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  1. #1
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    Thumbs up Se il palinsesto lo decide il giudice

    Il paradosso è che la Rai è stata occupata dalla politica ma la televisione di Stato è ormai completamente fuori controllo.

    Qui non è in questione la libertà di informazione. Ogni libertà ha bisogno di regole, altrimenti è anarchia.

    Perché Santoro può andare in video e fare quello che gli passa per la testa e io, voi, no?

    Ciò che vale per una televisione privata non può automaticamente valere per quella di Stato.


    Proviamo a immaginare che cosa succederebbe se una clinica privata avesse gli stessi diritti-doveri nei confronti di un malato di un ospedale pubblico. Sarebbe la fine dell’assistenza sanitaria così come la conosciamo oggi, nel bene e nel male.

    La Rai infatti è un servizio pubblico, cioè pagato da tutti i cittadini ai quali deve rispondere del proprio operato. Secondo quali principi?

    La risposta la deve dare l’editore, cioè il Parlamento, cioè la politica che fino ad oggi si è invece preoccupata soltanto di occupare ogni poltrona, sedia e sgabello della televisione ma non ha mai legiferato su cosa si intenda per servizio pubblico.


    Esiste un generico e retorico «contratto di servizio» che evidentemente non è sufficiente a garantire che il gioco non sia truccato.
    Prova ne sono le continue tensioni e risse.

    Così, come spesso accade, dove c’è un vuoto di regole ognuno si infila come meglio gli pare.

    Michele Santoro va in onda non perché lo hanno deciso i telespettatori, i dirigenti della Rai o l’azionista Parlamento.

    No, è in video perché lo ha stabilito un giudice, che con due sentenze, l’ultima del febbraio 2009, ha imposto Santoro stabilendo addirittura che le sue apparizioni devono essere in prima serata.


    Se il direttore generale, Mauro Masi, si rifiutasse di firmare il suo contratto, commetterebbe un reato penale.

    E chi decide quali devono essere i compagni di avventura di Santoro?

    Uno si immagina, l’editore su proposta del conduttore, come avviene in qualsiasi azienda editoriale del mondo.

    Sbagliato.

    Perché è vero che la Rai, al momento, può non fare il contratto a Travaglio se lo ritiene, ma Santoro è libero di invitare come ospite il Marco nazionale quando e come vuole.


    Questo per dire che non noi che paghiamo il canone, non il Parlamento e neppure la Rai ma un magistrato e Santoro stabiliscono il palinsesto e il contenuto di una cosa pubblica.

    Si invita una prostituta in prima serata a spacciare per verità giudiziarie la sua versione dei fatti degli incontri col primo ministro senza adeguato contraddittorio?

    Nessuno può farci niente.

    Se va bene a Santoro deve andare bene a tutti gli italiani.


    Questa è la libertà di informazione che si invoca a sinistra.

    Ma che cosa succederebbe se domani Bruno Vespa aprisse il microfono a una signorina che sostenesse di avere passato la notte con Franceschini?

    O se il direttore di un Tg intervistasse uno spacciatore che affermasse di essere il fornitore abituale di D’Alema?

    Così, tanto per divertire un po’ gli spettatori e tenere in scacco la politica.


    C’è un pezzo di Paese, che è la maggioranza elettoralmente parlando, che praticamente ogni giorno non viene rappresentato dalla televisione pubblica.

    Anzi, che dalla stessa viene preso a schiaffi in faccia.


    È possibile che faccia più fatica (e scandalo) ad andare in video il presidente del Consiglio (come è successo la scorsa settimana nel Porta a Porta sul post terremoto) che una escort?

    Purtroppo la risposta è sì, le cose stanno così anche se molti italiani cominciano a stufarsi.

    Tanto che in ventisette su cento non pagano già oggi il canone.


    Tra questi ci saranno pure indigenti e furbi, ma anche tante persone che non ne possono più di pagare per essere prese in giro dai Santoro che appaiono al video e dal Parlamento, quello che loro hanno votato, assolutamente immobile e assente.

