L’ISTITUTO STEPHEN ROTH PRESENTA UNO STUDIO SULL’ODIO PER GLI EBREI
Spettri antisemiti il giorno della Shoah
30/4/2003
GERUSALEMME
ARIEL Sharon, seduto nel buio alla cerimonia centrale del giorno della
memoria era insolitamente teso. Era molto freddo di notte nel giardino del
Museo della Shoah a Gerusalemme, e i sei testimoni, in nome dei Sei Milioni,
prima di accendere il loro braciere, raccontavano le loro memorie della
rivolta del Ghetto di Varsavia, la prima rivolta organizzata nella Germania
occupata dai nazisti. Hela Schepper Rufeisen, nata nel 1921, prima di
accendere la torcia per esempio ha detto senza che le tremasse la voce:
«Prima di tutto noi giovani decidemmo di rendere la gente consapevole di
quello che la aspettava. Io e altri ragazzi durante la notte attaccammo
avvisi sul muro del ghetto di Varsavia : “non andate a morire come pecore,
Treblinka è la morte”». Hela poi viaggiò come staffetta e procacciatrice di
armi a Cracovia, tornò in tempo per combattere quasi fino alla morte finché
il capo ventenne della rivolta Mordechai Anielewitch la mandò insieme ad
altri nove compagni, attraverso il sistema delle fogne, nella parte ariana
della città a cercare un aiuto che non servì a quegli eroi, ma servì poi a
fondare la resistenza polacca ai nazisti. Altre sei persone hanno accesso i
bracieri, raccontato storie di Gvurah, di eroismo, la parola che la giovane
Israele in lotta fin dalla nascita non rinunciò ad apporre sempre accanto
alla parola Shoah: anche il Museo è «della Shoah e della Gvurah». Sharon
continuava a seguire i testimoni molto concentrato, certo consapevole del
fatto che durante la mattinata all’Università di Tel Aviv, proprio in
occasione del giorno della memoria, era stato presentato dall’Istituto
Stephen Roth per lo studio dell’antisemitismo contemporaneo, un’analisi del
2002 e dei primi del 2003. Un’analisi devastante, in cui si vede che i mesi
che stiamo vivendo sono segnati da un picco gli episodi di odio antisemita,
con 360 attacchi armati agli ebrei e le loro istituzioni, con morti, feriti,
incendi di sinagoghe in tutto il mondo, con il ripristino dei miti del
disegno di dominio degli ebrei e di loro abitudini sanguinarie, con una
demonizzazione costante di Israele ben al di là della legittima critica
politica. Sharon alla cerimonia della memoria ha parlato con un intento
politico inusitato, rivolgendosi più che altro all’interno, a Israele e agli
ebrei della Diaspora: «Il popolo ebraico è sorto dall’abisso dell’Olocausto
gravemente ferito, ma ancora in vita, e più saggio. Mai più un ebreo sarà
senza aiuto e senza casa. Mai più metteremo la nostra difesa in mano di
stranieri, non ci affideremo alla generosità altrui..»; poi però, temendo
forse di essere andato troppo oltre il Primo Ministro Israeliano ha
aggiunto: «Cerchiamo la pace con tutto il cuore, ma abbiamo imparato questa
lezione: non è con la debolezza, non con la paura o con la timidezza che
raggiungeremo la sicurezza e la pace, ma con il coraggio di guardare a ciò
che è più prezioso e vitale per il nostro futuro». Tutti i leader d’Israele,
anche quelli come il presidente Moshè Katzav in viaggio con una delegazione
di giovani ad Auschwitz o l’ex rabbino capo Lau, hanno celebrato questa
giornata del ricordo con uno sguardo anche all’antisemitismo contemporaneo,
fatto inusitato. «Vede - dice Dina Porat dell’Università di Tel Aviv - negli
ultimi tempi è nato nella fantasia antisemita un nuovo asse del male, quello
fra Israele, gli ebrei e gli Stati Uniti: circola dal tempo dell’undici
settembre la ripugnante leggenda che gli ebrei sono in realtà coloro che
hanno tirato i fili dell’attacco alle Twin Towers, onde suscitare la
rappresaglia americana contro l’Iraq. Da qui deriva una teoria anch’essa
molto in voga, ovvero che gli ebrei sono i veri ispiratori della guerra
americana in Medio Oriente, e che ne progettano altre, così da essere sotto
l’ala protettiva del loro amico americano, o peggio ancora, di utilizzarlo
per un disegno di dominazione anche economico, con le mega compagnie
ebraico-americane in marcia per occupare l’economia mondiale. Questo è il
nuovo antisemitismo, e ripercorre identicamente la strada dei Protocolli dei
Savi di Sion, uno dei libri base del nazismo, oggi best seller in quasi
tutti i Paesi arabi, che spiega come gli ebrei congiurino per la conquista
del mondo». Dunque, la giornata della memoria ieri non ha avuto il medesimo
volto di sempre, amareggiata dal conflitto in corso, dubitosa sul fatto che
il suo nuovo interlocutore Abu Mazen sia autore di un testo che sostiene che
i sionisti collaborarono con i nazisti per spingere gli ebrei a emigrare in
Palestina, e che definisce gonfiato il numero degli uccisi dai nazisti. Ma
soprattutto, sofferente perché non si è realizzata una delle più radicate
convinzioni del sionismo, ovvero che con la nascita di Israele e quindi la
normalizzazione dell’ebreo nel ruolo di cittadino, l'antisemitismo sarebbe
cessato.La «Gvurà», il valore, l’eroismo, fin dai primi tempi dello Stato
d’Israele era stato il motivo psicologico prescelto perché quel popolo in
lotta per la costruzione dello Stato fosse in grado di sussumere la Shoah
come parte della sua storia; poi, con il processo di pace, il tema era stato
messo da parte, la memoria chiedeva solo di piangere in pace; oggi, torna di
attualità.
Fiamma Nirenstein