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    cattolico refrattario
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    Predefinito i saccheggi dei musei iracheni

    Duecento cento anni fa le baionette napoleoniche imposero la ³libertà democratica² ai popoli europei; l¹arrivo delle truppe dei ³liberatori² fu seguita un po¹ ovunque dal saccheggio sistematico di opere d¹arte presenti nelle chiese e nei palazzi. Oggi lo scenario si ripete in Iraq: nuovi Napoleoni, nuove armate liberatrici, nuovi saccheggi di opere d¹arte. Ovviamente vi è una differenza sostanziale tra i governi cattolici prerivoluzionari e il regime di Saddam, ma non cambia la natura massonica (e quindi anticattolica) dei ³liberatori²: infatti, il Mondialismo di oggi è il frutto delle varie rivoluzioni che, da quella americana sino a quella russa, hanno sovvertito l¹Ordine Cristiano. La pretesa ³crociata contro l¹Islam² è solamente propaganda: un¹ipotetica armata di autentici Crociati inizierebbe a combattere in Europa per ripristinare la Regalità Sociale di Cristo negata dalle democrazie laiciste. Queste democrazie laiciste, dopo aver consegnato a Yalta una parte dell¹Europa cristiana al dittatore comunista Stalin, in nome del falso principio della fraternità massonica hanno accolto milioni di immigrati islamici e ora si preparano ad accogliere nella Comunità Europea i 70 milioni di musulmani della Turchia, con la benedizione degli Usa e d¹Israele.
    In rete si trovano numerosi articoli che denunciano lo scempio del patrimonio artistico dell¹Iraq e sottolineano il ruolo che può aver avuto l'ACCP, una lobby americana di ricchi collezionisti e mercanti d'arte. Pubblichiamo alcuni passaggi di uno di questi articoli.