    È venuto il momento di mettere regole e paletti chiari per tutti, di non lasciare più allo sbaraglio i dirigenti Rai a fare la figura dei censori, per altro falliti.

    Dopodiché, tutto si può fare, e dire.


    Alessandro Sallusti


    http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=386140&START=1&2col=
    Ultima modifica di salvo.gerli; 27-09-09 alle 16:54
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    Impossibilia nemo tenetur

  2. #2
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    Predefinito Rif: Se il palinsesto lo decide il giudice

    AHAHAHAHHAHAHAHAHAHA


    dai facci ridere ancora un po'

    scrivi qualche altra cazzata

  3. #3
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    Predefinito Rif: Se il palinsesto lo decide il giudice

    Citazione Originariamente Scritto da salvo.gerli Visualizza Messaggio
    PRRROOOTT
    Un link a queste colorite cagate?
    "Odiare i mascalzoni è cosa nobile, onora gli onesti"

  4. #4
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    Predefinito Rif: Se il palinsesto lo decide il giudice

    Citazione Originariamente Scritto da salvo.gerli Visualizza Messaggio
    Il paradosso è che la Rai è stata occupata dalla politica ma la televisione di Stato è ormai completamente fuori controllo.

    Qui non è in questione la libertà di informazione. Ogni libertà ha bisogno di regole, altrimenti è anarchia.

    Perché Santoro può andare in video e fare quello che gli passa per la testa e io, voi, no?

    Ciò che vale per una televisione privata non può automaticamente valere per quella di Stato.


    Proviamo a immaginare che cosa succederebbe se una clinica privata avesse gli stessi diritti-doveri nei confronti di un malato di un ospedale pubblico. Sarebbe la fine dell’assistenza sanitaria così come la conosciamo oggi, nel bene e nel male.

    La Rai infatti è un servizio pubblico, cioè pagato da tutti i cittadini ai quali deve rispondere del proprio operato. Secondo quali principi?

    La risposta la deve dare l’editore, cioè il Parlamento, cioè la politica che fino ad oggi si è invece preoccupata soltanto di occupare ogni poltrona, sedia e sgabello della televisione ma non ha mai legiferato su cosa si intenda per servizio pubblico.


    Esiste un generico e retorico «contratto di servizio» che evidentemente non è sufficiente a garantire che il gioco non sia truccato.
    Prova ne sono le continue tensioni e risse.

    Così, come spesso accade, dove c’è un vuoto di regole ognuno si infila come meglio gli pare.

    Michele Santoro va in onda non perché lo hanno deciso i telespettatori, i dirigenti della Rai o l’azionista Parlamento.

    No, è in video perché lo ha stabilito un giudice, che con due sentenze, l’ultima del febbraio 2009, ha imposto Santoro stabilendo addirittura che le sue apparizioni devono essere in prima serata.


    Se il direttore generale, Mauro Masi, si rifiutasse di firmare il suo contratto, commetterebbe un reato penale.

    E chi decide quali devono essere i compagni di avventura di Santoro?

    Uno si immagina, l’editore su proposta del conduttore, come avviene in qualsiasi azienda editoriale del mondo.

    Sbagliato.

    Perché è vero che la Rai, al momento, può non fare il contratto a Travaglio se lo ritiene, ma Santoro è libero di invitare come ospite il Marco nazionale quando e come vuole.


    Questo per dire che non noi che paghiamo il canone, non il Parlamento e neppure la Rai ma un magistrato e Santoro stabiliscono il palinsesto e il contenuto di una cosa pubblica.

    Si invita una prostituta in prima serata a spacciare per verità giudiziarie la sua versione dei fatti degli incontri col primo ministro senza adeguato contraddittorio?

    Nessuno può farci niente.

    Se va bene a Santoro deve andare bene a tutti gli italiani.


    Questa è la libertà di informazione che si invoca a sinistra.

    Ma che cosa succederebbe se domani Bruno Vespa aprisse il microfono a una signorina che sostenesse di avere passato la notte con Franceschini?

    O se il direttore di un Tg intervistasse uno spacciatore che affermasse di essere il fornitore abituale di D’Alema?

    Così, tanto per divertire un po’ gli spettatori e tenere in scacco la politica.


