fondamentalisti islamici (quindici dei diciannove dirottatori dell’ 11 settembre erano di nazionalità saudita), anche se questo sostegno era stato coordinato dagli Stati Uniti nei felici tempi iniziali.

    “ Credo che gli Stati Uniti in particolare abbiano perso fiducia nella famiglia regnante in Arabia Saudita, nella misura in cui i loro interessi ne sono coinvolti”- asserisce Galloway - “Hanno capito che la radicalizzazione della popolazione saudita ha proceduto a grandi passi ed è molto profonda, soprattutto tra la gente più giovane”. Gli Stati Uniti e la Gran Bretagna temono che l’inaffidabile Casa di Saud verrà rovesciata e che i nuovi governanti antiamericani chiudano il flusso di petrolio. “ Gli Stati Uniti hanno paura che un giorno si sveglieranno e una rivoluzione alla Khomeini- o chiamiamola Wahsabi Sunni Khomeini- abbia avuto luogo ed essi avranno perso ogni cosa nel paese”. Il Ministero degli Esteri britannico ha già avvertito che il dissenso – che serpeggia in una popolazione insoddisfatta che simpatizza per Osama Bin Laden e che aborrisce la posizione filoamericana dell’elite al governo- ha raggiunto dimensioni tali che il paese rischia di essere conquistato da Al-Qaeda.

    “L’Arabia Saudita potrebbe essere facilmente divisa in due o tre paesi”- dice Galloway riassumendo la posizione neoimperialista discussa nei circoli governativi britannici - “che avrebbero il vantaggio di evitare alle forze straniere di occupare i luoghi più sacri per l’Islam, mentre i loro interessi sono soltanto nei pozzi di petrolio nella parte ad est del paese”. Secondo lui, le truppe americane, che hanno basi in tutto il territorio saudita, potrebbero ritirarsi dalle aree in cui si trovano La Mecca e Medina, i luoghi più santi del mondo islamico, dove la presenza militare americana è fonte di grande risentimento per molti sauditi.

    Invece i militari potrebbero occupare solo la provincia orientale del paese, che confina col Golfo Persico ed è abitato dalla minoranza saudita sciita. Quest’area contiene i maggiori pozzi petroliferi, incluso il più grande al mondo, Ghawar, come pure i centri industriali del regno saudita. “ I sostenitori di quest’idea si attaccano al fatto che una parte sostanziale della popolazione della provincia orientale , dove si trova il petrolio, è musulmana sciita e non è particolarmente legata alla elite Wahabi che costituisce la casa regnante saudita”. Galloway aggiunge che per la prima volta, i leader dell’Occidente si interessano dei diritti umani di una popolazione sciita, “ora che questi coincidono con gli interessi occidentali, stanno aggiornando i loro programmi”.

    Negli Stati Uniti, gli appartenenti ai circoli più stretti intorno all’amministrazione Bush, sono stati convocati per discutere lo smembramento dell’Arabia Saudita. Lo scorso luglio, un analista dell’ agenzia governativa Rand Corporation, ha presentato un briefing nella sala conferenze privata del Segretario alla Difesa Rumsfeld dal titolo “Portare il Saudi fuori dall’Arabia”, in cui consigliava ai luminari del Ufficio per la Politica della Difesa del Pentagono che il governo degli Stati Uniti dovrebbe chiedere all’Arabia Saudita di interrompere il sostegno ai movimenti fondamentalisti ostili e smetterla di rendere pubbliche affermazioni anti-americane ed anti-israeliane, oppure i loro pozzi di petrolio e i loro beni finanziari sarebbero stati confiscati. Un mese dopo, Max Singer, co-fondatore dell’Hudson Institute, cuore del pensiero di destra statunitense, ha tenuto una presentazione presso il Pentagono (Office of Net Assessment), in cui consigliava al governo statunitense la creazione di una “Repubblica Musulmana dell’ Est Arabia” separata dalla provincia orientale dell’Arabia Saudita. Una guerra contro l’Iraq, secondo le affermazioni dei neo- conservatori strettamente legati ai governi britannici e statunitensi, potrebbe dare inizio al processo di riorganizzazione della regione e concludersi nella sostituzione di Saddam Hussein con un re Hashemita in Iraq ed estendendo ad est il regno della monarchia da sempre alleata degli Stati Uniti, la Giordania. Il cugino dell’ultimo re Hussein di Giordania governò l’Iraq dal 1958 fino alla sua uccisione in un colpo di stato militare. Falchi come Michael Rubin, che dallo scorso ottobre fa parte del Pentagono in qualità di esperto dell’Iran e dell’Iraq, hanno incoraggiato la restaurazione della monarchia. Scrivendo sul London Daily Telegraph, Rubin apprezzava la partecipazione del principe Hassan di Giordania, fratello del re Hussein, al meeting della variegata opposizione irachena tenutosi a Londra – insieme al Pentagono e a membri dello staff del vice-presidente Cheney - lo scorso luglio, dove Hassan si è proposto per la guida del nuovo regime.