    I saccheggi dei musei iracheni



    Il saccheggio dei musei e della Biblioteca Nazionale irachena, con la conseguente distruzione di gran parte del patrimonio culturale iracheno, è un crimine storico di cui l'amministrazione Bush è responsabile.
    I funzionari governativi erano stati ripetutamente avvertiti del possibile danno a manufatti insostituibili, danno causato sia da bombe e missili statunitensi sia dall'instabilità postbellica dopo la rimozione del governo iracheno, ma non hanno fatto nulla per impedirlo. La loro inazione costituisce una massiccia violazione della Convenzione dell'UNESCO del 1954 sulla protezione dei tesori artistici in tempo di guerra, adottata in risposta al saccheggio nazista dell'Europa occupata durante la II° Guerra Mondiale.
    Almeno l'80% dei 170.000 singoli esemplari depositati al Museo Nazionale di Baghdad sono stati rubati o distrutti durante l'ondata di saccheggi che è seguita all'occupazione USA della città. Il Museo era il più grande luogo di deposito di materiali delle civiltà dell'antica Mesopotamia, come Sumer, Akkad, Babilonia, Assiria, Caldea. Conteneva anche manufatti da Persia, Grecia, Impero Romano e varie dinastie arabe.
    Il museo conteneva le tavolette in cuneiforme recanti il Codice di Hammurabi, il primo sistema legislativo del mondo, ed altri testi cuneiformi che rappresentano i più antichi esempi di scrittura - poemi epici, trattati matematici, resoconti storici. Un'intera raccolta di migliaia di tavolette d'argilla non ancora decifrate o analizzate, in parte a causa delle sanzioni imposte dagli Stati Uniti attraverso l'ONU che hanno limitato la possibilità di viaggio verso l'Iraq. Il Vaso di Uruk in alabastro, di 5000 anni fa, è la più antica rappresentazione dipinta di un rituale religioso. Il viso di donna in pietra, scolpito 5500 anni fa, è uno dei più antichi esempi sopravvissuti di scultura figurativa. La più antica fusione in rame del mondo, il busto di un re accadico, risale al 2300 a.c.
    Un'altra perdita significativa è venuta dall'incendio della vicina Biblioteca Nazionale, contenente decine di migliaia di antichi libri e manoscritti, e giornali dal periodo ottomano fino ad oggi. La sala di lettura e gli scaffali sono state ridotti ad un ammasso di rovine fumanti.
    Ironicamente, l'unica speranza per la sopravvivenza di qualcuno di questi tesori è che potrebbero essere stati tolti dal museo prima della guerra, per essere esposti in qualcuna delle residenze private di Saddam Hussein e della sua famiglia. Una vasta collezione di manufatti in oro era stata immagazzinata per salvaguardia alla Banca Centrale Irachena, ma anche quel servizio è stato ugualmente saccheggiato e incendiato.
    I funzionari USa hanno ignorato gli avvertimenti - Le affermazioni USA di essere stati presi di sorpresa dal sacco degli edifici culturali a Baghdad, Mosul e altre città, non è credibile. Una tale tragedia non solo era prevedibile, ma era stata specificamente preannunciata. Alla fine di gennaio di quest'anno, una delegazione di studiosi, direttori di musei e collezionisti ha visitato il Pentagono spiegando il significato del Museo Nazionale Iraqeno e di altri siti culturali. Uno dei partecipanti ha riferito al Washington Post "Abbiamo detto loro che il saccheggio era il pericolo più grosso, e credevo che avessero capito che il Museo era il più importante sito archeologico nell'intero paese. Conteneva tutte le cose provenienti dagli altri siti." L'AIA (Archaeology Institute of America) ha fatto appello a tutti i governi per la protezione dei siti, ma sembra che solo il governo iracheno abbia preso sul serio questo appello, non il governo USA nè quello inglese. Dopo i saccheggi del 1991 nelle rivolte che seguirono alla Prima Guerra del Golfo, il governo iracheno varò leggi che limitavano l'esportazione di oggetti storico-archeologici.
    C'è una lunga tradizione di cura e amore per la storia e il patrimonio culturale in Iraq. Non appena l'indipendenza fu proclamata, nel 1920, il governo iracheno richiese che tutti i rapporti di scavo venissero archiviati al Museo Nazionale. In tempi più recenti, tutti i reperti di scavo venivano consegnati al museo per la catalogazione, facendo di questa istituzione il database centrale per tutti i lavori di scavo e studio del paese.
    Allorchè cominciò a profilarsi all'orizzonte l'assalto statunitense, i funzionari del Museo Nazionale cominciarono i preparativi per mettere in salvo le preziosissime collezioni, riponendo alcuni esemplari in luoghi segreti e mettendo il grosso degli oggetti in stanze blindate sotto l'edificio, protette dalle esplosioni grazie a strati di mattoni e cemento. I pezzi troppo grossi per essere rimossi dalle sale sono stati accuratamente avvolti e coperti.
    I saccheggiatori hanno sottratto o distrutto tutto quanto nelle sale, poi hanno fatto irruzione nelle camere sotterranee e hanno razziato il contenuto. Hanno anche distrutto gli schedari e il sistema informatico del museo.
    Il Pentagono non solo conosceva in anticipo la potenziale minaccia al patrimonio culturale iracheno, ma i militari USA hanno ricevuto richieste esplicite a proteggere il Museo quando è iniziato il saccheggio. Un archeologo iracheno, Ra'id Abdul Ridha Muhammad, ha detto al New York Times di essere andato direttamente da un gruppo di marines su un carroarmato Abrams nella Piazza del Museo, meno di 400 metri dal museo, per chieder loro di fermare i vandali. I marines hanno cacciato via la prima ondata di saccheggiatori, poi dopo mezz'ora se ne sono andati. "Avevo chiesto loro di posizionare il tank sul piazzale del museo, ma hanno rifiutato e se ne sono andati". Prosegue, "Dopo mezz'ora i saccheggiatori sono tornati e hanno minacciato di uccidermi o di dire agli americani che ero una spia dei servizi di Saddam Hussein, così m'avrebbero ucciso. Ero spaventato, e me ne tornai a casa."
    L'archeologo ha aggiunto, "L'identità di un paese, il suo valore e la sua civiltà, risiedono nella sua storia. Se la civiltà di un paese viene saccheggiata, come lo è stata la nostra, la sua storia finisce. Ditelo al Presidente Bush, e ricordategli che ha promesso di liberare il popolo iracheno, ma questa non è liberazione, questa è umiliazione."
    Le politiche di distruzione culturale - Ci sono ragioni commerciali dirette nel fatto che l'amministrazione Bush abbia permesso la razzia dei tesori culturali iracheni. Secondo un articolo del 6 aprile di un giornale scozzese, il Sunday Herald, tra coloro che si sono incontrati al Pentagono prima della guerra c'erano rappresentanti dell'ACCP, una lobby di ricchi collezionisti e mercanti d'arte che aveva cercato di flessibilizzare il rigido divieto dell'Iraq all'esportazione degli oggetti d'arte. Il tesoriere del gruppo, W.Pearlstein, ha criticato la legislazione irachena come troppo protezionista, dicendo che avrebbe fatto in modo di spingere il governo postbellico a rendere più facile l'export dei manufatti verso gli Stati Uniti. Il gruppo ha tentato di far modificare la legge del Cultural Property Implementation Act, che regola il traffico internazionale di antichità.
    Secondo questo articolo "la notizia del meeting tra l'ACCP e il governo USA ha messo in allarme scienziati e archeologi, che temono gli scopi sottobanco della lobby, in base ai quali le autorità statunitensi faciliterebbero il movimento dei reperti iracheni dopo la vittoria in Iraq". Il Los Angeles Times ha riportato la notizia che un collezionista californiano di arte irachena sarebbe stato "surrettiziamente contattato prima della guerra, col messaggio che antichità irachene sarebbero state presto disponibili. Ha ipotizzato che i ladri abbiano agito secondo un piano, non ancora rivelato".
    Placare la sete di gruppi di miliardari con il gusto per le curiosità orientali è qualcosa di certamente congeniale al profilo dell'amministrazione Bush. Assai più fondamentale invece, è la valenza politica, per la classe dirigente USA, del consentire la distruzione di tali depositi di storia e cultura dell'Iraq.
    Lo scopo dell'occupazione militare statunitense è l'imposizione di una dominazione coloniale sull'Iraq e la presa di controllo delle sue vaste risorse petrolifere. E' funzionale agli interessi dell'imperialismo americano umiliare l'Iraq e indurre la sua popolazione a sottomettersi agli USA e al regime fantoccio che verrà instaurato a Baghdad. Colpire le risorse culturali che legano il popolo iracheno a 7000 anni di storia è parte del processo di distruzione sistematica della loro identità nazionale. Il tragico risultato è che i tesori che sono sopravvissuti persino al sacco dei Mongoli nel 13° secolo, non hanno resistito all'impatto della tecnologia del 21°secolo e alla barbarie imperialista. (Š)
    (da: http://www.wsws.org/articles/2003/ap...muse-a16.shtml)

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