    C’è un pezzo di Paese, che è la maggioranza elettoralmente parlando, che praticamente ogni giorno non viene rappresentato dalla televisione pubblica.

    Anzi, che dalla stessa viene preso a schiaffi in faccia.


    È possibile che faccia più fatica (e scandalo) ad andare in video il presidente del Consiglio (come è successo la scorsa settimana nel Porta a Porta sul post terremoto) che una escort?

    Purtroppo la risposta è sì, le cose stanno così anche se molti italiani cominciano a stufarsi.

    Tanto che in ventisette su cento non pagano già oggi il canone.


    Tra questi ci saranno pure indigenti e furbi, ma anche tante persone che non ne possono più di pagare per essere prese in giro dai Santoro che appaiono al video e dal Parlamento, quello che loro hanno votato, assolutamente immobile e assente.

    È venuto il momento di mettere regole e paletti chiari per tutti, di non lasciare più allo sbaraglio i dirigenti Rai a fare la figura dei censori, per altro falliti.

    Dopodiché, tutto si può fare, e dire.


    Alessandro Sallusti


    Se il palinsesto lo decide il giudice - Interni - ilGiornale.it del 27-09-2009
    certo che ti devi impegnare molto per trovare ste minchiate sul web, usi un browser particolare?

  5. #5
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    Predefinito Rif: Se il palinsesto lo decide il giudice

    Questo Alessandro Sallusti?
    Oppure questo?
    O questo?
    "Odiare i mascalzoni è cosa nobile, onora gli onesti"

  6. #6
    Si legge NUAR!!
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    Predefinito Rif: Se il palinsesto lo decide il giudice

    Citazione Originariamente Scritto da Airbus Visualizza Messaggio
    AHAHAHAHHAHAHAHAHAHA


    dai facci ridere ancora un po'

    scrivi qualche altra cazzata
    non ne è in grado

    riesce solo a colorare le notizie copia-incollate
    l'italiano ha un tale culto per la furbizia che arriva persino all'ammirazione di chi se ne serve a suo danno.

    jesus died for somebody's sins but not mine

  7. #7
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    Thumbs up Rif: Se il palinsesto lo decide il giudice

    LE COSE NON DETTE

    FELTRI RISPONDE ALLE SANTORATE

    Avviso al sig. Santoro: non riuscirai a fregarci



    Rassegna Stampa


    :sofico::sofico:
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    Impossibilia nemo tenetur

  8. #8
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    Predefinito Rif: Se il palinsesto lo decide il giudice

    Tanto perchè non passi il messaggio di questo scribacchino veicolato dal solerte gerli.

    Nel novembre 2001 comincia Sciuscià Edizione Straordinaria. Il 18 aprile 2002, durante una conferenza stampa a Sofia, in Bulgaria, Santoro, il giornalista Enzo Biagi e il comico Daniele Luttazzi vengono duramente attaccati dall'allora Presidente del Consiglio Berlusconi, il quale li definì come individui che hanno fatto "un uso criminoso della televisione pubblica" (episodio noto come Diktat Bulgaro). Santoro replicherà a questo atto censorio di Berlusconi, definendo il premier come "un vigliacco, che abusa dei suoi poteri per attaccare persone più deboli di lui, alle quali non concede il diritto di difesa". Il 31 maggio va in onda l'ultima puntata di Sciuscià: il Cda RAI, a maggioranza di centrodestra, cancella il programma, per "motivi di tutela aziendale"; verranno licenziati e allontanati dalla RAI anche Biagi (rapporto cessato per scadenza del contratto e non rinnovato) e Luttazzi.[1]

    L'Authority, dopo il sesto esposto di Forza Italia, richiama alla RAI anche il programma Sciuscià Edizione Straordinaria. In seguito a queste vicende, e al conseguente allontanamento dall'azienda, Michele Santoro ha fatto causa alla RAI per licenziamento senza giusta causa, in una querela che si concluse nel 2005 con una sentenza del Giudice del Lavoro del Tribunale di Roma che dà ragione a Santoro e quindi condanna la RAI ad un risarcimento danni pari ad 1 milione e 400 mila € e ordina la reintegrazione del giornalista nelle funzioni in RAI per programmi di prima serata.[2] In seguito Santoro è tornato con un programma RAI in prima serata, ma soltanto nel settembre del 2006, dopo l'insediamento, cioè, del secondo governo di Romano Prodi.