    I falchi credono, inoltre, che il rovesciamento del governo iracheno indurrebbe un effetto “domino” nel resto della regione. Una guerra contro l’Iraq potrebbe fornire l’opportunità di recidere le presunti fonti “del male” della regione: i governi siriani e libanesi, l’autorità palestinese, la teocrazia iraniana, e regimi filoamericani ma instabili come l’Egitto di Mubarak. Un Medio Oriente risistemato eliminerebbe i creatori di problemi – senza guardare se siano stati o meno creati o spalleggiati dall’Occidente – e volgerebbe la regione sull’ asse degli stati filo americani come Israele, Turchia, Giordania e un eventuale Iraq ricolonizzato.

    Il principale giornale conservatore inglese, The Spectator, riassume le nuove virtù dell’instabilità. “Quando Amr Moussa, segretario generale della Lega Araba, avverte la BBC che un’invasione irachena da parte degli americani minaccerebbe l’intera stabilità del Medio Oriente, non coglie che proprio questa è la grande idea. Supponiamo di accogliere il punto di vista di Moussa e poniamo la stabilità dell’area al di sopra di tutto. Avremmo altri 25 anni di Ayatollah, altri 35 anni di OLP e Hamas, altri 40 anni di Ba’athist in Siria e Iraq, altri 80 anni di casa Saudita….sarebbe la stabilità dei “pozzi neri”.

    Le popolazioni di Iran, Siria, Egitto ed altre ancora presumibilmente sarebbero così incoraggiate dall’esempio di un “Iraq democratico” che si solleverebbero contro i loro regimi autoritari, dando vita a regimi filoamericani in tutto il Medio Oriente. Il segretario alla Difesa Paul Wolfowitz ha manifestato le sue speranze di radicali cambiamenti nel Medio Oriente causati da una guerra contro l’Iraq, affermando che un regime imposto dall’America in Iraq “porterebbe via una grande ombra, a partire dalla Siria e dall’Iran, che attraversa l’intero mondo arabo”. Comunque, un'altra sorta di effetto “domino” sarebbe molto probabile, per cui i ribelli radicali antiamericani si mobiliterebbero per rovesciare i loro governi e gli Stati Uniti interverrebbero per prevenire l’emergenza di questi regimi ostili. Gli Stati Uniti da molto tempo si sono garantiti il permesso di intervenire in Arabia Saudita se la Casa Saudita fosse minacciata da una rivolta interna, e questo potrebbe essere esteso ovunque sotto l’egida della “guerra al terrorismo”.

    Se gli Stati Uniti e la Gran Bretagna dessero inizio ad una guerra contro l’Iraq, la Siria, che gli Stati Uniti accusano di sponsorizzare il terrorismo, non potrebbe resistere a tale evento. In marzo, Rubin ha scritto in una pubblicazione del Ministero degli Affari Esteri della Turchia, “Il governo di Bashir al-Assad in Siria dovrebbe interpretare la decisione statunitense di attaccare non solo Al Qaeda, ma anche i loro ospiti talebani come un’indicazione che Washington riterrà responsabile Damasco della morte di qualunque cittadino americano per mano di gruppi ospitati dal governo siriano”.

