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    Unhappy Archiviato il procedimento contro Placanica. Uccise Carlo Giuliani



    Archiviato il procedimento contro Placanica. Uccise Carlo Giuliani
    di red.

    È stato archiviato il procedimento a carico di Mario Placanica, il carabiniere indagato di omicidio volontario per la morte di Carlo Giuliani, avvenuta il 20 luglio del 2001, in piazza Alimonda. Lo ha deciso il Gup Elena Daloiso, su richiesta del pm Silvio Franz che aveva chiesto l'archiviazione per legittima difesa.

    Ce lo aspettavamo. Ma continueremo a batterci per verità e giustizia
    ascolta il commento di Giuliano Giuliani
    "Vogliamo distruggere tutti quei ridicoli monumenti del tipo "a coloro che hanno dato la vita per la patria" che incombono in ogni paese e, al loro posto, costruiremo dei monumenti ai disertori. I monumenti ai disertori rappresentano anche i caduti in guerra perchè ognuno di loro è morto malidicendo la guerra e invidiando la fortuna del disertore. La resistenza nasce dalla diserzione"

    Partigiano antifascista, Venezia, 1943





  2. #2
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    Predefinito Le reazioni

    Prime reazioni all'archiviazione dell'inchiesta Placanica
    di red.


    Un «delitto di Stato» e l'archiviazione disposta oggi dal Gup di Genova nei confronti del procedimento a carico di Mario
    Placanica, dimostra che «è ancora lungo il cammino che il movimento globale deve fare per ottenere verità e giustizia». È questa la reazione dei portavoce dei Disobbedienti, Luca Casarini e Anubi D'Avossa Lussurgiu all'archiviazione dell'inchiesta sulla morte di Carlo Giuliani. Per entrambi, comunque, «le responsabilità di chi a Genova rappresentava e rappresenta lo Stato a tutti i livelli, dai comandanti militari e di polizia agli uffici della magistratura che non esitarono a procedere subito contro i manifestanti anzichè colpire i picchiatori e i torturatori, non sono affatto archiviate». «Noi non archivieremo mai - ha aggiunto Francesco Caruso, un altro dei portavoce del movimento - l'insabbiamento giudiziario, non potrà mai nascondere la verità storica e le responsabilità politiche del governo Berlusconi, che ha tentato di fermare e zittire il movimento no global con la violenza, i proiettili e i manganelli».

    «Si vede bene - sostengono Casarini e Lussurgiu - che viviamo in un tempo di guerra permanente: quella annunciata a
    Genova, scatenata dopo l'11 settembre, messa in opera in Iraq e portata avanti contro i diritti dell'umanità». Sulla morte di
    Carlo Giuliani, sostengono i Disobbedienti, la sentenza è stata già pronunciata «dal senso comune e dall' intelligenza dei
    cittadini». «Evidentemente - concludono - esiste non solo un partito della guerra al governo, ma anche un partito dei
    magistrati che ugualmente si colloca contro i cittadini».

    A manifestare pubblicamente l'indignazione per la conclusione del processo Placanica a rete dei no global della Campania organizza per martedì pomeriggio un presidio di protesta davanti alla Prefettura, in piazza del Plebiscito.

    «La gestione dell'ordine pubblico fu, sotto gli occhi di tutti, orribile, che dire ora dei proscioglimenti e dell'archiviazione? Si tratta di un provvedimento incomprensibile». È il commento a caldo del portavoce di Aprile Vincenzo Vita alla notizia delle decisioni prese dai magistrati genovesi sull'uccisione di Carlo Giuliani nel corso dell'ondata di protesta che sconvolse le giornate del G8 nel capoluogo ligure.

    «La morte di Carlo Giuliani - sottolinea l'esponente diessino - rappresenta una delle pagine più nere della storia
    italiana recente. Quelle immagini rimarranno scolpite nella nostra memoria e non possono essere cancellate, quelle immagini parlano con il linguaggio della realtà e sono state viste da milioni di persone».

    Per Alberto Burgio, responsabile Giustizia di Rifondazione comunista: «Quello che oggi ci sentiamo di dire è che non tollereremo che a Carlo Giuliani finisca come a Giorgiana Masi: che tra un pò si dica che è morto per cause misteriose».