    Da wiki
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  9. #9
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    Predefinito Rif: Se il palinsesto lo decide il giudice

    Senza contradditorio?onf:

    Evidentemente la destra ha trovato Belpietro inadeguato...a me non è sembrato tale

    Vuol dire che la prossima volta sarà meglio mandare l'avvocato Ghedini
    Frustra fit per plura quod fieri potest per pauciora.

  10. #10
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    Thumbs up Rif: Se il palinsesto lo decide il giudice

    Al via la raccolta di firme per restituire la Rai alla gente


    Lo scrivevo, oltre un anno fa, l’8 maggio 2008, all’indomani della puntata di Annozero che si concludeva con le vignette di Vauro che sbeffeggiavano la tomba delle centinaia di vittime del terremoto in Abruzzo.

    Perché mai, chiedevamo, i soldi dei contribuenti raccolti dalla televisione pubblica con il canone devono farsi complici e fiancheggiatori di questo modo incivile di fare informazione?

    Torno a chiederlo oggi, dopo la prima puntata della nuova stagione di Annozero: stesso fango, stesse tecniche di linciaggio, stessa demagogia.

    E stesse vignette: al ghigno sulle tombe dell’Abruzzo è sostituito solo quello sulle tombe dei caduti italiani in Afghanistan.


    Torno a ripetere oggi quello che scrivevo allora:

    la critica, anche la più aspra, e la controinformazione sono un bene per la democrazia ma non possono essere l’alibi di comodo per perseguire uno scopo apertamente politico attraverso la manipolazione e la falsificazione sistematica dei fatti.

    Rattrista come non si rifletta sulle conseguenze che si possono avere nel Paese se al modello Annozero del servizio pubblico si assegna un titolo ad honorem di legittimità morale e culturale.

    Che lezione esemplare per i giovani ai quali diciamo di voler insegnare la forza delle idee, certo, ma nel rispetto per gli avversari!

    Che esempio per i meno giovani ai quali si propone in modo ossessivo l’equazione libertà uguale licenza, confronto uguale discredito, diffamazione o perfino ingiuria!


    Anche il presidente della Repubblica è tornato in queste ore a mettere l’accento sui valori fondanti che l’Italia troppo spesso dimentica, e che vanno invece riportati al centro della vita politica e della società civile.

    Tra questi valori c’è quello di un servizio pubblico che significa, anzitutto, pluralismo, pluralismo, pluralismo.

    Nell’attesa che questo avvenga non possiamo più restare indifferenti e dobbiamo reagire.

    E siamo chiamati a farlo nel solo modo che abbiamo a disposizione: con la disobbedienza civile, col rifiuto di assolvere l’obbligo di pagare il canone Rai fintanto che la Rai non verrà restituita a tutti i cittadini.

    Anche su questa battaglia, noi del Movimento per l’Italia, saremo insieme alla gente con i nostri gazebo per raccogliere firme e adesioni per una Rai che sia davvero servizio pubblico, davvero al servizio di tutti.

    Ci sono battaglie in cui i politici non possono vincere se non hanno al fianco l’impegno costante dei cittadini.

    Dimostriamo che l’ora del disimpegno è finita, che non abbiamo paura di protestare, di riappropriarci del futuro nostro e dei nostri figli.

    I quali già sono condannati a studiare nelle scuole pubbliche spesso su libri che raccontano le false verità della sinistra sostenute da professori di sinistra.

    Non costringiamoli oggi a essere indottrinati dal Santoro di turno anche nel tempo, non poco, che passano davanti alla televisione.


    Sta a noi decidere di non subire più.

    Daniela Santanchè
    leader del Movimento per l’Italia


    Al via la raccolta di firme per restituire la Rai alla gente - Interni - ilGiornale.it del 27-09-2009
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