Em.ma (Emanuele Macaluso)

Mercoledì, sul "Corriere della Sera", Francesco Merlo ha preso per il culo (e ha fatto bene) tanti esponenti del centrosinistra che, per il referendum sull'articolo 18 non riescono a dire né Sì, né No, e si impappinano, pronunciando ridicole locuzioni in cui c'è tutto e il contrario di tutto. Dovrebbe essere ovvio, per chi ritiene un progresso per i lavoratori e il paese l'estensione dell'art. 18 alle piccole aziende, votare Sì; e per chi pensa il contrario votare No. Punto e basta. A meno che non si ritenga politicamente e socialmente sbagliato il quesito, e in questo caso si può rifiutarlo. Infatti la legge prescrive un quorum per la validità del referendum: il 50% degli aventi diritto al voto. Quindi un rifiuto politico combattente e organizzato, non per andare al mare, ma per sviluppare una campagna motivata. Vuole fare questa proposta il segretario dei Ds? Lo dica, proponga un accordo alla Margherita, lo Sdi, l'Udeur e le altre forze. Le organizzazioni sociali del ceto medio sono su tali posizioni. Potrebbe esserlo la maggioranza dei sindacati; anche nella Cgil una parte rifiuta il referendum. Un largo fronte del no può esprimersi con un no al quesito. Vogliamo tentare?