    Secondo il parlamentare verde Paolo Cento: «La vicenda giudiziaria non chiude il caso Giuliani e le responsabilità su quanto accaduto a Genova , il parlamento deve dare il proprio contributo di verità e giustizia contribuendo all'individuazione all'interno delle forze dell'ordine di quelle frange antidemocratiche responsabili dei gravi reati commessi contro pacifici manifestanti e di chi ebbe la responsabilità politica della gestione dell'ordine pubblico in quelle giornate».
    Casarini, leader dei disobbedienti ritiene “delitto di Stato” l’uccisione di Carlo Giuliani, e l’archiviazione dimostra che «è ancora lungo il cammino che il movimento globale deve fare per ottenere verità e giustizia».

    Ermete Realacci della Margherita non entra nel merito della sentenza d'archiviazione del procedimento
    per l'uccisione di Carlo Giuliani, ma coglie l'occasione per ricordare che sugli avvenimenti di Genova «rimangono ancora
    molte pagine oscure, specie quella dell'irruzione nella scuola Diaz». «Sulle vicende della Diaz - dice Realacci - l'allora
    ministro dell'Interno, probabilmente perchè male informato, affermò cose non vere in Parlamento. Fare piena luce su ciò
    che accadde in quei giorni è essenziale per la democrazia italiana e per il corretto funzionamento del rapporto tra forze
    dell'ordine e cittadini».

    Roberto Calderoli, Coordinatore delle Segreterie Nazionali della Lega Nord e vicepresidente del Senato dice di trovarsi «completamente d'accordo con l'archiviazione disposta dal Gup del procedimento a carico di Mario Placanica. È
    evidente che si trattò di un caso di legittima difesa e che l'unica colpa del Carabiniere fu quella di svolgere il proprio
    dovere».

    www.unita.it
    "Vogliamo distruggere tutti quei ridicoli monumenti del tipo "a coloro che hanno dato la vita per la patria" che incombono in ogni paese e, al loro posto, costruiremo dei monumenti ai disertori. I monumenti ai disertori rappresentano anche i caduti in guerra perchè ognuno di loro è morto malidicendo la guerra e invidiando la fortuna del disertore. La resistenza nasce dalla diserzione"

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    Arrow Archiviazione omicidio Carlo Giuliani: comunicato Comitato Verità e Giustizia per Gen

    Comunicato Stampa

    COMITATO VERITA' E GIUSTIZIA PER GENOVA

    (presidente onorario Giulietto Chiesa, presidente Enrica Bartesaghi)

    Comunicato stampa

    E' UN'ITALIA CHE HA PAURA

    Quest'archiviazione è la sentenza di un'Italia che ha paura. Un paese più coraggioso, un'opinione pubblica più forte avrebbero ottenuto un dibattimento pubblico, un approfondimento dei fatti di piazza Alimonda alla luce del sole, nelle aule di un tribunale. Dopo quasi due anni d'inchiesta, trascorsi fra perizie contrastanti, dichiarazioni contraddittorie, ricostruzioni sempre nuove, l'archiviazione dell'inchiesta è una beffa atroce. Di fronte a tante ombre, la sola via maestra verso la verità e la giustizia è quella di un processo pubblico, in cui confrontare tutte le testimonianze, le prove, le perizie. Con quest'archiviazione si accontenta solo la voglia di oblio sui fatti di Genova che attraversa il paese.

    Noi siamo invece convinti che nel luglio 2001 a Genova la democrazia e lo stato di diritto siano stati calpestati, come hanno riconosciuto Amnesty International e altre organizzazioni internazionali. Noi non abbiamo paura di fare i conti con questa preoccupante verità e anzi riteniamo indispensabile una ricostruzione completa e convincente dei fatti. Perciò continuiamo a chiedere la costituzione di una commissione parlamentare d'inchiesta sui fatti di Genova.

    Siamo convinti che i cittadini abbiano diritto ad un rigoroso accertamento pubblico di tutte le responsabilità, per l'uccisione di Carlo Giuliani come per i fatti della Diaz, di Bolzaneto, per le aggressioni ai cortei e ai manifestanti inermi, per i 18 colpi di pistola sparati dalle forze dell'ordine.

    Alla famiglia Giuliani, a tutti i democratici, diciamo che non accettiamo questa archiviazione e che continueremo a batterci per la ricerca della verità e della giustizia.