    L’attuale Sottosegretario alla Politica del Dipartimento della Difesa Douglas Feith, prima di essere nominato alla terza posizione del Pentagono, insieme ad altri falchi incluso Richard Perle, ha scritto “Una rottura pulita: una nuova strategia per la sicurezza del regno”, che getta le basi per un ampio piano neo- conservatore per il Medio Oriente. In esso, consiglia al governo israeliano di “lavorare a stretto contatto con la Turchia e la Giordania, per contenere, destabilizzare e respingere alcune tra le minacce più pericolose”, inclusi Libano e Siria.

    Un attacco in Iraq potrebbe dare alla destra israeliana un’opportunità di dare punti ai suoi oppositori interni ed esterni. “Israele può modellare i suoi confini strategici, in cooperazione con la Turchia e la Giordania, indebolendo, contenendo e perfino spingendo indietro la Siria” così hanno scritto Feith, Perle ed altri. “[Se l’Iraq di Saddam fosse rovesciato] Damasco teme che “l’asse naturale” con Israele da una parte, l’Iraq centrale e la Turchia dall’altra e la Giordania al centro possano schiacciare e staccare la Siria dalla penisola saudita. Per la Siria, questo potrebbe essere il preludio a un rimaneggiamento dei confini del Medio Oriente che minaccerebbe l’integrità territoriale della Siria.” Il Libano, stato satellite della Siria, a lungo usato come campo di battaglia di conflitti esterni, potrebbe dover affrontare un attacco frontale da parte di Israele. Più sottilmente, sotto la copertura di una guerra all’Iraq, Israele potrebbe una volta per sempre sistemare la questione palestinese espellendo la popolazione palestinese verso la Giordania come molti chiedono in Israele.

    Infine, una potenziale conseguenza della rimozione del governo iracheno da parte degli Stati Uniti sarebbe di lasciare alla teocrazia sciita in Iran un peso territoriale troppo elevato agli occhi dei neo-conservatori – preparando la strada ad una sostituzione di quel regime. L’Iran e l’Iraq sono considerati due punte dell’ “asse del male” del Dipartimento di Stato Manicheo, e l’Iraq viene comunque accusato di sponsorizzare il terrorismo in tutto in Medio Oriente. Seguendo la spinta realista del pensiero neo-conservatore, i religiosi iraniani potrebbero essere rimpiazzati secondo la legge monarchica dal figlio dello Scià dell’Iran, Reza Pahlavi, che sta aspettando dietro le quinte nella Virginia suburbana.

    La minaccia di una ripartizione della regione o di una variazione dei regimi nell’area successiva ad una guerra all’Iraq non è sfuggita ai governi e alle popolazioni del Medio Oriente. Le autorità siriane sono preoccupate non solo che una guerra possa fornire il pretesto per un’invasione della Siria e del Libano, ma anche che se un attacco avrà come risultato la divisione dell’Iraq in regioni curde, sciite e sunni, la minaccia di un movimento secessionista potrebbe minacciate l’integrità stessa dello stato siriano, data la similarità della composizione etnica siriana. Allo stesso modo, il governo iraniano è preoccupato per i piani egemonici statunitensi che vanno al di là dell’Iraq di Saddam Hussein. Molti in Medio Oriente vedono il ruolo degli Stati Uniti nella ripartizione del Sudan – gli Stati Uniti hanno finanziato i ribelli cristiani nel sud ricco di petrolio contro il governo islamico che ha sede nel nord del paese – come un presagio di una rimappatura più ampia della regione.

    Se lo stratagemma imperialista dei neo-conservatori va in porto è tutto da vedere. Ciò che appare chiaro, comunque, è che la potenzialità che tale cinica avventura vada storta potrebbe essere piuttosto alta. Le imprese coloniali hanno la tendenza a non funzionare come ci si aspetterebbe, anche se le fantasie dei disegnatori del Pentagono e della Whitehall britannica fossero implementate dai procuratori “nativi” come il Congresso Nazionale Iracheno o da una monarchia Hashemita allargata. Questo avverrebbe soprattutto nel caso in cui le popolazioni dell’area da ridefinire, piuttosto che vedere gli Stati Uniti come portatori di “democrazia”, fossero intensamente ostili ai progetti imperialisti dell’Occidente.
    "

    Certo che tutte queste cose e interessanti teorie ...suonano diversamente se il tizio che le ha concepite.....era sul libro paga del buon Saddam.....secondo i documenti ritrovati dal giornalista britannico che lo accusa.

    Saluti liberali

 

 

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