    Genova, 5 maggio 2003
    "Vogliamo distruggere tutti quei ridicoli monumenti del tipo "a coloro che hanno dato la vita per la patria" che incombono in ogni paese e, al loro posto, costruiremo dei monumenti ai disertori. I monumenti ai disertori rappresentano anche i caduti in guerra perchè ognuno di loro è morto malidicendo la guerra e invidiando la fortuna del disertore. La resistenza nasce dalla diserzione"

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    Ragazzi
    Pierluigi Sullo

    Cosa volete, chi ha una certa età non si è stupito dell'archiviazione che ha "sepolto", come ha scritto sua madre su Carta in edicola in questi giorni, Carlo Giuliani. Si è un po' depresso, questo sì. Nelle scorse settimane, noi, insieme ai tre quotidiani di sinistra, abbiamo fatto circolare un libro, "In ordine pubblico", dedicato alle persone uccise nelle strade in trent'anni di proteste sociali. L'elenco cominciava con Saverio Saltarelli, ucciso da un lacrimogeno che lo colpì al petto a un angolo di via Larga, a Milano, il 12 dicembre del 1970. A me, quando ho sentito la notizia da Genova, è venuto in mente Roberto Franceschi, studente della Bocconi, ucciso da un colpo di pistola alla schiena, mentre fuggiva, da un agente di polizia che, se non ricordo male, si chiamava Gallo (non solo i nomi delle vittime restano nella memoria). Ai funerali, in una Milano incredibilmente silenziosa, parteciparono centomila ragazzi dell'età di Roberto. In quel caso, si arrivò al processo, ma l'agente fu assolto: aveva inciampato, decise il giudice, e il colpo in aria era partito rasoterra. Potrei continuare a lungo, troppo a lungo. Giannino Zibecchi lo vidi morire con i miei occhi, schiacciato da un camion dei carabinieri che partecipava a un "carosello" impazzito, in Corso XXII Marzo, sempre a Milano, nel 1975: Ettore, un mio compagno di allora, lo raccolse, era evidentemente morto, la testa schiacciata dalla ruota, e tirò fuori da una tasca la sua carta d'identità: ecco, mi disse, si chiamava Zibecchi. E poi Giorgiana Masi, in un pomeriggio caldo di maggio che finalmente stava finendo, nel '77, coi poliziotti, rimasti ignoti, che prendevano la mira e sparavano appoggiando le braccia ai cofani delle macchine, come al tirassegno.

    Credo che chiunque della mia generazione abbia militato contro il potere negli anni settanta possa raccontare episodi di questo genere. E' per questo che quelli che sono sopravvissuti fin qui, voglio dire che non hanno scelto di essere variamente adottati dal potere, quale che sia, avevano sperato di non rivivere più sentimenti come quelli di allora, impotenza e rabbia, e soprattutto avevano sperato che non dovessero viverli i ragazzi di oggi. Che non dovessero essere costretti a un funerale, a ricordare uno di loro ucciso, a protestare contro l'arrogante indifferenza del potere, quale che sia. Forse è per questo che molti di noi, di quella generazione intendo, cercano di riflettere sulla violenza e la nonviolenza, sui fini e sui mezzi. Sul fatto, fondamentale, che non si può rifiutare un potere, quale che sia, imitandolo.
    Ha scritto Paul Ginsborg, all'indomani del G8 a Genova, che in quei giorni e in quelle strade si era creato un trauma probabilmente irrimediabile, tra le decine di migliaia di ragazzi che a Genova erano andati convinti di poter esercitare il loro diritto a volere un mondo diverso da questo, e che ne ripartirono convinti che la Costituzione, i diritti della persona, i diritti politici, sono una variabile dipendente dagli interessi del potere, qualunque potere. Il senso di quel che scriveva Ginsborg era, mi parve: insieme a quel ragazzo, sul selciato di Piazza Alimonda, è caduto l'esercizio della democrazia, quella che abbiamo conosciuto, con tutti i suoi difetti.

    Felice il paese che non ha bisogno di eroi, ha scritto Bertolt Brecht. Aggiungerei, modestamente: felice il paese che non ha bisogno di martiri. In fondo, il senso del nostro lavoro, qui, si può riassumere in questo: sperare, attivamente, che la scritta comparsa fin da subito in Piazza Alimonda, per

    ribattezzarla "Piazza Carlo Giuliani, ragazzo", significhi proprio questo: che quelli come Carlo, i ragazzi, si sottraggano alla produzione di eroi e di martiri, che fu grande venti o trent'anni fa, e rimangano quel che sono, ragazzi appunto, e soprattutto vivi. Perché, alla fine, il potere, quale che sia, lo si deve abbandonare a se stesso, alla sua corruzione e al suo cinismo, per andare a costruire altrove.

    Carlo, ci ha raccontato sua madre, andò in quella piazza un po' per caso, perché non poteva sottrarsi alla solidarietà con gli altri diecimila che in quel momento erano stati illegalmente aggrediti, senza nemmeno che gli venisse data la possibilità di andar via (ero lì, l'ho visto). Ma, sotto i pantaloni, aveva il costume da bagno, perché fino all'ultimo era stato incerto se partecipare ai cortei o andarsene in spiaggia. E' esattamente in questo dubbio, che significa vita, che sta tutta l'ingiustizia della sua morte.

    www.carta.org
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    Senza verità
    di Giuliano Giuliani

    Che l’ingiustizia faccia il suo corso? Che in nome del popolo italiano non se ne parli più? Che Genova del 2001 non c’è mai stata? Quali altri commenti strappati al dolore che si rinnova? Preferisco parlare di amara delusione, un commento strappato alla moderazione e all’incerta razionalità. Ma resta penoso pensare che se si archivia la verità non si raggiunge. Quante contraddizioni si sono sommate l’una all’altra in questi venti mesi!

    Quanti cambiamenti, quante ricostruzioni virtuali e false di una scena che resta sempre la stessa: Carlo arriva per ultimo dalle parti di quel maledetto defender, sente le grida minacciose, vede una pistola puntata, afferra un oggetto che gli rotola fra i piedi e cerca, con il coraggio di chi sa di fare cosa giusta e di chi ha fiducia, di disarmare.

    Ma quella scena non basta. Non bastano le testimonianze, i filmati, le fotografie su quanto è successo, prima, durante e dopo. Dettagli, ininfluenti. Eppure, un modo per vagliarli, discuterli, metterli a confronto, c'era. Era il pubblico dibattimento. Quante volte lo abbiamo chiesto, chiarendo, se pur ce ne fosse bisogno, che non volevamo e non vogliamo vendetta.. Ma solo verità e giustizia. Tre gradi di giudizio, come prescrive la legge, per affermarla. E invece no. Si archivia. Si tranquillizza soltanto chi della verità può avere paura. Resta un senso di vuoto in quella parte grande libera e onesta del paese, in quelli che ancora oggi portano un fiore o un biglietto in piazza Alimonda, in quelli che non vogliono dimenticare, in quelli che vogliono sapere, in quelli che non si stancano di esprimere le loro ansie, le loro speranze.

    In tutti quelli che condividono il diritto di essere solidali. È anche per loro, è anche grazie a questi sentimenti diffusi, che continueremo a chiedere verità e giustizia. Lo faremo finché avremo fiato ed energia.









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  6. #6
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    Vorrei capire!!!
    Per la condanna di Previti è tutto OK, mentre per l'assoluzione di un Carabiniere la Giustizia non è più giustizia ???
    C'è qualcosa che mi sfugge o anche chi scrive in questo forum è oppinionista della sua parte senza la ricerca della verità e della vera Giustizia.
    Sul caso Giuliani anche la difesa si espresse per la sentenza a non procedere visti i vari testimoni e filmati/foto che porvavano il vile attacco alla camionetta dei Carabinieri.

  7. #7
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    Originally posted by Tiburon

    Per la condanna di Previti è tutto OK, mentre per l'assoluzione di un Carabiniere la Giustizia non è più giustizia ???
    Ci confondi con i girotondini.
    Comunque, le due situazioni sono difficilmente paragonabili.

    Sul caso Giuliani anche la difesa si espresse per la sentenza a non procedere visti i vari testimoni e filmati/foto che porvavano il vile attacco alla camionetta dei Carabinieri.
    Questo non è vero. La difesa ha sempre chiesto che tutto il materiale e le testimonianze potessero essere confutate in un pubblico dibattito.


    P.G.
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